IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sulla eccezione relativa alla incompatibilita' del presidente del collegio che, come giudice delegato al Fallimento di Mignemi e c. S.r.l., ha autorizzato il curatore a costituirsi in giudizio come parte civile nominandone il difensore. Alla udienza del 15 marzo 1996, la difesa del Mignemi sollevava la eccezione indicata, alla luce della recente pronuncia della Corte costituzionale n. 131/1996. Il p.m. e le altre parti si associavano, precisando la sussistenza di contrasto con gli art. 3, 24, 25 della Costituzione. Osserva il Collegio che la recente sentenza della Corte costituzionale n. 131/1996 ha puntualizzato e specificato il contenuto dei principi del "giusto processo" e della "imparzialita' e terzieta' del giudice", sancendo la incompatibilita' del giudice che abbia gia' compiuto,ai fini di una decisione, una valutazione degli atti del processo. Valutazione e non semplice "conoscenza" degli atti. Il principio e' stato affermato nell'ambito dello stesso processo penale. Si pone oggi la questione se un giudice che abbia compiuto delle valutazioni in sede civile possa conoscere dello stesso fatto nel processo penale. In particolare se il giudice delegato al fallimento possa celebrare il processo penale per reati fallimentari avendo preventivamente autorizzato la curatela a costituirsi parte civile. Il giudice delegato, ex art. 25 della legge fallimentare, e' l'organo chiamato ad autorizzare il curatore a stare in giudizio ed a nominare i difensori. Anche se gli art. 25 e 31 della legge fallimentare non indicano a quali condizioni il g.d. possa dare l'autorizzazione, e nonostante la stessa sia da considerarsi una attivita' di natura amministrativa, e' innegabile che il g.d. effettua una valutazione in ordine al fatto di reato, per stabilire la opportunita' o meno di autorizzare la costituzione del fallimento come parte civile. Tale valutazione, pur non essendo effettuata nell'ambito del processo penale, e non importando, quindi, la conoscenza effettiva di tutti gli atti processuali, presuppone una conoscenza del fatto cosi' come emergente dalla prospettazione del curatore o dagli atti del fallimento. Alla luce delle indicazioni date dalla Corte costituzionale con la sentenza sopra indicata, si appalesa, quindi, come anomala la posizione del giudice che sia contemporaneamente giudice delegato e giudice penale, per la conoscenza, sia pure sotto diverse angolazioni, degli stessi fatti. Proprio in ossequio ai principi di terzieta' ed imparzialita', dovrebbe essere pertanto, prevista positivamente la incompatibilita' tra il ruolo di g.d. quello di giudice penale, nell'ambito dello stesso fatto. L'art. 34 del c.p.p., non prevede pero tale ipotesi. Cio' comporta, ad avviso del Collegio, una violazione della Carta Costituzionale in piu punti. Sussiste violazione dell'art. 3 poiche' tratta diversamente due situazioni simili: quella del giudice che, nell'ambito del procedimento penale ha conosciuto e valutato in fasi diverse il medesimo fatto e quella del giudice che ha conosciuto e valutato lo stesso fatto nell'ambito di due procedimenti diversi, quello fallimentare e quello penale. Sussiste violazione dell'art. 24 della Costituzione perche' e' lesivo del diritto di difesa che il giudice abbia, comunque, formulato una valutazione sui fatti oggetto della indagine penale. Sussiste violazione dell'art. 25 della Costituzione poiche' il giudice e' naturale solo se puo definirsi assolutamente terzo ed imparziale. La questione sollevata e', pertanto, non manifestamente infondata e sicuramente rilevante ai fini del presente giudizio, per la duplice funzione svolta dal dott. Furlani come giudice delegato, che ha autorizzato la costituzione di parte civile della curatela, e come presidente del collegio odierno. Va pertanto sospeso il presente giudizio ed inviati gli atti alla Corte Costituzionale.