IL PRETORE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel proc. pen. n. 252/95 reg.
 gen. contro Nicosia Angelo, imputato del delitto di omicidio colposo,
 all'udienza del 27 giugno 1996. La  direttiva di cui  all'art.  2  n.
 12  della  legge  delega  dispone  che  la competenza per materia sia
 determinata tenendo conto sia della pena edittale  -  con  esclusione
 degli  aumenti  derivanti dalla recidiva, dalla continuazione e dalle
 circostanze aggravanti, ad eccezione di quelle per le quali la  legge
 stabilisce una pena di specie diversa e di quelle ad effetto speciale
 -  sia  della  qualita' del reato. In particolare dispone che vengano
 attribuiti alla competenza del pretore le contravvenzioni e i delitti
 punibili con la pena della multa o con quella  della  reclusione  non
 superiore   nel   massimo  a  quattro  anni,  nonche'  altri  delitti
 specificamente indicati. In attuazione di detta  direttiva  l'art.  7
 del  c.p.p.  dispone  l'attribuzione  alla competenza del pretore del
 reato di omicidio colposo, per cui si procede, punito nel massimo con
 la pena della reclusione di cinque anni. La  competenza  per  materia
 del  pretore viene quindi individuata non piu' come per l'art. 31 del
 c.p.p. 1930, sulla base del solo criterio quantitativo, ma,  seguendo
 la  tendenza  ampliativa  espressa  nelle modifiche apportate a detta
 norma dalla legge 31  luglio  1984,  n.  400  anche  sulla  base  del
 criterio qualitativo, fondato sul titolo del reato.
   Prescindendo  dal  caso della ripartizione della competenza in base
 al criterio qualitativo con riferimento alla situazione del  soggetto
 attivo  del  reato  (che  determina la competenza del tribunale per i
 minorenni, giudice ordinario specializzato chiamato  a  conoscere  di
 tutti i reati commessi da minori degli anni 18), il codice vigente ha
 dunque  adottato  un  criterio  misto,  ponendo a base del sistema il
 criterio  quantitativo,  ampiamente  derogato  da  numerosi  casi  di
 competenza   qualitativa;   alla  corte  d'assise  e'  attribuita  la
 competenza  per  i  delitti  per  i quali la legge stabilisce la pena
 dell'ergastolo  o  della  reclusione  non  inferiore  nel  massimo  a
 ventiquattro  anni;  al  tribunale  quella per i reati per i quali la
 legge stabilisce la pena della reclusione nel  massimo  inferiore  ai
 ventiquattro  anni  e  superiore  ai quattro; al pretore quella per i
 reati per i quali la legge stabilisce la pena  della  reclusione  non
 superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria sola
 o  congiunta  alla predetta pena detentiva; la Corte d'assise inoltre
 estende la  propria  competenza  a  reati  che  secondo  il  criterio
 quantitativo  sarebbero di competenza del tribunale o del pretore, il
 tribunale a reati che sarebbero di competenza della Corte d'assise  o
 del  pretore,  il  pretore  a  reati  che sarebbero di competenza del
 tribunale. Il criterio misto adottato nel codice vigente non  estende
 quindi solo la competenza del giudice "superiore" a reati che secondo
 il   criterio   quantitativo  sarebbero  di  competenza  del  giudice
 "inferiore", ma anche la  competenza  di  quest'ultimo  a  reati  che
 secondo  il  predetto  criterio  sarebbero  di competenza del giudice
 "superiore". Se  pero'  detto  criterio,  cosi'  come  attuato,  puo'
 rispondere  alla  particolare configurazione della Corte d'assise che
 giustifica la  scelta  di  devolvere  ad  un  organo  -  che  per  la
 composizione   mista   attua   la   diretta  partecipazione  popolare
 all'amministrazione della giustizia - materie di particolare  rilievo
 per  la coscienza collettiva, sia per la speciale gravita' della pena
 che per la natura e le  conseguenze  dell'illecito,  non  altrettanto
 puo' dirsi in ordine alla ripartizione della competenza tra pretore e
 tribunale,  caratterizzandosi  la  differenza  tra  questi due organi
 giurisdizionali  non   per   la   particolare   natura   della   loro
 composizione,  ma  per la collegialita' del secondo, cui consegue una
 maggiore garanzia in ordine alla decisione ed a cui si accompagna una
 procedura  non  semplificata,  come  quella  pretorile,  che  esclude
 l'udienza  preliminare.    Ed  invero la legge 10 aprile 1951, n. 287
 aveva correttamente regolato secondo il criterio qualitativo solo  la
 competenza  della Corte d'assise, ricorrendo al criterio quantitativo
 per la determinazione della competenza del  pretore  e  riservando  a
 quella  del tribunale (secondo un criterio misto) anche la cognizione
 di reati che, pur essendo puniti con pena inferiore ai  quattro  anni
 di  reclusione,  si  caratterizzano  per la particolare rilevanza del
 bene  giuridico  tutelato,  ovvero  per  una  maggiore  pericolosita'
 diffusiva  (come nel caso dei reati commessi col mezzo della stampa);
 ne' puo' fondatamente  argomentarsi  che  il  problema  delle  minori
 garanzie  sia  sostanzialmente venuto meno per la raggiunta integrale
 "giurisdizionalizzazione"  del  pretore  realizzata   attraverso   la
 separazione  delle funzioni requirenti e giudicanti, essendo connesse
 (le minori garanzie), come si e' appena  detto,  alla  monocraticita'
 dell'organo  ed  alla  semplificazione della procedura.   In realta',
 come e' stato osservato, l'esigenza  di  fondo  che  ha  ispirato  la
 normativa  sulla competenza del pretore "e' stata quella di sottrarre
 agli organi ''superiori'' un volume cospicuo di  processi,  cosi'  da
 riservare  l'attivita'  dei tribunali e delle corti d'assise a quelle
 vicende rispetto alle quali si presenta piu'  marcata  la  necessita'
 della  cognizione  di  un organo collegiale" (A. Macchia, Commentario
 del nuovo codice di procedura penale, vol. I pag.  33).  Il  rapporto
 tra   reato  e  composizione  monocratica  o  collegiale  dell'organo
 giudicante  non  puo'  pero',  per   le   superiori   considerazioni,
 prescindere dalla gravita' del primo, come puo' chiaramente desumersi
 anche  dal  fatto  che  l'art.  2, n. 12 della legge-delega pone come
 criterio generale per la deroga  al  criterio  quantitativo  solo  la
 recidiva,  la continuazione e le aggravanti comuni, escludendo quelle
 per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa e  quelle
 ad effetto speciale, che per la loro natura implicano connotazioni di
 accentuata  gravita'. Appare pertanto non manifestamente infondata, e
 rilevante in ordine alla decisione sulla competenza  per  materia  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme di cui agli
 artt. 2, n. 12 della legge 16 febbraio 1987 n. 81 e 7  lett.  h)  del
 c.p.p.  in  relazione all'art.  3 della Costituzione, in quanto detta
 norma crea una disparita' di trattamento tra cittadini  imputati  del
 delitto  di  omicidio colposo e cittadini imputati di delitti di pari
 gravita' per cui e' stabilita la competenza del tribunale.