IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. l486/1995 proposto dall'Associazione italiana per il World Wildlife Fund, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Raggi, presso lo stesso elettivamente domiciliata in Genova, via Palestro 2/11, ricorrente, contro la provincia di La Spezia, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Piero Barbieri, elettivamente domiciliato in Genova presso la segreteria del Tar, resistente, con l'intervento dell'UNAVI - Unione nazionale associazioni venatorie italiane - della provincia di La Spezia, in persona del presidente in carica, e CPA - caccia, pesca, ambiente - della provincia di La Spezia, in persona del presidente in carica, rappresentate e difese dall'avv. Roberto Giromini, elettivamente domiciliate presso la segreteria del Tar per l'annullamento delle deliberazioni del consiglio provinciale della Spezia 29 maggio 1995, n. 56, avente ad oggetto "piano faunistico venatorio provinciale - provvedimenti" e 14 giugno 1995, n. 64, avente ad oggetto "istituzione e perimetrazione ambiti territoriali caccia" e di tutti gli atti connessi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della provincia di La Spezia e l'atto di intervento delle associazioni indicate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 26 aprile 1996 la relazione del consigliere Roberta Vigotti e uditi, altresi, l'avv. Raggi per la ricorrente e l'avv. Barbieri per l'amministrazione resistente nonche' l'avv. Giromini per le intervenienti; Ritenuto e considerato quanto segue: Esposizione del fatto Con ricorso notificato il 29 settembre 1995 l'associazione italiana per il WWF impugnava, chiedendone l'annullamento, i provvedimenti in epigrafe indicati, esponendo che il piano approvato dal consiglio provinciale, previsto dall'art. 10 legge n. 157/1992 e dall'art. 6 legge regionale n. 29/1994, deve individuare la parte del territorio agro-silvo-pastorale da destinare alla protezione della fauna selvatica, parte che, ai sensi del terzo comma dell'art. 10 legge n. 157/1992 e dell'art. 3, secondo comma, legge regionale n. 29/1994, deve corrispondere ad una quota tra il 20% e il 30%, comprese nelle percentuali le aree dove sia vietata l'attivita' venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Il piano cosi' approvato individua nel territorio provinciale alcune zone di ripopolamento e cattura ed oasi di protezione, un centro di riproduzione della fauna selvatica e quattro zone RP di parchi regionali, per una superficie di ha 6.338; in aggiunta il piano indica come zone protette le zone di rispetto dei valichi montani, che calcola in ha 237, nonche' altre aree per complessive ha 15.491, indicate come parti del territorio nelle quali e' gia' vietata a diverso titolo la caccia, e che sono costituite dalle fasce di rispetto della rete stradale comunale e di ordine superiore, di quella ferroviaria, dell'alta via dei monti liguri, oltre a piccoli appezzamenti discontinui riguardanti allevamenti, orticoltura specialiata, aeroporto, servitu' militari, ecc. Si giunge cosi' ad indicare come globalmente protetta la superficie di ha 22.066, che costituirebbe il 26,9% del territorio agro-silvo-pastorale, calcolato in ha 81.922 mediante detrazione dalla superficie territoriale provinciale (pari a ha 88.210), la parte occupata da aree urbane, sedi stradali e sedi ferroviarie, corrispondente a ha 6.288. La superficie venabile risulta quindi determinata in ha 59.856. Con successiva deliberazione 14 giugno 1995, n. 64, il consiglio provinciale ha stabilito di istituire due ambiti territoriali di caccia, aventi rispettivamente la superficie di ha 29.658 e di ha 29.593. L'associazione ricorrente ritiene tali deliberazioni illegittime e lesive dell'ambiente, in quanto consentono l'esercizio della caccia in una parte troppo estesa del territorio provinciale. Questi i motivi del ricorso: 1. - Violazione art. 10 legge n. 157 del 1992 e artt. 3 e 47 legge regionale n. 29 del 1994. Il comma 5 dell'art. 10 legge n. 157 cit. precisa la nozione di protezione, alla luce della quale il terzo comma del medesimo articolo e il secondo comma dell'art. 3 legge regionale cit. vanno interpretati nel senso di escludere dalle porzioni del territorio destinate alla protezione aree che per la particolare loro utilizzazione sono inidonee a favorire in qualche modo la sosta e la riproduzione della fauna, cioe' gran parte delle aree indicate dal piano come zone nelle quali e' gia' vietata la caccia a diverso titolo. E' anche evidente che non puo' essere computata a tali fini la striscia di terreno che fiancheggia l'alta via dei monti liguri, perche' il secondo comma dell'art. 47 legge regionale n. 29/1994 non vieta la caccia in tali strisce, ma si limita a vietare di sparare a determinate distanze; e' inoltre chiaro che l'area occupata dall'aeroporto non puo' essere considerata territorio agro-silvo-pastorale. 2. - Eccesso di potere per illogicita' e contraddittorieta'. Anche nella ipotesi che possano ritenersi computabili nella parte del territorio destinata a protezione le aree indicate, per una complessiva superficie di ha 15.491, i provvedimenti impugnati sarebbero pur sempre illegittimi sotto i profili indicati, poiche' nel piano si riconosce espressamente che gran parte di tale aree sono inidonee, a causa delle minime dimensioni, del loro frazionamento e della loro ubicazione in prossimita' a strade e tracciati ferroviari, ad una concreta azione di ripopolamento e di protezione. La ricorrente concludeva per l'annullamento dei provvedimenti impugnati, contrastata dall'amministrazione intimata e dalle associazioni intervenienti. Chiamato all'udienza odierna, il ricorso passava in decisione. Motivi della decisione I. - Il ricorso contesta la legittimita' del piano faunistico venatorio della provincia di La Spezia, che avrebbe computato nella quota del territorio agro-silvo-pastorale da destinare a protezione della fauna selvatica anche aree inadatte a tale scopo. Va innanzitutto esaminata la censura, svolta dalla amministrazione resistente e dalle associazioni intervenienti, di inammissibilita' del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato, individuato in una associazione di cacciatori. La censura e' priva di pregio, sol che si consideri come, per principio pacifico, non e' dato individuare la figura del controinteressato, al fini della necessaria notifica del ricorso, nel caso di impugnazione di atti a contenuto generale e normativo, quale e' il piano oggetto dell'odierno gravame. Del pari va ritenuta infondata l'eccezione di inammissibilita' per carenza di interesse, svolta sotto il profilo che, anche a voler stralciare dal computo le aree contestate in ricorso, o alcune di esse, la quota del territorio destinato a protezione risulterebbe comunque sopra la soglia minima del 20% voluta dalla legge. Una tale prova di resistenza del provvedimento impugnato non e' consentita, poiche' l'interesse sotteso al ricorso non e' una immediata utilita', matematicamente derivante dalla correzione. di un preteso errore, ma l'eliminazione di un vizio che ha falsato la volonta dell'amministrazione, deviandone i risultati rispetto alla determinazione effettivamente scelta. In altre parole, una volta accertato che l'amministrazione, con il provvedimento impugnato, voleva stabilire la soglia di protezione al di sopra del mimmo di legge (come in effetti si legge negli atti di causa, in particolare a pagina 21 della relazione allegata alla deliberazione di approvazione del piano), non e' dubbio che interesse del ricorrente, e consequenziale compito del giudice e' l'accertamento della correttezza o meno del procedimento che tale intenzione ha concretizzato. Il ricorso e' dunque ammissibile. II. - Nel merito, sostiene l'associazione ricorrente che buona parte delle zone considerate dal piano come sottratte all'attivita' venatoria non potrebbero essere considerate adatte alla protezione della fauna, in quanto di estensione troppo limitata ovvero destinate al rispetto di strade o di vie ferrate, ovvero ancora facenti parte dell'area aeroportuale. Osserva il collegio che, a mente dell'art. 10, comma 4, legge 11 febbraio 1992, n. 157, si intende per protezione "il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole". A tali fini, il precedente comma 3 destina una quota dal 20 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale, comprendendo in detta percentuale "i territori ove sia comunque vietata l'attivita' venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni". Analoga disposizione e' contenuta nella legge regionale ligure per l'esercizio della caccia, n. 29 del 1994, all'art. 3, comma 2. La medesima norma regionale offre, al precedente comma 1, la definizione di territorio agro-silvo-pastorale, come quello comprendente "terreni agricoli, con esclusione di quelli situati nelle zone urbane, i terreni incolti, le foreste demaniali e regionali, le zone umide, le spiagge, i corsi d'acqua, i laghi naturali e artificiali ed ogni altra zona verde, attualmente o potenzialmente idonea all'attivita' di coltivazione dei fondi, di allevamento di specie animali e di silvicoltura". Per effetto delle disposizioni legislative cosi' richiamate, vanno considerate nel computo del territorio destinato a protezione della fauna anche le aree sottratte da diverse disposizioni all'esercizio venatorio, indipendentemente dalla vocazione e dalla natura delle stesse, purche' definibile come agro-silvo-pastorali: dimodoche' non e' dubbio, a parere del collegio, che in esse vadano comprese anche quelle inidonee, per la limitata estensione o per la vicinanza a vie di comunicazione, a garantire "la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole", e cioe' la protezione della fauna. Ne' puo' ritenersi che l'esclusione dal computo percentuale discenda, per tali aree, dal non essere definibile come "agro-silvo-pastorali", secondo la definizione offerta dal comma 1 dell'art. 3 legge regionale citata. In tale definizione ricadono, infatti, anche i terreni incolti e quelli agricoli, senza limite minimo di estensione o di vicinanza a fonti di disturbo, mentre l'idoneita' attuale o potenziale alla coltivazione o all'allevamento e' caratteristica riferita dalla norma al solo dato residuale di "ogni altra zona verde". Il provvedimento impugnato, percio', che appunto comprende nella percentuale destinata a zona di protezione anche aree del tipo di quelle descritte, non puo' dirsi contrastante con il parametro normativo, come si pretende nel ricorso: piuttosto, e' tale parametro ad apparire non ragionevole. Se infatti per protezione va inteso, come e' d'altra parte di senso comune, non solo il divieto di abbattimento e cattura, ma anche l'agevolazione congiunta delle attivita' vitali della fauna, secondo la precisa dizione del comma 4 dell'art. 10 legge n. 157/92, e' evidente che nel territorio destinato a protezione non puo' essere compreso quello che, per sua natura o funzione, e' inidoneo a consentire tali attivita'. Tra la definizione di protezione e la considerazione delle aree suddette, di cui al comma precedente, la legge quadro statale contiene una contraddittorieta' in termini, che fa dubitare della rispondenza ai parametri costituzionali, segnatamente con il principio di ragionevolezza, di cui e' codificazione nell'art. 97, primo comma della Costituzione. Identico dubbio sorge con riguardo all'art. 3, comma 1 e 2, della legge regionale n. 29 del 1994, poiche' la definizione del territorio da considerare consente tuttavia di includere anche aree non adatte alla protezione, secondo quanto si e' sopra esposto. Il collegio ritiene, dunque, non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' delle norme suddette; ne ritiene anche la rilevanza, poiche' l'esame del provvedimento impugnato, che risponde al parametro normativo ma che, come questo, appare intrinsecamente illogico, presuppone necessariamente il giudizio circa la permanenza o meno del parametro stesso. III. - Per le suesposte considerazioni, a norma dell'art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione incidentale di costituzionalita' di cui trattasi, disponendosi conseguentemente la sospensione del giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe.