IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza nella  causa  civile  n.  4146/1995
 r.g.a.c.  -  V.P.O.  Frusone tra Roma Marco dott. proc. Antonio Roma,
 piazza Caduti di via Fani n. 2, Frosinone e il  Servizio  riscossione
 tributi avv. Dario Napolitano, piazza Aonio Paleario, Frosinone.
   Il  vice  pretore  di  Ceccano,  letti  gli  atti  del  giudizio  e
 sciogliendo la riserva di cui all'ordinanza resa all'udienza  del  25
 giugno 1996;
   Rilevato che, il ricorrente Roma Marco, nel giudizio iscritto al n.
 4146/1995   r.g.a.c.,  assumendo  di  essere  proprietario  dei  beni
 pignorati, ha proposto, ex art.  619  c.p.c.,  opposizione  di  terzo
 all'esecuzione  promossa  dalla concessione di Frosinone del servizio
 riscossione tributi, con atto di pignoramento  dell'11  aprile  1995,
 nei  confronti  del  contribuente  sig.ra  Giorgi  Arnalda, debitrice
 d'imposta per la somma di L. 36.191.509;
   Che  l'opposto  servizio  riscossione  tributi,  costituendosi  nel
 giudizio,   ha  rilevato  l'inammissibilita'  dell'opposizione  e  la
 carenza  di  giurisdizione   dell'autorita'   giudiziaria   ordinaria
 chiedendo   inoltre,   in  subordine,  il  rigetto  dell'opposizione,
 deducendo come, nel caso di specie, non fosse proponibile il  ricorso
 ex  art.  619  c.p.c. in quanto l'opponente e' figlio della debitrice
 esecutata cosicche',  giusta  il  disposto  dell'art.  52  d.P.R.  29
 settembre 1973, n. 602, allo stesso non e' consentita la proposizione
 del ricorso ex art. 619 c.p.c.;
   Che   con  note  autorizzate  depositate  il  25  luglio  1996,  il
 ricorrente Roma Marco ha sollevato eccezione  di  incostituzionalita'
 dell'art.    52,  lettera  b),  del d.P.R. 29 luglio 1973, n. 602, in
 relazione agli artt. 2, 3, 24, 25 e 113 Cost., tanto  per  l'eccepita
 carenza  del giudice ordinario a conoscere dell'opposizione, proposta
 da uno dei soggetti ivi indicati,  avverso  l'esecuzione  esattoriale
 disciplinata  dalla  norma stessa, come per la violazione del diritto
 soggettivo  della  proprieta'  rectius della tutela al riconoscimento
 della proprieta', compresso abnormemente  dall'invocato  disposto  di
 legge,  senza che sia consentito esame di merito da parte del giudice
 naturale.
   I rilievi mossi dal ricorrente all'art. 52, lettera b), del  d.P.R.
 n.  602/1973,  invero,  non  paiono  a  questo  giudicante  del tutto
 infondati, pur tenendo presente che la norma, appositamente concepita
 per assicurare la riscossione delle imposte  ed  evitare  fraudolente
 simulazioni con il favore di persone, legate all'obbligato da vincoli
 familiari,  con  la  particolarita'  delle sue disposizioni, delimita
 l'ambito entro il quale puo' essere usato  lo  strumento  processuale
 volto  alla  realizzazione  del  diritto  del  creditore, delimitando
 altresi', quali diritti del debitore e  quali  situazioni  giuridiche
 possono  essere  sacrificate  perche'  sia  realizzato il diritto del
 creditore attraverso la riscossione coattiva.
   Pone giustamente l'accento la Corte costituzionale, nella  sentenza
 16  giungo 1964, n. 42 (riferita all'art. 207, lettera b), del d.P.R.
 29 gennaio 1958, n. 645, integralmente trasfuso nell'art. 52, lettera
 b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n.  602),  sulla  assoggettabilita'
 all'azione esecutiva di alcuni beni che si trovino in una particolare
 situazione  locale indipentemente dall'esistenza di eventuali diritti
 di terzi su di essi.
   Tuttavia come affermato in altro passaggio della detta sentenza  il
 legislatore  non  ha  escluso la difesa processuale di una situazione
 giuridica da esso stesso riconosciuta ma ha disposto  con  norma  che
 appartiene  alla  disciplina sostanziale del rapporto di imposta, una
 garanzia di  adempimento  dell'obbligo  tributario,  basandosi  sulla
 situazione  della  cosa  mobile  nell'abitazione  del debitore che lo
 stesso coniuge o parente puo' avere concorso a  creare  e  delle  cui
 eventuali   conseguenze   fiscali   egli  doveva  essere  comunque  a
 conoscenza.
   Pero' il legislatore,  con  il  combinato  disposto  dell'art.  52,
 lettera b), e 65, comma secondo, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602,
 si  e'  limitato a porre una presunzione iuris tantum di appartenenza
 del bene  al  contribuente,  superabile,  in  concreto,  dalla  prova
 dell'anteriorita'  dell'acquisto  del terzo rispetto all'inizio della
 procedura  esattoriale,  nonche'  nella  natura  non   simulata   ne'
 fraudolenta del titolo.
   La  ratio    della norma (art. 65, del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
 602)   consiste   nell'esigenza   di   impedire   frodi,   in   danno
 dell'esattore,  da parte del debitore d'imposta; tuttavia, attraverso
 il controllo giurisdizionale, nell'ambito  della  normale  dialettica
 processuale   e   con   le  regole  del  diritto,  e'  consentita  la
 dimostrazione della prova contraria ovvero della non appartenenza  al
 debitore dei beni pignorati, in virtu' di titolo di data certa.
   Orbene  se  l'opposizione  proposta  dal  terzo  per rivendicare la
 proprieta' dei beni pignorati configura una  controversia  tributaria
 come tale devoluta alla competenza per materia del tribunale, ex art.
 9  c.p.c.    (cass.  civ., sez. III 21 dicembre 1994, n. 9848) non si
 puo' negare la carenza  della  giurisdizione  ordinaria  a  conoscere
 della   controversia   instaurata  da  un  terzo  che  rivendichi  la
 proprieta' dei beni, dovendosi ricomprendere  tra  questi,  anche  il
 soggetto  tra quelli indicati all'art.  52, lettera b), del d.P.R. n.
 602/1973, ove lo stesso possa dimostrare,  con  atto  di  data  certa
 anteriore all'iscrizione al ruolo del tributo, la proprieta' dei beni
 rivendicati.  Il  tutto  fermo restando che le regole processuali, in
 particolare  sulla  dimostrazione  della   proprieta',   stabiliscono
 particolari   limitazioni   e  rigorose  dimostrazioni  della  stessa
 nell'interesse superiore del diritto di credito realizzato attraverso
 la riscossione coattiva di imposta.
   Nel caso di specie la posizione del ricorrente e' connotata da  una
 situazione  apparentemente  meritevole  di  tutela  giuridica  se  si
 considera che  esso  ricorrente  ha  offerto  documentazione  atta  a
 dimostrare  la  sua  indipendenza dal nucleo familiare di origine, la
 creazione di altro  nucleo  familiare  e  la  circostanza  della  non
 convivenza  con  i  propri genitori oltre a documentazione attestante
 l'acquisto dei beni pignorati e l'affidamento degli stessi ai  propri
 genitori  (contratto  di comodato) i quali versavano in condizioni di
 gravi difficolta' economiche (circostanza dedotta e  non  documentata
 tuttavia  desumibile,  da  questo  ufficio,  anche  in relazione alla
 procedura esattoriale per cui e' causa).
   Orbene, di fronte ad una tale apparenza, suscettibile invero di  un
 esame  approfondito pur se con le regole di cui ampiamente discettato
 piu' sopra, sembra a questo giudice che la compressione  del  diritto
 soggettivo  del  proprietario,  operata  dalla  norma  del  d.P.R. n.
 602/1973, non possa spingersi fino a negare la tutela giurisdizionale
 di quel diritto, al  figlio  dell'obbligato  che  per  questo  status
 proprio,  peraltro  irrinunciabile,  non  potrebbe  proporre  ricorso
 giurisdizionale dovendosi esclusivamente  rimettere  ad  un'autorita'
 amministrativa quale l'Intendente di finanza.
   Pertanto   in   presenza  di  elementi  quali  quelli  offerti  dal
 ricorrente, non si puo' non riconoscere  come  l'esigenza  di  tutela
 dell'erario  non  possa  precludere  ad una categoria di cittadini la
 possibilita' del  ricorso  a  quello  stesso  giudice  ordinario  cui
 normalmente e' demandato l'esame delle controversie aventi ad oggetto
 l'opposizione  di terzi all'esecuzione esattoriale, e cio' perche' il
 figlio del debitore di  imposta  e'  da  considerarsi  effettivamente
 terzo  tanto rispetto alla situazione giuridica dedotta come rispetto
 al debito di imposta.
   Si impone al riguardo un riesame del  costante  orientamento  della
 Corte  costituzionale tenendo presente che, con recenti decisioni, ed
 in particolare Corte costituzionale 24 ottobre  1995,  n.  444  e  27
 luglio   1994,   n.   358,  e'  stato  dichiarato  costituzionalmente
 illegittimo l'art. 52, comma  secondo,  lettera  b),  del  d.P.R.  n.
 602/1973, nella parte in cui non prevede che il coniuge del debitore,
 nell'esecuzione  esattoriale,  possa  proporre opposizione per i beni
 mobili ad esso pervenuti per  atto  pubblico  di  donazione  in  data
 anteriore  al  matrimonio  o  in  data  anteriore  al verificarsi del
 presupposto dell'imposta.
   In conclusione affermare la carenza di giurisdizione dell'autorita'
 giudiziaria ordinaria, in virtu' del disposto dell'art.  52,  lettera
 b)  del  d.P.R. n. 602/1973, sembra a questo giudice che implichi una
 valutazione contraria ai dettami della Costituzione ed in particolare
 agli artt. 2, 3, 24, 42 e 113 Cost., facendo ritenere la rilevanza  e
 la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale del combinato disposto degli artt. 52, lettera  b),  e
 54  del d.P.R.   n. 602/1973, nella parte in cui non prevedano che il
 figlio maggiorenne, non convivente con i genitori, stabilito in altro
 nucleo  familiare, possa proporre opposizione di terzo all'esecuzione
 per i beni da esso acquistati e  consegnati,  per  l'uso,  ai  propri
 ascendenti, con atto di data certa anteriore a quello di consegna del
 ruolo  all'esattore  e,  correlativamente,  nella  parte  in  cui non
 prevede, in  tali  ipotesi,  il  potere  del  giudice  di  sospendere
 l'esecuzione.
   L'invocata   questione   di   legittimita'   involge,   come  punto
 essenziale, ogni  decisione  che  debba  essere  adottata  da  questo
 Ufficio  in  ordine  ai  fatti  di cui al ricorso e, pertanto, giusta
 articolo 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87.