L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 12 febbraio 1997,
 ha approvato il disegno di legge n. 245  -  Norme  stralciate  -  dal
 titolo "Programmazione delle risorse e degli impieghi. Contenimento e
 razionalizzazione  della  spesa  e altre disposizioni aventi riflessi
 finanziari  sul  bilancio   della   regione"   pervenuto   a   questo
 commisariato  dello  Stato,  ai  sensi e per gli effetti dell'art. 28
 dello statuto speciale, il successivo 15 febbraio 1997.
   L'iter parlamentare del provvedimento legislativo  concernente  una
 serie  di  disposizioni,  di  cui alcune di carattere particolarmente
 innovativo,  attinenti  a  piu'  svariati   settori   di   competenza
 regionale,  e'  stato  alquanto  lungo  e  complesso avendo impegnato
 l'assemblea nei lavori di aula sin dal 13 gennaio.
   Al testo predisposto dalla competente commissione  di  merito  sono
 stati,  infatti,  presentati  circa  500  emendamenti,  di  cui molti
 direttamente  in  aula,  che  inevitabilmente  hanno  rallentato   le
 ordinarie  procedure e indotto la presidenza dell'organo legislativo,
 in conformita' ai principi posti da codesta ecc.ma Corte con sentenza
 n.  94/1995,  a  vigilare  con  assidua  attenzione  affinche'  fosse
 assicurata  la  puntuale  osservanza  dei precetti dell'art. 12 dello
 statuto e delle relative norme regolamentari.
   Cio'  nonostante  sono state approvate due disposizioni (artt. 37 e
 52)  oggetto  del  presente  atto  di  gravame,  entrambe  frutto  di
 emendamenti   presentati   da  singoli  deputati  che,  per  il  loro
 conttenuto, appaiono non sufficientemente ponderati e valutati per le
 conseguenze derivanti, tant'e' che in sede di approvazione definitiva
 del d.d.l., ne e' stata richiesta, dal Governo e da uno dei  deputati
 proponenti,   la   soppressione   ai   sensi  dell'art.  117-bis  del
 regolamento interno.
   L'art. 37, che qui di seguito si trascrive, da' adito a censure  di
 costituzionalita' in relazione agli artt. 3 e 97, della Costituzione,
 poiche'  con l'asserito intento di interpretazione autenticamente una
 norma esistente nell'ordinamento giuridico  regionale  dal  1985,  il
 legislatore  in  realta'  estende  alcuni  benefici  a  fattispecie e
 soggetti diverrsi da  quelli  previsti  dalla  norma  stessa  creando
 disparita'  di trattamento in quanto sottopone alla stessa disciplina
 situazioni del  tutto  diverse  e  violando  il  principio  del  buon
 andamento della p.a.
   "Interpretazione  autentica  dell'art.  68 della legge regionale 29
 ottobre 1985, n. 41.
   1. - Il comma 5 dell'art. 68 della legge regionale 29 ottobre 1985,
 n. 41, e' interpretato nel senso che per i fini di cui al primo comma
 sono considerati utili  i  servizi  svolti  continuativamente  presso
 l'Universita'  nella docenza universitaria in posizione di assistente
 volontario, laureato esercitatore, titolare di borsa di studio di cui
 alle leggi 31 ottobre 1956, n. 946 e 24 febbraio 1967, n. 62, nonche'
 quelli svolti presso enti o amministrazioni pubbliche in posizione di
 titolare di borse di studio del Consiglio nazionale delle ricerche  o
 assegnate a seguito di concorso.
   2. - Per i predetti servizi sono fatte salve le istanze di cui alle
 leggi regionali 29 ottobre 1985, n. 41 e 15 giugno 1988, n.  11".
   L'art.  68, comma quinto della legge regionale n. 41 del 1985, oggi
 interpretato, recitava: "Per i  fini  di  cui  al  primo  comma  sono
 considerati utili i servizi svolti continuamente presso l'universita'
 nella    docenza   universitaria   in   posizione   di   ''assistente
 volontario'',  ''laureato  esercitatore'',  ''titolare  di  borse  di
 studio'' di cui alla legge 31 ottobre 1956 n. 946 e 24 febbraio 1967,
 n.  62  nonche' ''titolare di borse di studio'' del CNR o assegnata a
 seguito di  concorso".
   La riportata norma del 1985, cosi' come sopra formulata, era  stata
 portata  all'attenzione di codesta Corte avendo costituito oggetto di
 una questione di  costituzionalita'  per  presunta  violazione  degli
 artt.  3  e  97  della  Costituzione sollevata in via incidentale dal
 consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana.
   Il TAR-Sicilia, sez. di Catania, decidendo  il  ricorso  presentato
 avverso  il provvedimento di diniego della competente amministrazione
 regionale aveva ritenuto valutabile, ai sensi della  legge  regionale
 n.  41/1985,  art.  68,  quinto  comma,  per  la  ricostruzione della
 carriera, il servizio prestato  da  un  funzionario  in  qualita'  di
 borsista  presso  la  Soprintendenza  ai beni culturali, ambientali e
 della p.i. di Catania.
   La regione siciliana avverso detta sentenza ricorreva al  consiglio
 di  giustizia  amministrativa  che, con ordinanza del 15 agosto 1995,
 sollevava,  come  sopra  accennato,  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.   68, quinto e sesto comma, della legge regionale siciliana
 29 ottobre 1985 n. 41 sopracitato per contrasto con gli artt. 3 e  97
 della  Costituzione, nella parte in cui veniva esclusa la valutazione
 dei servizi prestati da coloro che avevano beneficiato  di  borse  di
 studio  presso  organi  della  stessa  amministrazione  che  le aveva
 assegnate.
   Codesta Corte, con sentenza n. 260/1996, ha  pero'  dichiarata  non
 fondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale sollevata dal
 C.G.A.
   Dopo avere proceduto ad una  attenta  valutazione  della  normativa
 preesistente  che  disciplina ai fini della progressione giuridica ed
 economica nonche' del trattamento di quiescenza i  servizi  pregressi
 analiticamente  indicati cui con l'art. 68, comma quinto, della legge
 n. 41/1985 sono state aggiunte altre  ben  determinate  categorie  di
 servizi,  codesta  Corte ha precisato che questi ultimi sono "Servizi
 accomunati da un unico denominatore di ''docenza'',  cioe'  ''elevata
 qualificazione didattica e scietifica, resi in ambito universitario -
 anteriormente -  alla immissione nei ruoli del personale regionale'',
 assimilati  dal  legislatore  a  quelli  di  cui al primo comma dello
 stesso art. 68.
   Con l'approvazione dell'odierno art. 37  il  legislatore  regionale
 intende   ora  interpretare  in  senso  estensivo  la  citata  norma,
 nonostante   essa   abbia   gia'   formato   oggetto   di   giudicato
 amministrativo    definitivo    in    conformita'    alla    corretta
 interpretazione datane da codesta ecc.ma Corte.
   Non puo' peraltro  sottacersi  che  la  amministrazione  regionale,
 costituitasi  come  parte  resistente nei giudizi svoltisi presso gli
 organi di giustizia amministrativa e presso codesta Corte,  a  difesa
 dell'esclusione  dei  borsisti  dalla  portata del beneficio previsto
 dall'art. 68, oggi, disconoscendo il  descritto  chiaro  ragionamento
 interpretativo,  fa proprie le esigenze individuali di quei pochi nei
 confronti dei quali con la sentenza n. 260/1996 e' statoaffermato che
 "la  borsa  di  studio  era   intesa   semplicemente   a   realizzare
 un'attivita'  di  miglioramento  ed  approfondimento  culturale  e di
 esperienza anche  pratica  del  borsista  presso  istituti,  in  essi
 ricomprendendosi,   anche   le   amministrazioni   specializzate  nel
 settore....." soggiungendosi che la fruizione delle predette borse di
 studio  e'  stata  riconosciuta  quale  titolo  per  l'ammissione  ai
 concorsi  per  l'accesso  nei  ruoli  dell'amministrazione  dei  beni
 culturali in Sicilia".
   D'altronde - come rilevato altresi' da codesta Corte con la  citata
 sentenza  -  "nella prima applicazione  della stessa legge n. 116 del
 1980, i vincitori delle borse di  studio  in  questione  sono  stati,
 altresi',  ammessi  ad  un beneficio eccezionale, in sostituzione del
 sistema tipico concorsuale di accesso, cioe' la sottoposizione ad  un
 semplice  esame di idoenita' per l'accesso alla qualifica iniziale di
 dirigente  tecnico  presso  la  citata   amministrazione   dei   beni
 culturali".
   La  volonta'  del  legislatore  regionale di estendere il contenuto
 della norma, con effetto reroattivo, ad alcuni soggetti che ne  erano
 stati  esclusi  anche  a  seguito  del  giudizio  gia'  conclusosi e'
 vieppiu' in contrasto con i principi costituzionali, poiche' lede  il
 principio  della irretroattivita' delle leggi cui il legislatore deve
 in via preferenziale attenersi e non fa salvi i limiti  stabiliti  da
 codesta Corte con la sentenza n. 397/1994.
   Invero  l'art.  37  maschera  una  norma  effettivamente innovativa
 dotata di efficacia retroattiva, poiche' non ha,  nei  fatti,  alcuna
 ragione  di  "chiarire  il  senso  della  norma preesistente" oltre a
 creare un vulnus nei confronti delle fuzioni giurisdizionali  poiche'
 interviene per annullare gli effetti di un giudicato.
   Concludendo  si  ritiene  che  la  norma  impugnata si rivela pieno
 contrasto con il rigore cui e' ispirata la legge  finanziaria  teste'
 approvata  e  costituisce  una  gratuita  elargizione di benefici che
 potrebbe dare adito ad aspettative  di  personale  che  si  trova  in
 situazioni analoghe.
   L'art.  52,  che  di  seguito  si trascrive, costituisce violazione
 degli artt. 3 e 97, per  palese  irragionevolezza  ed  arbitrarieta',
 nonche'  dell'art.  81, quarto comma, della Costituzione: "Estensione
 interventi in agricoltura. 1. - All'art. 33 della legge regionale  23
 maggio 1991, n. 32, dopo le parole "art. 8" aggiungere le seguenti:
  e all'art. 9".
   L'art.  33  della  legge  regionale n. 32/1991 prevedeva infatti il
 finanziamento di 4.700 milioni di lire, una  tantum  e  per  il  solo
 esercizio  1991, destinato alla concessione di contributi integrativi
 alle associazioni di produtori agricoli ed alle  cooperative  per  la
 realizzazione   di   impianti   di   lavorazione,   trasformazione  e
 commercializzazione dei prodotti agricoli e  zootecnici  e  dei  loro
 sottoprodotti (art.  8 legge regionale n. 7/1985).
   Detto stanziamento, pero', prima rimodulato dall'art. 4 della legge
 regionale  n.  43  del  1991  negli anni 1992 e 1993, per gli importi
 rispettivamente di 2.000 e 2.700 milioni di lire per  ciascuno  degli
 esercizi  finanziari  in  questione, e successivamente rideterminato,
 per il quadriennio 1992/1995, dall'art. 7 legge regionale n.  10/1992
 e'   stato  infine,  con  la  legge  n.  6/1994  (art.  1,  tab.  1),
 ulteriormente ripartito, per il residuo  importo  di  un  miliardo  e
 settecento milioni di lire, negli anni 1994 e 1995.
   Orbene  da  quanto  emerge  dall'analisi  dei  rendiconti  generali
 dell'amministrazione regionale per gli esercizi 1994 e 1995 (all. 1 e
 2) 2.500 miloni di lire per il primo anno e 1.200 milioni di lire per
 il secondo,  sono  andati  in  economia  contribuendo,  pertanto,  ad
 incrementare l'avanzo di amministrazione e/o a diminuire il disavanzo
 regiostrasi alla chiusura dell'anno contabile di riferimento.
   Cio'  premesso  e'  di  tutta  evidenza  che la disposizione teste'
 adottata non sia razionale e congrua rispetto al fine che si  intende
 perseguire  e, pertanto, contrasti con i principi di cui agli artt. 3
 e 97 della Costituzione  in  quanto  non  e'  di  certo  concesso  al
 legislatore  di  destinare  somme  non  piu'  esistenti,  a qualsiasi
 titolo, in bilancio per nuovi ed ulteriori spese quali quelle di  cui
 all'art. 9 della legge regionale n. 7/1995 relative al concorso della
 regione  nel  pagamento  degli  interessi  sui mutui di miglioramento
 fondiario contratti delle cooperative agricole e zootechiche  per  la
 realizzazione di impianti a carattere associativo.
   Ed  anche  a  volere  argomentare  che  la  non  chiara e perspicua
 formulazione dell'articolo celi la volonta' di istituire ex novo  una
 ulteriore agevolazione creditizia per le imprese agricole essa non si
 sottrae a censura di costituzionalita' sotto il profilo della mancata
 quantificazione  della  spesa  e della relativa copertura finanziaria
 non essendo sufficiente  il  mero  riferimento  ad  una  economia  di
 bilancio verificatasi negli esercizi pregressi.