ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 21 giugno 1996 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, il 5 luglio, il 9 settembre, il 9 luglio e il 5 luglio 1996 dalla Corte d'appello di Salerno, l'11 gennaio e il 19 luglio 1996 dalla Corte d'appello di Napoli e il 21 maggio 1996 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Palermo, rispettivamente iscritte ai nn. 1140, 1186, 1187, 1213, 1214, 1215, 1218 e 1224 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43, 44 e 45, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visto l'atto di costituzione di Federici Elia; Udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1997 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky; Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, con ordinanza del 21 giugno 1996 (r.o. 1140 del 1996), la Corte d'appello di Salerno, con ordinanze del 5 luglio 1996 (r.o. 1213 del 1996) e del 9 settembre 1996 (r.o. 1187 del 1996), emesse nel corso di giudizi incidentali di ricusazione, la Corte d'appello di Napoli, con ordinanze dell'11 gennaio e del 19 luglio 1996 (r.o. 1215 e 1218 del 1996), anch'esse pronunciate nel corso di giudizi incidentali di ricusazione, e il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Palermo, con ordinanza del 21 maggio 1996 (r.o. 1224 del 1996), hanno sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a partecipare all'udienza preliminare del giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale nei confronti della persona sottoposta alle indagini, in riferimento a numerosi parametri costituzionali, variamente individuati dai giudici rimettenti negli artt. 3, 24, 25, 76 e 77 (in correlazione con il principio di terzieta' del giudice e con la direttiva numero 67 dell'art. 2 della legge-delega per il nuovo codice di procedura penale 16 febbraio 1987, n. 81: r.o. 1140 e 1224 del 1996) e 101 della Costituzione; che i giudici rimettenti, richiamando le sentenze nn. 155 e 131 del 1996 e n. 432 del 1995 della Corte costituzionale, nel senso dell'analogia tra le ipotesi in esse considerate e quella ora demandata alla valutazione di conformita' a Costituzione, e valorizzando altresi' la modifica legislativa (legge 8 aprile 1993, n. 105) relativa alla regola di giudizio ai fini della sentenza di non luogo a procedere pronunciata nell'udienza preliminare, con la soppressione del criterio dell'"evidenza" che prima compariva nel testo dell'art. 425 del codice di procedura penale (con conseguente ampliamento dell'ambito valutativo affidato al giudice di detta udienza), prospettano il dubbio di costituzionalita' perche' anche nella funzione che il giudice e' chiamato a svolgere nell'udienza preliminare sarebbe ravvisabile una piena valutazione di merito, rilevante ai fini dell'incompatibilita' al pari di quella del giudizio dibattimentale, cui andrebbe, in sostanza, accomunata; che nel giudizio promosso con l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma (r.o. 1140 del 1996) si e' costituita la parte privata, Elia Federici, il cui patrocinio, nell'atto di costituzione, ha svolto considerazioni a sostegno della prospettata illegittimita' costituzionale della norma impugnata; Considerato che le questioni sollevate sono analoghe e investono la medesima norma, e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica pronuncia; che questa Corte, con diverse decisioni (ordinanze nn. 410, 333, 279, 232 e 24 del 1996), ha piu' volte dichiarato manifestamente infondate identiche questioni, osservando, in particolare, che la previsione dell'incompatibilita' del giudice e' finalizzata ad evitare che possa essere, o apparire, pregiudicata l'attivita' di "giudizio" (sentenza n. 131 del 1996) e che tale connotato non e' ravvisabile nella partecipazione all'udienza preliminare, giacche' in tale sede il giudice non e' chiamato a esprimere valutazioni sul merito dell'accusa ma solo a verificare, in una delibazione di carattere processuale (sentenze nn. 82 del 1993, 64 del 1991), la legittimita' della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero, cio' che non costituisce attivita' di giudizio inteso come attivita' preordinata alla decisione di merito sull'oggetto del processo; che, inoltre, non puo' portare a diversa conclusione l'elemento, variamente sottolineato dai giudici rimettenti, della modifica legislativa concernente la soppressione del termine "evidente" nell'art. 425 del codice di procedura penale; che, infatti, questa Corte ha gia' rilevato (ordinanza n. 24 del 1996 citata) che l'ampliamento dell'ambito valutativo ai fini della pronuncia di non luogo a procedere, non modifica, comunque, la funzione assegnata, nel disegno del codice, all'udienza preliminare, nella quale il giudice e' chiamato a compiere un apprezzamento che "non si sviluppa ... secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se ... risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento" (sentenza n. 71 del 1996), secondo una valutazione, dunque, nettamente distinta, per struttura, funzione ed effetti, dal "giudizio" sul merito dell'accusa; che, non essendo stati dedotti profili nuovi o diversi da quelli gia' esaminati, le questioni sollevate devono pertanto essere dichiarate manifestamente infondate; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.