IL GIUDICE ISTRUTTORE Letto l'atto di citazione ritualmente notificato da Angeli Franca e Ceccarelli Daniele alla Italcem s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, a Ribelli Enzo ed a Tocchi Rolando, con cui e' stata promossa, ai sensi dell'art. 669-octies c.p.c., la causa di merito intesa a far accertare l'illegittimita' dei comportamenti denunciati con il ricorso ex art. 700 c.p.c. e ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti da tale condotta illegittima; Visto il decreto con cui il presidente del tribunale ha nominato questo stesso giudice, gia' designato nella fase cautelare ai sensi dell'art. 669-ter c.p.c., come istruttore della causa di merito promossa ai sensi dell'art. 669-octies c.p.c.; Rilevato che questo stesso giudice ha accolto il ricorso promosso ai sensi dell'art. 700 c.p.c. da Angeli Franca e Ceccarelli Daniele, ordinando in via d'urgenza alla Italcem s.r.l., a Ribelli Enzo ed a Tocchi Rolando di consentire ai predetti ricorrenti di prendere visione delle scritture contabili della societa' al fine di esercitare il potere di controllo; O s s e r v a Il fine a cui tendono gli istituti dell'astensione e della ricusazione del giudice e' quello di evitare che a giudicare sia un magistrato il quale, per l'esistenza di particolari situazioni di fatto, espressamente previste dal legislatore, che lo legano ai soggetti o all'oggetto della lite, si ritiene privo della necessaria serenita' di giudizio e tale da poter emettere una decisione favorevole o sfavorevole per una delle parti per ragioni diverse da quelle proprie della giustizia. Per questo, la ratio delle norme sull'astensione e sulla ricusazione e' comunemente vista nell'esigenza di tutelare l'imparzialita' del giudice, intesa come terzieta' rispetto agli interessi concretamente fatti valere nel processo. L'art. 51 n. 4 c.p.c. prevede che il giudice ha l'obbligo di astenersi quando ha conosciuto della causa come magistrato in altro grado del processo. La giurisprudenza tradizionale ritiene che deve trattarsi di un diverso grado e non di una diversa fase, relativa allo stesso grado del procedimento e, conseguentemente, si e' escluso l'obbligo di astensione, tra l'altro, per il giudice che ha emanato un provvedimento provvisorio, ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (cfr. trib. Milano ord. 9 novembre 1981, Foro It. 1981, I, 2997). Tale interpretazione appare indubbiamente corretta in quanto le ipotesi di cui all'art. 51 c.p.c. comportano una deroga alle regole generali sulla competenza ed ai criteri di precostituzione dei giudici stabiliti dalle tabelle di composizione degli uffici giudiziari. Esse, quindi, sono tassative, non estensibili analogicamente, al di la' dei casi presi in considerazione, e non suscettibili di interpretazione estensiva. Cio' posto, questo giudice dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 51 c.p.c., laddove limita il dovere di astensione del giudice alle ipotesi di previa conoscenza della causa in altro grado del processo e non anche nel caso in cui egli ne abbia conosciuto per aver adottato un provvedimento d'urgenza nella fase cautelare. Ed infatti, la Corte costituzionale, con riferimento al processo penale, ha ritenuto che il principio della terzieta' del giudice puo' essere minato anche dalla c.d. "forza della prevenzione", che consiste in quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento (vedi sent. Corte cost. 15 settembre 1995, n. 432), qualora un magistrato, prima della sua investitura quale giudice del giudizio, abbia provveduto in ordine ad una misura cautelare esprimendo una valutazione contenutistica relativamente ai fatti che hanno rilevanza con il merito della questione. In questa sede si prospetta l'opinione che tale principio sia valido anche nel campo del processo civile e cio' in quanto anche in tale settore il principio di imparzialita' del giudice potrebbe essere condizionato dalla forza della prevenzione, qualora il giudice, prima della causa, sia stato chiamato a pronunciarsi su una istanza per la concessione di un provvedimento cautelare. Infatti, nel processo civile, come in quello penale, la concessione del provvedimento cautelare, pur non necessitando della prova piena, non puo' prescindere dall'esistenza di una prova indiziaria; ed egualmente l'accertamento del fumus boni iuris attenendo a circostanze afferenti al merito della futura controversia, impone all'interprete di ritenere ugualmente contenutistica, secondo la nozione fornita dalla stessa Corte costituzionale, la valutazione che il giudice civile e' tenuto a compiere prima di provvedere in ordine alla concessione o meno del provvedimento cautelare. Stando cosi' le cose, la mancata previsione del dovere di astensione del giudice che abbia gia' conosciuto dei fatti di causa in una fase precedente a quella di merito, emanando un provvedimento, come quello cautelare, che presuppone una valutazione contenutistica del merito del giudizio, rischia di compromettere i principi del giusto processo e di imparzialita' del giudice. Tale imparzialita', connaturata all'essenza della giurisdizione, richiede che la funzione del giudicare sia assegnata ad un soggetto terzo, non solo scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto, ma anche sgombro di convinzioni precostituite in ordine alla materia del decidere, formatesi in diverse fasi del giudizio, in occasione di funzioni decisorie che egli sia stato chiamato a svolgere in precedenza. Conseguentemente, mancando tale imparzialita', rischia immancabilmente di essere leso il diritto di difesa salvaguardato dall'art. 24, comma secondo della Costituzione. Poiche' la presente causa non puo' essere definita indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale qui cennata.