IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza di rinvio degli atti alla Corte costituzionale. Letti gli atti del procedimento n. 10257/96 r.g.g.i.p. nei confronti del legale rappresentante della ditta "Praedium Ecologica S.r.l.". Persona sottoposta ad indagini in ordine al reato p. e p. dall'art. 27, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 per avere, in qualita' di titolare della ditta "Praedium Ecologica S.r.l." e gestore dell'impianto di discarica di prima categoria, ubicato in comune di Pozzuolo del Friuli, fraz. Carpeneto, loc. Ronchis, smaltito rifiuti urbani e speciali assimilabili agli urbani provenienti da fuori regione, in violazione dell'autorizzazione rilasciata dalla provincia di Udine di data 1 agosto 1990, n. 23810/90. In comune di Pozzuolo del Friuli il 21 settembre 1996. Vista la richiesta del pubblico ministero pervenuta in data 7 novembre 1996 con la quale si chiede l'archiviazione del procedimento, ai sensi dell' art. 554 c.p.p., non essendo il fatto di rilevanza penale. Premesso in fatto che a seguito di controllo effettuato in data 21 settembre 1996 dal tecnico incaricato dall'amministrazione comunale di Pozzuolo del Friuli veniva accertato che presso l'impianto di discarica di prima categoria, ubicato in comune di Pozzuolo del Friuli, fraz. Carpeneto, venivano nuovamente smaltiti rifiuti provenienti da Milano, in particolare rifiuti solidi assimilabili agli urbani, organici, putrescibili di provenienza alimentare collettiva, domestica e mercatale allo stato solido, della ditta CO.GE.TAS e della Progesam Italia S.r.l., con sede in quella citta', in violazione all'art. 29 della legge regionale n. 22 del 14 giugno 1996. Per l'esercizio di tale impianto, la ditta Praedium Ecologica aveva ottenuto dalla provincia di Udine l'autorizzazione di data 1 agosto 1990, n. 23810/90 nonostante il parere contrario espresso dal comune di Pozzuolo all'apertura di discariche sul proprio territorio che non siano destinate alla raccolta di r.s.u. prodotti e raccolti soltanto nel comune. Rilevato che nella nota dell'amministrazione comunale di Pozzuolo di data 7 ottobre 1996, veniva evidenziato che tali materiali vanno ad interessare un quantitativo pari a circa 300/350 tonnellate a settimana, che corrisponde a circa meta' dei rifiuti stoccabili nell'arco dell'intera settimana in discarica, "con l'aggravio di perdere quella disponibilita' che piu' volte, anche nel recente passato, ha visto penalizzato questo comune con l'apertura di nuove discariche giustificate da parte di Enti sovracomunali per la mancanza di siti necessari a tali smaltimenti". Considerata l'opportunita' di sottoporre d'ufficio al giudizio della Corte costituzionale la questione di legittimita' dell'art. 16, quarto comma, della legge regionale 28 novembre 1988, n. 65, sostitutivo del testo dell'art. 15, sesto comma, della legge regionale n. 30/1978, cosi' come autenticamente interpretato dall'art. 29 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 14 giugno 1996 per violazione delle norme di cui agli artt. 3, 41 e 116 della Costituzione; Osserva La complessa normativa regionale di settore, all'art. 16, comma 4 della legge regionale 28 novembre 1988, n. 65 che ha sostituito il comma 6 dell'art. 15 della legge regionale n. 30/1987 prevede: "Fino a quando non saranno attuati i piani di cui all'art. 6 (Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti) e non saranno entrati in esercizio gli impianti dagli stessi previsti, potranno venir autorizzati dalla regione, dalla provincia e dai comuni, nell'ambito della rispettiva competenza, solamente la realizzazione e l'esercizio di quelle nuove discariche che siano al servizio o supporto di impianti tecnologici esistenti o in progetto, ovvero per le quali sia stata dimostrata la sussistenza effettiva del fabbisogno di spazi di deposito in relazione alla quantita' di rifiuti prodotti, rapportata agli ambiti territoriali serviti di pertinenza esclusivamente regionale". L'art. 29 della legge regionale n. 22 del 14 giugno 1996 ha stabilito "Ad interpretazione autentica dell'art. 15, comma 6, della legge regionale n. 30/1987, come sostituito dall'art. 16, comma 4, della legge regionale n. 65/1988, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della presente legge, si intende per ''quantita' di rifiuti prodotti, rapportata agli ambiti territoriali serviti di pertinenza esclusivamente regionale'' la quantita' di rifiuti di provenienza esclusivamente regionale per i quali e' stata dimostrata l'effettiva necessita' di ulteriori spazi di deposito". La circolare esplicativa n. 7 dell'8 luglio 1996 del presidente della Giunta regionale ha puntualizzato che "con l'art. 29 il legislatore regionale ha chiarito, attraverso un'interpretazione autentica, la portata di tale disposizione in virtu' della quale negli impianti di discarica dalla stessa considerati non possono essere smaltiti rifiuti importati da altre regioni". E' agevole desumere pertanto che la disciplina di cui all'art. 29 citato e' volta a porre un limite all'esercizio dell'attivita' di discarica nel senso che negli impianti per i quali e' stata rilasciata l'autorizzazione in data successiva all'entrata in vigore della legge regionale n. 65/1988, come nel caso di specie, e' vietato smaltire rifiuti provenienti da fuori regione. Di conseguenza, essendo l'autorizzazione all'esercizio della discarica integrata da tutte le disposizioni imposte dalla normativa vigente, come espressamente stabilito dall'art. 12 decr. n. 23810/90 della provincia, la condotta piu' sopra descritta, perpetrata nel settembre 1996, integra gli estremi del reato di cui all'art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 (cfr. Cass. sez. III, sent. n. 2052 del 12 gennaio 1996, ud. 26 ottobre 1995, Cannone: costituiscono prescrizioni di autorizzazione in materia di rifiuti, ai sensi e per l'effetto di cui all'art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, tanto quelle poste, in via generale dalla legge, con riferimento alle singole tipologie di rifiuti e alle distinte fasi di smaltimento, quanto le "clausole" introdotte dall'autorita' regionale, nell'esercizio di una potesta' legislativa propria, non solo integrativa e di attuazione, di cui all'art. 6, terzo comma, lett. f) del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, ma anche di natura concorrente con quella dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, nel rispetto delle norme di principio delle leggi-quadro statali di settore. Dette prescrizioni, relative ad ogni singolo atto autorizzativo, sono riservate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 alla potesta' normativa regionale ed a quella prescrittiva degli enti territoriali minori ...; cfr. ex plurimus, Cass. sez. III, 30 aprile 1992, Teresi). La nuova disciplina di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ripropone, all'art. 51, comma 4, la stessa ipotesi criminosa di cui all'art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 con l'unica differenza che le sanzioni sono sensibilmente piu' elevate. La regione Friuli-Venezia Giulia non ha ancora adottato il piano regionale di smaltimento dei rifiuti (ora "piano di gestione") ed il piano della provincia di Udine e' operativo dal 25 gennaio 1994. La normativa comunitaria (direttiva n. 91/156/CEE; regolamento n. 259/1993) pone fra gli obiettivi da raggiungere quello dell'autosufficienza, a livello nazionale e comunitario, nello smaltimento dei rifiuti e prevede come strumento indispensabile al raggiungimento di tale finalita' l'adozione di programmi di gestione dei rifiuti da parte degli Stati membri. Gli Stati membri possono "adottare misure per vietare del tutto o in parte le spedizioni dei rifiuti o per sollevare sistematicamente obiezioni nei loro confronti" (v. art. 4, par. 3, lett. a), sub i) del reg. n. 259/1993) tuttavia tali provvedimenti volti a ridurre i movimenti di rifiuti possono essere adottati nel contesto dei loro piani di gestione (v. art. 7, comma 3, della direttiva n. 91/156/CEE) e comunicati alla Commissione e agli Stati membri. Piu' volte la Corte di giustizia ha affermato che l'obiettivo del regolamento e' quello di fornire un sistema armonizzato di procedimenti attraverso i quali limitare la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la tutela dell'ambiente, consentendo agli Stati membri di vietare movimenti di rifiuti non conformi ai loro piani di gestione (cfr. sent. del 28 giugno 1994 in causa 187/1993, Parlamento europeo c. Consiglio dell'Unione europea) e che il corretto funzionamento del mercato e l'eliminazione delle disparita' di trattamento fra gli operatori economici non e' fra gli obiettivi specifici della direttiva citata, ma un effetto secondario (cfr. sent. 12 settembre 1996, cause riunite C-58/95, C-75/95, C-119/95, C-123/95, C-123/95, C-135/95, C-140/95, C-141/95, C154/95, C-157/95, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla pretura circ. di Roma, sez. dist. di Tivoli e Castelnuovo di Porto, Gallotti e altri procedimenti). Cio' posto, le misure adottate a protezione dell'ambiente non possono tuttavia tradursi in provvedimenti discriminatori per le imprese del settore "ne' eccedere le restrizioni inevitabili giustificate dal perseguimento dello scopo di interesse generale costituito dalla tutela dell'ambiente" (cfr. Corte di giustizia, sent. 7 febbraio 1985, causa 240/1983). Il decreto legislativo n. 22/1997, emanato in attuazione delle direttive CEE sui rifiuti e sugli imballaggi, prevede che "la regione approva o adegua il piano di gestione dei rifiuti entro un anno" dall'entrata in vigore del decreto (v. art. 22, comma 7) e riserva allo Stato la "determinazione dei criteri generali per la elaborazione di piani regionali di cui all'art. 22 ed il coordinamento dei piani stessi" (v. art. 18, comma 1, lett. i), senza peraltro prevedere una scadenza per quest'ultimo adempimento e quindi rendendo incerta, in concreto, anche l'operativita' del primo termine. In questa prospettiva, la misura restrittiva adottata con l'art. 29 della legge regionale n. 22 del 14 giugno 1996, in assenza di piani regionali dotati di puntuali previsioni in ordine alla copertura del fabbisogno di smaltimento dei rifiuti di provenienza esclusivamente regionale, atti a garantire una adeguata gestione dei rifiuti e, correlativamente, un'idonea protezione dell'ambiente, puo' assumere carattere discriminatorio atteso che, in carenza di tale programmazione, non trova giustificazione il diverso trattamento riservato alle imprese che hanno ottenuto l'autorizzazione dopo l'entrata in vigore della legge regionale n. 65/1988, rispetto a quelle autorizzate anteriormente ed alle altre aziende presenti sul mercato nazionale. La circostanza che tale previsione sia stata introdotta parecchi anni dopo il rilascio delle autorizzazioni inerenti la fase "tansitoria" cioe' nelle more della programmazione, comunque sempre in permanente carenza di pianificazione a livello regionale che avrebbe reso plausibile l'adozione di misure restrittive per la tutela dell'ambiente (in assenza di piano nulla esclude che l'attivita' degli impianti autorizzati prima della legge regionale n. 65/1988, che importano materiali da fuori regione, risulti allo stesso modo pregiudizievole sotto questo profilo), evidenzia ancor di piu' l'irragionevolezza di tale disciplina atteso che le imprese del settore avevano gia' da tempo impostato la propria attivita', e quindi strutturato l'azienda, in funzione anche della domanda di smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione, in difetto della quale risultano penalizzate. Potrebbe obiettarsi che la norma de qua si armonizza con le finalita' di cui all'art. 5, commi 3, lett. a) e 5 del decreto legislativo n. 22/1997 pero', a prescindere dalla circostanza di non poco conto che tali ipotesi fanno riferimento esclusivamente ai rifiuti urbani non pericolosi (a differenza dell'art. 29 citato che riguarda tutte le categorie di rifiuti), non si puo' sottacere che strumentale al raggiungimento di tali obiettivi e' comunque l'adozione dei piani regionali di gestione di cui all'art. 22 dello stesso decreto (ai quali non possono certo equipararsi la predisposizione dei criteri e delle regole di approvazione) senza dimenticare che alla regola in esame non corrisponde un correlativo divieto di smaltimento dei rifiuti prodotti in questa regione all'esterno di questo ambito territoriale. Va evidenziato che le disposizioni di principio del decreto legislativo n. 22/1997 costituiscono norme di riforma economico sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale ed il divieto introdotto con la norma in esame puo' porsi in contrasto anche con l'obiettivo indicato nell'art. 5, comma 3, lett. b), del decreto legislativo n. 22/1997 nel senso che se le regioni limitrofe ponessero analoga limitazione tale finalita' verrebbe inevitabilmente vanificata, pur sottolineando che l'astratta possibilita' di smaltire rifiuti provenienti da fuori regione resta assicurata nelle discariche autorizzate prima della legge regionale n. 65/1988. Le perplessita' che suscita in chi scrive la vicenda processuale in esame sono date, in particolare, dal contraddittorio contenuto del decreto della provincia n. 28429/96 di data 15 novembre 1996, ente che, prima dell'approvazione del piano provinciale per lo smaltimento dei rifiuti, ha concesso diverse autorizzazioni all'esercizio di discariche nell'ambito territoriale di competenza, fra le quali ci sono alcune imprese (vds. il ricorso al T.A.R. in atti, p. 5, e l'ordinanza di sospensiva) che smaltiscono nei propri impianti rifiuti provenienti da fuori regione fino ad una percentuale dell'80% del totale. La situazione di incertezza normativa che si e' venuta a creare non consente di superare in via interpretativa i diversi aspetti giuridici anzi esposti. Concludendo, appare fondato il dubbio di legittimita' dell'art. 29 della legge regionale n. 22/1996 in riferimento al parametro di cui all'art. 116 della costituzione, integrato dall'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (statuto della regione Friuli-Venezia Giulia) il quale stabilisce che la potesta' legislativa regionale si attua in armonia con la Costituzione e con i principi generali dell'ordinamento dello Stato nonche' con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato nonche' dagli artt. 5 e 6, ult. comma dello Statuto in quanto la materia dello smaltimento dei rifiuti non rientra fra quelle per le quali e' riconosciuta al Friuli-Venezia Giulia una potesta' legislativa esclusiva bensi' solo concorrente o integrativa della disciplina statale. La questione di legittimita' appare fondata anche in relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 41 della costituzione atteso che il divieto di smaltire rifiuti provenienti da fuori regione crea inevitabilmente un'alterazione dell'assetto concorrenziale del mercato della raccolta dei rifiuti a favore delle imprese prive di limiti territoriali di esercizio che possono garantirsi la piena utilizzazione delle capacita' dei propri impianti, con conseguente riduzione dei costi e quindi offrire prezzi piu' competitivi. Tale situazione si risolve inevitabilmente in una disparita' di trattamento senza valide giustificazioni riferite alla diversita' delle situazioni di fatto disciplinate. Sotto il profilo rilevanza di fatto, la risoluzione del dubbio di costituzionalita' appare essenziale, in quanto la condotta accertata, come sopra specificato, consiste proprio nello smaltimento in discarica di rifiuto provenienti da fuori regione, penalmente sanzionata dall'art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 (ora dall'art. 51, comma 4, del decreto legislativo n. 22/1997), sicche' dipendono dall'esito del giudizio di legittimita' l'accoglimento od il rigetto della richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero. Visti gli att. 23 e segg. legge 11 marzo 1953, n. 87.