ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Bernardini Rita, Fiori Raffaella, Sabatano Mauro, nella qualita' di promotori e presentatori dei referendum abrogativi in tema di Ordine dei giornalisti, incarichi extragiudiziari dei magistrati, carriera dei magistrati, esercizio della caccia, obiezione di coscienza e "golden share", nei confronti della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, del Parlamento, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo, sorto a seguito del regolamento adottato il 20 maggio 1997 dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi che fissa le regole cui la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo dovra' attenersi nella predisposizione delle trasmissioni da effettuarsi in occasione della campagna referendaria riguardante i referendum indetti per il 15 giugno 1997, con ricorso depositato il 24 maggio 1997 ed iscritto al n. 74 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 2 giugno 1997 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto che Rita Bernardini, Raffaella Fiori e Mauro Sabatano, con ricorso depositato il 24 maggio 1997, nella qualita' di presentatori e promotori dei referendum abrogativi concernenti la disciplina dell'Ordine dei giornalisti, degli incarichi extragiudiziari e della carriera dei magistrati, dell'esercizio della caccia, dell'obiezione di coscienza e della "golden share" indetti per il 15 giugno 1997 con d.P.R. 15 aprile 1997, sollevano conflitto di attribuzione nei confronti della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, del Parlamento, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo, in riferimento al regolamento adottato in data 20 maggio 1997, con il quale la Commissione parlamentare ha fissato i criteri e le modalita' per la trasmissione delle tribune referendarie da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, chiedendone l'annullamento limitatamente all'art. 2, comma 1, lettere a) e b); che tale regolamento, ad avviso dei ricorrenti, oltre ad un ciclo di confronti per ciascuno dei quesiti referendari e ad uno di appelli ai votanti, entrambi riservati ai comitati promotori e ai comitati per il NO, ne prevederebbe un altro di quattro dibattiti al quale potrebbero partecipare i soli gruppi parlamentari, anche se costituiti in un solo ramo del Parlamento e non anche i comitati promotori; che tali disposizioni sarebbero lesive delle attribuzioni dei ricorrenti, perche' sarebbe affidato ai soli gruppi parlamentari il potere di rappresentanza delle posizioni referendarie in occasione dei citati dibattiti, in contrasto con l'art. 52 della legge 25 maggio 1970, n. 352, che, in materia di propaganda referendaria, riconosce le medesime facolta' ai partiti o gruppi politici rappresentati in Parlamento e ai promotori del referendum considerati questi ultimi come gruppo unico; che, secondo i ricorrenti, la partecipazione dei soli gruppi parlamentari ai dibattiti di cui all'art. 2, comma 1, lettera a) del regolamento impugnato, si baserebbe "sull'indimostrato e presumibilmente erroneo presupposto" che tali gruppi si ripartiscano equamente tra i SI ed i NO, con conseguente violazione della par condicio tra i sostenitori dei due schieramenti, e non terrebbe comunque conto del fatto che i gruppi ammessi sono espressione del Parlamento, il quale, in quanto titolare della potesta' legislativa, si porrebbe, nel sistema costituzionale, in posizione antitetica a quella del comitato promotore; che un'ulteriore lesione delle attribuzioni dei ricorrenti andrebbe individuata nel ritardo con il quale la Commissione parlamentare ha approvato la regolamentazione delle tribune referendarie, in relazione alla data di inizio del periodo di campagna referendaria, con conseguente restrizione dei tempi di questa sulle reti radiofoniche e televisive del servizio pubblico; che, ad avviso dei ricorrenti, la compressione della campagna referendaria, in un contesto di assoluta mancanza di informazione nelle precedenti fasi della procedura, si ripercuoterebbe sulla formazione della volonta' di coloro che sono chiamati ad esprimere il proprio voto il 15 giugno 1997 e, di conseguenza, sulle attribuzioni garantite al comitato promotore dall'art. 75 della Costituzione; che i ricorrenti, in considerazione dell'asserito ritardo con il quale la Commissione parlamentare ha adottato il regolamento e della esigenza di non vanificare la garanzia costituzionale della tutela in sede di conflitto tra poteri dello Stato, chiedono che, dichiarata l'ammissibilita' del conflitto proposto, questa Corte emetta, sentite le parti, in applicazione analogica della disposizione relativa ai conflitti tra Stato e regioni e tra regioni (art. 28 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), ordinanza cautelare con la quale venga sospesa l'applicazione dell'art. 2, comma 1, lettere a) e b), del regolamento adottato il 20 maggio 1997 dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Considerato che questa Corte e' chiamata a decidere, ai sensi dell'art. 37, commi terzo e quarto, della legge 11 marzo 1953, n. 87, con ordinanza in camera di consiglio, in via delibativa e senza contraddittorio, se esista la materia di un conflitto, la cui soluzione spetti alla sua competenza con riferimento alla sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi di ammissibilita' richiamati dal primo comma dello stesso articolo; che, per quanto concerne i requisiti soggettivi, questa Corte ha gia' piu' volte riconosciuto la qualita' di potere dello Stato alla frazione del corpo elettorale, titolare del potere di iniziativa referendaria ex art. 75 della Costituzione, e la competenza dei promotori della richiesta di referendum abrogativo a dichiararne definitivamente la volonta' ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953; che la legittimazione attiva e' stata, in particolare, riconosciuta ai promotori in riferimento a restrizioni poste alla propaganda referendaria che possano incidere sulla formazione della volonta' di coloro che sono chiamati al voto nella consultazione popolare (sentenza n. 161 del 1995); che, ancora sotto il profilo soggettivo, deve riconoscersi la legittimazione passiva della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, quale organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in una materia che, come nella specie, attiene direttamente alla informazione e alla propaganda in relazione ai procedimenti di referendum abrogativo; che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, le modalita' di svolgimento della campagna referendaria sono suscettibili di influire sulla formazione dell'opinione pubblica, e il conflitto stesso concerne un atto di indirizzo delle Camere diretto ad assicurare la realizzazione del principio del pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo (sentenze n. 420 del 1994 e n. 112 del 1993), sicche' ogni limitazione della facolta' di partecipare ai dibattiti televisivi sui referendum potrebbe, in astratto, ledere l'integrita' delle attribuzioni dei comitati promotori; che, pertanto, in questa fase delibativa, il ricorso va dichiarato ammissibile nei confronti della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, salva e impregiudicata la pronuncia definitiva anche sul punto relativo alla ammissibilita'; che il ricorso deve essere conseguentemente notificato a detta Commissione ma non anche al Governo, non venendo in considerazione alcuna sua competenza; che, quanto alla richiesta di provvedimento cautelare avanzata dai ricorrenti - impregiudicata ogni valutazione in ordine alla configurabilita', nel giudizio sui conflitti tra poteri dello Stato, dell'istituto della sospensione dell'atto impugnato - non v'e' ragione di far luogo alla sollecitata misura extra ordinem nei confronti di un atto che prevede eguale ripartizione del tempo tra le opposte indicazioni di voto, nel contesto di una programmazione che assicura la complessiva presenza dei comitati promotori durante tutto l'arco delle previste trasmissioni.