IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza sciogliendo la riserva, letti gli atti della causa civile iscritta al n. 229/96 ruolo controv. lavoro promossa dalla sig.ra Pasero Franca contro l'Ente Poste italiane, Osserva Quanto segue: 1. - La ricorrente ha adito questo pretore chiedendo che venga dichiarata l'illegittimita' dei contratti a termine stipulati dalla medesima con l'Ente Poste italiane nel periodo compreso tra il 1 dicembre 1995 e il 31 maggio 1996 e, conseguentemente, che venga dichiarata, secondo quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962 n. 230, l'esistenza inter partes, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dall'inizio del rapporto stesso. L'Ente Poste italiane si e' costituito in giudizio constestando la sussistenza dei presupposti per la conversione dei contratti a termine stipulati dalla ricorrente in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nel corso del giudizio e' intervenuto dapprima il d.-l. 2 agosto 1996 n. 404 (decaduto per mancata conversione in legge) e poi il d.-l. 1 ottobre 1996 n. 510, convertito dalla legge 28 novembre 1996 n. 608, il quale all'art. 9. comma 21, (di contenuto analogo all'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 404/1996) ha stabilito, per quantoqui interessa, che "i lavoratori che a decorrere dal 1 dicembre 1994 abbiano prestato attivita' lavorativa con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell'Ente Poste italiane, hanno diritto di precedenza, nei termini e alle condizioni delle norme contrattuali e di apposito accordo con le organizzazioni sindacali, in caso di assunzioni a tempo indeterminato da parte dell'Ente Poste italiane per la stessa qualifica e/o mansione fino alla data del 31 dicembre 1996" e che "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'Ente Poste italiane, a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". In relazione alla normativa sopra riportata la ricorrente ha sollevato questione di legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3, 4 e 39 della Carta fondamentale. 2. - L'eccezione di incostituzionalita', ad avviso di questo pretore, e' rilevante per la decisione della presente causa. La ratio legis suggerisce, invero, di interpretare il divieto di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a indeterminato come riferentesi non solo ai contratti a termine legittimamente stipulati, ma anche a quelli stipulati al di fuori delle ipotesi individuate dalla legge o dalla contrattazione collettiva. D'altra parte, da un sia pur sommario esame degli atti di causa risulta che alcuni dei contratti di lavoro a termine stipulati dalla ricorrente con l'Ente Poste italiane sono privi dei requisiti formali e/o sostanziali prescritti dalla legge n. 230/1962 per la valida costituzione di un rapporto di lavoro a tempo determinato. Ne dovrebbe conseguire, in base ai principi generali valevoli per il rapporto di lavoro di diritto privato (qual e' quello instaurato dall'Ente Poste con il suo personale a partire dal 1 dicembre 1994, ossia dopo la sua trasformazione in ente pubblico economico per effetto del d.-l. 1 dicembre 1993 n. 487, convertito dalla legge 29 gennaio 1994 n. 71), che il rapporto sarebbe da considerarsi come sorto ab initio a tempo indeterminato. A tale risultato osta pero' ora il disposto dell'art. 9, comma 21, del decreto-legislativo n. 510/1996. 3. - Come rilevato da parte ricorrente, la normativa sopravvenuta nelle more del presente giudizio appare, peraltro, in contrasto con varie norme della Costituzione. 3.1. - Sembra prospettabile, in primo luogo, la violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale. Appare, invero, lesiva del principio di uguaglianza la disparita' di trattamento tra i dipendenti dell'Ente Poste italiane (esclusi, con riferimento al periodo compreso ta il 1 dicembre 1994 e il 30 giugno 1997, dall'applicazione della disciplina generale in materia di contratto di lavoro a tempo determinato) e tutti gli altri dipendenti di enti pubblici economici, il cui rapporto di lavoro, cosi' come quello del personale dell'Ente Poste, e' retto dal diritto privato. La posizione di privilegio, di ius singulare, riservata all'Ente Poste italiane dalla norma impugnata non pare, ad avviso di questo pretore, trovare sufficiente giustificazione nella rilevanza pubblica del servizio gestito da detto ente in regime di monopolio. In considerazione del carattere di preminente interesse generale del servizio postale il legislatore ben avrebbe potuto non trasformare l'amministrazione p.t. in ente pubblico economico e mantenere cosi' il rapporto di lavoro del personale nell'ambito del pubblico impiego (regolato da norme - quali quelle contenute nell'art. 3 della legge 14 dicembre 1965 n. 1376, e nel d.P.R. 31 marzo 1971 n. 276 - incompatibili con l'applicazione della disciplina dettata dalla legge n. 230/1962). Una volta, tuttavia, scelta la stada di "privatizzare" il servizio postale, il legislatore non puo', a pena di incorrere nella violazione del principio di uguaglianza, escludere - con norma avente efficacia retroattiva - l'applicabilita' anche al personale dell'Ente Poste italiane, della normativa che, a tutela del lavoratore, prevede l'automatica conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato del contratto a termine stipulato senza l'osservanza delle forme e al di fuori di casi individuati dalla legge e dalla contrattazione collettiva, normativa costituente tratto caratterizzante e inderogabile della disciplina del rapporto di lavoro di diritto privato. 3.2. - La questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata anche in relazione all'articolo 4 della Costituzione. Impedendo la tasformazione del rapporto ad tempus, illegittimamente posto in essere, in rapporto a tempo indeterminato e negando cosi' al cittadino un diritto gia' perfezionatosi in capo allo stesso in base alla normativa generale, l'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 510/1996 si pone in evidente contrasto con il "diritto al lavoro" sancito dall'art. 4 della Carta fondamentale. 3.3. - Non manifestamente infondato appare anche il dubbio di legittimita' costituzionale - l'ultimo sollevato dalla difesa della ricorrente - prospettato in riferimento all'art. 39 della Costituzione. La materia delle assunzioni a temine e' stata, invero, regolata dal C.C.N.L. per i dipendenti dell'E.P.I. stipulato il 26 novembre 1994, il quale, all'art. 8, in attuazione di quanto previsto dall'art. 23, comma 1, della legge 28 febbraio 1987 n. 56, ha individuato, in aggiunta alle ipotesi gia' previste dalla legge, altri casi in cui e' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro. Detta normativa contrattuale viene ora posta in non cale dall'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 510/1996, il quale esonera l'Ente Poste italiane anche dall'obbligo, contrattualmente assunto, di considerare a tempo indeterminato i contratti di lavoro a termine stipulati senza che ricorresse uno dei casi previsti dalla legge o dall'autonomia collettiva. 4. - Oltre ai profili di incostituzionalita' evidenziati dalla difesa della ricorrente, questo pretore ritiene di dover sollevare, d'ufficio, anche la questione di legittimita' della normativa in esame in riferimento agli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione. Se e' vero, infatti, che il principio di irretroattivita' della legge vale soltanto in materia penale e che una legge non penale retroattiva non viola, di per se', gli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione (cfr. la sentenza n. 155/1990 della Corte costituzionale), e' anche vero che la norma qui impugnata, lungi dal dettare una regola generale ed astratta (sia pur valevole anche per il passato), appare esclusivamente diretta ad incidere sulla serie di controversie, attualmente pendenti, promosse da dipendenti dell'Ente Poste italiane assunti con contratto a termine e rivendicanti la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato. Detta norma appare emanata col solo intento di risolvere detti giudizi in senso favorevole all'Ente Poste italiane, il quale non e' stato in grado di adeguarsi al nuovo status di ente pubblico economico. Appaiono, pertanto, vulnerate, a sommesso avviso di questo pretore, le attribuzioni del potere giudiziario, preposto alla tutela dei diritti, anche nei confronti della p.a., e definito dall'art. 104 della Costituzione come "un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere".