ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,
 lettera  a)  n.  3,  del  d.-l.  1 febbraio 1996, n. 39, promosso con
 ordinanza emessa il 24  febbraio  1996  dal  pretore  di  Parma,  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Pagani  Gianfranco  e  il  Fondo
 previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali, iscritta
 al n. 414 del registro ordinanze 1996  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  20, prima serie speciale, dell'anno
 1996.
   Visti gli atti di costituzione di Pagani  Gianfranco  e  del  Fondo
 previdenziale  ed  assistenziale degli spedizionieri doganali nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  febbraio  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Uditi  l'avvocato  Salvatore  Cabibbo per Pagani Gianfranco, l'avv.
 Dario  Muzi  per  il  Fondo  previdenziale  e   assistenziale   degli
 spedizionieri doganali e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.   -  Pagani  Gianfranco,  spedizioniere  doganale,  compiuto  il
 sessantesimo anno di eta', richiedeva la  pensione  di  vecchiaia  al
 Fondo  previdenziale  e  assistenziale  degli spedizionieri doganali.
 Concessa a partire dal 1 marzo 1994,  la  pensione  veniva  revocata,
 dopo  circa  sei  mesi  dalla data della sua decorrenza, in forza del
 d.-l. 8 agosto 1994, n. 494, che all'art. 3, comma 1, aveva elevato a
 61  anni,  a far corso dal 1 gennaio 1994, l'eta' per il collocamento
 in quiescenza.
   Con ricorso depositato davanti al pretore  di  Parma,  in  data  27
 luglio  1995,  il  Pagani  chiedeva  che  il Fondo fosse condannato a
 ripristinare la pensione ordinaria revocatagli. L'ente  previdenziale
 si  costituiva  concludendo per il rigetto della domanda; e all'esito
 dell'udienza  del  24  febbraio  1996,  il  pretore  promuoveva,   in
 riferimento  agli  artt.  3,  36 e 38 della Costituzione, giudizio di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a),  n.  3,
 del  d.-l.  1  febbraio 1996, n. 39, nella parte in cui, nel disporre
 che il nuovo requisito di eta' per il conseguimento del diritto  alla
 pensione  trovi  applicazione  con effetto dal 1 gennaio 1994, non fa
 salve le posizioni di coloro ai quali  la  pensione  era  gia'  stata
 concessa.
   Osserva  il rimettente che il d.-l. n. 494 del 1994, non convertito
 in  legge  ma   successivamente   reiterato,   senza   soluzione   di
 continuita', dal d.-l. 7 ottobre 1994, n. 572, e da altri successivi,
 fino al d.-l. 1 febbraio 1996, n. 39, ha disposto che, con decorrenza
 1  gennaio 1994, si applichi "ai fini del conseguimento del requisito
 di eta' per il diritto alla pensione ordinaria di cui all'art. 5  del
 regolamento  del  Fondo,  la  tabella  a)  sezione  uomini,  allegata
 all'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503".
   In conseguenza di tale disposizione, le  domande  di  pensione  che
 sono  pervenute  al  Fondo  dopo il 31 dicembre 1993, come quella del
 Pagano, sono soggette alla nuova normativa. Sicuramente  retroattiva,
 essa  non  risponderebbe  ai  precetti costituzionali contenuti negli
 artt. 3, 36 e 38, nella parte in  cui  non  tutela  le  posizioni  di
 coloro ai quali era gia' stata erogata la pensione, si' che la revoca
 avrebbe   causato   al   ricorrente   un  duplice  danno,  privandolo
 dell'attivita'  lavorativa  e,  nel  contempo,  del  trattamento   di
 quiescenza.
   Pur   essendo  una  facolta'  legittima  quella  di  emanare  norme
 retroattive, il giudice a quo rileva che il legislatore e'  tenuto  a
 rispettare  i canoni costituzionali di razionalita' e ragionevolezza.
 Nel caso di specie, la disposizione impugnata contrasterebbe  infatti
 con l'art.  3 della Costituzione, perche' vi sarebbe la irrimediabile
 vanificazione    delle   aspettative   legittimamente   nutrite   dal
 lavoratore, secondo l'insegnamento di  questa  Corte,  per  il  tempo
 successivo   alla  cessazione  della  propria  attivita'  lavorativa.
 Orientamento  ribadito  con  la  sentenza  n.  439  del  1994  che  -
 quantunque  concerna  il personale della scuola - e' riferibile anche
 al caso in esame.
   La disposizione contrasterebbe altresi' con gli artt. 36 e 38 della
 Costituzione, perche' il lavoratore  anziano  non  potrebbe  reperire
 altra occupazione, restando privo di qualsiasi emolumento.
   2.  - Si sono costituite entrambe le parti del giudizio principale.
 Il Pagani  per  chiedere,  in  adesione  all'ordinanza  del  Pretore,
 l'accoglimento    della   questione;   il   Fondo   previdenziale   e
 assistenziale degli spedizionieri doganali, ente di diritto  pubblico
 istituito  con  la  legge  22  dicembre  1960,  n.  1612, per vederne
 affermata l'infondatezza, poiche' il rapporto  previdenziale  non  si
 esaurisce  in via istantanea, ma si protrae nel tempo, configurandosi
 come  rapporto  di  durata,  a  effetti  permanenti,  nel   quale   i
 presupposti  di fatto devono sussistere lungo l'intero arco temporale
 di  esso.  Non  sarebbe contraria percio' ai principi che regolano la
 successione delle leggi nel tempo la norma che - non  toccando  tanto
 l'atto generatore del rapporto, quanto gli effetti gia' esauriti - si
 limiti  a  incidere sulla sua ulteriore prosecuzione e, quindi, sugli
 effetti successivi all'entrata in vigore dell'innovazione  normativa.
 Si'  che  la  disposizione  impugnata  non  lederebbe il diritto alla
 pensione, costituzionalmente garantito, avendone soltanto  modificato
 i  requisiti. Inconferente appare, poi, il riferimento agli artt.  36
 e 38 della  Costituzione,  perche'  -  rientrando  gli  spedizionieri
 doganali nella categoria dei lavoratori autonomi iscritti a un ordine
 professionale  -  non  sussisterebbe  l'asserita  "impossibilita'  di
 reperire una nuova occupazione", dal momento che sarebbe  sufficiente
 reiscriversi  all'albo  per  riprendere  l'attivita' limitatamente ai
 sette mesi necessari al fine di acquisire il diritto ai  sensi  delle
 nuove  disposizioni.  I parametri invocati riguarderebbero, comunque,
 soltanto il caso del lavoratore subordinato.
   3. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per
 la manifesta infondatezza, perche' la  disposizione  -  emanata  allo
 scopo  di  assicurare la "correntezza" delle prestazioni a carico del
 Fondo degli spedizionieri doganali -  contempererebbe  gli  interessi
 generali  con  quelli particolari di alcuni soggetti, senza intaccare
 la disciplina complessiva del trattamento pensionistico.
   4. - In prossimita' dell'udienza sono state depositate due memorie,
 rispettivamente dalla parte  ricorrente  e  dal  Fondo.  Quest'ultimo
 insistendo   sull'irrilevanza   della   questione  e,  in  subordine,
 sull'infondatezza, perche' le casse dell'istituto  non  riuscivano  a
 far  fronte,  nel  1993, alla richiesta di prestazioni previdenziali.
 Tutto cio' a  causa  di  vari  fattori,  quali  l'abbattimento  delle
 barriere  doganali  dei  paesi  dell'Unione  europea  in seguito alla
 liberalizzazione della circolazione delle merci;  l'estensione  della
 rappresentanza  doganale  anche  a  operatori  non iscritti all'albo;
 l'immediata cancellazione di coloro che, pur avendo maturato  un'eta'
 pensionabile,  avevano  optato  per  la  prosecuzione  del  rapporto;
 l'immediata cancellazione  dei  giovani  iscritti  in  ragione  della
 temuta   precarieta'   delle   prestazioni   future;  il  progressivo
 azzeramento delle iscrizioni.
   Per questi motivi il Fondo, non piu' in grado di adempiere i propri
 compiti, e' stato costretto a far ricorso all'intervento dello Stato.
 E all'esito di una lunga e delicata istruttoria contabile,  volta  ad
 assicurare  le  prestazioni, veniva erogato dallo Stato un contributo
 di 12 miliardi per dare  copertura  alla  differenza  fra  gli  oneri
 dovuti per il 1994 e le entrate previste.
   L'art.  3,  comma 4, contenuto nei dd.-ll. a partire dal n. 494 del
 1994, ha stabilito misure d'intervento per il  parziale  riequilibrio
 finanziario  del Fondo: un aumento dei contributi e la non erogazione
 dell'indennita'  di  buonuscita   anteriormente   al   raggiungimento
 dell'eta' richiesta per conseguire il diritto alla pensione ordinaria
 sulla  base  della tabella A) sezione uomini, allegata all'art. 1 del
 decreto legislativo n. 503 del 1992. Di qui, la non fondatezza  delle
 censure   mosse   con   riguardo   ai   canoni   di   razionalita'  e
 ragionevolezza, perche' l'effetto  retroattivo,  a  far  data  dal  1
 gennaio   del  1994,  si  e'  reso  necessario  per  le  esigenze  di
 risanamento del Fondo, ferma restando  la  salvaguardia  dei  diritti
 quesiti al 31 dicembre 1993.
   Si   e'   trattato   d'un  intervento  di  razionalizzazione  delle
 prestazioni  di  questo  Fondo  che,   lungi   dall'aver   totalmente
 sacrificato  le  posizioni  di  quanti  hanno  chiesto  la pensione a
 partire dal 1 gennaio del  1994,  si  e'  limitato  a  differirne  il
 godimento  di dodici mesi, in modo conforme alle previsioni dell'art.
 3 della legge n. 421 del 1992.  Nessun pregiudizio,  dunque,  poiche'
 il   Pagani  avrebbe  goduto  della  pensione  ordinaria,  ad  avviso
 dell'ente,  a  partire  dal  1  marzo  sino  al  30  settembre   1994
 (rispettivamente,   data  della  concessione  e  della  revoca),  con
 ripristino dal 1 marzo 1995. Di fatto, pertanto,  l'iscritto  sarebbe
 stato privato del beneficio soltanto per cinque mesi.
   La  difesa  del ricorrente ha concluso, in linea principale, per la
 restituzione degli atti al giudice rimettente e, in subordine, per la
 declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt.   1,  comma
 2,  e  2,  comma  1,  della  legge  n. 608 del 1996 che ha sanato gli
 effetti dei vari dd.-l. succedutisi dal 18 febbraio 1994 in poi.  Nel
 merito, secondo  quest'ultimo,  l'irragionevolezza  scaturirebbe  dal
 raffronto della norma impugnata con la disciplina contenuta nell'art.
 1  del  decreto legislativo n. 503 del 1992 che - elevando l'eta' per
 il pensionamento di  vecchiaia  -  avrebbe  rispettato  le  posizioni
 acquisite   secondo  canoni  di  prudente  progressivita'.  La  norma
 impugnata avrebbe invece previsto  l'innalzamento  del  requisito  di
 eta',  con  efficacia  retroattiva,  dal  1 gennaio 1994: dunque, con
 diversi  mesi  di  ritardo  rispetto   all'emanazione   della   nuova
 disciplina che, invero, e' entrata a regime solo l'anno successivo.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Viene  all'esame  della  Corte  la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del  d.-l.
 1 febbraio 1996, n. 39, che ha disposto l'elevazione dell'eta' per il
 conseguimento  del  diritto  alla  pensione  ordinaria previsto dagli
 artt. 24 e 25 del regolamento del Fondo previdenziale e assistenziale
 degli spedizionieri doganali, istituito  con  la  legge  22  dicembre
 1960,  n.  1612,  come  modificata dalla legge 4 marzo 1969, n. 88, e
 disciplinato, da ultimo,  dalle  norme  regolamentari  contenute  nel
 decreto  ministeriale  30  ottobre 1973 (Approvazione del regolamento
 del Fondo previdenziale e assistenziale a favore degli  spedizionieri
 doganali).  Stabilita  dalla  tabella  A)  sezione  uomini,  allegata
 all'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  503,  l'eta'
 pensionabile  e'  stata  elevata  a  61  anni  per coloro che avevano
 maturato il diritto, nel 1994, senza salvaguardare quanti erano  gia'
 titolari  di pensione anteriormente all'entrata in vigore del d.-l. 8
 agosto 1994, n. 494, che aveva richiamato, anche  per  i  beneficiari
 delle  prestazioni  del  Fondo,  la  disciplina  del  citato  decreto
 legislativo n. 503 del 1992. La censura mossa dal pretore  di  Parma,
 che  invoca  gli  artt.  3, 36 e 38 della Costituzione, e' incentrata
 essenzialmente sul mancato rispetto  dei  canoni  di  razionalita'  e
 ragionevolezza,  poiche' il legislatore - innalzando l'eta' - avrebbe
 inciso sul trattamento pensionistico gia' concesso, con l'effetto  di
 colpire  colui  il  quale  abbia  operato la scelta del pensionamento
 mediante cancellazione dall'albo degli spedizionieri, presupposto per
 la richiesta di pensione ordinaria.
   2. - La questione e' fondata.
   Il  d.-l.  8 agosto 1994, n. 494 (Norme in materia di collocamento,
 di patronati, di previdenza per gli spedizionieri doganali, nonche' a
 sostegno dell'occupazione),  nel  reiterare,  con  modificazioni,  il
 d.-l.  18  febbraio  1994,  n.  112,  introduceva alcune disposizioni
 miranti ad assicurare la "correntezza" delle prestazioni a carico del
 Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali  con
 l'art.  3, comma 1. Tale decreto, con gli altri successivi fino al n.
 404  del  1996,  decadeva per mancata conversione; ma l'ultimo, del 1
 ottobre 1996, n. 510, veniva convertito nella legge 28 novembre 1996,
 n.  608, che disponeva, nello stesso art. 1, anche la sanatoria degli
 effetti prodottisi sulla base dei dd.-l. non convertiti.
   L'art. 3, comma 1, dei dd.-l. nn. 494, 572 e 674 del 1994, poi art.
 4, comma 1, nei dd.-l. nn. 31, 105, 326,  416  e  515  del  1995,  e,
 infine,  divenuto art. 2, comma 1, nei dd.-l. nn. 39, 180, 300, 404 e
 510 del 1996, ha stabilito  che  -  ai  fini  del  conseguimento  del
 requisito  di  eta'  per il diritto alla pensione ordinaria garantito
 dall'art. 25 del citato regolamento del Fondo - a partire dalla  data
 del  1  gennaio 1994 trova applicazione la tabella a) sezione uomini,
 allegata all'art. 1 del decreto legislativo n. 503 del 1992.
   In pratica, gli spedizionieri doganali, che al 1  gennaio  1994  si
 trovavano  nella  condizione  di  chiedere  la pensione ordinaria, ai
 sensi degli artt. 68 e 69 del  decreto  ministeriale  10  marzo  1964
 (Norme  di  applicazione  della  legge  22  dicembre  1960,  n. 1612,
 concernente  il  riconoscimento  giuridico   della   professione   di
 spedizioniere  doganale  e  la  istituzione  degli  albi  e del Fondo
 previdenziale a favore degli spedizionieri doganali), come modificato
 dal gia' richiamato decreto ministeriale 30  ottobre  1973,  potevano
 conseguire  la  pensione con uno o piu' anni di ritardo a seconda del
 momento della maturazione del beneficio, come previsto dalla  riforma
 previdenziale  di  cui  al  decreto legislativo n. 503, e non piu' al
 compimento di sessant'anni di eta' congiuntamente a un'anzianita'  di
 iscrizione al Fondo non inferiore a vent'anni.
   Come  si  rileva  dai  dati  forniti, la previsione legislativa che
 estende alle pensioni ordinarie del Fondo la tabella A) allegata alla
 citata riforma previdenziale, costituita dall'art. 3,  comma  1,  del
 d.-l. 8 agosto 1994, n. 494, operava con effetto retroattivo, poiche'
 -  sebbene  pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'11 agosto 1994 -
 essa faceva retroagire l'efficacia al 1 gennaio di quell'anno.    Si'
 che  coloro  i  quali  avevano chiesto la pensione nell'arco di tempo
 successivo a tale data, ottenendola in base ai requisiti  configurati
 nelle   disposizioni   all'epoca  vigenti,  si  sono  visti  revocare
 l'erogazione per effetto dello slittamento di  cui  alla  tabella  A)
 sezione uomini, della riforma previdenziale.
   3.  -  Trovandosi  a decidere la causa mentre vigeva il d.-l. n. 39
 del 1996, il pretore di Parma ha sollevato dubbi  sulla  legittimita'
 costituzionale  della  disposizione  contenuta  nell'art. 2, comma 1,
 lettera a), n. 3, di tale d.-l. Preliminarmente  si  pone  quindi  il
 problema   del   trasferimento   della  questione  dal  d.-l.  n.  39
 (denunciato ma non piu' in vigore) alla legge  n.  608  del  1996  di
 conversione  dell'ultimo dei dd.-l. in materia, il n. 510 del 1996, e
 di sanatoria degli effetti di tutti i decreti reiterati.
   Secondo quanto stabilito da questa Corte nella sentenza n.  84  del
 1996,  la  norma contenuta in un atto avente forza di legge - vigente
 al momento dell'ordinanza di rimessione, ma non piu'  in  vigore  nel
 momento  in  cui  la Corte rende la sua pronuncia - continua a essere
 oggetto  del  giudizio di legittimita' costituzionale quando permanga
 nell'ordinamento perche' riprodotta da altra disposizione successiva,
 alla quale deve necessariamente riferirsi la decisione. Nel  caso  di
 specie, la norma e' in vigore perche' contenuta nell'art. 2, comma 1,
 lettera  a),  n. 3, del d.-l. n. 510 del 1996, convertito nella legge
 n. 608  dello  stesso  anno.  A  questa  disposizione  dovra'  dunque
 indirizzarsi la sentenza.
   4.  - Come si e' detto, la norma censurata ha comportato la revoca,
 per cinque mesi, della pensione ordinaria gia' accordata dal Fondo di
 previdenza degli spedizionieri doganali a coloro che avevano maturato
 il proprio diritto fra il 1 gennaio e l'11 agosto del 1994. E poiche'
 la  concessione  della  pensione  ordinaria  procede   in   base   al
 presupposto  che  lo  spedizioniere  sia cancellato dall'elenco degli
 iscritti al Fondo, esiste una stretta correlazione tra la maturazione
 della  pretesa  al  trattamento   previdenziale   e   la   cessazione
 dell'attivita'  professionale  produttiva  del  reddito. Si' che alla
 perdita della condizione  di  pensionato  corrisponde,  nel  caso  di
 specie   la   impraticabilita'   d'un   ripristino   della   qualita'
 professionale  attiva,  visto  che  la   revoca   (retroattiva)   del
 trattamento  di  quiescenza  ha  reso  impossibile,  per  il  periodo
 trascorso, la reiscrizione all'albo.
    Il legislatore ha  effettuato  un  intervento  di  sostegno  nella
 materia previdenziale degli spedizionieri doganali per porre riparo a
 una   situazione  di  crisi  delle  risorse  finanziarie  del  Fondo,
 determinata principalmente  (ma  non  solo)  dall'eliminazione  delle
 barriere  doganali  nei  Paesi  dell'Unione  europea.  Un  intervento
 articolato in un complesso di misure, tutte a favore delle casse  del
 Fondo, che ha innalzato, nello stesso tempo, i requisiti per ottenere
 la  prestazione  pensionistica  (peraltro  in  conformita' con quelli
 stabiliti nella riforma realizzata con  il  gia'  richiamato  decreto
 legislativo  n.  503).  La  legittima  ponderazione  fra  le  ragioni
 dell'equilibrio  di  bilancio  e   quelle   dei   destinatari   delle
 prestazioni  previdenziali  ha esorbitato, tuttavia, dai limiti della
 discrezionalita' legislativa nell'imporre i nuovi requisiti,  in  via
 retroattiva,  anche  a  coloro  che,  essendo  in  possesso di quelli
 statuiti  anteriormente  alla  modifica  legislativa,  avevano   gia'
 iniziato a fruire del trattamento di quiescenza. E se resta fermo che
 -   anche   quando  sia  iniziata  l'erogazione  previdenziale  -  il
 legislatore, nell'esercizio del suo  potere  discrezionale,  puo',  a
 salvaguardia  dell'equilibrio  di  bilancio, modificare la disciplina
 pensionistica fino al punto di ridurre  il  quantum  del  trattamento
 previsto  (sentenza  n. 417 del 1996), deve invece escludersi, com'e'
 avvenuto  nel  caso  di  specie,  che  possa  addirittura   eliminare
 retroattivamente una prestazione gia' conseguita.
    In  tal  modo  la  legge  ha  violato  il  canone  di razionalita'
 normativa con riferimento al diritto garantito dall'art. 38,  secondo
 comma,  della  Costituzione,  non  avendo  tenuto in conto, con norma
 transitoria o in altro modo, che alcuni potessero avere esercitato la
 scelta   tra   la   pensione   e   la   prosecuzione   dell'attivita'
 professionale.
   La  legge  ha cancellato la facolta' di scelta che ogni iscritto al
 Fondo ha diritto di operare sulla  base  delle  condizioni  normative
 presenti nell'ordinamento in un determinato momento storico. Ha cosi'
 frustrato,  con  lesione  degli  artt.  3 e 38 della Costituzione, il
 legittimo  affidamento di coloro che, in ragione del quadro normativo
 esistente,  hanno  optato  per   il   pensionamento.   Di   qui,   la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), n. 3,
 del  d.-l.   n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del 1996,
 nella parte in cui introduce la modifica a partire dalla data  del  1
 gennaio  1994, anziche' da quella dell'entrata in vigore del d.-l. n.
 494 del 1994.