ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  38, terzo
 comma, della legge 28 febbraio 1985,  n.  47  (Norme  in  materia  di
 controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
 sanatoria delle opere edilizie), come richiamato dall'art.  39  della
 legge  23  dicembre  1994,  n. 724 (Misure di razionalizzazione della
 finanza pubblica) e dall'art. 1 del d.l. 27 (recte: 25)  marzo  1996,
 n. 154 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei
 lavori  pubblici  e  dell'edilizia  privata),  promosso con ordinanza
 emessa il 4 maggio 1996 dal pretore di Lecce nel procedimento  penale
 a  carico  di  Arnesano  Antonio  ed  altra,  iscritta  al n. 743 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1996.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  4  giugno  1997  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
   Ritenuto  che  nel  corso  di un procedimento penale per violazioni
 edilizie a carico di Antonio Arnesano e Maria Pascali, il pretore  di
 Lecce,  con  ordinanza  del  4 maggio 1996 (r.o. n. 743 del 1996), ha
 sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  38,
 terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
 controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
 sanatoria delle opere edilizie), come richiamato dall'art.  39  della
 legge  23  dicembre  1994,  n. 724 (Misure di razionalizzazione della
 finanza pubblica) e dall'art. 1 del d.l. 27 (recte: 25)  marzo  1996,
 n. 154 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei
 lavori  pubblici e dell'edilizia privata) - in vigore all'epoca della
 emissione della ordinanza di rimessione -  nella  parte  in  cui  non
 prevede,  in  caso di versamento della oblazione da parte di soggetto
 nei  cui  confronti  sia  gia' intervenuta una sentenza definitiva di
 condanna per abusi  edilizi,  oltre  alla  concessione  dei  benefici
 previsti dalla norma stessa, anche l'estinzione della pena, mentre la
 oblazione  interamente corrisposta da soggetto imputato, ai sensi del
 secondo comma della stessa disposizione, estingue il reato;
     che, ad avviso del giudice a quo, sarebbe violato l'art. 3  della
 Costituzione   per   intrinseca   contraddittorieta'   e  sostanziale
 irragionevolezza della norma;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la infondatezza della questione.
   Considerato  che  il  richiamo  all'art. 1 del d.l. n. 154 del 1996
 deve  intendersi  non  rettamente  operato,  in  quanto   la   citata
 disposizione   non   contiene   alcun   riferimento  alla  disciplina
 censurata;
     che la Corte, con sentenza n. 369 del 1988,  ha  gia'  dichiarato
 non  fondata  la medesima questione, ponendo in rilievo la diversita'
 di situazioni in cui si trovano, da una parte,  i  soggetti  imputati
 durante  il procedimento penale e, dall'altra, i soggetti condannati,
 a seguito di sentenza definitiva, nonche' la non riconducibilita' del
 condono edilizio nella  sfera  dell'amnistia,  ribadita  anche  nella
 successiva sentenza n. 427 del 1995;
     che   la   stessa   Corte   ha   ripetutamente   sottolineato  la
 discrezionalita' del legislatore nel fissare, una  volta  individuata
 una  causa  estintiva  del  reato,  i  limiti  temporali  di  essa in
 relazione allo status dell'azione penale (v. ordinanze nn. 294 e  137
 del 1996);
     che  l'ordinanza in epigrafe non introduce profili nuovi rispetto
 a quelli gia' esaminati dalla  Corte  o,  comunque,  suscettibili  di
 indurre a diverso avviso, sicche' la questione deve essere dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.