ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 9, comma 2,
 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina  sanzionatoria
 degli  assegni  bancari),  promossi  con  n.  2 ordinanze emesse l'11
 luglio ed il 20 giugno 1996 dal  pretore  di  Enna  nei  procedimenti
 penali  a  carico  di  Gloria  Angelo  Maria  e di Giordano Salvatore
 iscritte ai nn. 1078 e 1106 del registro ordinanze 1996 e  pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - prima serie speciale - n.
 42 dell'anno 1996;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  4  giugno  1997  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Ritenuto  che  nel corso di due procedimenti penali per il reato di
 emissione di assegni senza autorizzazione, il pretore  di  Enna,  con
 due  ordinanze  di  identico  contenuto  rispettivamente  emesse l'11
 luglio e il 20 giugno 1996, ha sollevato, in riferimento  agli  artt.
 13 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 15 dicembre 1990, n.
 386  (Nuova  disciplina  sanzionatoria  degli assegni bancari), nella
 parte in cui, rinviando al regolamento postale, prevede che la revoca
 dell'autorizzazione ad emettere assegni bancari  sia  comunicata  con
 lettera  raccomandata  o  con  telegramma  e  che tale revoca produca
 effetti nei confronti del traente dal momento della ricezione;
     che a parere del giudice  rimettente  la  norma  si  porrebbe  in
 contrasto  con gli artt. 13 e 25, secondo comma, Cost., "determinando
 una violazione dei principi che regolano la prova  penale  che  delle
 predette  norme  costituzionali  costituiscono attuazione", in quanto
 viene a creare una prova  "vincolata"  in  contrasto  con  il  libero
 convincimento del giudice;
     che  in  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
 manifestamente infondata;
   Considerato  che  i giudizi, per l'identita' delle questioni, vanno
 riuniti per essere decisi congiuntamente;
     che il reato di  emissione  di  assegni  bancari  successivamente
 all'intervenuta revoca della c.d. convenzione di "che'ques" e' punito
 a   titolo   di  dolo,  consistente  nella  consapevolezza  da  parte
 dell'agente di  emettere  l'assegno  in  difetto  dell'autorizzazione
 perche' revocata;
     che  secondo  giurisprudenza  della  Corte di cassazione, ai fini
 della configurabilita' del reato in questione e'  necessario  che  la
 revoca  venga debitamente portata a conoscenza del destinatario, e la
 relazione di notifica della raccomandata non ha valore di presunzione
 assoluta ne' di prova "vincolata" da far valere in contrasto  con  il
 libero  convincimento  del  giudice,  ben  potendo questi considerare
 anche  ogni  altro  elemento  di  prova  (testimonianze,   documenti,
 presunzioni) circa l'effettiva conoscenza della revoca;
     che  il  giudice  a  quo  -  in  presenza di piu' interpretazioni
 possibili della norma impugnata - e' tenuto a seguire quella conforme
 a Costituzione;
     che  il  presupposto  interpretativo  da  cui  muove  il  giudice
 rimettente  appare  erroneo,  con  la  conseguenza  che  la sollevata
 questione  di  legittimita'  costituzionale  deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.