ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  47,  comma  4,
 della   legge   26   luglio  1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento
 penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
 della  liberta'), come sostituito dall'art. 11 della legge 10 ottobre
 1986, n. 663, e dell'art. 91, commi 3 e 4, del d.P.R. 9 ottobre 1990,
 n. 309 (Testo unico  delle  leggi  in  materia  di  disciplina  degli
 stupefacenti    e    sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
 riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), promossi con
 due ordinanze emesse il 6  e  il  9  maggio  1996  dal  Tribunale  di
 sorveglianza  di  Napoli,  iscritte  ai  nn.  303  e 304 del registro
 ordinanze  1997  e  pubblicate   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
 Repubblica, n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  14  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto  che il tribunale di sorveglianza di Napoli, con ordinanza
 emessa il 6 maggio 1996, pervenuta a questa Corte il 12  maggio  1997
 (r.o.  n.  303  del  1997),  ha  sollevato  questione di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 13, 25, 101 e 102  della
 Costituzione,  dell'art.  47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n.
 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e  sulla  esecuzione  delle
 misure  privative  e  limitative  della  liberta'),  come  sostituito
 dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, "nella parte in cui
 prevede  che  l'istanza  di  ammissione  all'affidamento  in prova al
 servizio sociale va rimessa al pubblico ministero, il quale,  se  non
 osta  il  limite  di  pena  di cui al comma 1, sospende l'emissione o
 l'esecuzione del titolo, e non al magistrato di sorveglianza";
     che  il  medesimo  tribunale  di  sorveglianza  di  Napoli,   con
 ordinanza  emessa  il  9  maggio 1996, pervenuta a questa Corte il 12
 maggio 1997 (r.o.  n.  304  del  1997),  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  ai medesimi parametri
 sopra ricordati, dell'art. 47, comma 4, della legge n. 354 del  1975,
 come sostituito dall'art. 11 della legge n. 663 del 1986, e dell'art.
 91,  comma  3, del d.P.R.   9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
 leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
 psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
 tossicodipendenza), "nella parte in cui prevedono che le  istanze  di
 ammissione  all'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale, in via
 ordinaria e in casi particolari, vanno rimesse al pubblico ministero,
 il quale, se non  ostail  limite  di  pena,  sospende  l'emissione  o
 l'esecuzione  del  titolo,  e  non  al  magistrato  di sorveglianza";
 nonche' dell'art. 91, comma 4, del medesimo d.P.R. n.  309  del  1990
 "nella parte in cui assegna al pubblico ministero e non al magistrato
 di sorveglianza il potere di disporre la scarcerazione del condannato
 se non osta il limite di pena";
     che  nelle  due  ordinanze, motivate in modo identico, si osserva
 come il pubblico ministero, a cui vengono presentate  le  istanze  di
 affidamento  al  servizio  sociale  previa sospensione dell'ordine di
 esecuzione, o anche previo ordine di  scarcerazione  nell'ipotesi  di
 istanza  di  affidamento nei casi particolari del tossicodipendente o
 dell'alcoodipendente  che  si  sottoponga  o  intenda  sottoporsi   a
 programma   terapeutico,  eserciti,  secondo  l'interpretazione  piu'
 largamente accolta,  un  potere  in  parte  discrezionale,  ed  emani
 provvedimenti   che,   pur   essendo,   secondo   la  giurisprudenza,
 impugnabili dall'interessato davanti al giudice  dell'esecuzione  per
 far  valere  la violazione di suoi diritti, risultano invece di fatto
 sottratti ad ogni  controllo  giurisdizionale  quando  dispongono  la
 sospensione  dell'ordine  di  esecuzione o della carcerazione gia' in
 atto;
     che,  secondo  il  giudice  a  quo,  l'attribuzione  al  pubblico
 ministero  del  potere  di accertare, sia pure in via provvisoria, se
 sussistono le condizioni per  l'ammissione  alla  misura  alternativa
 costituisce   una   interferenza   nella  competenza  funzionale  del
 tribunale di sorveglianza, spostando la potesta' punitiva dello Stato
 in capo all'organo dell'esecuzione, con  violazione  della  sfera  di
 competenza  degli  organi  giurisdizionali, e consentendo al pubblico
 ministero medesimo  di  impedire  l'attuazione  del  giudicato  e  di
 frustrare,  con  reiterati  provvedimenti  di sospensione (come nella
 specie, in uno dei due casi, e' avvenuto), le decisioni del tribunale
 di sorveglianza;
     che inoltre, sempre secondo il remittente, sotto il profilo della
 ragionevolezza, le disposizioni impugnate appaiono in  contrasto  con
 il  sistema  vigente,  nel  quale  i  provvedimenti  di  differimento
 dell'esecuzione penale, nei casi contemplati dagli artt.  146  e  147
 del  codice  penale,  spettano al tribunale di sorveglianza - anche a
 seguito della sentenza n. 274  del  1990  di  questa  Corte,  che  ha
 dichiarato l'illegittimita' della norma che attribuiva tale potere al
 Ministro  della  giustizia in caso di domanda di grazia - nonche', in
 sede preliminare e cautelare, al magistrato di sorveglianza, ai sensi
 dell'art. 684, comma 2, del codice di  procedura  penale;  anche  nel
 caso  di  istanze  di ammissione a misure alternative, che potrebbero
 essere motivate dalle  stesse  situazioni  di  fatto  che  sorreggono
 l'istanza  di  differimento  dell'esecuzione,  sarebbe  irragionevole
 attribuire  al  pubblico  ministero,  anziche'   al   magistrato   di
 sorveglianza,    la    decisione    provvisoria   sulla   sospensione
 dell'esecuzione,  in   considerazione   della   unitaria   competenza
 funzionale  del  tribunale  di  sorveglianza  per  tutte  le  ipotesi
 richiamate;
     che e' intervenuto  in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri, negando la fondatezza delle questioni;
     che,  secondo  l'Avvocatura  erariale,  non sussiste la lamentata
 eccessiva discrezionalita' del pubblico ministero, il  quale  sarebbe
 obbligato  a  disporre la sospensione alla sola condizione che non vi
 osti il limite di pena; ne' sussisterebbe la lesione  di  alcuno  dei
 principi    costituzionali   invocati:   non   dell'art.   13   della
 Costituzione,  perche'  il  potere  di  sospendere  l'esecuzione  non
 contrasta  con  i  diritti di liberta' personale; non degli artt. 25,
 101 e 102,  perche'  il  provvedimento  del  pubblico  ministero  non
 costituisce  esercizio della giurisdizione, ma attiene esclusivamente
 alle modalita' di esecuzione della sentenza di condanna; non, infine,
 dell'art. 3, in quanto le situazioni disciplinate dagli artt.  146  e
 147 cod. pen.  sono diverse da quella considerata;
     che   inoltre,  sempre  secondo  la  difesa  del  Presidente  del
 Consiglio, non sussisterebbe alcuna irragionevolezza,  in  quanto  il
 provvedimento del pubblico ministero concerne la semplice sospensione
 dell'esecuzione,   con   finalita'  cautelare,  mentre  la  decisione
 definitiva spetta al  tribunale  di  sorveglianza;  ne'  varrebbe  il
 paragone  con la situazione giudicata da questa Corte con la sentenza
 n. 274 del 1990, in  quanto  nella  specie  il  potere  cautelare  e'
 attribuito  non  gia'  al  Ministro,  ma  al  pubblico ministero, che
 appartiene all'ordine giudiziario, ed al quale e' rimesso  il  dovere
 istituzionale di provvedere alla esecuzione delle pene;
   Considerato    che    i    due   giudizi,   concernendo   questioni
 sostanzialmente identiche, vanno riuniti per esser decisi  con  unica
 pronuncia;
     che  il  tribunale  di  sorveglianza,  il  quale  ha sollevato le
 questioni in sede di decisione su istanze di affidamento al  servizio
 sociale  o  di ammissione alla semiliberta', non e' chiamato, in tale
 sede, a fare  applicazione  delle  norme  impugnate,  concernenti  il
 potere-dovere  di  provvisoria  sospensione dell'esecuzione in attesa
 della decisione del Tribunale di sorveglianza medesimo, potere-dovere
 posto in capo al pubblico ministero, il quale nella specie aveva gia'
 adottato i relativi provvedimenti, ma e'  chiamato  esclusivamente  a
 decidere   sulla   ammissibilita'   e  fondatezza  delle  istanze  di
 concessione delle misure alternative alla detenzione;
     che pertanto le  questioni  sollevate  devono  essere  dichiarate
 manifestamente inammissibili per evidente difetto di attualita' della
 rilevanza  nella  fase  di giudizio di cui il Tribunale remittente e'
 investito (cfr., ex plurimis ordinanze n. 485 del  1995;  n.  49  del
 1996).