ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 335, comma 1,
 405,  comma  2,  e  406,  comma  8,  del  codice di procedura penale,
 promosso con ordinanza emessa il 5 giugno 1997  dal  giudice  per  le
 indagini  preliminari presso il Tribunale di Oristano, iscritta al n.
 509 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'11  marzo 1998 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che il giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale di Oristano, delibando favorevolmente la relativa eccezione
 proposta  nel  corso  della  udienza  preliminare,  ha  sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 335, comma 1, cod. proc. pen.,
 nella  parte  in cui non indica con "determinazione" il termine entro
 il quale il pubblico ministero deve iscrivere nell'apposito  registro
 il  nome  della  persona alla quale e' attribuito il reato, dell'art.
 405, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede  che  i
 termini  per  le  indagini  preliminari  decorrano dal momento in cui
 emergono indizi di reita' a carico della persona indagata invece  che
 dalla  data  della  iscrizione  del  relativo nominativo nel registro
 delle notizie di reato, nonche', infine, dell'art. 406, comma 8, cod.
 proc.  pen., nella parte in cui non prevede che  non  possano  essere
 utilizzati  gli  atti  di  indagine compiuti in assenza di iscrizione
 immediata della persona nei  cui  confronti  sono  emersi  indizi  di
 reita';
     che  a parere del giudice a quo la disposizione dettata dall'art.
 335 cod. proc. pen. non prevede  alcun  termine  entro  il  quale  il
 pubblico  ministero  deve  procedere alla iscrizione della notizia di
 reato  e  del  nominativo  della  persona  cui  il  reato  stesso  e'
 attribuito,  il  che  assegnerebbe  allo  stesso  organo un ambito di
 valutazione discrezionale e insindacabile nella individuazione  degli
 elementi idonei a determinare l'iscrizione;
     che da tale discrezionalita' del pubblico ministero scaturirebbe,
 ad avviso del rimettente, una situazione di disparita' di trattamento
 fra  indagati,  in  quanto  per  essi  i  tempi piu' o meno lunghi di
 definizione della fase delle indagini vengono fatti  dipendere  dalle
 diverse  valutazioni compiute da ciascun pubblico ministero in ordine
 alla sussistenza o meno degli indizi di reita' a loro carico;
     che violati  sarebbero  anche  i  principi  e  criteri  direttivi
 dettati  dall'art.  2,  nn.  35  e 48, della legge-delega 16 febbraio
 1987, n.  81, giacche', avendo il  codice  riprodotto  quelle  stesse
 formule,  necessariamente generiche, solo apparentemente avrebbe dato
 attuazione  ai  principi  medesimi,  che  al  contrario   postulavano
 "specifiche  indicazioni  cogenti  in  ordine  ai  tempi  e  modi  di
 esercizio delle anzidette funzioni del p.m. nella fase delle indagini
 preliminari;
     che vulnerato risulterebbe, infine, l'art. 24 della Costituzione,
 in quanto la dedotta disparita' di trattamento si risolverebbe  anche
 in  una  violazione  del  diritto di difesa, che deve essere tutelato
 pure nella fase delle indagini preliminari";
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
 comunque infondata.
   Considerato   che   dalla  ordinanza  di  rimessione  non  e'  dato
 comprendere se in concreto sussistano e quali siano  gli  atti  delle
 indagini  preliminari  che dovrebbero essere coinvolti dalla sanzione
 di inutilizzabilita' che lo stesso rimettente mira in ultima  analisi
 a  far  scaturire  dalla  articolata denuncia sottoposta all'esame di
 questa Corte;
     che, in particolare, il giudice a quo ha omesso  di  motivare  in
 punto  di  rilevanza  se l'inutilizzabilita' si rifletta su specifici
 atti eventualmente compiuti prima della iscrizione della  notizia  di
 reato  e del nominativo dell'indagato nel registro previsto dall'art.
 335 cod. proc. pen., ovvero se la stessa debba  travolgere  gli  atti
 espletati  dopo  la  scadenza  del  termine  di durata delle indagini
 preliminari, computato non dalla data di iscrizione, ma da quello  in
 cui sono emersi indizi di reita' a carico della persona indagata;
     che  accanto  a  tali  rilievi  ed  alla obiettiva ambiguita' del
 petitum  oscillante  fra  piu'  alternative   nessuna   delle   quali
 univocamente additata, sta anche l'impossibilita' per questa Corte di
 indicare  con  "determinatezza  il termine entro il quale il pubblico
 ministero deve iscrivere nell'apposito registro il nome della persona
 alla quale e' attribuito il  reato",  che,  pure,  il  rimettente  ha
 enunciato   come  quesito  additivo  posto  a  fulcro  delle  dedotte
 censure.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.