IL CONSIGLIERE PRETORE
   Letto il ricorso che precede;
                             O s s e r v a
   Con riferimento alla tutela costituzionale del diritto alla  salute
 la  fattispecie  sottoposta  all'esame dell'odierno decidente, appare
 meritevole di tutela, sia con riguardo all'apparenza del diritto  che
 si   vuole   azionare  (c.d.  fumus  boni  iuris)  sia  con  riguardo
 all'incombenza ed irreparabilita'  del  paventato  pregiudizio  (c.d.
 periculum in mora).
   I.  -  Sotto  il primo profilo, e' dato di comune conoscenza che la
 Carta costituzionale,  legge  principale  dello  Stato,  assicura  la
 tutela   della   salute  come  fondamentale  diritto  dell'individuo,
 garantendo cure gratuite agli indigenti (art. 32, comma 1).
   Tale tutela, per l'immediata efficacia precettiva e  per  il  rango
 primario  della  norma  che la assicura, non puo' che essere piena ed
 esaustiva (Corte costituzionale 27 ottobre 1988, n. 992),  dovendosi,
 quindi, escludere che essa possa soggiacere a vincoli o condizioni di
 sorta, che ne limitino l'operativita'.
   In    applicazione    del   menzionato   principio,   la   costante
 giurisprudenza della  suprema  Corte,  ha  statuito  che  il  diritto
 all'assistenza  farmaceutica,  da  qualificarsi  come  vero e proprio
 diritto soggettivo (Cass. sez.    uu.  27  gennaio  1993,  n.  1003),
 comprende  la  somministrazione gratuita di farmaci che - sebbene non
 inclusi nel  prontuario  terapeutico  (atto  amministrativo  di  mero
 accertamento)  -  risultino tuttavia indispensabili ed insostituibili
 (vedi per tutte, Cass. sez. uu. n. 1505/1985).
   Piu' specificamente, la salute, nel suo contenuto  essenziale,  non
 puo' essere sacrificata dalla esclusione di un farmaco dal prontuario
 terapeutico,  ove  si  tratti  di farmaco destinato al trattamento di
 gravi condizioni o sindromi morbose  che  esigano  terapie  di  lunga
 durata (Cass. sez. lav. 22 aprile 1994, n. 3870).
   Cio'  in  quanto,  il  prontuario  terapeutico  (art.  10, legge n.
 683/1983), comprende i farmaci, prescrivibili a  carico  del  S.S.N.,
 individuati  in  base  al  criterio  della  efficacia  terapeutica  e
 dell'economicita' del prodotto.
   Nel prontuario stesso deve, pero', essere previsto apposito  elenco
 di   farmaci   per   i   quali  non  e'  richiesta  alcuna  quota  di
 partecipazione alla spesa (art. 10, comma 2), quali quelli  destinati
 al  trattamento  di  gravi  condizioni o sindromi morbose che esigono
 terapie di lunga durata, oppure situazione  patologiche  d'urgenza  o
 malattie   ad   alto   rischio,   nonche'   cure  per  assicurare  la
 sopravvivenza.
   Per tutti gli altri farmaci, compresi nel  prontuario,  e'  dovuta,
 invece, una quota di partecipazione.
   Ne   risulta   che,   nel  prontuario  terapeutico,  la  formazione
 dell'elenco  dei  farmaci  per  i  quali  non  e'  dovuta  quota   di
 partecipazione,  resta vincolata (Cass. sez. lav., 22 aprile 1994, n.
 3870, gia' citata).
   Pertanto, il  criterio  dell'economicita'  non  puo'  eslcudere  la
 generale  esenzione dalla compartecipazione alla spesa ove il farmaco
 risulti indispensabile ed insostituibile  per  il  trattamento  delle
 gravi  forme morbose contemplate dal citato art. 10 (Cass. sez. lav.,
 22 aprile 1994, n. 3870, sopra indicata).
   Cio' posto, occorre sottolineare come il caso che forma oggetto del
 presente procedimento cautelare, e'  quello  di  persona  affetta  da
 grave  patologia  neoplastica,  la  quale,  avendo  praticato,  senza
 successo, le terapie  protocollari  e  trovandosi  in  condizioni  di
 salute  disperate,  se  non  in fase terminale, intende fare ricorso,
 come ultima possibilita', alla multiterapia Di Bella, che  chiede  di
 poter  iniziare  a praticare, in regime di somministrazione gratuita,
 dato  l'alto  costo  della  cura,  a  mercato  libero,  per  le   sue
 possibilita' economiche.
   Alla  stregua  di  siffatte  connotazioni,  in  punto di fatto, non
 sussiste dubbio alcuno circa la ricorrenza del  presupposto del fumus
 cui la  legge,  unitamente  a  quello  del  periculum,  subordina  la
 concessione della misura  cautelare.
   In  tal  senso  copiosa  e' la giurisprudenza di merito la quale ha
 statuito che  la  posizione  giuridica  di  paziente  che  chiede  la
 fornitura  gratuita, a carico del servizio sanitario nazionale, di un
 farmaco costoso ed indispensabile rientra  nell'ambito  della  tutela
 del  diritto  alla  salute e deve qualificarsi di diritto soggettivo,
 come tale soggetta alla potesta' del giudice ordinario (pret.  Genova
 12  gennaio  1989, Foro Ital. 1989, I, 1767; con riferimento all'alto
 costo della prestazione, vedi Corte cost. 27 ottobre 1988, n. 922).
   Ricorrendo ipotesi del genere e' consentito al  giudice  ordinario,
 anche  in  via  cautelare  ed  urgente,  inibire  tutti  gli  atti  o
 comportamenti dell'amministrazione che risultino pregiudizievoli  per
 il  diritto  alla salute (pret. Genova, 12 gennaio 1989 citata; pret.
 Ciri, 25 marzo 1993, giur. ital. 1994, I, 2, 208).
   Ne' vi puo' essere discussione  circa  la  sussistenza  del  potere
 dell'autorita'  giudiziaria  ordinaria  di  emettere  a  carico della
 pubblica  amministrazione  un  ordine  di  facere,   trattandosi   di
 violazione   o   di   compressione   di   un   diritto   fondamentale
 costituzionalemente  garantito  (Cass.,  sez.  uu.,  9 marzo 1979, n.
 1463, con riferimento proprio al diritto alla  vita  o  alla  salute:
 pret. Torino 11 febbraio 1991, Foro Ital., 1991, I, 2586).
   Invero,  di fronte alla protezione di tipo garantistico dei diritti
 fondamentali,  non  sussiste  potere   amministrativo   ablatorio   o
 compressivo  dei diritti medesimi, perche' essi, per tradizione, sono
 garantiti, in primo luogo, conto l'autorita' pubblica.
   Pertanto, in mancanza di provvedimento amministrativo ablatorio, il
 comportamento della  p.a.,  che  abbia  determinato  la  rimozione  o
 l'alterazione  di  una  posizione  del  privato avente consistenza di
 diritto soggettivo, si risolve in un'attivita' materiale assoggettata
 alle norme di diritto comune, con la conseguenza  che  la  tutela  di
 tale  posizione soggettiva spetta all'a.g.o., anche in sede cautelare
 (Cass., sez. uu., 29 gennaio 1993, n. 1151).
   In ogni caso, poiche' i decreti del  Ministero  della  sanita',  di
 revisione   periodica  del  prontuario  terapeutico,  debbono  essere
 considerati quali atti di mero accertamento tecnico, non puo'  essere
 negata   la  somministrazione  dei  medicinali  non  contemplati  nel
 prontuario (che, in tali ipotesi, puo' essere disapplicato  -  Cass.,
 sez.  lav.    22  aprile  1994,  citata),  ove  detti  farmaci  siano
 indispensabili per la  cura  di  gravi  malattie,  senza  violare  il
 diritto  all'assistenza  sanitaria  e farmaceutica costituzionalmente
 tutelato (Cass. 14 marzo 1986, n. 1747).
   II. - Il requisito  del  periculum  in  mora  e'  in  re  ipsa,  in
 considerazione  che  la  patologia  tumorale  che  affligge l'odierno
 ricorrente, non  consente  indugi  di  sorta,  che  rischerebbero  di
 vanificare  il  diritto  alla  salute se non, addirittura, il diritto
 alla vita, gia' gravemente compromessi, per cui l'applicazione  della
 terapia  Di  Bella,  invocata,  si  presenta come l'unica e residuale
 alternativa.
   III. - Pur tuttavia, la tutela cautelare invocata non  puo'  essere
 accordata  essendo venuto a mutare il quadro normativo di riferimento
 a seguito dell'emanazione del decreto-legge 17 febbraio 1998, n.   23
 (Gazzetta  Ufficiale  n. 39 del 17 febbraio 1998), il quale autorizza
 la sperimentazione del "Multitrattamento Di Bella"  anche  in  deroga
 alla disposizioni vigenti (art. 1).
   Infatti,   dopo  l'espressa  previsione,  in  singoli  casi,  della
 facolta'  per  il  medico  di  "impiegare  un   medicinale   prodotto
 industrialmente  per  una indicazione o una via di somministrazione o
 una modalita' di  somministrazione  o  di  utilizzazione  diversa  da
 quella  autorizzata,  ovvero  riconosciuta  agli effetti dell'art. 1,
 comma 4 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536,  convertito  dalla
 legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medito ritenga, in base ad
 elementi  obiettivi,  che  il  paziente  non  possa  utilmente essere
 trattato con i medicinali per  i  quali  sia  gia'  approvata  quella
 indicazione terapeutica o quella via o modalita' di somministrazione"
 (art.  3,  comma 2), e dopo "aver fatti salvi gli atti con i quali il
 medico, sotto la sua diretta responsabilita' e limitatamente al campo
 oncologico,  abbia  impiegato  o  impieghi,  sino  al  termine  della
 sperimentazione di cui all'art.  1, i medicinali a base di octreodite
 e  di  somatostatina,  al  di  fuori  delle  indicazioni terapeutiche
 approvate" (art. 3, comma 3), nega che "il ricorso, anche  improprio,
 del  medico  alla  facolta'  prevista dai commi 2 e 3 puo' costituire
 diritto  del  paziente  alla  erogazione  dei medicinali a carico del
 Servizio sanitario nazionale, al di fuori  dell'ipotesi  disciplinata
 dall'art.  1,  comma  4,  del  decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536,
 convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648" (art. 3, comma 4).
   Poiche', nel caso di specie, i  farmaci  prescritti  non  risultano
 inseriti  nel  citato  elenco speciale, ne' sono inclusi in fascia A,
 secondo quanto e'  dato  desumere  da  notizie  di  larga  diffusione
 massmediale,  ne  deriva  che  la  disposizione dell'art. 3, comma 4,
 sopprime il diritto soggettivo all'assistenza erogata dal S.S.N., pur
 ricorrendo il caso di patologia oncologica, per la quale,  ai  sensi,
 dell'art.  10  della  legge n. 863/1983, la somministrazione dovrebbe
 essere gratuita, non potendosi negare  che  le  malattie  oncologiche
 siano  da  considerarsi  ad  "alto rischio" e che esse diano luogo "a
 gravi condizioni o sindromi morbose  che  esigano  terapie  di  lunga
 durata".
   Ne'  la  sancita  insussistenza  di  un diritto alla erogazione dei
 medicinali a carico del S.S.N., puo'  essere  ritenuta  adeguatamente
 controbilanciata,  a livello di piena tutela del diritto alla salute,
 dalla disposizione del successivo art. 4 del citato decreto-legge che
 prevede la cessione, da parte delle farmacie, di medicinali  generici
 a base di somatostatina e di octreodite a prezzo concordato.
   Infatti:
     a) cio' e' previsto solo per i medicinali a base di somatostatina
 e di octreodite, che non esauriscono il protocollo del "MDB";
     b)   il   prezzo   concordato  non  viene  ancora  praticato,  ma
 soprattutto, comporta un  esborso  che,  seppur  inferiore  a  quello
 precedente,  ascende  tuttora  a  cifre insostenibili per famiglie di
 reddito medio;
     c) le persistenti turbolenze  relative  alla  produzione  e  alla
 distribuzione dei farmaci in questione rende concreta la possibilita'
 del loro mancato reperimento sul libero mercato.
   In  una  situazione  di  tal  fatta,  non  puo'  non  rilevarsi una
 macroscopica disparita' di trattamento tra i pazienti, in verita' ben
 pochi,  ammessi  alla  sperimentazione  e   quelli,   la   stragrande
 maggioranza, che ad essa non possono accedere, per i quali si profila
 la difficolta', se non la impossibilita', di iniziare o proseguire la
 cura  prescelta  che,  in  ipotesi  come quella in esame, appare come
 l'unica alternativa, assai  drammatica,  all'attesa  che  il  proprio
 destino si compia.
   Ne'  puo'  passare sotto silenzio, per quanto concerne la massa dei
 pazienti non rientranti nella sperimentazione, la evidente disparita'
 tra coloro che, potendo godere di  redditi  medio  alti,  sono  nelle
 condizioni di accedere all'acquisto, a prezzo concordato, dei farmaci
 a base di somatostatina e di octreodite, se reperibili sul mercato, e
 quelli,   invece,   che,   versanto  in  condizioni  economiche  piu'
 disagiate, tale possibilita' si vedono negata in radice.
   A prescindere da tali assorbenti rilievi, in virtu'  dei  quali  la
 disparita'  di  trattamento  appare lampante, non puo' non rilevarsi,
 ulteriormente, la evidente lesione del principio  di  ragionevolezza,
 quando, nel decreto de quo, si prevede la legittima possibilita', sia
 pure  in  via  contingente,  della  prescrizione  del  "MDB"  ed,  al
 contempo,  l'onere per il paziente del pagamento dei farmaci,  quando
 essi,  per  la natura della patologia oncologica sofferta, dovrebbero
 essere a carico del S.S.N. per effetto dell'art. 10  della  legge  n.
 863/1983.
   Invero,  se  tale  ultima  norma  non  e'  stata  ne' poteva essere
 abrogata, ne deriva che l'art. 3, comma 4 del decreto-legge in parola
 finisce per prevedere una ingiustificata deroga  al  principio  sopra
 enunciato.
   Alla  stregua delle esposte considerazioni deve ritenersi rilevante
 e manifestamente non  infondata  la  questione  di  costituzionalita'
 degli  artt.  3,  comma  4,  e 4 del d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23 in
 quanto contrastanti:
     a) con gli artt. 24 e 32 della Costituzione, laddove  si  esclude
 la  sussistenza  del diritto soggettivo ad ottenere la erogazione dei
 farmaci a carico del S.S.N.,  da  parte  del  malato  oncologico  che
 intenda  sottoporsi  al  multitrattamento  Di  Bella,  legittimamente
 prescrivibile, privando cosi' di tutela il  diritto  alla  salute  il
 cittadino  ed  impedendo  che  tale tutela possa attuarsi mediante il
 ricorso al giudice;
     b) con l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  si  opera  una
 inammissibile  disparita'  di  trattamento tra cittadini ammessi alla
 sperimentazione, con cura  a  totale  carico  del  S.S.N.  e  con  la
 certezza  dell'effettuazione  della  terapia,  e  cittadini da questa
 esclusi, nonche', nell'ambito di tal novero, tra cittadini  abbienti,
 che  possono  far ricorso all'acquisto, presso il libero mercato, dei
 farmaci a base di somatostatine e octreodite, e quelli non  abbienti,
 che di tale possibilita' non possono fruire.