ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 57, lettera d), della legge 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1995-19 dicembre 1995 dal tribunale amministrativo regionale per la Campania, sul ricorso proposto da Castaldo Maria n.q. contro il Ministero dell'interno, iscritta al n. 1259 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visto l'atto di costituzione di Castaldo Giovanni nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 1998 il giudice relatore: Cesare Ruperto; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio volto all'annullamento del provvedimento con cui il capo della Polizia aveva dimesso dal corso di formazione per vice commissari in prova il ricorrente, che, a seguito dei postumi di un incidente stradale, aveva superato i novanta giorni di assenza massima consentita, il tribunale amministrativo regionale per la Campania, con ordinanza emessa il 15 novembre 1995 (pervenuta alla Corte il 28 ottobre 1996), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57, lettera e) della legge 1 aprile 1981, nella parte in cui, prevedendo l'obbligatoria adozione del provvedimento di dimissioni dal corso, non consente all'Amministrazione di valutare discrezionalmente la possibilita' di ammettere al corso successivo i vincitori di pubblico concorso che siano stati assenti per motivi di salute a loro non imputabili per un periodo superiore a novanta giorni, qualora abbiano recuperato l'idoneita' fisica prescritta per le funzioni di polizia. Il giudice a quo premette di dover disattendere la prospettazione della parte, secondo cui la denunciata norma determinerebbe un'irragionevole disparita' di trattamento tra impiegati in prova ed impiegati di ruolo, posto che e' proprio lo status di dipendente di ruolo che giustifica il differente assetto normativo in materia, apparendo ragionevole che a quest'ultimo vengano riconosciute maggiori garanzie. Viceversa il TAR rimettente censura la norma sotto un diverso profilo, riconducibile agli artt. 3 e 97 Cost., ritenendo illogica l'estromissione d'ufficio del partecipante al corso, gia' vincitore di concorso, a prescindere da qualsiasi effettiva valutazione sul suo stato di salute e sulla malattia che egli ha contratto (nonche' sull'eventuale perdita totale o parziale dell'idoneita' allo svolgimento del servizio di polizia), estromissione che viene disposta esclusivamente in ragione dell'involontario superamento del periodo massimo di assenza consentito. In concreto la norma darebbe luogo ad una fattispecie di carattere automatico, che prescinde del tutto dalle circostanze che hanno dato origine alle assenze e dalla addebitabilita' o meno all'interessato delle ragioni che hanno determinato l'infermita'. La denunciata lesione dei principi di uguaglianza e d'imparzialita' sarebbe quindi ravvisabile nella mancata previsione della possibilita', per i commissari in prova i quali abbiano superato il limite massimo di assenza "per motivi di salute a loro non imputabili", di essere ammessi a partecipare al corso successivo "ove abbiano recuperato in pieno l'idoneita' fisica". La prospettata illegittimita' costituzionale risulterebbe ulteriormente evidenziata alla luce di quanto previsto dall'art. 56, comma 7 della stessa legge, che consente alla Amministrazione di valutare discrezionalmente la possibilita' di ammettere ad un corso successivo i commissari in prova "bocciati" all'esame finale del corso. In conclusione il TAR rileva la sostanziale differenza tra il caso in esame e la fattispecie di cui alla sentenza n. 297 del 1994 di questa Corte, concernente il personale proveniente dai contingenti di leva, mentre i funzionari in argomento raggiungono il corso in seguito all'utile classificazione nella graduatoria della procedura concorsuale. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha osservato come entrambi i profili d'incostituzionalita' non appaiano fondati e sembrino comunque risolvibili in via interpretativa. Quanto alla asserita disparita' di trattamento, si rileva che non possono porsi a confronto le due situazioni del candidato che abbia superato il periodo massimo di assenza e di quello che non abbia superato la prova finale. Circa il secondo aspetto, l'Autorita' intervenuta ritiene che l'infermita' debba "ragionevolmente essere valutata dall'amministrazione sia con riguardo ai fattori causali... che alla perdita o meno delle capacita' fisiche necessarie allo svolgimento delle funzioni di commissario di polizia". Inoltre - opina l'Avvocatura - "una lettura non formalistica della norma" parrebbe dare spazio all'ammissione ad un corso successivo, argomentando analogicamente con riguardo all'ipotesi di maternita'. In sostanza la norma, secondo l'Avvocatura, mentre prevede i casi di ammissione automatica al corso successivo, non esclude affatto che, al di fuori di questi, l'interessato possa richiedere ed ottenere tale ammissione. 3. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si e' costituito il ricorrente nel giudizio a quo, il quale ha insistito per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale, deducendo i medesimi argomenti svolti nell'ordinanza di rimessione. Considerato in diritto 1. - Il TAR per la Campania dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 57, lettera d) della legge 1 aprile 1981, n. 121, nella parte in cui prevede che i vincitori del concorso per commissario di polizia in prova, frequentatori dell'apposito corso che e' condizione per il conseguimento della nomina, vengano da questo dimessi nel caso di assenza per infermita' di durata superiore a novanta giorni. A parere del rimettente la norma, nel precludere all'interessato la partecipazione ad un corso successivo ove egli abbia recuperato l'idoneita' fisica, risulterebbe lesiva: a) dell'art. 3 Cost., per la disparita' di trattamento rispetto a chi, non avendo superato l'esame finale, puo' partecipare al corso successivo; b) dell'art. 97 Cost., in quanto prescinde dalla possibilita' di accertare in concreto l'idoneita' al servizio e di verificare l'addebitabilita' delle circostanze che hanno causato la sopravvenuta infermita'. 2. - La questione e' fondata. 2.1. - Dispone l'art. 55 della legge n. 121 del 1981 che "l'assunzione dei commissari di polizia" avviene: a) mediante pubblico concorso, i vincitori del quale sono nominati commissari in prova; b) all'esito di un corso di formazione teorico-pratico della durata di nove mesi, che essi sono tenuti a frequentare presso l'Istituto superiore di polizia. Il successivo art. 56 prevede nel quinto comma che i commissari in prova, i quali abbiano superato gli esami finali, siano nominati commissari di polizia, e nel settimo comma che coloro i quali non superino l'esame "possono partecipare al corso successivo" e, solo "se l'esito di quest'ultimo e' negativo, sono dimessi". Infine la denunciata norma stabilisce che sono dimessi dal corso i commissari in prova, i quali siano "stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per piu' di trenta giorni, anche se non consecutivi, e di novanta giorni per infermita' contratta durante il corso". Solo allorche' l'infermita' sia stata contratta a causa delle esercitazioni pratiche (o, trattandosi di donne, l'assenza sia dovuta alla maternita'), e' prevista la possibilita' di partecipare al primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneita' psicofisica. 2.2. - Dunque la denunciata norma impone come obbligatoria l'adozione del provvedimento di dimissione dal corso ove ricorra uno dei due casi di assenza sopra indicati (trenta giorni, anche se non consecutivi, ovvero novanta per infermita' contratta durante il corso), senza che all'Amministrazione sia consentita alcuna valutazione circa le cause che hanno determinato l'assenza stessa. In particolare nella seconda ipotesi, che viene sottoposta alla Corte, l'Amministrazione non ha neppure la facolta' di accertare l'eventuale perdita, in tutto o in parte, dell'idoneita' allo svolgimento del servizio di polizia. Trattasi, all'evidenza, di automatismo basato su una presunzione assoluta di inidoneita', manifestamente priva di ragionevolezza e contrastante con l'interesse stesso della Pubblica Amministrazione. Appare illogico, infatti, ammettere ad un corso successivo i commissari in prova che non abbiano superato l'esame finale, e invece precludere comunque all'Amministrazione di consentire analoga opportunita' a chi sia stato assente per malattia, sia pure all'esito di un'istruttoria circa l'eziologia e le conseguenze della malattia stessa. E' vero che al legislatore deve riconoscersi la piu' ampia discrezionalita' nel privilegiare alcuni elementi di valutazione nelle procedure di accesso all'impiego; ma il necessario limite della ragionevolezza risulta superato allorche', accordata la possibilita' di ripetere il corso a chi sia stato giudicato negativamente, la medesima venga poi negata nell'ipotesi in esame, cosi' attribuendosi alla frequenza un valore preminente rispetto al rendimento. Del resto la stessa Avvocatura dello Stato finisce col convenire su tale conclusione, quando suggerisce una lettura della norma, secondo cui non sarebbe preclusa l'ammissione al corso successivo anche al di fuori dei casi esplicitamente previsti. Lettura che tuttavia non puo' accettarsi, essendo il dato testuale preciso e ineludibile nel senso indicato dal rimettente. L'ammissione al "primo corso successivo", infatti, e' prevista espressamente solo per le due ipotesi di infermita' "contratta a causa delle esercitazioni pratiche" e di assenza "determinata da maternita'"; mentre, d'altra parte, l'ultimo comma dello stesso art. 57 accomuna quoad effectum l'espulsione e la dimissione dal corso, cosi' accentuando il carattere ingiustificatamente sanzionatorio del provvedimento relativo a quest'ultima. La coerenza del sistema, dunque, puo' e deve ottenersi solo attraverso la declaratoria d'illegittimita' costituzionale della denunciata norma.