IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza; Sentiti il p.m. e i difensori degli imputati; Letti gli atti dibattimentali finora acquisiti; O s s e r v a Il p.m. aveva indicato nella lista ex art. 468 c.p.p. il teste Tripodi Michele da escutere ai sensi dell'art. 210 c.p.p. e, citatolo nel presente dibattimento, intendeva interrogarlo in ordine ai fatti narrati nelle dichiarazioni da lui rese nel corso delle indagini preliminari, ritenute rilevanti in ordine alla posizione processuale degli attuali imputati. Il Tripodi, pero', ha deciso di avvalersi della facolta' di non rispondere e il difensore degli imputati qui giudicati non hanno acconsentito alla lettura delle dichiarazioni dallo stesso rese nel corso delle indagini preliminari. Osserva, ora, il p.m. che la impossibilita' di acquisire agli atti le dichiarazioni rese da costui priva il p.m. stesso, e di conseguenza il giudice, di elementi importanti su cui fondare la decisione del processo. Il Tripodi, infatti, avrebbe fornito importanti indicazioni in merito alla riferitbilita' agli odierni imputati del denaro rinvenuto nella sua abitazione, denaro che secondo l'accusa sarebbe provento di attivita' di spaccio di sostanze stupefacenti. Ritiene, di conseguenza, la incostituzionalita' della norma contenuta nell'art. 513, commi 1 e 2, c.p.p., come modificata da ultimo con l'art. 1, legge n. 267/1997, nonche' dell'art. 6, legge n. 267/1997 per contrasto con gli artt. 3, 25, 101, 111 e 112 Cost. Gia' diverse aa.gg. hanno ritenuto di dover investire la Corte costituzionale del problema innanzi evidenziato. Fra gli altri, si possono citare, ad esempio, i provvedimenti del Tribunale di Milano sezioni III e IV penale del 24 ottobre 1997 e di questo tribunale del 12 novembre 1997 e del 19 dicembre 1997. Nel presente processo, peraltro, va osservato che da un lato la mancata acquisizione delle dichiarazioni del Tripodi sentito ai sensi dell'art. 210 c.p.p. fa venir meno la possibilita' per il collegio di conoscere compiutamente i fatti ai fini della decisione, d'altro lato, poiche' la modifica legislativa e' intervenuta dopo l'emissione del decreto ex art. 429 c.p.p., e' stato impedito al p.m. di promuovere l'incidente probatorio, poiche' detta possibilita' e' stata introdotta solo per i procedimenti ancora da iniziarsi alla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo. Viene, in questo modo, eluso il principio, fondamentale in qualsiasi ordinamento ed in particolare nel nostro, di conservazione delle prove, meritoriamente affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 254/1992 e n. 255/1992 e n. 179/1994, rimettendo all'arbitrio di un qualunque soggetto a conoscenza di un certo fatto di manifestarlo e farlo, quindi, entrare nel processo, o di tacerlo e di sottrarlo alla legittima e doverosa conoscenza del giudice, incaricato di accertare la verita' in quel certo processo. Cio' con la logica conseguenza che l'arbitrio di un singolo si riverbera a vantaggio o svantaggio del cittadino sottoposto al procedimento penale. Puo', alla stregua delle suesposte considerazioni, dubitarsi della legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p., come modificato con l'art. 1, legge n. 267/1997, nella parte in cui subordina all'accordo delle parti la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dall'imputato di reato connesso o dall'imputato nei confronti di coimputati, e dell'art. 6, legge n. 267/1997, nella parte in cui non prevede che nei processi in cui sia stato gia' emesso il decreto di cui all'art. 429 c.p.p. alla data di entrata in vigore della legge medesima continui a trovare applicazione la disciplina previgente, che prescindeva dal consenso di cui innanzi. Cio' con riferimento a tutte le norme costituzionali indicate dal p.m. La questione appare rilevante nel presente processo, atteso che le dichiarazioni del Tripodi attengono certamente ai fatti ed alle imputazioni ascritti agli imputati qui giudicate, potendosi trarre da esse elementi utili ai fini del presente giudizio, come innanzi evidenziato. La rimessione degli atti alla Corte costituzionale determina ex lege la sospensione del giudizio in corso.