IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 3414/96 r.g. vertente tra Ferrovie dello Stato - S.T.S.A. appellante e Farruggia Emanuele appellato. Ritenuto in fatto Con ricorso depositato il 4 marzo 1994 Emanuele Farruggia adiva il pretore di Catania in funzione di giudice del lavoro deducendo di essere stato assunto a decorrere dal 1 settembre 1980 nella qualita' di medico aiuto effettivo a seguito di concorso pubblico per titoli per l'effettuazione di 15 ore complessive settimanali. Premesso di essersi dimesso in data 1 settembre 1993, lamentava che erroneamente il suo rapporto di lavoro era stato considerato autonomo, sussistendo nella specie tutte le caratteristiche, che analiticamente indicava, proprie di un rapporto di lavoro subordinato. Sottolineava di essersi occupato nel corso degli anni del controllo sanitario della salute dei lavoratori delle ferrovie, sia di massa che individuale, di medicina preventiva sui luoghi di lavoro e di essere stato incaricato dal 1984 in poi - tenuto conto della sua specializzazione in malattie dell'apparato respiratorio - presso l'ufficio santiario per ulteriori 4 ore settimanali dell'effettuazione di visite pneumologiche ed esami spirometrici anche su personale non dipendente delle Ferrovie dello Stato, nulla percependo per tali ulteriori prestazioni, in relazione alle quali l'ente aveva invece provveduto ad incassare i relativi compensi. Denunciando, per quanto premesso, la sperequazione realizzata nei suoi confronti rispetto ai medici dipendenti da strutture private o pubbliche, non avendo egli mai goduto di avanzamenti di carriera, di retribuzione adeguata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto, ne' all'anzianita' di servizio e agli scatti di scala mobile, pur subendo le trattenute mensili ai fini pensionistici, chiedeva dichiararsi la natura subordinata del rapporto di lavoro come svoltosi, con il conseguente diritto ad essere inquadrato, sin dall'inizio, nell'ottava categoria, area V, quadri del contratto collettivo nazionale di lavoro dei ferrovieri o, in subordine, nella settima categoria, area IV, e la condanna della societa' convenuta alla ricostruzione della carriera e al pagamento di tutte le corrispondenti differenze di retribuzione maturate, oltre interessi e rivalutazione monetaria. La Ferrovie dello Stato S.p.A., contestava le pretese avversarie rilevando che il rapporto in oggetto risultava disciplinato dal regolamento medici fiduciari approvato con il d.m. 1626 del 16 giugno 1979 e dal successivo d.m. n. 1542 del 22 giugno 1984. Le condizioni del rapporto erano state conformi a quanto previsto legislativamente. Il Farruggia conosceva i criteri che informavano l'incarico affidatogli, come da mod. san. 89/bis da lui sottoscritto. La societa' convenuta concludeva pertanto chiedendo il rigetto della domanda, attesa peraltro la sua genericita'. Veniva quindi ritenuta la superfluita' della prova per testi richiesta in ricorso, tenuto conto che nessuna contestazione in fatto era stata formulata da parte resistente, che anzi ribadiva, a mezzo del proprio procuratore, la non contestazione dei fatti prospettati in ricorso. Con sentenza del 12 marzo 1996, il pretore adito dichiarava la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti in causa dalla data di entrata in vigore della legge n. 210 del 1985 al 1 settembre 1993 e all'inquadramento spettantegli, tenuto conto della disciplina legale e/o contrattuale succedutasi nel tempo (in ultimo categoria settima area IV ex c.c.n.l. di categoria del 1 gennaio 1990/31 dicembre 1992); dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice adito in ordine al periodo del rapporto svoltosi in data anteriore alla entrata in vigore della legge n. 210/1985; dichiarava compensate le spese del giudizio. Avverso tale sentenza proponeva appello la Ferrovie dello Stato S.T.S.A. S.p.A. con sede in Roma P.zza della Croce Rossa n. 1, in persona del procuratore speciale dott. Raffaele Ruggero Rubino, per i motivi ivi esposti, chiedendo la riforma della impugnata sentenza ed il rigetto delle domande proposte dal ricorrente in primo grado; con vittoria delle spese del doppio grado del giudizio. Farruggia Emanuele si costituiva in giudizio, chiedendo che il Tribunale rigettasse l'appello principale; in via incidentale chiedeva che il tribunale in via principale, condannasse la Ferrovie dello Stato S.p.A., al pagamento in favore di Farruggia Emanuele delle somme allo stesso dovute quali differenze retributive nascenti dall'applicazione dei c.c.n.l. di categoria succedutisi nel tempo e per la qualifica richiesta da determinarsi a mezzo di c.t.u.; e che in via subordinata, dichiarasse che Farruggia Emanuele aveva diritto al pagamento della retribuzione prevista dai c.c.n.l. di categoria succedutisi nel tempo e per la qualifica spettante; in ulteriore subordine, chiedeva che fosse ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 35, 36 e 38 Cost., del d.m. 16 giugno 1979, n. 1626 e d.m. 22 giugno 1984, n. 1542; con vittoria di spese e compensi dei doppi gradi del giudizio. Considerato in diritto l ricorrenti in primo grado deducono che il loro rapporto di lavoro con le Ferrovie dello Stato, pur essendo stato formalmente identificato come autonomo, sarebbe da considerare, per le sue caratteristiche, come rapporto di lavoro subordinato. Il pretore, accogliendo tale domanda ha ritenuto che il d.m. n. 1542/1984, che all'art. 1 precisa che i "medico fiduciario" "non hanno qualita' di impiegati", sia una norma regolamentare avente caratteristiche di fonte di normazione secondaria; da tale convincimento il pretore ha tratto le conseguenze che tale norma possa essere disapplicata dal giudice ordinario. Preliminare alla decisione che questo tribunale dovra' emettere, nel giudizio di appello a tale sentenza pretorile, e' dunque la questione se le norme regolamentari in oggetto (d.m. 1542 del 22 giugno 1984 e d.m. 1626 del 16 giugno 1979), che prevedono espressamente che i medici fiduciari non hanno qualita' di impiegati, abbiano natura di atti di normazione secondaria, non aventi forza di legge come ritenuto dal pretore, con la conseguenza che esse possano essere disappliccate dall'A.G.O., ovvero abbiano natura di atti di normazione secondaria aventi forza di legge con la conseguenza che, in caso di possibile contrasto con norme costituzionali, su di esse debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale. Questo collegio aderisce a quest'ultima soluzione, cosi' come ritenuto sul punto dalla Suprema Corte di cassazione che con sentenza 18 gennaio 1992, n. 621, ha precisato che il regolamento in questione e' un vero e proprio atto di normazione secondaria con forza di legge, in quanto trattasi di un regolamento delegato. Il regolamento stesso infatti si fonda sull'art. 1 r.d.-l. 8 gennaio 1925, n. 34 (sostitutivo dell'art. 82 legge 7 luglio 1907, n. 429). Tale convincimento, fatto proprio da questo collegio, e' stato piu' volte espresso dalla Suprema Corte anche nelle sentenze 308/1992, 622/1992 e 11459/1993. Trattandosi dunque di un atto avente forza di legge, esso non puo' essere semplicemente disapplicato dall'A.G.O., qualora ritenuto illegittimo; pero' puo' ritenersi la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, ove se ne ravvisi un contrasto con norme della Costituzione. Ed appunto questo collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 dei d.m. 1626/1979 e dello art. 1 d.m. 1542/1984, nella parte in cui prevedono tout-court che i medici fiduciari non hanno qualita' di impiegati, per contrasto con gli artt. 3, 35, 36, 24, 101 e 104 della Costituzione. Per meglio chiarire la questione si ritiene utile riportare in alcune parti il contenuto letterale dei decreti ministeriali in oggetto e riguardanti il rapporto di lavoro con i medici fiduciari. L'art. 11 del d.m. 22 giugno 1984, n. 1542, prevede, testualmente: "Il medico aiuto addetto agli impianti ferroviari presta la sua opera nei confronti... e svolge i seguenti compiti (segue l'elencazione analitica e puntuale dei compiti assegnati). Le predette prestazioni, ad eccezione della partecipazione ai comitati compartimentali di sicurezza, debbono avvenire presso gli impianti di assegnazione, secondo l'orario fissato dall'uffcio sanitario compartimentale competente in relazione alle necessita' ed all'importanza degli impianti interessati". Gli artt. 17 e 18 prevedono, poi, per i medici aiuto uno specifico compenso orario di presenziamento variato secondo la collocazione temporale della prestazione. Negli articoli immediatamente successivi vengono, poi, previste delle indennita' speciali qualora venga richiesta l'effettuazione del servizio al di fuori della loro competenza territoriale. L'art. 29 garantisce (in via gradata) l'attribuzione, anche durante il periodo di malattia, dei "compensi spettanti in attivita' di servizio"; mentre il diritto alla conservazione del posto viene fissato sino all'anno di assenza per malattia. L'art. 31 regolamenta il regime dei permessi ordinari retribuiti e dei permessi straordinari fruibili dai medici fiduciari. L'art. 41 prevede, infine, che "i medici fiduciari possono rassegnare le dimissioni in qualsiasi momento con preavviso scritto di almeno trenta giorni". Da queste e da altre norme dei predetti d.m., come pure dal concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro in oggetto appaiono chiaramente i caratteri tipici della subordinazione, quali sono stati richiesti nella elaborazione giurisprudenziale per poter configurare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, anche al di la' del nomen juris scelto dalle parti ovvero, come nel caso in specie, da una delle parti. Il giudice del lavoro dovrebbe poter liberamente giudicare sulla natura subordinata o autonoma, di un tale rapporto di lavoro, cosi' come puo' fare per qualsiasi altra categoria di lavoratori: tale libero giudizio viene invece impedito da un'espressa norma avente forza di legge che qualifica tout-court il rapporto come autonomo. Il giudice pertanto non puo' riconoscere la natura subordinata del rapporto, anche qualora dovesse riconoscerne i caratteri tipici, a causa di un espresso divieto normativo. In particolare va rilevato il contrasto con gli artt. 35 e 3 Cost. in quanto la normativa in oggetto introduce una evidente disparita' di trattamento tra cittadini-lavoratori che svolgono una attivita' lavorativa avente le stesse caratteristiche. Nel caso in esame tale attivita' viene infatti qualificata come autonoma, ed il giudice non potrebbe ritenere diversamente, mentre in genere in presenza di un'attivita' di lavoro avente i caratteri tipici del lavoro subordinato, viene data al lavoratore la possibilita' di adire il giudice per vedere riconosciuta la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con tutte le conseguenti garanzie e tutele previste dalla legge. Conseguentemente deve rilevarsi anche il contrasto con l'art. 36 Cost., che garantisce al lavoratore (subordinato) il diritto ad una "retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa"; cio' in quanto la esclusione della natura subordinata del rapporto nascente dalla apodittica previsione della norma regolamentare, rendendo impossibile l'esercizio del diritto a vedere qualificato come subordinato il proprio rapporto di lavoro, preclude al lavoratore il godimento di un diritto di rango costituzionale facente parte del patrimonio di ogni lavoratore, cioe' quello a vedersi riconosciuta una retribuzione equa e sufficiente. Si ravvisa ancora il contrasto della normativa in oggetto con gli articoli 24, 101, e 104 della Costituzione. Ed invero, tale normativa, nel qualificare "per legge" come autonomo il rapporto di lavoro dei medici fiduciari, a prescindere delle sue effettive caratteristiche, da una parte limita il diritto del cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e dall'altra sottrae al giudice (con compressione della funzione giurisprudenziale) la attivita' qualificatoria ed interpretativa dei fatti e delle circostanze rilevanti ai fini della loro succesiva qualificazione giuridica e della disciplina applicabile. Si richiamano sotto questo profilo i seguenti principi in proposito gia' ripetutamente sanciti dalla Corte, costituzionale (sent. n. 115/1994). Proprio con la recente sentenza n. 121 del 1993 (foro it., 1993, I, 2432), questa corte ha affermato che "non sarebbe comunque consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da cio' derivi l'inapplicabilita' delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato. A maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l'applicabilita' della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalita' di esecuzione propri del rapporto di lavoro subordinato. l principi, le garanzie e i diritti stabiliti dalla Costituzione in questa materia, infatti, sono e debbono essere sottratti alla disponibilita' delle parti. Affinche' sia salvaguardato il loro carattere precettivo e fondamentale, essi debbono trovare attuazione ogni qual volta vi sia, nei fatti, quel rapporto economico-sociale al quale la Costituzione riferisce tali principi, tali garanzie e tali diritti. Pertanto, allorquando il contenuto concreto del rapporto e le sue effettive modalita' di svolgimento - eventualmente anche in contrasto con le pattuizioni stipulate e con il nomen juris enunciato - siano quelli propri del rapporto di lavoro subordinato, solo quest'ultima puo' essere la qualificazione da dare al rapporto agli effetti della disciplina ed esso applicabile". Dalle superiori considerazioni emerge la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' in oggetto. La sua rilevanza e' determinata dal fatto che l'esame della normativa in questione risulta preliminare a qualsiasi decisione di questo collegio sulla natura, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro oggetto del giudizio. Occorre pertanto rimettere gli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla questione in oggetto;