ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  319,  primo
 comma,  318,  primo comma, 645, primo comma, 638, primo comma, e 641,
 primo comma del codice di procedura civile,  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  10  novembre  1997  dal  giudice di pace di Stradella nel
 procedimento  di  opposizione  al  decreto  ingiuntivo  promosso   da
 Riccardi  Elisa  contro il Condominio "Emilia" di Stradella, iscritta
 al n. 905 del registro ordinanze 1997  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  3,  prima serie speciale, dell'anno
 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20 maggio 1998 il giudice
 relatore Fernanda Contri;
   Ritenuto che nel corso di un  giudizio  di  opposizione  a  decreto
 ingiuntivo   il  giudice  di  pace  di  Stradella  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questioni  di
 legittimita'  costituzionale:    a)  dell'art.  319, primo comma, del
 codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in  cui   non   prevede
 espressamente  che  il  convenuto deve proporre, a pena di decadenza,
 con il suo primo atto difensivo le eventuali domande riconvenzionali;
 b)  dell'art. 318, primo comma, del codice di procedura civile, nella
 parte in cui non  prevede  espressamente  che  la  domanda,  comunque
 proposta,  deve  contenere  anche l'invito al convenuto a costituirsi
 entro l'udienza indicata,  con  l'avvertimento  che  la  costituzione
 oltre  il  termine  implica  la  decadenza dal diritto di proporre le
 eventuali domande riconvenzionali; c) dell'art. 645, primo comma, del
 codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in  cui   non   prevede
 espressamente che l'opponente deve proporre nell'atto di opposizione,
 a  pena  di decadenza, le eventuali domande riconvenzionali; d) degli
 artt. 638, primo comma, e 641, primo comma, del codice  di  procedura
 civile,   nella   parte  in  cui  non  prevedono  l'avvertimento  che
 l'opponente  deve  proporre,  a  pena  di  decadenza,  nell'atto   di
 opposizione le eventuali domande riconvenzionali;
     che il rimettente, dopo aver sottolineato che l'avvertimento - in
 ordine  alle  preclusioni  e  alle decadenze - esplica una essenziale
 funzione nei confronti della parte non ancora costituita in giudizio,
 sostiene  la  necessita'  di  una  declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale   o   dell'art.   311  cod.  proc.  civ.,  che  impone
 l'applicazione  diretta  delle  norme  che  sanciscono  decadenze   e
 preclusioni  nel procedimento innanzi al tribunale, ovvero quantomeno
 delle norme che non impongono espressamente  un  preciso  obbligo  di
 informazione e di istruzione alle parti;
     che,  quanto al citato art. 311, il giudice a quo precisa di aver
 gia' richiesto l'intervento della Corte e reitera  le  argomentazioni
 svolte nella relativa ordinanza di rimessione;
     che  il  rimettente sostiene che, per effetto dell'applicabilita'
 delle norme relative al giudizio davanti al tribunale,  il  convenuto
 nel  procedimento  innanzi  al  giudice  di  pace  deve  proporre  le
 eventuali domande riconvenzionali, a pena  di  decadenza,  nel  primo
 atto difensivo, il quale puo' essere rappresentato sia dalla comparsa
 di risposta, che dal processo verbale redatto in udienza;
     che  la  facolta'  del  convenuto  di costituirsi in udienza e di
 proporre  verbalmente  le  proprie  difese  e  le  eventuali  domande
 riconvenzionali  non  significa  che  il  medesimo sia sottratto alla
 normativa di cui  all'art.  167,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.,
 poiche'  nel  procedimento  innanzi  al giudice di pace e' consentito
 soltanto un  "irrilevante"  differimento  temporale  del  termine  di
 tempestiva costituzione del convenuto e di proposizione delle domande
 riconvenzionali,   indipendentemente   dalla   circostanza   che   la
 costituzione avvenga anteriormente  all'udienza  ovvero  nell'udienza
 stessa, ex art. 319 cod. proc. civ;
     che,  ad  avviso  del  rimettente,  il mancato avvertimento circa
 l'obbligo  del   convenuto   di   proporre   le   eventuali   domande
 riconvenzionali nel primo atto difensivo e circa le conseguenze della
 tardiva costituzione determina una disparita' di trattamento rispetto
 alla posizione dell'attore, obbligato a proporre la domanda nel primo
 atto scritto, e alla posizione del convenuto nel procedimento innanzi
 al tribunale, il quale e' espressamente avvertito della decadenza cui
 va incontro se non si costituisce tempestivamente;
     che  sussisterebbe  inoltre  una violazione del diritto di difesa
 del  convenuto,  il  quale  non  e'  reso  edotto  dell'onere   della
 tempestiva   costituzione   per   poter  proporre  eventuali  domande
 riconvenzionali;
     che  in  forza  delle  medesime  argomentazioni  il giudice a quo
 ritiene che anche  nell'atto  di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo
 l'opponente  debba  proporre a pena di decadenza le eventuali domande
 riconvenzionali, dal momento che tale atto, con il quale  l'opponente
 contrasta  la pretesa avversaria, e' una vera e propria risposta alla
 domanda contenuta nel ricorso per ingiunzione;
     che,   inoltre,   solo   il   ricorrente-attore,   convenuto   in
 riconvenzione,  ha  facolta'  di  costituirsi  in udienza mediante la
 proposizione anche orale delle proprie difese e di eventuali  domande
 riconvenzionali;
     che  pertanto l'art. 645 cod. proc. civ. si porrebbe in contrasto
 con gli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  espressamente  che  l'opponente  deve  a  pena  di decadenza
 proporre   nell'atto   di   opposizione    le    eventuali    domande
 riconvenzionali;
     che   la   violazione   dei   medesimi   precetti  costituzionali
 sussisterebbe nella mancata previsione dell'avvertimento al convenuto
 e all'opponente a decreto ingiuntivo nel giudizio davanti al  giudice
 di  pace che devono proporre a pena di decadenza le eventuali domande
 riconvenzionali,  il   primo   costituendosi   entro   l'udienza   di
 comparizione  fissata  a  norma  dell'art.  316 cod. proc. civ. ed il
 secondo con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo;
     che,  a  parere   del   rimettente,   dovrebbe   dichiararsi   la
 illegittimita'   costituzionale,   per  violazione  dei  precetti  di
 eguaglianza e inviolabilita' del diritto di difesa, anche degli artt.
 638 e 641 cod.  proc.  civ.,  in  quanto  tali  norme  non  impongono
 espressamente un preciso obbligo di informazione e di istruzione alle
 parti;
     che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha
 concluso per la inammissibilita' o comunque per la infondatezza della
 questione;
     che,   ad   avviso  dell'Avvocatura,  l'esplicito  richiamo  alla
 precedente questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  311
 cod.  proc.    civ., sollevata dal medesimo giudice a quo pone le due
 questioni in rapporto di continuazione-subordinazione, si'  che,  una
 volta  decisa  la  questione  pregiudiziale  relativa  all'art.  311,
 sarebbe opportuno restituire gli atti al rimettente perche' motivi in
 ordine alla rilevanza della questione alla  luce  della  sopravvenuta
 decisione della Corte;
     che  la  questione  sarebbe  poi infondata nel merito, poiche' la
 Corte, con la sentenza n.  154  del  1997,  ha  gia'  avuto  modo  di
 chiarire  che non operano nel procedimento innanzi al giudice di pace
 le preclusioni e le decadenze che nel rito davanti al tribunale  sono
 invece  connesse  agli atti introduttivi, trattandosi di procedimento
 caratterizzato dalla massima semplificazione delle forme;
     che, con la decisione n. 110 del 1997,  la  Corte  ha  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 318 cod. proc. civ., nella
 parte in cui non prevede  che  l'atto  introduttivo  debba  contenere
 l'indicazione   della   scrittura   privata  che  l'attore  offre  in
 comunicazione,  cosi'  precisando  il  limite   di   razionalita'   e
 conformita'  a  Costituzione della scelta del legislatore a favore di
 una procedura non formale;
     che  le  questioni sollevate in relazione al giudizio monitorio e
 all'opposizione a decreto ingiuntivo non riguardano, a  parere  della
 difesa   erariale,  il  tema  della  preclusione  o  della  decadenza
 processuale, in quanto attengono alla sostanziale contestazione della
 pretesa.
   Considerato  che  il  rimettente  solleva  le  indicate   questioni
 sostenendo  che,  nel  giudizio  a  quo,    la  parte  opposta non ha
 accettato   il   contraddittorio   sulla   domanda    riconvenzionale
 dell'opponente, in quanto tardivamente proposta;
     che,   invece,   come   emerge   chiaramente   dall'ordinanza  di
 rimessione, la parte  opposta  ha  contestato  nel  merito  la  nuova
 richiesta  formulata dall'opponente dopo la costituzione, ritenendola
 estranea all'oggetto del giudizio, ma non ha in alcun  modo  eccepito
 la  decadenza dell'opponente dalla proposizione tardiva della domanda
 riconvenzionale;
     che  la  valutazione  del  giudice  rimettente  in  ordine   alla
 rilevanza  delle  questioni  e'  quindi  palesemente erronea, essendo
 contraddetta dagli atti;
     che in difetto di una espressa eccezione di parte in ordine  alla
 inammissibilita' della domanda riconvenzionale tardivamente proposta,
 la  quale  non  e'  rilevabile  d'ufficio,  le  questioni relative al
 termine di proposizione delle dette domande  risultano  sollevate  in
 modo del tutto astratto;
     che la corretta instaurazione del giudizio costituzionale postula
 l'esistenza di un effettivo e concreto rapporto di strumentalita' fra
 la  risoluzione  della  questione di legittimita' costituzionale e la
 definizione del giudizio principale, il quale rapporto,  invece,  per
 le anzidette ragioni, e' assente nella fattispecie;
     che,  pertanto,  le  questioni  devono dichiararsi manifestamente
 inammissibili.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.