IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa, iscritta al n. 1544/1997 del ruolo generale, tra Migliori Monica, residente a Bagno a Ripoli (Firenze), elettivamente domiciliata in Firenze, via Santa Reparata n. 105, presso lo studio dell'avv. Paolo Parrini, come da procura a margine dell'atto di citazione notificato, attrice; Contro Perrotta Domenico, residente in Calenzano (Firenze), via Poggio del Tesoro, n. 22, convenuto contumace. F a t t o Con atto di citazione notificato in data 11 febbraio 1997 la Migliori Monica chiedeva la condanna del convenuto al pagamento di L. 1.728.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese ed onorari di causa, per non aver pagato le rate relative agli anni 1995 e 1996 a titolo di concorso al mantenimento della figlia minorenne. Con ordinanza 3 marzo 1997 il convenuto veniva autorizzato a stare in giudizio senza ministero di difensore dopo che il Perrotta aveva dichiarato di non aver la possibilita' di pagare un legale. Essendo poi la causa stata assegnata ad altro giudice di pace, questi con ordinanza 1 dicembre 1997 revocava l'autorizzazione al convenuto, non piu' comparso a quattro udienze successive al 3 marzo 1997, a difendersi personalmente motivando che, essendo la causa di valore superiore a un milione, l'autorizzazione poteva essere concessa solamente "in considerazione della natura e della entita' della causa", secondo l'art. 82 c.p.c., mentre era stata richiesta per altro motivo. Il convenuto, pur non nominando un difensore, dopo la comunicazione della ordinanza 1 dicembre 1997, compariva, esibendo ricevute di vaglia postali e ribadendo "di non essere in grado di provvedere alla sua difesa a mezzo di un avvocato avendo gia' avuto elevate spese legali per la causa di separazione e divorzio". Indi veniva dichiarato contumace non essendo ritualmente costituito in giudizio con un difensore. Parte attrice riconosceva, poi, che le ricevute corrispondevano ai pagamenti effettuati dal convenuto a saldo di quanto richiesto con l'atto introduttivo del giudizio per cui la controversia rimaneva limitata alla richiesta di condanna del convenuto alla refusione delle spese legali del giudizio, essendo il pagamento avvenuto posteriormente alla notifica dell'atto di citazione. Precisate le conclusioni e prodotta la nota spese di parte attrice, la causa veniva trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - In base agli artt. 91 e 92 c.p.c., la parte soccombente deve pagare all'altra parte, in tutto o in parte, le spese del giudizio liquidate dal giudice, eccetto i casi in cui lo stesso ritenga vi siano gli estremi per la compensazione per l'intero. Conseguentemente la parte vittoriosa ha diritto di farsi rimborsare dalla controparte le spese per la propria difesa e quindi con queste far fronte, in tutto o in parte, alle spese sopportate, ove occorra, anche per piu' gradi di giudizio. Ma se la controparte non e' abbiente non risulta, in concreto, possibile ottenere dalla medesima la refusione delle spese disposta dal giudice. Pertanto gli artt. 91 e 92 c.p.c., non assicurano la effettiva possibilita' di pagare le proprie spese di lite con quelle poste a carico della controparte in base alla sentenza di condanna. A questo proposito si evidenzia che la legge sul gratuito patrocinio garantisce il pagamento delle spese processuali della parte ammessa al beneficio, ma non quelle al cui pagamento la stessa parte puo' essere condannata pur non avendo i mezzi economici per corrisponderle. Se non ci fosse la normativa degli artt. 91 e 92 c.p.c., tutte le parti dovrebbero preventivare a loro carico le spese del giudizio e di eventuale soccombenza, anziche' confidare nel recupero dalla controparte, organizzandosi di conseguenza (ad es. con una polizza assicurativa per le spese processuali di soccombenza, oltre che di difesa, in assenza di istituti pubblici), per assicurarsi cosi' la effettiva certezza di poter far valere in giudizio i propri diritti come attori o come convenuti, o come terzi chiamati in causa, indipendentemente dall'esito della causa. 2. - Allo stato, pertanto, la parte attrice, benche' vincente se non e' abbiente, pur non trovandosi nelle condizioni molto restrittive di aver diritto al gratuito patrocinio, puo' essere nella situazione di non poter far fronte alle spese processuali della sua difesa in giudizio, non potendo, in concreto, fare sicuro affidamento sulla refusione a carico della controparte, basandosi sul proprio buon diritto e quindi sulla liquidazione a suo favore del giudice in base agli artt. 91 e 92 c.p.c. Cio' puo' impedire l'esercizio del diritto alla difesa tecnica, garantita dall'art. 24 della Costituzione, potendosi la parte trovare nella impossibilita' di far fronte al pagamento delle spese per la sua difesa in giudizio con quelle recuperate dalla parte soccombente. Inoltre parte attrice non dotata di mezzi economici consistenti, avente o no diritto al gratuito patrocinio, puo' essere indotta a rinunciare a far valere i propri diritti in giudizio per non correre il rischio di dover rifondere, in caso di soccombenza, le spese processuali alla controparte, spesso d'importo molto consistente rispetto alle possibilita' economiche di chi ha mezzi limitati, mentre l'art. 24 della Costituzione, al primo comma, stabilisce che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". E' evidente, peraltro, che la parte attrice abbiente non ha questi problemi per cui vi e' un contrasto anche con l'uguaglianza fra tutti i cittadini garantita dall'art. 3 della Costituzione senza distinzione di condizioni personali. 3 - Anche la parte con mezzi economici limitati, che sia convenuta in giudizio, ha l'alea di una condanna al pagamento delle spese al vincitore nel caso di esito sfavorevole per il convenuto della lite dallo stesso non promossa. Cio' anche se e' stato ammesso al gratuito patrocinio e quindi vi e' stato il vaglio preventivo, in quella sede, della bonta' delle sue ragioni per resistere alla domanda attrice, oppure se ha rinunciato a difendersi con un difensore, o per non averne i mezzi (nonostante la mancanza dei requisiti per il gratuito patrocinio) o per non volere con le proprie difese aggravare le spese nel caso l'esito della causa non sia favorevole per il convenuto. Inoltre gli artt. 91 e 92 c.p.c., mettono nelle stesse condizioni di obbligati al pagamento delle spese processuali di soccombenza sia il convenuto che ha la possibilita' di effettuarlo e sia il convenuto che non ha tale possibilita'. Quindi il convenuto con limitate possibilita' economiche puo' trovarsi nella situazione di non essersi costituito in giudizio per non poter pagare un difensore e di essere poi condannato a rifondere le spese processuali della parte attrice, pur non avendo potuto pagare neppure un proprio difensore con il quale costituirsi in giudizio, mentre totalmente diversa e' la condizione del convenuto abbiente. Cio' evidenzia un contrasto con l'eguaglianza tutelata dall'art. 3 della Costituzione con la rimozione degli ostacoli che limitano di fatto l'eguaglianza dei cittadini e con il diritto alla difesa in giudizio per la tutela dei propri diritti garantito dall'art. 24 della Costituzione, perche' gli artt. 91 e 92 c.p.c., prevedono una condanna alle spese prescindendo dalle condizioni economiche del convenuto, evocato in giudizio, e dalla sua effettiva possibilita' di difesa perche', anche se vincente, non ha la certezza di poter pagare un difensore con le somme recuperate da controparte per le spese processuali. 4. - Quanto sopra ha particolare rilievo nel procedimento avanti il giudice di pace, in relazione alla competenza dello stesso nelle cause fino a 5.000.000 di valore, come nel presente giudizio, perche' le spese processuali risultano il piu' delle volte notoriamente sproporzionate rispetto al valore della causa. Questo processo ha, poi, come residuo oggetto di controversia solamente le spese processuali, in relazione alle quali la decisione va presa in base agli artt. 91 e 92 c.p.c. Infatti parte attrice insiste nella condanna del convenuto contumace alla refusione delle spese.