IL PRETORE
   Ha  emesso  la  seguente ordinanza, visti gli atti del procedimento
 penale contro Pintus Luigi, Masci  Valentino,  Masci  Mellina,  Rossi
 Santino,  Rossi  Raniero,  Imperatori  Giulia,  Poeta  Maria, Mariani
 Pietro, Poeta Eusebio e Poeta Paola imputati dei  reati  di  cui:  a)
 artt.  110  c.p., 20,   lett. C), legge n. 47/1985; b) artt. 1, 2, 4,
 13, 14, legge n. 1086/1971; c) art. 1, 1-sexies, legge  n.  431/1985;
 d) art.  734 c.p., e) artt. 633 - 639-bis c.p., art. 110 c.p.;
   Il  giudice remittente e' chiamato ad applicare, tra l'altro, l'art
 1-sexies,  legge  n.  431/1985  in  merito  al  quale   si   sospetta
 l'incostituzionalita  come  da motivazione che di seguito si esprime.
 Tanto  premesso  in  punto   di   rilevanza   sulla   non   manifesta
 infondatezza;
                             O s s e r v a
   La  previsione  di  cui  all'art.  82, quinto comma, lett. h), come
 modificato dall'art. 1 della legge n. 413/1985, nel  momento  in  cui
 sottopone a "vincolo paesaggistico" ai sensi della legge n. 1497/1939
 tutte  e indiscriminatamente "le zone gravate da usi civici e le aree
 assegnate alle Universita' Agrarie", contrasta con gli artt. 2, 9, 97
 della Costituzione e con  il  principio  del  "giusto  procedimento",
 anch'esso   di   rilevanza   costituzionale  in  quanto  strettamente
 collegato alla tutela delle situazioni dei  cittadini  nei  confronti
 dei pubblici poteri (Corte costituzionale n. 16/62).
   E'  noto  che  la Corte costituzionale con sentenza n. 151/1986) ha
 affrontato - in sede di conflitto di attribuzione - alcuni profili di
 dedotta incostituzionalita' della legge n. 431/1985.
   In tale sede la Corte nell'attribuire alle norme  il  carattere  di
 grande  riforma  economica  e  sociale  ha affermato che dalle stesse
 emerge "una nuova concezione  della  tutela  paesaggistica"  "che  si
 sostanzia  in  una  riconsiderazione  assidua  dell'intero territorio
 nazionale alla luce della primarieta del valore estetico-culturale".
   Mentre infatti, la normativa di cui alla legge n. 1497/1939 prevede
 una  "tutela  diretta ... di localita' di particolare pregio estetico
 isolatamente considerate", quella di  cui  alla  legge  n.  431/1985,
 introduce   una   tutela  improntata  a  integralita'  e  globalita',
 attraverso  la  "imposizione  del  vincolo  paesaggistico  (e  quindi
 preclusioni di sostanziali alterazioni della forma del territorio, in
 ordine  a  vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso
 individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche
 rispondenti a criteri largamente  diffusi  e  consolidati  nel  lungo
 tempo".  Se  tale e' la nuova "concezione" della tutela (alla luce di
 valori   estetico-culturali)   basata,   peraltro,   su    "tipologie
 paesistiche   ubicazionali   o  morfologiche  rispondenti  a  criteri
 largamente  diffusi  e  consolidati",  non  c'e'  chi  non  veda  cbe
 l'applicazione di tali "principi e criteri" alle "zone gravate di usi
 civici   e   alle   aree   assegnate   alle  Universita'  Agrarie"  -
 indiscriminatamente - sia  del  tutto  irragionevole  ed  incoerente,
 privo  di  giustificazione  anche  solo  teorica  e fonte di evidente
 ingiustizia e disparita' di trattamento, essendo riferibile  solo  ad
 una  caratteristica  giuridica delle aree in questione, che del tutto
 prescinde  per  la  sua  natura,   da   caratteristiche   fisiche   o
 morfologiche  o  ubicazionali  delle  aree  stesse  e  non e' affatto
 riferibile a criteri largamente diffusi e consolidati.
   Attraverso tale vincolo indiscriminato,  che  viene  a  gravare  su
 amplissimi  territori  di  proprieta' pubblica e privata (e' noto che
 l'uso civico puo' essere esercitato soprattutto su terreni  privati),
 che possono essere, come spessissimo sono, privi di qualsiasi valenza
 paesistico-ambientale, si viene, infatti:
   1.  -  A  vulnerare in modo del tutto irragionevole, il precetto di
 cui  all'art.  9  della  Costituzione  che  se   assume   il   valore
 estetico-culturale  come  primario,  sempre  comporta,  peraltro, che
 nelle forme concrete di tutela il valore stesso  sia  ragionevolmente
 individuato e preventivamente riconosciuto ed in effetti sussista, in
 relazione   a  caratteristiche  ad  esso  proprie  e  non  attraverso
 l'utilizzazione di caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche.
   Nel caso di specie, poi, il vincolo cosi imposto viene  palesemente
 a  interferire  proprio  con  l'esercizio  di  quei  diritti  la  cui
 esistenza e' assunta quale presupposto della imposizione, nonche' con
 l'esercizio di facolta' private e pubbliche di  utilizzo  delle  aree
 che vengono del tutto ingiustificatamente compresse.
   2.  -  Ne'  puo'  dimenticarsi  che  per consolidata giurisprudenza
 (Cons.  Stato n. 1351/1988 e Corte cost.  n.  56/68)  i  beni  aventi
 valore  paesistico  "costituiscono  una  categoria originariamente di
 interesse pubblico", da cui la  natura  non  ablatoria  dei  vincoli.
 Peraltro,   ove   tale  "originario  interesse  pubblico"  non  possa
 ritenersi sussistente (perche' i beni vengono individuati senza alcun
 riferimento alla loro stuttura fisica, ubicazionale e/o morfologica),
 il vincolo assume un contenuto  ablatorio  in  palese  contrasto  con
 l'art. 42 della Costituzione.
   3.  -  Tale  indiscriminato  e  irragionevole vincolo viene anche a
 porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ponendo in essere
 una  irragionevole,  arbitraria  e  non  giustificata  disparita'  di
 trattamento, tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree
 gravate  da usi civici, che vedono gravemente limitate e/o escluse le
 facolta'  di  godimento  ed  utilizzo  loro  spettanti  e  gli  altri
 cittadini,  senza  che  le  aree  soggette  a vincolo siano mai state
 oggetto  di  valutazione  e/o  accertamento  del  carattere  (assunto
 apoditticamente   ed   in   via   generale)   della   loro    valenza
 paesistico-ambientale,   ne'   in   concreto  ne'  in  riferimento  a
 caratteristiche morfologico-ubicazionali  obiettivamente  comuni  tra
 loro.
   4.  -  E', infine, vulnerato il principio del giusto procedimento e
 l'art. 97 della Costituzione, entrambi posti a tutela delle posizioni
 soggettive dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri.
   Attraverso  tale  vincolo  indiscriminato,   ed   in   assenza   di
 qualsivoglia  norma  di coordinamento e procedimentale, da un lato si
 viene ad interferire  nella  attivita'  di  gestione  delle  aree  e,
 dall'altro,   nell'esercizio   delle   facolta'   e  dei  diritti  di
 proprietari e degli utenti. Ne' puo' soccorrere, al riguardo, il gia'
 ricordato principio  della  "nuova  forma  di  tutela  improntata  ad
 integralita'  e globalita'" poiche', in ogni caso, manca a sostenerla
 - in riferimento alla categoria di beni in  oggetto  -  un  qualsiasi
 dato e/o parametro comune riferibile (anche in astratto a "caratteri"
 propri di beni aventi pregio paesistico-ambientale.
   Ulteriore  negativo  riflesso  di tale situazione e' la sostanziale
 perdita di concretezza  della  stessa  ratio  punitiva  sottesa  alle
 speciali  norme  incriminatrici  introdotte  proprio  per  assicurare
 protezione accentuata a beni e valori di particolare  considerazione.
 Conseguentemente  le  stesse norme incriminatrici solo apparentemente
 risultano rispettose del principio  di  tipicita'  inteso  nella  sua
 stretta  correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che, in
 tali eventualita', giova ribadirlo, solo  in  termini  assiomatici  e
 senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria
 astrazione,  risulta  sussistente. In questa ottica, in cui la tutela
 del valore ambientale e' affidata piuttosto  a  illusioni  repressive
 che  non  a  concreti atti della Pubblica Autorita' di individuazione
 del bene da tutelare, viene ad essere inciso lo stesso  principio  di
 ragionevolezza,  atteso  che  si  introduce un regime particolarmente
 afflittivo senza alcuna certezza che lo stesso  sia  in  rapporto  di
 sintonia con interessi effettivamente sussistenti. Di tale disarmonia
 del  sistema  e'  espressione  la  norma richiamata nella rubrica del
 presente processo, come puo'  evincersi  dalla  irragionevole  e  non
 giustificabile    maggiore   afflittivita'   della   predetta   norma
 incriminatrice, che presenta un  carattere  prevalentemente  formale,
 quale  risposta  punitiva  per  la  mancata  acquisizione  del titolo
 autorizzatorio da parte degli Enti preposti alla tutela del  vincolo,
 rispetto  alla  previsione di cui all'art. 734 c.p., che considera la
 deturpazione di  fatto  ed  in  concreto  del  bene  ambientale,  con
 evidente maggior spregio del valore paesaggistico ed ambientale.
   Ne'  puo'  pretermettersi la sospetta incostituzionalita' dell'art.
 1-sexies legge n. 431/1985, in  se'  considerato,  in  raffronto  con
 l'art.  25,  secondo  comma  della  Costituzione  per  violazione del
 principio di legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al
 riguardo non appaiono persuasive  le  precisazioni  giurisprudenziali
 che  individuano  in quella riportata dall'art. 20, lett. c) legge n.
 47/1985, fondando sull'argomento che soltanto  l'art.  20,  lett.  c)
 richiamato si riferisce a zone vincolate.
   Tale  argomentazione non incide affatto sulla problematica di fondo
 concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una
 specifica sanzione tra quelle gradatamente riportate  nell'art.    20
 richiamato  e,  da  qui,  la palese indeterminatezza della previsione
 sanzionatoria.  A  tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la
 richiamata  impostazione   giurisprudenziale,   alla   gia'   cennata
 problematica   insistente   sulla   irragionevole  concentrazione  di
 previsioni  sanzionatorie  distinte  per  un  medesimo  fatto   e   a
 salvaguardia dello stesso interesse.