IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato nella pubblica udienza del 7 ottobre 1998 la seguente ordinanza nel procedimento a carico di Bua Michel, nato a Gosselies (Hainaut - Belgio) il 5 marzo 1960, ed elettivamente domiciliato ex art. 169 c.p.p., presso lo studio dell'avv. G. M. Balduin; libero, censurato, contumace, imputato di diserzione (art. 148, c.p.m.p.) perche', perdurava nella arbitraria assenza anche posteriormente alla sentenza di condanna del tribunale militare di Padova del 4 maggio 1993 e fino a tutt'oggi. Rilevato che il reato per cui si procede nei confronti di Bua Michel costituisce la prosecuzione di quello di medesima natura per cui lo stesso venne gia' giudicato e condannato dal tribunale militare di Padova con sentenza del 4 maggio 1993, irrevocabile il 7 giugno 1993, nonche' di quello precedentemente giudicato dalla Corte militare di appello sez. di Verona, con sentenza del 14 gennaio 1993, irrevocabile l'8 febbraio 1993. Ritenuto che e' rilevante, nel presente giudizio, verificare se quanto disposto dall'art. 14, quinto comma, della legge 230/1998 sia costituzionalmente illegittimo dal momento che, risultando contestato all'imputato, disertore, un rifiuto immotivato deducibile anche dalla durata ultra decennale dell'assenza al servizio di leva, per la quale lo stesso ha gia' subito precedenti condanne, la diversa disciplina applicabile, quella cioe' di cui al secondo o quella di cui al quinto comma dell'art. 14 citato, comportando la diversa riconducibilita' dell'esonero dal servizio alla condanna o alla esecuzione della pena, incide sulla sussistenza o meno del fatto di reato oggi contestato; Considerato che le parti hanno cosi' concluso: il p.m. chiedendo che venga sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, quinto comma, della legge n. 230/1998 e la difesa associandosi a tali richieste, il tribunale osserva quanto segue. Il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale della norma in relazione al secondo comma della medesima disposizione per contrasto con l'art. 3 della Costituzione sollevata dal p.m. non sia manifestamente infondata nei seguenti termini. Preliminarmente occorre considerare che nel caso de quo, risulterebbe applicabile la disciplina di cui all'art. 14, quinto comma, della legge 8 luglio 1998, n. 230 che prevede l'esonero dal servizio di leva per coloro che abbiano espiato una pena per un periodo complessivamente non inferiore alla durata del servizio di leva, avendolo rifiutato, prima o dopo l'assunzione, per motivi diversi da quelli di coscienza o senza addurre alcun motivo. In merito, anche al fine di meglio ritenere l'applicabilita' ditale disciplina al caso di specie, appaiono opportuni alcuni riferimenti al principi indicati dalla Corte costituzionale con le sentenza numeri 343/1993; e 43/1997. Con la prima sentenza la Corte dichiaro' la illegittimita' costituzionale dell'art. 8, terzo comma, della legge n. 772/1972, in connessione con l'art. 148 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede l'esonero dalla prestazione del servizio militare di leva a favore di coloro che, avendo rifiutato totalmente in tempo di pace la prestazione del servizio stesso senza aver addotto motivi diversi da quelli di coscienza o senza aver addotto alcun motivo, abbiano espiato per quel comportamento la pena di misura non inferiore alla durata del servizio di leva. A tale conclusione la Corte giungeva in virtu' di quanto gia' dichiarato nella sentenza n. 409 del 1991 osservando che ... "l'eccessiva sproporzione del trattamento sanzionatorio dei reati di rifiuto del servizio militare diversi da quello disciplinato nell'art. 8, comma 2, della legge n. 772 del 1972 deriva dal fatto che la clausola di esonero prevista dal comma 3 del ricordato art. 8 costituisce una sorta di garanzia della proporzionalita' della pena nel senso che, in mancanza della stessa di fronte alla manifestazione di un rifiuto totale del servizio di leva, la sanzione penale, pur determinata nella stessa misura edittale stabilita per il reato di cui all'art. 8 e' destinata ad applicazioni reiterate fino all'esaurimento del correlativo obbligo di leva". Cosi' la Corte ribadiva che l'esonero previsto a seguito della esecuzione della pena, costituisce l'unica soluzione adottabile dal legislatore per evitare che lo stesso imputato subisca una pluralita' di condanne nel caso di perdurante assenza dal reparto. Peraltro, il giudice delle leggi si esprimeva in tal senso anche con la sentenza n. 422 del 1993 con cui, oltre ad affermare che l'esonero consegue alla esecuzione della pena anche nel caso di rifiuto immotivato realizzatosi "dopo" la assunzione del servizio, chiariva che la sentenza n. 343 del 1993 "... ha evidentemente una portata generale nel senso che estende i suoi effetti a tutti i militari imputati di reati comportanti forme di rifiuto del servizio militare che si vengano a trovare assoggettati alla spirale delle condanne". In definitiva la Corte costituzionale con le indicate sentenze individuava, nella condotta di colui che, con l'adduzione di motivi diversi o senza alcuna motivazione, omette di svolgere il servizio di leva, un rifiuto sostanziale. Inquadrando entrambe le ipotesi, rifiuto per motivi di coscienza e per motivi diversi o immotivato, estendeva la disciplina dell'esonero, seppure solo a seguito della espiazione della pena, a tutte le ipotesi di rifiuto del servizio di leva diverse da quelle di cui all'art. 8 citato, anche se concretizzatosi dopo l'assunzione del servizio, come nel caso del disertore, in virtu' della esigenza di evitare una serie di condanne cosi' lunga e pesante che distrugga "la sua intima personalita' umana e la speranza di una vita normale" (Corte cost. sent. n. 467 del 1991). Con la seconda sentenza la Consulta, nel dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo e terzo comma, della legge n. 772/1972 nella parte in cui non esclude la possibilita' di piu' di una condanna per il reato di chi al di fuori dei casi di ammissione ai benefici previsti dalla legge suddetta, rifiuta in tempo si pace prima di assumerlo il servizio militare di leva adducendo i motivi di coscienza, affermava che ... "per tener ferma la esigenza di non consentire la spirale di condanne, la Corte, non potendo negare in generale la applicabilita' degli istituti della sospensione e della estinzione della pena al reato previsto dall'art. 8, secondo comma, deve invece negare l'assolutezza della previa espiazione della pena come elemento condizionante la ragione d'essere delle norme in esame". Con tale decisione la Corte, allo specifico scopo di scongiurare la spirale di condanne a cui sarebbe sicuramente sottoposto colui che rifiuta il servizio di leva per motivi di coscienza, e persiste in tale suo atteggiamento, e onde evitare la inapplicabilita' di istituti quali la sospensione della pena e la estinzione della stessa, fa discendere l'esonero dalla prestazione dalla condanna e non dalla espiazione della pena. Ora, la nuova legge sulla obiezione di coscienza, nel riformulare la ipotesi di reato gia' prevista dall'art. 8 della legge n. 772/1972, disciplina in modo differente la fattispecie di rifiuto per motivi di coscienza, e quella di rifiuto immotivato o atipico ossia di rifiuto per motivi diversi da quelli di coscienza o effettuato senza la adduzione di motivi. Mentre nella ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 14 della indicata legge, e' previsto, per chi commette il reato di rifiuto per motivi di coscienza, l'esonero dal servizio di leva a seguito della condanna; al quinto comma, e' previsto, per coloro che rifiutano immotivatamente o adducendo motivi diversi da quelli di coscienza, l'esonero dal servizio di leva solo a seguito della espiazione della pena. Per gli elementi costitutivi e per la disciplina prevista, il secondo comma dell'articolo citato prevede la fattispecie del rifiuto del servizio di leva nei termini di cui all'abrogato art. 8, secondo comma della legge n. 230/1998, seppure riletto alla luce degli interventi della Corte costituzionale. Diversamente, il quinto comma, risulta introdotto al fine di disciplinare le ipotesi di rifiuto immotivato o atipico non espressamente previsto dalla precedente legge n. 772/1972 ma individuato dalla Corte costituzionale nelle ipotesi in cui la sua condotta omissiva dell'agente denoti, seppure tacitamente, il suo rifiuto all'espletamento del servizio di leva. Argomentando da quanto assunto dalla Corte con le sentenze n. 422/1993 e n. 343 del 1993 citate si puo' individuare nella condotta del disertore, suffragata da elementi significativi ulteriori, quale anche la lunga durata della assenza, un rifiuto tacito allo svolgimento del servizio dopo averlo assunto. Tanto induce a ritenere che la fattispecie di cui all'art. 14, quinto comma, anche attesa la assenza di una specifica sanzione, non costituisca una autonoma fattispecie di reato bensi' indichi la disciplina applicabile nel caso di rifiuto ccdd. atipico in applicazione dei principi gia' indicati dalla Corte costituzionale con tali sentenze in merito ai reati di assenza. Pertanto, ai sensi dell'art. 14, 5 comma, della legge n. 230/1998 il disertore che con la sua condotta omissiva, perdurante nel tempo abbia sostanzialmente rifiutato il servizio militare, dopo averlo assunto, sia pure per motivi di varia natura o anche senza addurre alcun motivo, e' esonerato dal servizio di leva se espia una pena di durata non inferiore a quella prevista per il servizio militare. Tanto premesso, ritenuta la applicabilita' di tale disciplina alla ipotesi di diserzione, il collegio non puo' che rilevare la incongruita' di tale disposizione. Se, infatti, la funzione del quinto comma di tale norma, anche in applicazione dei principi indicati dalla Corte costituzionale con le sentenze indicate, e' quella di evitare la spirale di condanne, inevitabile nel caso in cui pur a seguito di condanna l'imputato persista nel rifiutare formalmente o sostanzialmente il servizio di leva, non si puo' che evidenziare la discrasia tra tale funzione e la concreta efficacia della norma. Infatti, subordinare l'esonero alla espiazione della pena, non esclude comunque la ulteriore sottoposizione a giudizio dell'imputato relativamente al periodo di assenza ingiustificata intercorrente tra la irrevocabilita' della prima condanna e la materiale esecuzione della stessa. Di talche' ne verrebbe vanificata la funzione ribadita piu' volte dalla Consulta assunta dallo stesso legislatore di evitare "la pressione morale continuativa della pluralita' di condanne" che non puo' non assumere rilevanza anche nella ipotesi di cui al quinto comma. D'altro canto, cosi' come formulata, la norma in questione si pone in contrasto con il principio di cui l'art. 3 della Costituzione in relazione a quanto disposto dal secondo comma della medesima norma. Cio' in quanto viene previsto un diverso trattamento per coloro che rifiutano il servizio di leva per motivi di coscienza per i quali, intervenuto l'esonero, non vi potra' essere che una sola sentenza di condanna, e coloro che rifiutano il servizio di leva per motivi diversi o senza motivi, per i quali intervenendo l'esonero solo a seguito della espiazione della pena non inferiore alla durata del servizio, ben possono esservi piu' sentenze di condanna. Tale disparita' di trattamento non appare ragionevole soprattutto qualora si consideri che il legislatore, con tale disciplina, creerebbe una sproporzione sanzionatoria complessiva tra due fattispecie, entrambe relative a manifestazioni di rifiuto del servizio di leva che, di fatto, comporterebbe, solo nella seconda ipotesi, la pressione continuativa delle reiterate condanne. D'altro canto non puo' neppure considerarsi ragionevole un diverso trattamento in relazione alla applicabilita' della sospensione della pena. Cio' in quanto colui che rifiuta adducendo motivi di coscienza potra' ottenere il beneficio di cui all'art. 163 c.p. nonche' l'esonero dagli obblighi di leva; colui che comunque rifiuta il servizio di leva, seppure per motivi diversi da quelli di coscienza o senza addurre alcun motivo, potra' usufruire solo alternativamente del beneficio della sospensione o dell'esonero atteso che, qualora la pena venga sospesa, non sara' possibile l'espiazione della pena.