IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 5540 del 1997 e
 n. 1784 del 1998 r.g.  proposti  da  Zulian  Renato  rapp.  e  difeso
 dall'avv.  Antonino  Galasso  nel  cui  studio e' eletto domicilio in
 Catania, via Crociferi n. 60;
   Contro il comune di Mascali, in persona  deI  sindaco  pro-tempore,
 non costituito in giudizio, per l'annullamento:
     a)  quanto  al ricorso n. 5540 del 1997, della nota sindacale del
 14 ottobre 1997, con la quale il comune ha negato il  rilascio  della
 concessione  edilizia  (prat.  5250) presentata dal ricorrente per la
 realizzazione di un fabbricato sito in Mascali, frazione  Fondachello
 via Spiaggia;
     b)  quanto  al  ricorso  n.  1784  del 1998, della nota sindacale
 dell'11 marzo 1998 e del verbale della  Commissione edilizia  del  26
 febbraio  1998  con  i  quali  il  comune ha negato il rilascio della
 concessione edilizia (prat. 5250) presentata dal  ricorrente  per  la
 realizzazione  di un fabbricato sito in Mascali, frazione Fondachello
 via Spiaggia;
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito  alla pubblica udienza del giorno 9 dicembre 1998 il relatore
 consigliere Vincenzo Salamone;
   Udito per la parte ricorrente l'avv. Antonino Galasso;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
                               F a t t o
   Con il gravame n. 5540 del 1997 si  espone  che  il  ricorrente  e'
 proprietario  di  un  terreno sito nel comune di Mascali, frazione di
 Fondachello, fg. 28 part. 267, ricadente in ZTO B2  ed  inserito  nel
 tessuto urbano di detta frazione.
   Per  detta  area il ricorrente ha presentato domanda di concessione
 edilizia al comune di Mascali (prat. 5250), per la  realizzazione  di
 un  edificio,  ed  ha  ottenuto i pareri favorevoli della Commissione
 edilizia in data 28 luglio 1995, dell'Ufficiale sanitario in  data  1
 dicembre  1995 e della Soprintendenza ai Beni culturali ed ambientali
 in data 2 marzo 1995.
   Senza il formale rilascio della concessione edilizia, ma a  seguito
 del  versamento della prima rata dei contributi ed oneri concessori e
 del nulla osta del Genio civile, intervenuto in data 8  agosto  1997,
 la  parte  ricorrente  invocava  la  formazione della fattispecie del
 silenzio assenso ai sensi dell'art. 2 della l. r. n. 17  del  1994  e
 con  nota  racc.  dell'11 ottobre 1997 comunicava l'inizio dei lavori
 allegando perizia giurata del progettista.
   Con la nota sindacale del 14 ottobre 1997 il comune  ha  negato  il
 rilascio  della concessione edilizia  (prat. 5250), trovandosi l'area
 nella fascia di rispetto boschiva ed inedificabile ai sensi dell'art.
 10 comma 1  della l. r. n. 16 del 1996.
   All'atto impugnato vengono mosse le seguenti censure:
     1) violazione dell'art. 2 della legge reg. 31 maggio 1994 n.   17
 in  quanto  in  ipotesi  di  formazione  del  silenzio  assenso sulla
 richiesta   di   concessione   edilizia   il   potere   che   residua
 all'Amministrazione  e'  quello dell'autoannullamento in presenza dei
 relativi presupposti normativi;
     2) azione del principio di tipicita' degli  atti  amministrativi,
 in  quanto  sarebbe  inibito  al  comune sospendere gli effetti della
 concessione edilizia;
     3) violazione dell'art. 3 della legge regionale n.  10  del  1991
 per  difetto  e  perplessita'  della  motivazione  e di istruttoria e
 violazione dei principi in materia di annullamento in autotutela;
     4) falsa applicazione dell'art. 10 della legge regionale 6 aprile
 1996 n. 16 e violazione dell'art. 15 lett. E della legge regionale 12
 giugno 1976 n. 78 sotto il profilo del  travisamento,  in  quanto  le
 aree  con  le  caratteristiche  o  con destinazione a ZZ.TT.OO. A e B
 dovreebbero  ritenersi  sottratte  alla  applicazione   del   vincolo
 predetto;
     5) violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione in quanto
 la normativa di cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale 6 aprile
 1996  n. 16, violerebbe precetti costituzionali quali il principio di
 uguaglianza ed il diritto di proprieta'.
     6) violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5  e  10  della
 legge  regionale  6  aprile  1996  n.  16,  errore sul presupposto ed
 incompetenza, in  quanto  l'imposizione  del  vincolo  presupporrebbe
 l'inclusione  dell'area negli elenchi che l'Amministrazione forestale
 e' tenuta a compilare ed in quanto l'area in questione non avrebbe le
 caratteristiche per la qualificazione come boschiva.
   Con  il  gravame  n.  1784  del  1998  vengono  impugnati  la  nota
 provvedimento dell'11 marzo 1998  ed  il  verbale  della  Commissione
 edilizia  del  26  febbraio  1998, con i quali il Comune ha negato il
 rilascio della concessione edilizia (part. 5250) e vengono dedotte le
 medesime censure mosse con il precedente gravame.
   Alla pubblica udienza del 9 dicembre 1998 la causa  e'  passata  in
 decisione.
   Con  sentenza  parziale  deliberata  alla camera di consiglio del 9
 dicembre 1998 il Collegio, previa riunione, ha rigettato i ricorsi di
 cui in epigrafe limitatamente al  primo,  secondo,  terzo,  quarto  e
 sesto  motivo  di  censura ed ha, quindi, disposto la sospensione del
 giudizio per  remissione  alla  Corte  costituzionale,  con  separata
 ordinanza,  della  questione  di costituzionalita' relativa al quinto
 motivo di censura.
   Il  Collegio  ha  ritenuto,  in  particolare,  che   non   meritano
 accoglimento   i   primi   tre   motivi   di   censura  con  i  quali
 rispettivamente si lamenta:   - violazione dell'art.  2  della  legge
 reg.  31  maggio  1994  n.  17 in quanto in ipotesi di formazione del
 silenzio assenso sulla richiesta di concessione  edilizia  il  potere
 che  residua  all'Amministrazione  e' quello dell'autoannullamento in
 presenza  dei  relativi  presupposti  normativi;  -  violazione   del
 principio  di  tipicita' degli atti amministrativi, in quanto sarebbe
 inibito al comune sospendere gli effetti della concessione  edilizia;
 -  violazione  dell'art.  3  della legge regionale n. 10 del 1991 per
 difetto  e  perplessita'  della  motivazione  e  di   istruttoria   e
 violazione  dei principi in materia di annullamento in autotutela. Le
 tre  censure  muovono  da  un  presupposto  fattuale  e   cioe'   che
 antecedentemente  all'adozione degli atti impugnati si sia formata la
 fattispecie del  silenzio  assenso  sull'istanza  di  rilascio  della
 concessione  edilizia.  L'iter  procedimentale  per il rilascio della
 concessione edilizia in questione e' antecedente il  mutamento  della
 destinazione   urbanisti  dell'area,  disposta  ope  legis  ai  sensi
 dell'art. 10 della  legge  regionale  n.  16  del  1996,  che  ne  ha
 determinato  l'inedificabilita'  assoluta. Tenuto conto che alla data
 di entrata in vigore di quest'ultima legge non  si  era  esaurito  il
 procedimento   di   rilascio  della  concessione  edilizia  in  forma
 silenziosa, sussisteva l'onere per la parte ricorrente  di  rinnovare
 la  domanda  di rilascio della concessione edilizia sulla base di una
 corretta rappresentazione della realta' (che mettesse in  luce  anche
 la  sopravvenienza  del  vincolo di inedificabilita'). Correttamente,
 pertanto,  muovendo  dal  presupposto   della   inesistenza   di   un
 provvedimento  concessorio  silenzioso,  il comune con la nota del 14
 ottobre 1997 ha negato,  nelle  more  di  una  istruttoria  volta  al
 coinvolgimento  dell'Amministrazione preposta alla tutela ambientale,
 il rilascio della concessione edilizia (prat.   5250) e con  la  nota
 dell'11  marzo  1998  (recependo  il  parere  reso  nel verbale della
 Commissione  edilizia  del  26  febbraio  1998)  ha  negato,  in  via
 definitiva, il rilascio della concessione edilizia.
   Il Collegio ha ritenuto che non merita accoglimento il sesto motivo
 di censura con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione
 degli  artt.  4,  5  e  10 della legge regionale 6 aprile 1996 n. 16,
 errore sul presupposto ed incompetenza, in quanto  l'imposizione  del
 vincolo  presupporrebbe  l'inclusione  dell'area  negli  elenchi  che
 l'Amministrazione forestale e' tenuta a compilare ed in quanto l'area
 in questione non avrebbe le  caratteristiche  per  la  qualificazione
 come   boschiva.      La   censura   attiene  all'esecutivita'  delle
 prescrizioni di cui all'art.  10 anzidetto, in assenza  di  esplicita
 disposizione  analoga  a quella effettuata dell'art. 2, comma 3 della
 citata l. r. n. 15/1991, che ha reso "direttamente ed  immediatamente
 efficaci  anche  nei confronti dei privati" i vincoli di arretramento
 di cui all'art. 15, della l.  r.  78/1976  con  la  prevalenza  degli
 stessi "sulle disposizioni degli strumenti urbanistici  generali".
   La  parte  ricorrente prospetta l'ipotesi che detta efficacia debba
 farsi  coincidere  con  la   formazione   dell'inventario   forestale
 regionale,  previsto  dall'art.  5  della  citata  l.  r. n. 16/1996,
 ovvero, in via subordinata, dall'approvazione  del  piano  regolatore
 generale contenente lo studio agricolo-forestale ex art. 3, comma 11,
 della   citata  l.     r.  n.  15/1991,  adeguato  alle  prescrizioni
 discendenti dall'applicazione degli artt. 4 e 10 della medesima legge
 n.  16/1996  (nonostante  detto  art.  3  faccia   riferimento   alle
 "prescrizioni  dell'articolo 15, lettera e), della legge regionale 12
 giugno 1976, n. 78").
   Al riguardo il Collegio ritiene che la ratio  e  la  lettera  della
 disposizione normativa di cui ai commi 1 e 2 del gia' citato art.  10
 depongono univocamente nel senso di dover ritenere efficace ope legis
 il  vincolo  di  inedificabilita' in esame, prevalendo, quindi, sulle
 previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali generali ed
 attuativi, analogamente a quanto disposto dai comma 3  dell'art.    2
 della  citata  l.  r.  n.  15/91 (secondo cui "le disposizioni di cui
 all'art. 15, primo comma, lettere a),  d) ed e) della legge regionale
 12  giugno  1976,  n.  78,.   devono   intendersi   direttamente   ed
 immediatamente   efficaci  anche  nei  confronti  dei  privati.  Esse
 prevalgono, infatti, sulle disposizioni degli  strumenti  urbanistici
 generali e dei regolamenti edilizi").
   Il  divieto  edificatorio,  infatti,  non  e' condizionato ad alcun
 adempimento preliminare e  l'eventuale  deroga  allo  stesso  divieto
 viene riferita ai "piani regolatori dei comuni", siano essi esistenti
 che  ancora  da  approvare.  La inedificabilita' quindi, e' operativa
 anche  in  assenza  di  apposito  provvedimento   amministrativo   di
 visualizzazione  del  relativo  vincolo  sugli  elaborati grafici del
 P.R.G.,  e  cio'  nonostante  che,  a  differenza  di  altri  vincoli
 (cimiteriale,  ferroviario,  stradale, dei parchi archeologici ecc.),
 per  i  quali  risulta  agevole  individuare  le  relative  fasce  di
 rispetto,  richiede  invece  un'apposita  valutazione sulla effettiva
 natura  delle  aree  boscate,  come  definite  dall'art.    4   della
 menzionata legge n. 16/96, che costituisce appunto il contenuto dello
 studio  forestale  del piano regolatore generale prescritto dall'art.
 3 della citata l. r. n. 15/91.   Detta valutazione -  che  in  attesa
 dello  studio  forestale potrebbe essere effettuata di volta in volta
 dall'Ispettorato ripartimentale delle  foreste  o  da  professionista
 abilitato  a  iniziativa  dei  privati - non avrebbe, quindi, effetto
 "costitutivo" del vincolo boschivo, bensi "dichiarativo",  in  quanto
 assumerebbe  una  funzione  "ricognitoria"  della  presenza  di  aree
 boscate aventi le caratteristiche di bosco, come definite dall'art  4
 della  legge  16 in argomento.  Osserva pur tuttavia il Collegio che,
 per gli strumenti  urbanisti  (adottati  o  approvati)  i  cui  studi
 agricolo-forestali  risultino  redatti  prima della entrata in vigore
 della piu' volte citata l. r.  n.  16/1996,  si  presenta  sempre  la
 necessita' di un riesame o di una semplice "verifica" degli stessi in
 ragione  dei  loro  contenuti,  al  fine  di  pervenire eventualmente
 all'adozione di un'apposita variante al piano regolatore generale,  e
 cio',  non tanto per dare operativita' ai vincoli di inedificabilita'
 in argomento, che agiscono, come gia' rilevato, ope legis, ma al fine
 di rendere facilmente riconoscibili i limiti dello jus aedificandi ed
 in relazione alla grave compromissione che si determina  sul  diritto
 di proprieta'.  Detta variante, infatti, seppur non abbia i caratteri
 tipici  di  quella  "urbanistica",  in  quanto  non connessa a scelte
 discrezionali, attiene comunque alle funzioni del P.R.G., stante che,
 ai sensi dell'art.   7 della legge 17 agosto  1942,  n.  1150,  detto
 piano   deve   necessariamente  indicare  i  "vincoli"  presenti  nel
 territorio comunale. Quanto alla  presenza  nell'area  di  proprieta'
 della  parte  ricorrente  dei  requisiti  che  rendono  operativa  la
 applicazione del divieto di edificazione, osserva il Collegio che, da
 adeguata istruttoria, e' stato posto in rilievo  come  la  stessa  si
 trovi  nella  fascia  di  rispetto  di  un'area boschiva impiantata a
 seguito di intervento della pubblica amministrazione e  che  possiede
 caratteristiche  di  superficie e di copertura ben maggiore di quelle
 richieste dall'art. 4 della l. r.  n.  16  del  1996.  Alla  medesima
 funzione,  meramente  dichiarativa  e  non  costitutiva,  assolve  la
 formazione  e  l'aggiornamento  dell'inventario  forestale  regionale
 previsto dall'art. 5 della l. r. n. 16 del 1996; nessuna disposizione
 del  successivo art. 10,  infatti, riconnette alla relativa redazione
 la imposizione del vincolo.
   Ugualmente infondato il Collegio ha ritenuto il  quarto  motivo  di
 gravame con il quale si lamenta falsa applicazione dell'art. 10 della
 legge  regionale  6 aprile 1996 n. 16 e violazione dell'art. 15 lett.
 E della legge regionale 12 giugno 1976 n. 78, sotto  il  profilo  del
 travisamento,  in  quanto  le  aree  con  le  caratteristiche  o  con
 destinazione a ZZ.TT.OO. A e B dovrebbero  ritenersi  sottratte  alla
 applicazione  del vincolo predetto. Il Collegio e' dell'avviso che al
 divieto di edificazione di cui all'art. 10, comma 1 della l. r. n. 16
 del 1996 debba riconoscersi portata autonoma rispetto al  vincolo  di
 inedificabilita'  previsto dall'art. 15 della l. r. 12/6/1976, n. 78;
 cio'  in  considerazione,  sia  della   coincidenza   solo   parziale
 dell'ambito  di  operativita' delle norme, sia del carattere speciale
 della disciplina contenuta nella legge n. 16 del 1996.  Va  rilevato,
 inoltre,  che  le  previsioni  del  citato  art.  10  comprendono  ed
 assorbono integralmente l'ambito di efficacia precedentemente coperto
 dalla lettera "e" dell'art. 15  della  l.  r.  78/76  (ad  accezione,
 ovviamente,  di  quanto  concerne la tutela dei parchi archeologici),
 deve,  pertanto,  ritenersi  che  la  sopravvenuta   regolamentazione
 dell'intera  materia  ha determinato effetti abrogativi rispetto alla
 ricordata corrispondente parte della lettera "e" dell'art.  15  della
 l.  r.  78/76, anche se quest'ultima disposizione non e' compresa fra
 quelle  espressamente  abrogate  dalla  l.  r.  n.  16  del  1996  ed
 elencatevi  all'articolo  86.    In  conseguenza  di  cio', i divieti
 edificatori posti dal citato art.  10 operano anche per le zone "A" e
 "B"  dei  vigenti  strumenti  urbanistici  interessati.     Meritano,
 pertanto,  di  essere  condivise  le  conclusioni  cui sono pervenuti
 l'ufficio legislativo e legale della   presidenza della  regione  con
 nota n. 5970 del 26 marzo 1997, l'Avvocatura distrettuale dello Stato
 di Palermo con parere n. 30539 del 2 dicembre 1997 ed il Consiglio di
 giustizia amministrativa con parere n. 144/98 del 21 aprile 1998.
                             D i r i t t o
    Con  riguardo  al quinto motivo di censura con il quale si lamenta
 la violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto la
 normativa di' cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale  6  aprile
 1996  n. 16 violerebbe precetti costituzionali, quali il principio di
 uguaglianza  ed  il  diritto  di  proprieta',  il  Collegio,  ritiene
 sussistere  la  rilevanza  ai fini della decisione della controversia
 (essendo stati rigettati gli altri autonomi motivi con coeva sentenza
 parziale) e la non manifesta infondatezza,  e  solleva  incidente  di
 costituzionalita'.
   La  legge  regionale  siciliana 6 aprile 1996, n. 16 contiene norme
 sul "riordino della legislazione in materia  forestale  e  di  tutela
 della  vegetazione).  Al  titolo  1  la predetta legge contiene norme
 sulla forestazione ed all'art. l dispone che "la Regione promuove  la
 valorizzazione  delle  risorse  del  settore agro-silvo-pastorale, il
 miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di montagna,
 l'incremento della superficie boscata,  della  selvicoltura  e  delle
 attivita'  connesse  a questa, la prevenzione delle cause di dissesto
 idrogeologico, la tutela degli ambienti naturali, la ricostituzione e
 il miglioramento della copertura vegetale dei terreni  marginali,  la
 fruizione sociale dei boschi anche a fini ricreativi".
   All'art.  3 la legge regionale predetta dispone che "per quanto non
 diversamente disposto, si applicano, nel territorio della Regione, le
 norme del  regio  d.-l.  30  dicembre  1923,  n.  3267  e  successive
 modifiche e integrazioni e le successive leggi statali riguardanti la
 materia forestale".
   L'art.  4  contiene  la  definizione di bosco per cui "si definisce
 bosco a tutti gli effetti di  legge  una  superficie  di  terreno  di
 estensione  non  inferiore  a  5.000  mq. in cui sono presenti piante
 forestali, arboree e/o arbustive., destinate a formazioni stabili, in
 qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo
 non inferiore al  50  per  cento.  Si  considerano  altresi'  boschi,
 sempreche' di dimensioni non inferiori a quelle di cui al comma 1, le
 formazioni   rupestri   e   ripariali,   la  bassa  ed  alta  macchia
 mediterranea., nonche' i  castagneti  anche  da  frutto  e  le  fasce
 forestali  di  larghezza  media  non  inferiore  a  25  metri. Non si
 considerano in ogni caso  boschi  i  giardini  pubblici  e  i  parchi
 urbani,  i  giardini  e  i parchi privati, le colture specializzate a
 rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite
 da specie forestali, nonche' gli impianti  destinati  prevalentemente
 alla produzione del flutto".
   L'art.  10  definisce  le  attivita' edilizie consentite nelle zone
 boschive e prescrive:
     "1) sono vietate nuove costruzioni all'interno dei boschi e delle
 fasce forestali ed entro una zona di rispetto di duecento  metri  dal
 limite esterno dei medesimi.
     2)  in  deroga  a quanto disposto dal comma 1, i piani regolatori
 dei comuni possono prevedere l'inserimento di nuove costruzioni nelle
 zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali per una  densita'
 edilizia territoriale massima di 0.30 mc/mq. Il comparto territoriale
 di  riferimento  per  il  calcolo  di  tale  densita'  e'  costituito
 esclusivamente dalla zona di rispetto.
     3)  la  deroga  di  cui  al  comma  2  e'  subordinata  al parere
 favorevole  della  Sovrintendenza  ai  beni  culturali  e  ambientali
 competente    per    territorio,   sentito   altresi'   il   Comitato
 tecnico-amministrativo  dell'AFDRS  per  i  profili  attinenti   alla
 qualita' del bosco e alla difesa idrogeologica.
     4)  i  pareri  della  Sovrintendenza,  di  cui  al  comma 3, sono
 espressi in base a direttive formulate dall'Assessore regionale per i
 beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione sentito  il
 Consiglio regionale per i beni culturali e ambientali.
     5)  all'interno  dei  parchi  naturali  la  deroga  al divieto di
 costruzione nelle zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali
 resta  consentita  nei  soli  limiti  e  con  le  procedure  di   cui
 all'articolo 25 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14.
     6) all'interno delle riserve naturali non e' consentita la deroga
 al divieto di cui al comma 1.
     7)  il  divieto di cui al comma 1 non opera per la costruzione di
 infrastrutture necessarie allo svolgimento  delle  attivita'  proprie
 dell'Amministrazione forestale.
     8)   in  deroga  al  divieto  di  cui  al  comma  1  nei  terreni
 artificialmente rimboschiti e nelle relative zone di  rispetto  resta
 salva  la  facolta'  di edificare nei limiti previsti dalla normativa
 vigente per le zone territoriali omogenee agricole.
     9) con riferimento ai  boschi  compresi  entro  i  perimetri  dei
 parchi  suburbani  ed alle relative fasce di rispetto, ferma restando
 la soggezione a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 8  agosto
 1985, n. 431, non si applicano le disposizioni di cui ai commi l e 2.
 L'edificazione all'interno di tali boschi e' tuttavia consentita solo
 per le costruzioni finalizzate alla fruizione pubblica del parco.
     10)  le  zone  di  rispetto  di  cui al comma 1 sono in ogni caso
 sottoposte di diritto al vincolo paesaggistico ai sensi  della  legge
 29 giugno 1939. n. 1497".
   Il  vincolo  di  immodificabilita'  assoluta per i terreni boschivi
 (introdotto antecedentemente con l'art. 15,  lett. E, della l. r.  n.
 78 del 1976)  e'  proprio  della  legislazione  regionale  siciliana,
 mentre,  come  e'  noto.  in ambito nazionale vige il vincolo imposto
 dalla legge n. 431 del 1985, che pone l'onere  del  preventivo  nulla
 osta ex legge n. 1497 del 1939. Ebbene, anche l'art. 1 della legge n.
 431  del  1985,  prevede  espressamente  che  "il vincolo .... non si
 applica alle zone A e B". Giova precisare che le  zone  A  e  B  (sia
 nella  normativa regionale, che in quella nazionale) sono esenti, non
 solo dai vincoli derivanti dalle zone di rispetto dei boschi,  ma  da
 qualunque vincolo derivante da zone di rispetto dal mare", da laghi e
 fiumi,  da  aree  archeologiche,  etc.,  nessuno  escluso.  In  altri
 termini, nessuna  norma  (nazionale  o  regionale)  ha  mai  previsto
 vincoli  naturalistico-ambientali  che comportino la inedificabilita'
 assoluta con riguardo alle zone A e B, nei cui confronti -  viceversa
 - sono possibili vincoli. storici,  artistici, etc.
   Riguardo  alla ratio dell'esclusione dal vincolo nelle ZZ.TT.OO.  A
 e B, la giurisprudenza ha chiarito che il legislatore ha  inteso  non
 compromettere  le  utilizzazioni  edilizie  ed  urbanistiche da tempo
 consolidatesi nei centri edificati (cfr. C.d.S. VI 19 maggio 1994, n.
 794).
   La giurisprudenza costituzionale, sin dalla nota sentenza n. 5  del
 1980,  ha  chiarito  che  lo jus aedificandi e' insito nel diritto di
 proprieta'; e cio', vale tanto piu' per le aree ricadenti nelle  zone
 A e B del territorio comunale, atteso che rispetto ad esse si e' gia'
 creata  una  rilevante  aspettativa da parte dei proprietari circa la
 potenzialita' edificatoria dei propri terreni.
   A conferma di cio' e della rilevata ratio, in forza della quale  le
 zone  A e B sono escluse dai vincoli ex legge  r. n. 78/76 e legge n.
 431/1985, la giurisprudenza ha  gia'  chiarito  che  l'esclusione  da
 vincoli  delle zone A e B non determina disparita' di trattamento fra
 i cittadini delle varie  zone,  "giacche'  essa  tiene  conto  di  un
 oggettiva  diversita'  di  situazioni"  (cfr. C.G.A. 5 maggio 1993 n.
 158).
   Al contempo si e' precisato che, in forza della propria  competenza
 esclusiva ex art. 14 dello statuto. la regione siciliana puo' dettare
 deroghe  rispetto  alle leggi statali, sempreche' tale diversita' non
 sia  arbitraria  o  irrazionale,  ma  risponda  alla  necessita'   di
 adattamento  della  disciplina  generale  alle  particolari  esigenze
 locali" (cfr.  TAR Palermo II 21 luglio 1994 n. 809).
   Cio' posto si osserva che la Corte costituzionale ha precisato  che
 le  disposizioni  della  legge  n.  431/1985 costituiscono disciplina
 qualificabile come norme fondamentali di  riforma  economico-sociale,
 pertanto ha dichiarato illegittime quelle disposizioni delle Regioni,
 anche  a  Statuto  Speciale,  che si discostavano ingiustificatamente
 dalle disposizioni nazionali, e cio' sia quando esse erano dirette in
 senso ampliativo (cfr. Corte cost. 31 marzo 1994 n. 110 e 9  dicembre
 1991,  n.  437), sia - per l'identita' di ratio - quando la normativa
 regionale  si  dirigeva  in  senso  restrittivo  rispetto  a   quella
 nazionale,    incidendo    e   comprimendo   ingiustificatamente   ed
 irrazionalmente il diritto di  proprieta'  privata  (Corte  cost.  29
 dicembre 1995, n. 529).
   In  altri  termini:  il  diritto  di proprieta' (costituzionalmente
 garantito ed implicante anche lo jus  aedificandi)  puo'  ben  essere
 degradato  dal legislatore mediante espropriazioni e/o apposizione di
 vincoli  espropriativi  o  generalizzati,  ma  in  tutti  i  casi  la
 compressione   del  diritto  di  proprieta'  deve  rispondere  ad  un
 interesse pubblico  chiaro  ed  evidente  (cfr.  T.A.R.  Lazio  I  20
 dicembre  1986  n.  2317)  o, come si esprime testualmente l'art. 42,
 comma 3, della Costituzione "per motivi di  interesse  generale";  ma
 nel caso delle zone A e B non vi puo' essere alcun interesse pubblico
 a  comprimere  il  diritto di proprieta', fino ad escludere lo stesso
 jus  aedificandi  per   tutelare   un   interesse   paesaggistico   o
 naturalistico   in   pieno  abitato  (e  peraltro  senza  nemmeno  la
 mediazione del potere  di  valutazione  degli  organi  preposti  alla
 salvaguardia dei vincoli paesaggistici); al che si aggiunge la palese
 disparita' di trattamento con il resto del territorio nazionale e con
 i  proprietari  di  aree ricadenti sempre in zone A e B, ma limitrofi
 non a boschi, bensi' a laghi, fiumi, mare, etc.
   Le ZZ.TT.OO. A e B (cosi' come definite nel decreto ministeriale n.
 1444/1968)  sono,  infatti,  zone  gia'  fortemente  urbanizzate   ed
 antropizzate,    pertanto,    l'imposizione    di   un   vincolo   di
 immodificabilita' assoluta su aree di tal  fatta  sarebbe  del  tutto
 illogico,  poiche'  non  ha  senso impedire di edificare (entro certi
 limiti compatibili con la vicinanza ad un'area vincolata) in un  area
 gia' edificata.
   Dal  che  l'illegittimita'  costituzionale di un sacrificio imposto
 alla proprieta' privata senza che vi sia alcun interesse  pubblico  a
 giustificarlo.
   In  questa  ottica.  giova  evidenziare  i  deleteri  effetti della
 predetta normativa, dato che nella fattispecie la  zona  di  rispetto
 verrebbe  a  ricomprendere  ampie  aree degli abitati di tanti comuni
 delle pendici dell'Etna, dei Nebrodi, delle Madonie, dei  Peloritani,
 degli  Iblei  (si  vedano,  ad  esempio,  le situazioni dei comuni di
 Floresta, Ucria,
  S. Domenica Vittoria sui  Nebrodi,  di  Milo,  S.  Alfio,  Nicolosi,
 sull'Etna) i cui centri urbani sono da sempre limitrofi a boschi.
   Una  rigorosa  applicazione della predetta normativa determinerebbe
 un grave pregiudizio a questi (come ad altri) centri urbani,  poiche'
 ad  ogni  edificio  demolito non potra' mai piu' essere sostituito un
 altro (casa o chiesa o caserma o municipio od ospedale ecc.), per  la
 sussistenza del vincolo di inedificabilita' che non consentirebbe mai
 di  garantire la sopravvivenza del centro urbano, che inevitabilmente
 verrebbe via via diradato ed eliminato.
   La conclusione non cambia neppure se in  sede  di  nuovo  strumento
 urbanistico  si  consentisse l'edificabilita' con l'indice dello 0,30
 mc./mq. (art. 10, comma 2); sia perche' questa scelta e' frutto di un
 potere discrezionale e. non un obbligo dell'Amm.ne, sia  perche'  con
 un  tale  indice  (estremamente  ridotto)  non si potrebbe certamente
 garantire la sopravvivenza dell'abitato  i  cui  indici  di  cubatura
 siano attualmente di gran lunga maggiori.
   In questi comuni l'applicazione della normativa di cui all'art.  10
 della  l.  r.  n.  16 del 1996 comporterebbe   un grave degrado ed un
 pregiudizio  allo  sviluppo  di   antichi   agglomerati   urbani,   e
 l'impossibilita' di realizzare anche solo opere pubbliche all'interno
 dell'abitato  esistente  che  dovranno,  pertanto,  essere realizzati
 all'esterno dell'abitato.
   Sussistono, pertanto, i presupposti per ritenere la  non  manifesta
 infondatezza  di  illegittimita' costituzionale di una normativa che,
 contrariamente a quanto avviene in  tutto  il  resto  del  territorio
 nazionale  e  a quanto e' previsto per tutti gli altri vincoli, ha la
 potenzialita' per determinare il degrado dei centri  abitati  per  la
 tutela  aree  boschive  (spesso  di formazione successiva), garantita
 gia' dall'ordinamento con misure  limitative  dello  jus  aedificandi
 meno  penalizzanti  e, certamente, piu' compatibili nel bilanciamento
 di interessi di pari valenza costituzionale.
   Tali preoccupazioni,  peraltro,  sono  state  pienamente  condivise
 dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Palermo con il parere n.
 30539 del 2 dicembre 1997 e dall'Ass.to territorio  ed  ambiente,  il
 quale,  con  la  nota  26.2.1998 n. 65, ha aggiunto ulteriori gravi e
 rilevanti considerazioni, che conducono  anch'esse,  per  altre  vie,
 all'incostituzionalita' delle norme predette. Se lo scopo della norma
 e'  quello  di  creare  una ampia fascia di rispetto come argine alle
 nuove ipotesi edificatorie degli strumenti urbanistici, tale scopo e'
 adattabile alle zone di espansione dell'abitato e non gia'  a  quelle
 gia'   edificate,  quali  sono  le  zone  A  e  B,  dato  che  nessun
 apprezzabile vantaggio alla tutela dei boschi puo' infatti comportare
 l'inedificabilita' di ambiti urbani storicamente edificati.
   Il Collegio, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge  11  marzo
 1953  n.  87,  ritiene  rilevante e non manifestamente infondata, nei
 termini di cui in  motivazione,  la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  10,  commi 1 e 2, della legge regionale siciliana 6 aprile
 1996  n.  16 per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione
 nella parte in cui trova applicazione anche alle zone A e  B  (o  con
 caratteristiche equiparabili) dei Piani regolatori generali.