IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 898 del 1998
 r.g., proposto da Lazzara Domenico, rappresentato e difeso  dall'avv.
 Antonino  Galasso  nel  cui  studio  e'  elettivamente domiciliato in
 Catania, via Crociferi n. 60;
   Contro la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Catania
 in persona del soprintendente pro-tempore, rappresentato e difeso ope
 legis  dall'Avvocatura   distrettuale   dello   Stato   di   Catania,
 domiciliataria;  per l'annullamento della nota del 29 agosto 1997, n.
 5400/1997  della  Soprintendenza  di  diniego di nulla osta ex art. 7
 della legge n.  1497 del 1939 per l'edificazione di  un  edificio  in
 contrada Fondachello di Mascali;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 resistente;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito alla pubblica udienza del giorno 9 dicembre 1998 il  relatore
 Consigliere Vincenzo Salamone;
   Uditi  per  la  parte  ricorrente  l'avv.  Antonino  Galasso  e per
 l'Amministrazione resistente l'avvocato dello Stato Angela Palazzo;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  il  gravame  introduttivo  del  giudizio  si  espone  che   il
 ricorrente  e' proprietario di un terreno sito nel comune di Mascali,
 frazione di Fondachello, fg. 37, part.  203,  ricadente  in  zona  di
 completamento (e pertanto con le caratteristiche della zona B), anche
 se  ancora  classificata  C2,  del  vigente  strumento urbanistico di
 Mascali.
   Per detta area  lo  stesso  ricorrente  ha  presentato  domanda  di
 concessione   edilizia   al   comune  di  Mascali  (prat.  117/1996),
 prevedendo  la   demolizione   del   preesistente   edificio   e   la
 realizzazione  -  in  sostituzione  -  di  un  nuovo  edificio, ed ha
 ottenuto il parere favorevole della Commissione edilizia.
   Con la nota del 29 agosto 1997, n. 5400/1997 la  Soprintendenza  ha
 disposto  il  diniego di nulla osta ex art. 7 della legge n. 1497 del
 1939 per la realizzazione dell'edificio, in applicazione della  legge
 regionale n. 16 del 1996 (artt. 4 e 10), ritenendo sussistere un area
 di  rispetto  di  200  mt. da una fascia forestale esistente lungo la
 spiaggia di Fondachello.
   All'atto impugnato vengono mosse le seguenti censure:
     1) violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5  e  10  della
 legge  regionale  6  aprile  1996,  n.  16, errore sul presupposto ed
 incompetenza, in  quanto  l'imposizione  del  vincolo  presupporrebbe
 l'inclusione  dell'area negli elenchi che l'Amministrazione forestale
 e' tenuta a compilare ed in quanto l'area in questione non avrebbe le
 caratteristiche per la qualificazione come boschiva;
     2) falsa applicazione dell'art. 10 della legge regionale 6 aprile
 1996, n. 16 e violazione dell'art. 15, lett. E della legge  regionale
 12 giugno 1976, n. 78 sotto il profilo del travisanento, in quanto le
 aree  con  le  caratteristiche  o  con destinazione a ZZ.TT.OO. A e B
 dovrebbero  ritenersi  sottratte  alla   applicazione   del   vincolo
 predetto;
     3) violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione in quanto
 la normativa di cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale 6 aprile
 1996, n. 16, violerebbe precetti costituzionali quali il principio di
 uguaglianza ed il diritto di proprieta'.
   La  Soprintendenza  ai beni culturali ed ambientali di Catania, nel
 costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame.
   Con sentenza parziale deliberata alla camera  di  consiglio  del  9
 dicembre  1998 il Collegio ha rigettato il ricorso di cui in epigrafe
 limitatamente al primo e secondo motivo  di  censura;  ed  ha  quindi
 disposto  la  sospensione  del  giudizio  per  remissione  alla Corte
 costituzionale,   con   separata   ordinanza,   della   questione  di
 costituzionalita' relativa al terzo motivo di censura.
   Il Collegio ha ritenuto che non merita accoglimento il primo motivo
 di censura con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione
 degli artt. 4, 5 e 10 della legge regionale 6  aprile  1996,  n.  16,
 errore  sul  presupposto ed incompetenza, in quanto l'imposizione del
 vincolo  presupporrebbe  l'inclusione  dell'area  negli  elenchi  che
 l'Amministrazione forestale e' tenuta a compilare ed in quanto l'area
 in  questione  non  avrebbe  le caratteristiche per la qualificazione
 come boschiva.
   La censura  attiene  all'esecutivita'  delle  prescrizioni  di  cui
 all'art.   10 anzidetto, in assenza di esplicita disposizione analoga
 a quella effettuata dell'art. 2,  comma  3  della  citata  l.  r.  n.
 15/1991,  che  ha reso "direttamente ed immediatamente efficaci anche
 nei confronti dei privati" i vincoli di arretramento di cui  all'art.
 15,  della  l.  r.  n.  78/76  con  la prevalenza degli stessi "sulle
 disposizioni degli strumenti urbanistici generali".
   La parte ricorrente prospetta l'ipotesi che detta  efficacia  debba
 farsi   coincidere   con   la  formazione  dell'inventario  forestale
 regionale, previsto dall'art.  5  della  citata  l.  r.  n.  16/1996,
 ovvero,  in  via  subordinata, dall'approvazione del piano regolatore
 generale contenente lo studio agricolo-forestale ex art. 3, comma  11
 della   citata  l.     r.  n.  15/1991,  adeguato  alle  prescrizioni
 discendenti dall'applicazione degli artt. 4 e 10 della medesima legge
 n.  16/1996  (nonostante  detto  art.  3  faccia   riferimento   alle
 "prescrizioni  dell'articolo 15, lettera e), della legge regionale 12
 giugno 1976, n. 78").
   Al riguardo il Collegio ritiene che la ratio  e  la  lettera  della
 disposizione normativa di cui ai commi 1 e 2 del gia' citato art.  10
 depongono univocamente nel senso di dover ritenere efficace ope legis
 il  vincolo  di  inedificabilita'  di che trattasi, prevalendo quindi
 sulle  previsioni  contenute  negli  strumenti  urbanistici  comunali
 generali  ed  attuativi,  analogamente a quanto disposto dal comma 3,
 dell'art.  2  della  citata  l.  r.  n.  15/1991  (secondo  cui   "le
 disposizioni  di  cui  all'art. 15, primo comma, lettere a), d) ed e)
 della legge regionale  12  giugno  1976,  n.  78,  devono  intendersi
 direttamente  ed  immediatamente  efficaci  anche  nei  confronti dei
 privati. Esse prevalgono, infatti, sulle disposizioni degli strumenti
 urbanistici generali e dei regolamenti edilizi").
   Il divieto edificatorio, infatti,  non  e'  condizionato  ad  alcun
 adempimento  preliminare  e  l'eventuale  deroga  allo stesso divieto
 viene riferita ai "piani regolatori dei comuni", siano essi esistenti
 che ancora da approvare.
   La inedificabilita'  quindi,  e'  operativa  anche  in  assenza  di
 apposito provvedimento amministrativo di visualizzazione del relativo
 vincolo  sugli elaborati grafici del P.R.G., e cio' nonostante che, a
 differenza di altri vincoli (cimiteriale, ferroviario, stradale,  dei
 parchi archeologici ecc.), per i quali risulta agevole individuare le
 relative  fasce  di  rispetto, richiede un'apposita valutazione sulla
 effettiva natura delle aree boscate, come definite dall'art. 4  della
 menzionata  legge  n.  16/1996,  che costituisce appunto il contenuto
 dello studio  forestale  del  piano  regolatore  generale  prescritto
 dall'art. 3 della citata l. r. n. 15/1991. Detta valutazione - che in
 attesa  dello studio forestale potrebbe essere effettuata di volta in
 volta   dall'Ispettorato   ripartimentale   delle   foreste   o    da
 professionista  abilitato  a  iniziativa  dei  privati - non avrebbe,
 quindi   effetto   "costitutivo"   del   vincolo   boschivo,   bensi'
 "dichiarativo",  in  quanto  assumerebbe  una funzione "ricognitoria"
 della presenza di aree boscate aventi le  caratteristiche  di  bosco,
 come definite dall'art. 4 della legge n. 16 in argomento.
   Ha  osservato,  purtuttavia,  il  Collegio  che,  per gli strumenti
 urbanisti (adottati  o  approvati)  i  cui  studi  agricolo-forestali
 risultino  redatti  prima  della  entrata  in vigore della piu' volte
 citata l. r. n. 16/1996, si  presenta  sempre  la  necessita'  di  un
 riesame o di una semplice "verifica" degli stessi in ragione dei loro
 contenuti,   al  fine  di  pervenire  eventualmente  all'adozione  di
 un'apposita variante al piano regolatore generale, e cio', non  tanto
 per  dare  operativita'  ai vincoli di inedificabilita' in argomento,
 che agiscono, come gia' rilevato, ope legis, ma al  fine  di  rendere
 facilmente  riconoscibili  i  limiti  dello  jus  aedificandi  ed  in
 relazione alla grave compromissione che si determina sul  diritto  di
 proprieta'.  Detta  variante,  infatti,  seppur non abbia i caratteri
 tipici di quella "urbanistica",  in  quanto  non  connessa  a  scelte
 discrezionali, attiene comunque alle funzioni del P.R.G., stante che,
 ai sensi dell'art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, detto piano
 deve  necessariamente  indicare  i  "vincoli" presenti nel territorio
 comunale.
   Quanto alla presenza nell'area di proprieta' della parte ricorrente
 dei requisiti che rendono operativa la applicazione  del  divieto  di
 edificazione,  ha osservato il Collegio che, da adeguata istruttoria,
 e' stato posto in rilievo come la stessa si  trovi  nella  fascia  di
 rispetto di un'area boschiva impiantata a seguito di intervento della
 pubblica amministrazione e che possiede caratteristiche di superficie
 e  di copertura ben maggiore di quelle richieste dall'art. 4 della l.
 r. n. 16 del 1996.
   Alla medesima funzione, meramente dichiarativa e  non  costitutiva,
 assolve  la  formazione  e  l'aggiornamento dell'inventario forestale
 regionale previsto dall'art. 5 della l. r. n. 16  del  1996;  nessuna
 disposizione   del  successivo  art.  10,  infatti,  riconnette  alla
 relativa redazione la imposizione del vincolo.
   Il Collegio ha  ritenuto  infondato  anche  il  secondo  motivo  di
 gravame  con  il  quale si lamenta la falsa applicazione dell'art. 10
 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16 e violazione dell'art.  15
 lett.    E  della  legge  regionale  12  giugno 1976, n. 78, sotto il
 profilo del travisamento, in quanto le aree con le caratteristiche  o
 con  destinazione  a  ZZ.TT.OO.  A e B dovrebbero ritenersi sottratte
 alla applicazione del vincolo predetto.
   Il Collegio e' dell'avviso che al divieto di  edificazione  di  cui
 all'art.  10,  comma  l della l. r. n. 16 del 1996 debba riconoscersi
 portata autonoma rispetto al  vincolo  di  inedificabilita'  previsto
 dall'art.   15   della   l.  r.  12  giugno  1976,  n.  78;  cio'  in
 considerazione, sia della coincidenza solo  parziale  dell'ambito  di
 operativita' delle norme, sia del carattere speciale della disciplina
 contenuta nella legge n. 16 del 1996.
   Il Collegio ha rilevato, inoltre, che le previsioni del citato art.
 10  comprendono  ed  assorbono  integralmente  l'ambito  di efficacia
 precedentemente coperto dalla lettera "e" dell'art. 15  della  l.  r.
 n.  78/1976  (ad  accezione, ovviamente, di quanto concerne la tutela
 dei   parchi   archeologici),   deve,   pertanto,  ritenersi  che  la
 sopravvenuta  regolamentazione  dell'intera  materia  ha  determinato
 effetti abrogativi rispetto alla ricordata corrispondente parte della
 lettera  "e"  dell'art.    15  della  l.  r.  n.  78/1976,  anche  se
 quest'ultima disposizione non e' compresa  fra  quelle  espressamente
 abrogate dalla l. r. n. 16 del 1996 ed elencatevi all'articolo 86.
   In conseguenza di cio', i divieti edificatori posti dal citato art.
 10  operano  anche  per  le  zone  "A"  e  "B"  dei vigenti strumenti
 urbanistici interessati.
   Meritano, pertanto, di essere condivise  le  conclusioni  cui  sono
 pervenuti  l'Ufficio  legislativo  e  legale  della  presidenza della
 regione con nota n. 5970 del 26 marzo 1997, l'Avvocatura distrettuale
 dello Stato di Palermo con parere n. 30539 del 2 dicembre 1997 ed  il
 Consiglio  di giustizia amininistrativa con parere n. 144/1998 del 21
 aprile 1998.
                             D i r i t t o
    Con  riguardo  al quinto motivo di censura con il quale si lamenta
 la violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto la
 normativa di' cui agli artt. 4, e 10 della legge regionale  6  aprile
 1996  n. 16 violerebbe precetti costituzionali, quali il principio di
 uguaglianza  ed  il  diritto  di  proprieta',  il  Collegio,  ritiene
 sussistere  la  rilevanza  ai fini della decisione della controversia
 (essendo stati rigettati gli altri autonomi motivi con coeva sentenza
 parziale) e la non manifesta infondatezza,  e  solleva  incidente  di
 costituzionalita'.
   La  legge  regionale  siciliana 6 aprile 1996, n. 16 contiene norme
 sul "riordino della legislazione in materia  forestale  e  di  tutela
 della  vegetazione).  Al  titolo  1  la predetta legge contiene norme
 sulla forestazione ed all'art. l dispone che "la Regione promuove  la
 valorizzazione  delle  risorse  del  settore agro-silvo-pastorale, il
 miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di montagna,
 l'incremento della superficie boscata,  della  selvicoltura  e  delle
 attivita'  connesse  a questa, la prevenzione delle cause di dissesto
 idrogeologico, la tutela degli ambienti naturali, la ricostituzione e
 il miglioramento della copertura vegetale dei terreni  marginali,  la
 fruizione sociale dei boschi anche a fini ricreativi".
   All'art.  3 la legge regionale predetta dispone che "per quanto non
 diversamente disposto, si applicano, nel territorio della Regione, le
 norme del  regio  d.-l.  30  dicembre  1923,  n.  3267  e  successive
 modifiche e integrazioni e le successive leggi statali riguardanti la
 materia forestale".
   L'art.  4  contiene  la  definizione di bosco per cui "si definisce
 bosco a tutti gli effetti di  legge  una  superficie  di  terreno  di
 estensione  non  inferiore  a  5.000  mq. in cui sono presenti piante
 forestali, arboree e/o arbustive., destinate a formazioni stabili, in
 qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo
 non inferiore al  50  per  cento.  Si  considerano  altresi'  boschi,
 sempreche' di dimensioni non inferiori a quelle di cui al comma 1, le
 formazioni   rupestri   e   ripariali,   la  bassa  ed  alta  macchia
 mediterranea., nonche' i  castagneti  anche  da  frutto  e  le  fasce
 forestali  di  larghezza  media  non  inferiore  a  25  metri. Non si
 considerano in ogni caso  boschi  i  giardini  pubblici  e  i  parchi
 urbani,  i  giardini  e  i parchi privati, le colture specializzate a
 rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite
 da specie forestali, nonche' gli impianti  destinati  prevalentemente
 alla produzione del flutto".
   L'art.  10  definisce  le  attivita' edilizie consentite nelle zone
 boschive e prescrive:
     "1) sono vietate nuove costruzioni all'interno dei boschi e delle
 fasce forestali ed entro una zona di rispetto di duecento  metri  dal
 limite esterno dei medesimi.
     2)  in  deroga  a quanto disposto dal comma 1, i piani regolatori
 dei comuni possono prevedere l'inserimento di nuove costruzioni nelle
 zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali per una  densita'
 edilizia territoriale massima di 0.30 mc/mq. Il comparto territoriale
 di  riferimento  per  il  calcolo  di  tale  densita'  e'  costituito
 esclusivamente dalla zona di rispetto.
     3)  la  deroga  di  cui  al  comma  2  e'  subordinata  al parere
 favorevole  della  Sovrintendenza  ai  beni  culturali  e  ambientali
 competente    per    territorio,   sentito   altresi'   il   Comitato
 tecnico-amministrativo  dell'AFDRS  per  i  profili  attinenti   alla
 qualita' del bosco e alla difesa idrogeologica.
     4)  i  pareri  della  Sovrintendenza,  di  cui  al  comma 3, sono
 espressi in base a direttive formulate dall'Assessore regionale per i
 beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione sentito  il
 Consiglio regionale per i beni culturali e ambientali.
     5)  all'interno  dei  parchi  naturali  la  deroga  al divieto di
 costruzione nelle zone di rispetto dei boschi e delle fasce forestali
 resta  consentita  nei  soli  limiti  e  con  le  procedure  di   cui
 all'articolo 25 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14.
     6) all'interno delle riserve naturali non e' consentita la deroga
 al divieto di cui al comma 1.
     7)  il  divieto di cui al comma 1 non opera per la costruzione di
 infrastrutture necessarie allo svolgimento  delle  attivita'  proprie
 dell'Amministrazione forestale.
     8)   in  deroga  al  divieto  di  cui  al  comma  1  nei  terreni
 artificialmente rimboschiti e nelle relative zone di  rispetto  resta
 salva  la  facolta'  di edificare nei limiti previsti dalla normativa
 vigente per le zone territoriali omogenee agricole.
     9) con riferimento ai  boschi  compresi  entro  i  perimetri  dei
 parchi  suburbani  ed alle relative fasce di rispetto, ferma restando
 la soggezione a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 8  agosto
 1985, n. 431, non si applicano le disposizioni di cui ai commi l e 2.
 L'edificazione all'interno di tali boschi e' tuttavia consentita solo
 per le costruzioni finalizzate alla fruizione pubblica del parco.
     10)  le  zone  di  rispetto  di  cui al comma 1 sono in ogni caso
 sottoposte di diritto al vincolo paesaggistico ai sensi  della  legge
 29 giugno 1939. n. 1497".
   Il  vincolo  di  immodificabilita'  assoluta per i terreni boschivi
 (introdotto antecedentemente con l'art. 15,  lett. E, della l. r.  n.
 78 del 1976)  e'  proprio  della  legislazione  regionale  siciliana,
 mentre,  come  e'  noto.  in ambito nazionale vige il vincolo imposto
 dalla legge n. 431 del 1985, che pone l'onere  del  preventivo  nulla
 osta ex legge n. 1497 del 1939. Ebbene, anche l'art. 1 della legge n.
 431  del  1985,  prevede  espressamente  che  "il vincolo .... non si
 applica alle zone A e B". Giova precisare che le  zone  A  e  B  (sia
 nella  normativa regionale, che in quella nazionale) sono esenti, non
 solo dai vincoli derivanti dalle zone di rispetto dei boschi,  ma  da
 qualunque vincolo derivante da zone di rispetto dal mare", da laghi e
 fiumi,  da  aree  archeologiche,  etc.,  nessuno  escluso.  In  altri
 termini, nessuna  norma  (nazionale  o  regionale)  ha  mai  previsto
 vincoli  naturalistico-ambientali  che comportino la inedificabilita'
 assoluta con riguardo alle zone A e B, nei cui confronti -  viceversa
 - sono possibili vincoli. storici,  artistici, etc.
   Riguardo  alla ratio dell'esclusione dal vincolo nelle ZZ.TT.OO.  A
 e B, la giurisprudenza ha chiarito che il legislatore ha  inteso  non
 compromettere  le  utilizzazioni  edilizie  ed  urbanistiche da tempo
 consolidatesi nei centri edificati (cfr. C.d.S. VI 19 maggio 1994, n.
 794).
   La giurisprudenza costituzionale, sin dalla nota sentenza n. 5  del
 1980,  ha  chiarito  che  lo jus aedificandi e' insito nel diritto di
 proprieta'; e cio', vale tanto piu' per le aree ricadenti nelle  zone
 A e B del territorio comunale, atteso che rispetto ad esse si e' gia'
 creata  una  rilevante  aspettativa da parte dei proprietari circa la
 potenzialita' edificatoria dei propri terreni.
   A conferma di cio' e della rilevata ratio, in forza della quale  le
 zone  A e B sono escluse dai vincoli ex legge  r. n. 78/76 e legge n.
 431/1985, la giurisprudenza ha  gia'  chiarito  che  l'esclusione  da
 vincoli  delle zone A e B non determina disparita' di trattamento fra
 i cittadini delle varie  zone,  "giacche'  essa  tiene  conto  di  un
 oggettiva  diversita'  di  situazioni"  (cfr. C.G.A. 5 maggio 1993 n.
 158).
   Al contempo si e' precisato che, in forza della propria  competenza
 esclusiva ex art. 14 dello statuto. la regione siciliana puo' dettare
 deroghe  rispetto  alle leggi statali, sempreche' tale diversita' non
 sia  arbitraria  o  irrazionale,  ma  risponda  alla  necessita'   di
 adattamento  della  disciplina  generale  alle  particolari  esigenze
 locali" (cfr.  TAR Palermo II 21 luglio 1994 n. 809).
   Cio' posto si osserva che la Corte costituzionale ha precisato  che
 le  disposizioni  della  legge  n.  431/1985 costituiscono disciplina
 qualificabile come norme fondamentali di  riforma  economico-sociale,
 pertanto ha dichiarato illegittime quelle disposizioni delle Regioni,
 anche  a  Statuto  Speciale,  che si discostavano ingiustificatamente
 dalle disposizioni nazionali, e cio' sia quando esse erano dirette in
 senso ampliativo (cfr. Corte cost. 31 marzo 1994 n. 110 e 9  dicembre
 1991,  n.  437), sia - per l'identita' di ratio - quando la normativa
 regionale  si  dirigeva  in  senso  restrittivo  rispetto  a   quella
 nazionale,    incidendo    e   comprimendo   ingiustificatamente   ed
 irrazionalmente il diritto di  proprieta'  privata  (Corte  cost.  29
 dicembre 1995, n. 529).
   In  altri  termini:  il  diritto  di proprieta' (costituzionalmente
 garantito ed implicante anche lo jus  aedificandi)  puo'  ben  essere
 degradato  dal legislatore mediante espropriazioni e/o apposizione di
 vincoli  espropriativi  o  generalizzati,  ma  in  tutti  i  casi  la
 compressione   del  diritto  di  proprieta'  deve  rispondere  ad  un
 interesse pubblico  chiaro  ed  evidente  (cfr.  T.A.R.  Lazio  I  20
 dicembre  1986  n.  2317)  o, come si esprime testualmente l'art. 42,
 comma 3, della Costituzione "per motivi di  interesse  generale";  ma
 nel caso delle zone A e B non vi puo' essere alcun interesse pubblico
 a  comprimere  il  diritto di proprieta', fino ad escludere lo stesso
 jus  aedificandi  per   tutelare   un   interesse   paesaggistico   o
 naturalistico   in   pieno  abitato  (e  peraltro  senza  nemmeno  la
 mediazione del potere  di  valutazione  degli  organi  preposti  alla
 salvaguardia dei vincoli paesaggistici); al che si aggiunge la palese
 disparita' di trattamento con il resto del territorio nazionale e con
 i  proprietari  di  aree ricadenti sempre in zone A e B, ma limitrofi
 non a boschi, bensi' a laghi, fiumi, mare, etc.
   Le ZZ.TT.OO. A e B (cosi' come definite nel decreto ministeriale n.
 1444/1968)  sono,  infatti,  zone  gia'  fortemente  urbanizzate   ed
 antropizzate,    pertanto,    l'imposizione    di   un   vincolo   di
 immodificabilita' assoluta su aree di tal  fatta  sarebbe  del  tutto
 illogico,  poiche'  non  ha  senso impedire di edificare (entro certi
 limiti compatibili con la vicinanza ad un'area vincolata) in un  area
 gia' edificata.
   Dal  che  l'illegittimita'  costituzionale di un sacrificio imposto
 alla proprieta' privata senza che vi sia alcun interesse  pubblico  a
 giustificarlo.
   In  questa  ottica.  giova  evidenziare  i  deleteri  effetti della
 predetta normativa, dato che nella fattispecie la  zona  di  rispetto
 verrebbe  a  ricomprendere  ampie  aree degli abitati di tanti comuni
 delle pendici dell'Etna, dei Nebrodi, delle Madonie, dei  Peloritani,
 degli  Iblei  (si  vedano,  ad  esempio,  le situazioni dei comuni di
 Floresta, Ucria,
  S. Domenica Vittoria sui  Nebrodi,  di  Milo,  S.  Alfio,  Nicolosi,
 sull'Etna) i cui centri urbani sono da sempre limitrofi a boschi.
   Una  rigorosa  applicazione della predetta normativa determinerebbe
 un grave pregiudizio a questi (come ad altri) centri urbani,  poiche'
 ad  ogni  edificio  demolito non potra' mai piu' essere sostituito un
 altro (casa o chiesa o caserma o municipio od ospedale ecc.), per  la
 sussistenza del vincolo di inedificabilita' che non consentirebbe mai
 di  garantire la sopravvivenza del centro urbano, che inevitabilmente
 verrebbe via via diradato ed eliminato.
   La conclusione non cambia neppure se in  sede  di  nuovo  strumento
 urbanistico  si  consentisse l'edificabilita' con l'indice dello 0,30
 mc./mq. (art. 10, comma 2); sia perche' questa scelta e' frutto di un
 potere discrezionale e. non un obbligo dell'Amm.ne, sia  perche'  con
 un  tale  indice  (estremamente  ridotto)  non si potrebbe certamente
 garantire la sopravvivenza dell'abitato  i  cui  indici  di  cubatura
 siano attualmente di gran lunga maggiori.
   In questi comuni l'applicazione della normativa di cui all'art.  10
 della  l.  r.  n.  16 del 1996 comporterebbe   un grave degrado ed un
 pregiudizio  allo  sviluppo  di   antichi   agglomerati   urbani,   e
 l'impossibilita' di realizzare anche solo opere pubbliche all'interno
 dell'abitato  esistente  che  dovranno,  pertanto,  essere realizzati
 all'esterno dell'abitato.
   Sussistono, pertanto, i presupposti per ritenere la  non  manifesta
 infondatezza  di  illegittimita' costituzionale di una normativa che,
 contrariamente a quanto avviene in  tutto  il  resto  del  territorio
 nazionale  e  a quanto e' previsto per tutti gli altri vincoli, ha la
 potenzialita' per determinare il degrado dei centri  abitati  per  la
 tutela  aree  boschive  (spesso  di formazione successiva), garantita
 gia' dall'ordinamento con misure  limitative  dello  jus  aedificandi
 meno  penalizzanti  e, certamente, piu' compatibili nel bilanciamento
 di interessi di pari valenza costituzionale.
   Tali preoccupazioni,  peraltro,  sono  state  pienamente  condivise
 dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Palermo con il parere n.
 30539 del 2 dicembre 1997 e dall'Ass.to territorio  ed  ambiente,  il
 quale,  con  la  nota  26.2.1998 n. 65, ha aggiunto ulteriori gravi e
 rilevanti considerazioni, che conducono  anch'esse,  per  altre  vie,
 all'incostituzionalita' delle norme predette. Se lo scopo della norma
 e'  quello  di  creare  una ampia fascia di rispetto come argine alle
 nuove ipotesi edificatorie degli strumenti urbanistici, tale scopo e'
 adattabile alle zone di espansione dell'abitato e non gia'  a  quelle
 gia'   edificate,  quali  sono  le  zone  A  e  B,  dato  che  nessun
 apprezzabile vantaggio alla tutela dei boschi puo' infatti comportare
 l'inedificabilita' di ambiti urbani storicamente edificati.
   Il Collegio, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge  11  marzo
 1953  n.  87,  ritiene  rilevante e non manifestamente infondata, nei
 termini di cui in  motivazione,  la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  10,  commi 1 e 2, della legge regionale siciliana 6 aprile
 1996  n.  16 per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione
 nella parte in cui trova applicazione anche alle zone A e  B  (o  con
 caratteristiche equiparabili) dei Piani regolatori generali.