ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sollevato, con ricorso depositato il 3 dicembre 1998 ed iscritto al n. 104 del registro ammissibilita' conflitti, dal deputato al Parlamento Vittorio Sgarbi nei confronti del Tribunale di Caltanissetta, prima sezione penale. Udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1999 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti. Ritenuto che il ricorrente, premesso d'essere membro del Parlamento, espone d'essere stato querelato per il reato di diffamazione a mezzo stampa per le opinioni espresse nel corso di una trasmissione televisiva in ordine a taluni effetti prodotti dall'"uso distorto di mezzi di diffusione di notizie"; che, secondo il ricorrente, il processo penale instaurato a suo carico per il suindicato reato vulnera le norme della Costituzione che rispettivamente garantiscono la liberta' di pensiero, l'esercizio del diritto di difesa, pongono il principio secondo il quale nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, definiscono le funzioni dei membri del Parlamento e stabiliscono che essi non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell'esercizio di dette funzioni (artt. 21, 24, 25, 67 e 68 della Costituzione); che, secondo l'istante, sussiste la "legittimazione del membro del Parlamento a richiedere il giudizio della Corte su di un conflitto ex art. 134 della Costituzione" e, quindi, egli chiede che la Corte dichiari che, "con i comportamenti denunciati, i funzionari dell'ordine di cui all'art. 104 della Costituzione, componenti il Tribunale di Caltanissetta, sezione prima penale" "hanno avviato un conflitto contro il Parlamento". Considerato che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte e' chiamata preliminarmente a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell'esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dal medesimo art. 37; che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'art. 68, primo comma, della Costituzione attribuisce alla Camera di appartenenza la potesta' di dichiarare che l'opinione espressa da un membro del Parlamento e' qualificabile come esercizio delle funzioni parlamentari e, sino a quando tale potesta' non e' esercitata, l'autorita' giudiziaria che procede e' titolare del potere di valutare incidenter tantum la sindacabilita' di detta opinione, ferma restando la facolta' del membro del Parlamento di sollecitare il riesame della valutazione operata dall'autorita' giudiziaria mediante gli ordinari mezzi di impugnazione (ex plurimis ord. n. 446 del 1998; sentenze n. 265 del 1997; n. 1150 del 1998); che, ancora secondo detto orientamento giurisprudenziale, la Corte costituzionale puo' essere chiamata ad intervenire soltanto a posteriori quando risulti una divergenza tra la valutazione della Camera di appartenenza e quella dell'autorita' giudiziaria; che, nel caso in esame, non emerge un contrasto di valutazioni tra la Camera e l'autorita' giudiziaria, in quanto dagli atti prodotti dal ricorrente non risulta una delibera della Camera dei deputati che abbia dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal ricorrente stesso e per le quali e' stato iniziato il procedimento penale in oggetto; che, conseguentemente, non puo' ritenersi vi sia materia di un conflitto, sicche' il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto del requisito oggettivo.