IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento instaurato
 nei contronti di Sgarbi Vittorio, nato a  Ferrara  l'8  maggio  1952,
 imputato  "del  delitto  p.e p. dall'art. 595, terzo comma, c.p. e 13
 legge  47/1948  per  aver,  con  dichiarazioni  rese   alle   agenzie
 giornalistiche  ANSA  ed  ag, ne ne effettuavano il lancio in data 27
 aprile 1994, offeso, anche con l'attribuzione di  fatto  determinato,
 la  reputazione  di  Caselli  Giancarlo, procuratore della Repubblica
 presso  il  tribunale  di  Palermo,   affermando   in   relazione   a
 procedimento  penale  nei  confronti  di Andreotti Giulio indagato da
 quella procura della Repubblica, di aver dato mandato ai suoi  legali
 di  denunciare  il magistrato, capo della Procura della Repubblica di
 Palermo; che ''Il processo Andreotti e'  un  processo  politico''  ed
 ancora  che avrebbe denunciato Caselli per ''truffa aggravata e abuso
 d'ufficio  per  aver  utilizzato  il  proprio  ruolo  per   un'azione
 politica''. In Roma, nella data indicata".
   Atteso  che  la  Camera  dei  Deputati con votazione avvenuta nella
 seduta del 16 settembre 1998, ha approvato la proposta  della  Giunta
 per  le  autorizzazioni  a  procedere di dichiarare che i fatti per i
 quali e'  in  corso  il  presente  procedimento  concernono  opinioni
 espresse  dal  deputato  Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni, ai
 sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione;
   Constatato  che  il   parere   espresso   dalla   Giunta   per   le
 autorizzazioni  e' stato cosi' illustrato dal relatore f.f.. on. Enzo
 Ceremigna:  "La Giunta ha esaminato il caso nella seduta del 2 luglio
 1997 procedendo anche  all'audizione  del  deputato  interessato.  La
 Giunta  ha  avuto  modo  di  rilevare  che la questione oggetto delle
 dichiarazioni dell'onorevole Sgarbi ha costituito  anche  l'argomento
 di alcune interrogazioni parlamentari.  Nel corso della sua audizione
 l'onorevole  Sgarbi ha inoltre fatto presente che le sue affermazioni
 avevano un contenuto eminentemente politico  e  non  erano  intese  a
 diffamare  la  persona  del  procuratore della Repubblica di Palermo.
 Tale e' stata anche l'opinione della Giunta, che ha  rilevato  che  i
 suddetti temi sono stati a lungo - e permangono tali anche al momento
 attuale  - al centro del dibattito politico e parlamentare, dibattito
 in ordine al quale ogni partito, ogni gruppo e anche, in  definitiva,
 ogni  singolo  parlamentare  ha  legittimamente  maturato  le proprie
 opinioni";
   Rilevato che la Camera dei deputati ha approvato,  con  voto  quasi
 unanime,  senza  discussione e senza modificazioni, la proposta della
 Giunta di dichiarare insindacabili le dichiarazioni rese nel caso  di
 specie dall'onorevole Sgarbi;
   Ritenuto  che  la  dichiarazione con la quale si attribuisce ad una
 persona la commissione di  delitti  -  accompagnata  dal  preannuncio
 dell'esercizio di un diritto-dovere (quello di denuncia) riconosciuto
 dall'ordinamento  a  tutti  i  soggetti  (un'attivita',  quindi,  non
 riconducibile alla funzione parlamentare ne' a questa connessa),  e',
 a  parere  di questo collegio, condotta esulante dall'esercizio delle
 funzioni di parlamentare (per una chiara indicazione delle  attivita'
 estranee   all'esercizio   delle   funzioni  proprie  di  membro  del
 Parlamento, tra le ultime, Cass. 16 dicembre 1997, Sgarbi);
   Considerato   che  la  dichiarazione,  diffusa,  secondo  l'assunto
 dell'accusa, dall'on. Sgarbi attraverso due  agenzie  giornalistiche,
 non   puo'  neanche  essere  ricondotta  nell'ambito  della  funzione
 parlamentare in virtu' dell'osservazione della Giunta secondo cui "la
 questione  oggetto  delle  dichiarazioni  dell'onorevole  Sgarbi   ha
 costituito     anche    l'argomento    di    alcune    interrogazioni
 parlamentari"ne' grazie all'opinione  della  stessa  Giunta  "che  ha
 rilevato  che  i  sudetti temi sono stati a lungo - e permangono tali
 anche al momento  attuale  -  al  centro  del  dibattito  politico  e
 parlamentare,  dibattito in ordine al quale ogni partito, ogni gruppo
 e anche, in definitiva, ogni singolo parlamentare  ha  legittimamente
 maturato  le  prorie  opinioni",  deve infatti, osservarsi, quanto al
 primo rilievo, che il lancio di agenzia non e'  avvenuto  sulla  base
 del  recepimento  di  una  interrogazione  parlamentare, bensi' sulla
 scorta di una mera dichiarazione resa, non in veste di  parlamentare,
 dall'on. Sgarbi; e, in ordine alla seconda valutazione espressa dalla
 Giunta,  che  su  uno  stesso argomento - benche' oggetto centrale di
 lungo, attuale e diffuso dibattito parlamentare e politico -  possono
 essere  espresse, accanto o in contrapposizione a legittime opinioni,
 dichiarazioni  astrattamente  e  potenzialmente  lesive   dell'altrui
 reputazione;
   Ritenuto   che  "l'interpretazione  autentica"  delle  affermazioni
 riportate nel capo di imputazione, fornita dall'on. Sgarbi nel  corso
 dell'audizione   ad   opera   dei   componenti   la   Giunta  per  le
 autorizzazioni  a  procedere  ("Nel   corso   della   sua   audizione
 l'onorevole  Sgarbi ha inoltre fatto presente che le sue affermazioni
 avevano un contenuto eminentemente politico  e  non  erano  intese  a
 diffamare  la  persona del procuratore della Repubblica di Palermo"),
 non riesce a scalfire la convinzione di questo collegio, secondo  cui
 una  critica  politica  non  puo'  (o,  meglio, non puo' impunemente)
 consistere  nell'attribuzione,   ad   una   persona   nominativamente
 indicata,  della  perpetrazione  di delitti, attribuzione avvenuta in
 assenza, secondo l'ipotesi accusatoria, dei canoni  della  verita'  e
 della continenza, in grado di scriminare la condotta diffamatoria;
   Considerato,  quindi,  che  la  Camera  dei  deputati  ha,  con  la
 dichiarazione di  insindacabilita',  illegittimamente  esercitato  il
 proprio  potere,  avendo  arbitrariamente valutato il presupposto del
 collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare (v.
 Corte costituzionale, sentenza 24 aprile 1996, n.  129;  sentenza  23
 luglio  1997,  n.  265;  e,  soprattutto, la sentenza con la quale la
 Consulta, nel risolvere il conflitto  insorto  tra  il  tribunale  di
 Bergamo  e  la Camera dei deputati, ha stabilito che "Non spetta alla
 camera dei deputati dichiarare l'insindacabilita', ai sensi dell'art.
 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni  espresse  da  un
 deputato  quando  non  e'  dato  ravvisare  un  collegamento  tra  le
 espressioni ad esso contestate come diffamatorie e la  sua  attivita'
 parlamentare");
   Rilevato  che  il dissenso di questo giudice ai fini della corretta
 decisione sulla imputazione mossa all'on. Sgarbi  e  a  tutela  delle
 funzioni giurisdizionali costituzionalmente garantite puo' esprimersi
 soltanto   sollecitando   il  controllo  della  Corte  costituzionale
 attraverso lo strumento dell'elevazione di conflitto di  attribuzione
 nei confronti della deliberazione della Camera dei deputati;