LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
 
    Nel procedimento promosso da Morettini Massimiliano ha emesso  la
seguente ordinanza. 
    Con  ricorso  in  data  5  luglio  2012  Morettini  Massimiliano,
proponeva  opposizione  alla  cartella  esattoriale  dell'importo  di
€ 16.531,06 rilevando  il  mancato  riconoscimento  del  credito  IVA
nonche' alcuni errori formali concernenti il medesimo atto. 
    Si costituiva l'Amministrazione  finanziaria  rilevando  come  il
ricorrente  non  avesse  preliminarmente   adito   l'istituto   della
mediazione come previsto dall'art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del  1992
cosi' come introdotto dal d.-l. n. 98 del 6  luglio  2011  conv.  con
legge n. 111 del 15 luglio 2011 e  quindi  chiedeva  che  il  ricorso
fosse dichiarato inammissibile. 
    Nel merito chiedeva rigettarsi le proposte eccezioni. 
    Osserva questa Commissione che preliminarmente deve esaminarsi la
questione di inammissibilita' del ricorso come eccepito  dall'Agenzia
delle entrate. 
    Sul punto ritiene questa  Corte  che  sussistono  seri  dubbi  di
costituzionalita'    della    norma    citata    dall'Amministrazione
finanziaria, che avrebbe riflessi immediati sull'esito del ricorso in
esame. 
    Invero  deve  osservarsi  che  l'istituto  del  reclamo  e  della
mediazione, in materia tributaria, e' stato introdotto dal  d.-l.  n.
98 del 6 luglio 2011 che e' stato convertito con legge n. 111 del  15
luglio 2011 ed esso,  a  giudizio  di  questa  Commissione,  viola  i
principi costituzionali sanciti dagli artt. 3, 24 e 25 della Carta. 
    Esaminando tale istituto si rileva che, per  le  controversie  di
valore non superiore  a  ventimila  euro,  relative  ad  atti  emessi
dall'Agenzia delle entrate, chi intende proporre  ricorso  e'  tenuto
preliminarmente a presentare reclamo e che tale reclamo e' condizione
di ammissibilita' del ricorso. Inammissibilita'  rilevabile  in  ogni
stato e grado del giudizio. 
    Orbene appare evidente che la proposizione  di  tale  reclamo  e'
obbligatorio ed impedisce al contribuente di adire immediatamente  la
giustizia tributaria ricevendone la eventuale tutela (il che come  si
vedra' in seguito avra' delle conseguenze notevoli per l'istante). 
    Tale reclamo viene esaminato da  un  organo  dell'amministrazione
che seppur diverso ed autonomo  rispetto  a  quello  che  ha  emanato
l'atto reclamabile  e'  sempre  parte  organica  dell'amministrazione
stessa. A tale organo e' demandato di accettare o meno il  reclamo  e
la eventuale richiesta di mediazione e di effettuare,  a  sua  volta,
una nuova proposta di mediazione. 
    Appare evidente come il legislatore abbia usato l'istituto  della
mediazione in modo erroneo ed illogico. 
    Infatti il diritto dell'Unione europea, richiamato dalla sentenza
della Corte delle leggi con sentenza n. 272 del 2012, fermo il  favor
dimostrato verso detto istituto, disciplina le modalita' con le quali
il procedimento puo' essere strutturato («puo' essere  avviato  dalle
parti,  suggerito  od  ordinato  da  un  organo   giurisdizionale   o
prescritto dal diritto di uno Stato membro», ai  sensi  dell'art.  3,
lettera a), della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008). 
    Talche' deve evidenziarsi  in  primo  luogo  che  l'organo  della
mediazione deve essere estraneo alle  parti,  in  sostanza  non  puo'
essere mediatore una delle parti,  anche  se  costituito  in  ufficio
autonomo. 
    Inoltre non puo' non rilevarsi  come  tale  mediazione,  sia  che
richiesta dal contribuente, sia che proposta dall'amministrazione, di
fatto,  sia  obbligatoria  e  come  tale,  in  materia  civile,  gia'
dichiarata incostituzionale, anche se per diversa ragione (eccesso di
delega) dalla Corte della Carta con la citata sentenza. 
    Deve inoltre rilevarsi che la norma impugnata prevede che decorsi
novanta giorni senza che sia notificato l'accoglimento del reclamo  o
senza che sia conclusa la mediazione, il reclamo produce gli  effetti
del ricorso e che i termini di cui all'art.  23  d.lgs.  n.  546/1992
(costituzione in giudizio del ricorrente)  decorrono  dalla  predetta
data. 
    Talche' deve dedursi che sino a quel momento il contribuente  non
puo'  adire  formalmente  la  giustizia  tributaria  con   tutte   le
conseguenze che vedremo. 
    In effetti ai sensi dell'art. 23, comma 30  del  d.-l.  6  luglio
2011 convertito  con  modificazioni  dalla  legge  n.  111  del  2011
l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia  delle  entrate  diventa
titolo esecutivo decorsi sessanta giorni senza che si sia  provveduto
al pagamento. Piu' precisamente la norma  appena  citata  prevede  il
pagamento, in caso di  «tempestiva  proposizione  del  ricorso  ed  a
titolo provvisorio» degli importi stabiliti dall'art. 15  del  d.P.R.
29 settembre 1972, n. 602. 
    Orbene questa commissione non puo' non rilevare  la  incongruenza
tra i termini previsti per il reclamo e la mediazione  e  l'immediata
esecuzione dell'avviso di accertamento. In sostanza  il  contribuente
non puo' effettuare un tempestivo ricorso,  che  si  concretizza  non
solo con la presentazione dello  stesso  all'Ufficio  impositore,  ma
anche con il deposito della copia presso la  Commissione  tributaria,
perche' deve aspettare l'esito del suo reclamo o della mediazione  ma
nel  frattempo  deve  pagare  perche'  l'avviso  di  accertamento  e'
esecutivo. 
    Ed il contribuente non puo' avvalersi nemmeno dell'istituto della
sospensione  dell'atto  previsto  dall'art.  47  d.lgs.  n.  546/1992
perche' non  ha  potuto  depositare  il  proprio  ricorso  presso  la
commissione, ricorso che comunque  sarebbe  dichiarato  inammissibile
perche' non preceduto dall'iter previsto dalla norma impugnata. 
    Ancora si deve rilevare la incostituzionalita' della citata norma
per violazione dell'art. 3 della Carta laddove prevede che il  citato
istituto del ricorso e della mediazione si applicano solo ai  tributi
imposti dall'Agenzia delle entrate e non ad altri tributi provenienti
da  altri  enti  impositori,  talche'  i  contribuenti  obbligati  al
pagamento di questi ultimi si troverebbero ad avere  maggiore  tutela
giuridica  rispetto   ad   i   contribuenti   cui   pervengono   atti
dall'Amministrazione  finanziaria  che  devono   attenersi   all'iter
procedurale  prevista  dalla   norma   di   cui   si   dubita   della
costituzionalita'. 
    Infine   non   puo'   non   rilevarsi   come    la    limitazione
dell'applicazione, sempre della citata norma, alle  controversie  che
abbiano un valore non superiore alle ventimila euro  appaia  illogica
laddove  si  ponga  mente  che  medesimi  contribuenti  solo  perche'
potrebbero essere debitori dello Stato per importi superiori  trovino
maggiore  tutela  giudiziaria,  potendo   adire   immediatamente   la
giustizia tributaria ed avvalersi, eventualmente, dell'istituto della
sospensione dell'atto impugnato.