TRIBUNALE DI BRINDISI 
                    Sezione Distaccata di Fasano 
                     in composizione monocratica 
                   in persona del Giudice Onorario 
                   Dott. Avv. Giuseppe Lanzillotta 
 
    a scioglimento della riserva che  precede  espressa  in  seno  al
processo penale R.G. 99/11 - R.G.N.R. 7667/09 a carico di N. G. e  D.
S. F. 
 
                              Osserva: 
 
    alla udienza del 21 novembre 2012, a chiusura  della  istruttoria
dibattimentale,  il   pubblico   ministero   ha   concluso   per   il
proscioglimento di entrambi gli  imputati  «per  tenuita'  del  fatto
contestato»; 
    tale precisazione di «nuovo conio» ha destato perplessita'  nelle
valutazioni di questo Giudicante il quale ha ritenuto di approfondire
la relativa questione; 
    in effetti, dal punto di vista oggettivo e sulla base della prove
raccolte in dibattimento, il fatto costituente furto contestato  agli
odierni imputati deve ritenersi di particolare tenuita'  e  di  basso
allarme sociale trattandosi di apprensione di  merce  di  modicissimo
valore (peraltro in parte regolarmente pagata) dagli scaffali  di  un
supermercato; 
    tuttavia, pur senza anticipare alcuna valutazione in ordine  alla
concreta colpevolezza o meno dei prevenuti, questo Giudicante ritiene
preliminare ad ogni ulteriore  determinazione  e  pregnante  ai  fini
della decisione del presente processo, la soluzione  della  questione
sollevata dal pubblico ministero il quale ha ribadito  l'applicazione
della  «diversa»  formula  di  proscioglimento  rispetto   a   quelle
contemplate nell'art. 529  c.p.p.  ossia,  di  veder  prosciolti  gli
imputati per speciale tenuita' del fatto alla stregua di quanto  gia'
previsto  dal  legislatore  ai  sensi  dell'art.   34   del   decreto
legislativo n. 274/2000  in  seno  alla  normativa  disciplinante  il
procedimento penale innanzi al Giudice di Pace; 
    in particolare tale ultima norma prevede che:  «Il  fatto  e'  di
particolare  tenuita'  quando,   rispetto   all'interesse   tutelato,
l'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato,  nonche'  la
sua occasionalita' e il grado  della  colpevolezza  non  giustificano
l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresi' del pregiudizio
che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle  esigenze  di
lavoro, di studio, di famiglia o di salute della  persona  sottoposta
ad indagini o dell'imputato. 2. Nel corso delle indagini preliminari,
il giudice dichiara con decreto d'archiviazione non doversi procedere
per la particolare  tenuita'  del  fatto,  solo  se  non  risulta  un
interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. 3.
Se e' stata esercitata l'azione penale, la particolare  tenuita'  del
fatto puo' essere dichiarata con sentenza solo  se  l'imputato  e  la
persona offesa non si oppongono»; 
    orbene,  tale  formula  di  proscioglimento  (solo  per  brevita'
indicata «per tenuita' del fatto») non e' contemplata  dall'art.  529
c.p.p.; ne' la previsione di cui all'art. 34 del decreto  legislativo
n. 274/2000 - applicabile solo per i procedimenti penali  incardinati
innanzi al Giudice di Pace - puo' ritenersi  estensibile  all'odierno
processo pendente innanzi il Tribunale siccome  regolato  dalle  sole
norme del codice di procedura penale; 
    in ultima analisi, questo Giudicante non  potrebbe  procedere  ad
alcun proscioglimento dei prevenuti con la speciale formula richiesta
dal pubblico ministero in assonanza e simmetria con  quanto  previsto
dall'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000  (per  tenuita'  del
fatto) in quanto detta ipotesi non ricavabile  da  alcuna  norma  del
codice di procedura penale ne', segnatamente,  dall'art.  529  stesso
codice; ne' potrebbe questo Giudicante, forzando  illegittimamente  i
principi  di   tassativita'   processuale,   estendere   ex   officio
l'applicazione dell'art.  34  del  decreto  legislativo  n.  274/2000
all'odierno processo pendente innanzi al Tribunale atteso  che,  tale
norma, pare essere stata congegnata esclusivamente  in  funzione  del
procedimento penale di competenza del Giudice di Pace; 
    tuttavia,  l'analisi  del  problema  suscita  parecchi  dubbi   e
perplessita' giuridiche in quanto si sarebbe incardinato un  processo
penale (quello pendente innanzi all'odierno  Tribunale)  in  seno  al
quale  l'imputato  (ovvero  gli  odierni  prevenuti)   possa   essere
giudicato  ed  assolto  con  formule  di  proscioglimento   «diverse»
rispetto a quelle dettate per il processo penale incardinabile  e  di
competenza del Giudice di Pace; 
    quindi, se gli  odierni  imputati  fossero  stati  giudicati  dal
Giudice di Pace avrebbero potuto usufruire di una «rosa»  di  formule
di proscioglimento piu' ampie rispetto a  quelle  che,  ex  art.  529
c.p.p, vengono ritenute  applicabili  (anche  per  giurisprudenza  di
legittimita' costante) in  seno  ai  processi  celebrati  innanzi  al
Tribunale; 
    anzi, volendo essere piu' dettagliati, la  ulteriore  formula  di
proscioglimento prevista  ex  art.  34  del  decreto  legislativo  n.
274/2000 «per  tenuita'  del  fatto»  applicabile  esclusivamente  ai
giudizi penali pendenti innanzi al Giudice di Pace non e' contemplata
(ne'   appare   contemplabile   sulla    base    di    una    lettura
costituzionalmente orientata della  medesima  disposizione)  in  seno
all'art. 529 c.p.p. e, quindi, non risulta richiamabile dal Tribunale
quale ulteriore formula di proscioglimento per i procedimenti  penali
pendenti in questa ultima sede, quale quella per cui si procede; 
    peraltro, non potrebbe nemmeno  sostenersi  la  tesi  secondo  la
quale la formula di proscioglimento dettata ex art.  34  del  decreto
legislativo n. 274/2000 per i procedimenti penali pendenti innanzi al
Giudice di Pace sia stata modellata specificatamente in relazione  ai
reati «bagatellari» di competenza di tale ufficio  in  quanto,  detta
formula «sostanzialmente  assolutoria»  fa  riferimento  alla  natura
ontologia ed intrinseca della «tenuita' del fatto» e come tale il suo
utilizzo pare ipotizzabile per qualunque tipologia di reato (sia  che
si tratti a titolo di esempio di lesioni colpose  di  competenza  del
Giudice di Pace penale; sia che si tratti di furto di  competenza del
Tribunale - come nel caso che ci occupa -); 
    peraltro, la valutazione in ordine alla oggettiva  «tenuita'  del
fatto» complessivamente intesa in relazione al  caso  concreto  (allo
stesso modo  dei  parametri  attualmente  utilizzati  dalla  corrente
giurisprudenza per la concessione della attenuante comuni ex art.  61
c.p.  n.  4  di  medesima  matrice)  spetta  al  Giudicante  che,  in
definitiva, sul punto  svolge  un  insostituibile  ruolo  di  equita'
sociale e di giustizia sostanziale; 
    infatti anche il Tribunale nell'ambito della sua  valutazione  di
merito (allo stesso modo del Giudice di Pace!) ove  potesse  svolgere
tale valutazione esistendone i presupposti di legge, garantirebbe  la
conformita' del fatto come  storicamente  accertato  in  dibattimento
alla previsione astratta di proscioglimento  richiamata  odiernamente
dal Pubblico Ministero ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000
(solo per brevita': tenuita' del fatto) tenendo conto degli  elementi
comparativi richiesti dalla medesima disposizione  quali  l'interesse
tutelato, l'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, la
sua occasionalita' e il grado  della  colpevolezza  nonche',  tenendo
conto il pregiudizio che  l'ulteriore  corso  del  procedimento  puo'
recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia  o  di  salute
dell'imputato; 
    pertanto, tale mancata previsione ovvero, la  mancata  previsione
in seno all'art. 529 c.p.p. della medesima formula di proscioglimento
prevista  dall'art.  34  legge  n.  274/2000  (quest'ultima   dettata
ingiustificatamente e arbitrariamente per i soli procedimenti  penali
di competenza del Giudice di Pace) costituisce un  vulnus  di  natura
sostanziale e  processuale  rispetto  al  sistema  costituzionale  di
garanzie apprestate in favore del cittadino e dell'imputato in seno a
qualunque processo penale (sia esso di competenza del Giudice di Pace
che del Tribunale); 
    infatti, tale disparita' di trattamento  non  sarebbe  altrimenti
giustificabile, ne' spiegabile alla luce dei parametri  di  cui  agli
artt. 2 Cost. (dignita' sociale) e 3  Cost.  (uguaglianza  formale  e
sostanziale) nella misura in cui si' continuino a trattare in maniera
diseguale e disomogenea  (nella  vigenza  dell'art.  34  del  decreto
legislativo n. 274/2000 ed  in  assenza  della  specifica  previsione
della formula di proscioglimento  per  tenuita'  del  fatto  in  seno
all'art. 529 c.p.p.) situazioni ontologicamente equali (non a caso la
tenuita' del fatto puo' sussistere per qualunque tipologia di reato e
quindi  per  qualunque  imputato  sulla  base  di   una   valutazione
prognostica svolta dal Giudice procedente); 
    tale  trattamento   diseguale   e   disomogeneo   di   situazione
ontologicamente eguali trova il suo  unico  ed  ingiusto  spartiacque
nella  diversita'  della  competenza  giurisdizionale  del   relativo
procedimento penale attribuita capziosamente dal legislatore  ovvero,
se rientrante nella sfera di attrazione dell'ufficio del  Giudice  di
Pace o del Tribunale; 
    quindi, l'imputato citato a giudizio innanzi al Giudice  di  Pace
ad oggi beneficia di una ulteriore  formula  di  proscioglimento  (ex
art. 34 legge 274/2000)  rispetto  al  «diverso»  imputato  citato  a
giudizio innanzi al Tribunale il quale, rispetto al primo,  oltre  ad
essere trattato in maniera  ingiustificatamente  iniqua  e  diseguale
secondo un  incomprensibile  e  differente  criterio  di  valutazione
legislativa  della  «dignita'  umana»,  vedrebbe  anche  limitati   e
compressi le sue garanzie e il suo diritto di difesa; 
    infatti, anche sotto  tale  ultimo  profilo  appare  evidente  il
sospetto di costituzionalita' della norma ex art.  529  c.p.p.  nella
sua odierna formulazione in relazione all'art. 24 Cost.  (diritto  di
difesa) in quanto il prevenuto vedrebbe ristretto  l'esercizio  e  la
spendita del  diritto  di  difesa  (rispetto  all'ipotetico  imputato
citato a giudizio innanzi al Giudice di pace) non potendo  approntare
la sua strategia difensiva in relazione all'obiettivo processuale  di
riuscire a dimostrare a mezzo  della  istruttoria  dibattimentale  la
irrisorieta' dei fatti per i quali  e'  stato  tratto  a  giudizio  e
quindi,   di   poter   usufruire   della   «ulteriore»   formula   di
proscioglimento «per tenuita' del fatto» e  tutto  cio',  in  ragione
della mancata previsione normativa di tale  formula  assolutoria  (di
contro prevista ex art. 34 del decreto  legislativo  n.  234/2000  ed
applicabile al procedimento innanzi il Giudice di Pace penale); 
    peraltro, la  disparita'  di  trattamento  e  la  violazione  del
diritto di difesa dell'imputato sulla base della sola diversita' (per
competenza) del Giudice procedente  (Giudice  di  Pace  o  Tribunale)
riverbera effetti e dubbi di compatibilita' costituzionale  anche  in
relazione all'art. 111 Cost. (giusto processo); 
    infatti, non sarebbe comprensibile la ragione  per  la  quale  il
legislatore  abbia  potuto  considerare   «piu'   giusto»   o   «piu'
favorevole» il processo penale di  competenza  del  Giudice  di  Pace
rispetto a quello di competenza del Tribunale  tanto  da  individuare
solo nella prima Sede altre formule di proscioglimento, quali  quella
della quale  il  pubblico  ministero  ha  chiesto  applicazione  agli
odierni prevenuti (ex art. 34 Legge 374/2000); 
    l'incremento delle tutele e delle  garanzie  per  l'imputato  nel
solo procedimento penale instaurato innanzi al  Giudice  di  Pace  ha
chiaramente modificato gli ordinari  equilibri  della  parita'  delle
parti e «delle armi»  (favorendo  l'imputato  in  tale  sede)  e  nel
contempo, ha determinato una ingiustificata asimmetria ed  un  impari
trattamento processuale del  medesimo  ipotetico  imputato  tratto  a
giudizio innanzi al Tribunale e giudicabile sulla base  delle  «sole»
norme del  codice  di  rito  con  evidente  ulteriore  contrasto  del
parametro ex  art.  111  Cost  e  della  giurisprudenza  C.E.D.U.  in
materia; 
    in definitiva, la  mancata  previsione  in  seno  al  codice  del
processo penale e segnatamente, all'art. 529 c.p.p di una formula  di
proscioglimento «per tenuita' del  fatto»  simmetrica  ed  analoga  a
quella contemplata ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 per
il solo procedimento penale di competenza del Giudice di  Pace,  deve
ritenersi costituzionalmente  censurabile  per  violazione  dell'art.
2-3-24-111 Cost.; 
    sicche',  per  i  motivi  innanzi  illustrati,   considerata   la
rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 529 c.p.p. nella parte  in  cui
non prevede la formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto» in
maniera simmetrica a quanto gia' previsto dall'art.  34  del  decreto
legislativo n. 274/2000 per i soli procedimenti penali di  competenza
del Giudice di Pace, questo Tribunale ritiene di dover  rimettere  la
suddetta  questione  innanzi  la  Corte  Costituzionale,  dalla   cui
pronuncia dipende la pregiudiziale risoluzione del caso di  specie  e
la definizione del giudizio penale pendente a  carico  degli  odierni
imputati.