La Commissione Tributaria Provinciale di Padova - Sezione 07 
 
    Riunita con l'intervento dei Signori: 
      Abate Francesco Presidente; 
      Albertin Pietro Relatore; 
      Barbieri Enzo. 
    Ha emesso la seguente ordinanza: sul ricorso n. 81/00  depositato
il 12/01/2000 - avverso avviso diniego rimborso IRPEG 1998. 
    Contro Agenzia Entrate Ufficio Padova 1. 
    Proposto dal ricorrente: Azienda Padova Servizi S.p.a., via Carlo
Cassan n. 9 - 35121 Padova (PD) difeso da: avv. Francesco Moschetti e
dott. Michele Tiengo Passeggiata del Carmine  n.  2  -  35100  Padova
(PD). 
    In data 30/6/1999 il Dott.  Maurizio  Malagoli,  in  qualita'  di
procuratore della societa' Azienda Padova Servizi S.p.A.,  presentava
istanza di rimborso delle ritenute subite, ex art. 26,  quarto  comma
D.P.R. n. 600/73, sugli interessi bancari  e  postali  spettanti  nel
corso del 1998, dalle aziende speciali  AMAG,  AMNIUP  ed  ACAP,  per
complessive £. 96.459.575 oltre ad interessi come per legge. 
    In data 4/11/1999 alla predetta societa'  perveniva  la  nota  n.
99/25027 con la quale l'Ufficio delle Entrate di  Padova 1  esprimeva
parere negativo all'istanza di rimborso. 
    Contro  l'atto  di  diniego  al  rimborso  ha  proposto   ricorso
l'Azienda Padova Servizi S.p.A. per i motivi sotto indicati. 
    I)  L'azienda  Padova  Servizi  S.p.A.  venne  costituita  il  10
novembre  1998  dal  Comune  di  Padova  mediante  la  trasformazione
dell'Azienda Speciale AMAG in societa' per  azioni,  con  contestuale
conferimento di AMNIUP ed ACAP. 
    In precedenza, le tre aziende speciali del Comune di  Padova  per
le quali e' stata presentata la domanda di rimborso, anche nel  corso
del 1998 godevano del regime fiscale transitorio  previsto  dall'art.
66 della legge 29 ottobre 1993, n.  427,  secondo  cui  si  rendevano
applicabili   le   disposizioni   tributarie   applicabili   all'ente
territoriale di appartenenza, ossia al Comune, del quale  rivestivano
le vesti di enti strumentali di cui all'art. 23 della L. 142/90,  per
cui i redditi conseguiti da tali aziende nel corso del 1998 risultano
esclusi da IRPEG e da ILOR, cosi'  come  da  ogni  forma  sostitutiva
d'imposizione diretta. 
    Al contrario le tre aziende speciali, essendo titolari di  alcuni
conti correnti  bancari  e  postali,  si  sono  viste  decurtare  gli
interessi  da  esse  realizzati  nel  corso  dell'anno   dell'onerosa
ritenuta di cui all'art. 26, quarto comma, terzo periodo, DPR 600/73,
avendo ritenuto gli istituti bancari e l'Ente Poste  Italiane  S.p.A.
che tale disposizione fosse applicabile  anche  ai  soggetti  esclusi
dall'imposizione diretta, in forza  dell'inciso  in  essa  contenuto,
secondo cui le ritenute previste dall'art. 26 citato «sono  applicate
a titolo d'imposta nei confronti dei soggetti esenti dall'imposta sul
reddito delle persone giuridiche ed in ogni altro caso». 
    II)  L'art.  14  della  L.  18/2/1999,  n.  28,  fornirebbe   ora
l'interpretazione autentica dell'art. 26, quarto comma,  DPR  600/73,
laddove essa prevede che quest'ultima disposizione  «deve  intendersi
nel senso che tale  ritenuta  si  applica  anche  nei  confronti  dei
soggetti esclusi dall'imposta sul reddito delle  persone  giuridiche»
modificando retroattivamente la disciplina in essa contenuta. 
    Nel presente giudizio l'art. 14 della L. 28/99, non avendo natura
interpretativa, confligge con la corretta  interpretazione  dell'art.
26,  DPR  600/73,  interferendo  con   l'esercizio   della   funzione
giurisdizionale che  ne  risulta  vulnerata  nella  sua  pienezza  ed
autonomia, violando cosi' i  parametri  costituzionali  di  cui  agli
articoli 101, 104 e 108  della  Costituzione,  laddove  essa  intende
imporre al giudice tributario una lettura dell'art. 26  non  conforme
alla  legge  vigente  all'epoca  dei  fatti,   modificando   l'ambito
applicativo con  innovazione  estranea  alla  finalita'  di  renderne
inequivoco il contenuto normativo. 
    Il ricorrente  chiede  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  sospendendo  il  giudizio,  stante  la  rilevanza  e
l'evidente fondatezza della questione di legittimita'  costituzionale
dell'art 14 della L. 18/2/1999, n. 28, in riferimento  agli  articoli
101, 104 e 108 della Costituzione. 
    III)   Qualora    non    venisse    ravvisata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 14 L. 28/99,  chiede  che  venga  delimitato
l'ambito temporale dell'applicazione di tale disposizione, una  volta
che ne sia stata esclusa la natura interpretativa. 
    IV) Nell'ipotesi di voler ammettere  l'interpretazione  dell'art.
26, quarto comma, DPR 600/73 offerta dall'art.  14  della  L.  28/99,
deve essere rilevato  che  tale  disposizione  viene  a  comporre  un
sistema d'imposizione sostitutivo ulteriormente confliggente con  una
serie di parametri costituzionali. 
    Il ricorrente chiede di sospendere  il  giudizio  e  disporre  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per  il  contrasto
tra l'art. 14 della L. 28/99 e gli articoli  101,  104  e  108  della
Costituzione. 
    In via subordinata, accertata l'insussistenza  del  carattere  di
interpretazione autentica, chiede di annullare l'impugnato diniego di
rimborso, in considerazione dell'inapplicabilita'  dell'art.  14,  L.
28/99 alle fattispecie realizzatesi nel corso del 1998. 
    Nel merito chiede il rimborso delle ritenute di £. 96.459.575 con
gli interessi di legge e rivalutazione monetaria. 
    Con  memoria  del  4/2/2004  il  ricorrente  ha  depositato  otto
sentenze inerenti la questione. 
    L'Ufficio  Unico  delle  Entrate  di   Padova 1   con   nota   di
costituzione in giudizio del 28/2/2000, in via principale fa presente
di  non  essere  in  grado  di  formulare  compiutamente  le  proprie
deduzioni, in quanto il Centro di Servizio  di  Venezia,  non  ha  la
disponibilita' della dichiarazione dei redditi. 
    Nel merito l'Ufficio concorda con il parere negativo espresso dal
Centro di Servizio di Venezia. 
    Chiede: 
      in via principale che la trattazione sia rinviata a nuovo ruolo
e che il ricorso venga respinto; 
      in via subordinata se il Collegio lo  ritenesse  opportuno,  di
trasmettere gli atti di causa alla Corte costituzionale. 
 
                               Osserva 
 
    L'art. 26 del DPR n.  600/1973  disciplina  l'applicazione  delle
ritenute a titolo d'imposta o a titolo di acconto, sugli interessi  o
su  altri  redditi  di  capitale  nei  confronti   dei   contribuenti
assoggettai ad IRPEF o IRPEG. 
    Gli  enti  esclusi  dall'IRPEG,  precedentemente  all'entrata  in
vigore dell'art. 14 della L. 28/1999, non subivano le ritenute di cui
all'art. 26 DPR 600/1973. 
    L'art.  14  della  L.  28/1999,  fornisce   una   interpretazione
autentica dell'art. 26  DPR  600/1973,  disponendo  che  quest'ultima
norma deve intendersi nel senso  che  la  ritenuta  in  questione  si
applica anche nei confronti dei  soggetti  esclusi  dall'imposta  sul
reddito  delle  persone  giuridiche,   intervenendo   con   efficacia
retroattiva sulla disciplina in essa contenuta. 
    A seguito della predetta disposizione legislativa,  la  Corte  di
Cassazione con sentenza n. 4904 del 15 marzo 1999,  si  e'  posta  in
piena sintonia con il legislatore, confermando  che  la  ritenuta  in
questione  si  applica  anche  nei  confronti  dei  soggetti  esclusi
dall'IRPEG e che l'art. 14 della L. 18 febbraio  1999,  n.  28  trova
ingresso pure nei confronti dei  rapporti  non  ancora  definiti,  in
quanto avendo natura di interpretazione autentica,  e'  assistita  da
efficacia retroattiva riguardo ai giudizi al momento pendenti. 
    Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha affermato la debenza
della ritenuta proprio sulla scorta dell'applicazione della norma  di
cui all'art. 14 della L. 28/1999, affermando in particolare: 
      che l'art. 14 della L. 18 febbraio 1999, n.  28,  espressamente
richiamando l'art. 26, stabilisce che essa «deve intendersi nel senso
che la ritenuta si applica anche nei confronti dei  soggetti  esclusi
dall'IRPEG»; 
      che la  norma  sopravvenuta  integra  atto  di  interpretazione
autentica, per  la  sua  esplicita  formulazione,  in  linea  con  la
volonta' del legislatore di assegnare  un  significato  vincolante  a
specifica   disposizione   presente    nell'ordinamento,    prendendo
direttamente posizione  sulla  problematica  connessa  al  suo  testo
originario; 
      che lo ius superveniens e', quindi, per sua natura assistito da
efficacia retroattiva rispetto ai rapporti non ancora definiti. 
    La    soluzione    della    controversia     dipende,     dunque,
dall'applicazione della norma stessa. 
    E'   pertanto,   rilevante   la   questione    di    legittimita'
costituzionale sollevata dal ricorrente. 
    Pur senza seguire la tesi piu' rigorosa che nega la  legittimita'
costituzionale,  senza  distinzioni,   della   retroattivita'   delle
disposizioni innovative, ed  aderendo  all'orientamento  secondo  cui
occorre verificare se le singole disposizioni retroattive ledano  uno
o piu' parametri costituzionalmente  rilevanti,  si  osserva  che  la
questione relativa alla legittimita' costituzionale  della  norma  in
esame, attesane il carattere di disposizione sicuramente  innovativa,
appare non manifestamente infondata. 
    La Corte costituzionale con ordinanza n. 174 del 23 maggio  2001,
e' intervenuta sulla materia dichiarando  la  manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4,
terzo periodo, del DPR 600/1973, come interpretato autenticamente dal
legislatore con l'art. 14 della L. n. 28/1999,  in  quanto  -  a  suo
giudizio - non viola gli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    Secondo  la  Consulta,  la  tassazione  di  redditi  prodotti  da
soggetti che dalla legge sono dichiarati «non  soggetti  ad  imposta»
non determinerebbe la lesione dell'art. 53, in quanto l'esclusione  o
l'esenzione da imposta non sarebbero comunque sinonimi di assenza  di
capacita' contributiva. 
    La pronuncia in argomento  ha  avuto  unicamente  ad  oggetto  la
violazione del principio di capacita' contributiva ma  non  e'  stata
affrontata  la  questione  di  legittimita'  relativa  alla   portata
retroattiva   della   disposizione    interpretativa,    in    quanto
evidentemente non prospettata. 
    Occorre,   pertanto,   verificare   se   nel    caso    concreto,
l'applicazione retroattiva dell'art. 14  leda  uno  o  piu'  principi
costituzionalmente rilevanti. 
    Lo sfasamento temporale che intercorre  tra  il  presupposto  (la
percezione degli interessi) e l'approvazione  della  disposizione  in
esame fa sorgere il sospetto che sia stato leso il rapporto  che,  in
base al citato  principio  dell'art.  53  Cost.,  deve  esistere  tra
imposizione e capacita' contributiva. 
    Sotto un diverso profilo, si osserva come la portata  retroattiva
della  norma   in   analisi   operi   una   lesione   del   principio
dell'affidamento nella certezza del diritto. 
    L'affidamento sul piano che qui interessa,  si  puo'  considerare
come uno stato di fiducia del cittadino riposto nei confronti di  una
determinata situazione giuridica,  garantita  dalle  disposizioni  di
legge rilevanti. 
    Si osserva che il legislatore, con  l'introduzione  dell'art.  14
della L. n. 28/1999, ha contemporaneamente: 
      modificato con efficacia retroattiva, il significato attribuito
alla disposizione interpretata,  sul  quale  i  contribuenti  avevano
riposto  fiducia,  mutando   radicalmente   le   relative   posizioni
giuridiche; 
      sacrificato la posizione dei contribuenti, in  assenza  di  uno
stato di necessita' e/o di  un  contemperamento  (ragionevole)  degli
interessi in gioco. 
    Appare  chiaro,  pertanto,  come  il  legislatore  abbia   inteso
privilegiare l'interesse erariale, senza considerare l'esistenza  del
principio in esame, operando un illegittimo sacrificio del medesimo. 
    Facendo riferimento ad un diverso punto di vista, si osserva  che
il citato art. 14 opererebbe una violazione diretta del principio  di
ragionevolezza, previsto dal citato art. 3 della Costituzione,  anche
in assenza di un richiamo al predetto principio dell'affidamento. 
    La portata retroattiva di tale disposizione, infatti,  andando  a
legittimare una imposizione indebita, in modo da garantire  al  fisco
la possibilita' di trattenere quanto illegittimamente percepito,  non
si  conformerebbe  ai  canoni  di  logicita'  e  ragionevolezza   che
dovrebbero guidare l'operare del legislatore. 
    Un atto amministrativo  dovrebbe  essere  retto  dalla  legge  in
vigore nel tempo della sua emanazione. Nel caso in questione, invece,
la disposizione interpretativa intervenendo a posteriori per  rendere
legittimo il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione  non  risulterebbe
conforme alla legge del tempo. 
    Appare non sostenibile  che  il  legislatore  possa  interpretare
autenticamente una norma di legge  adottando  un'opzione  configgente
con il dato normativo e sistematico fino a quel momento  sussistente.
Tale attivita' normativa altro  non  sarebbe  se  non  un'innovazione
dell' ordinamento. 
    Sotto altro  profilo  potrebbero  essere  individuate  violazione
degli articoli 101, 102 e 108 della Costituzione  attraverso  lesione
di   principi   di   autonomia   ed   indipendenza    degli    organi
giurisdizionali.