Art. 1. Benefici in favore dei testimoni di giustizia 1. 1 benefici di cui ai commi 1 ed 1-bis dell'art. 4 della legge regionale 13 settembre 1999, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni sono estesi in favore dei soli soggetti qualificati come testimoni di giustizia, ai sensi del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 e successive modificazioni, ovvero in favore del rispettivo figlio, purche' abbiano reso la propria testimonianza in procedimenti penali per reati di mafia incardinati presso autorita' giudiziarie aventi sede in Sicilia e che, per effetto delle dichiarazioni rese nel procedimento penale, si trovino in gravi difficolta' economiche. Tale previsione, nella parte in cui estende al figlio i benefici predetti, da' adito a censure di costituzionalita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione per i motivi di seguito esposti. Il legislatore regionale nell'ammettere i testimoni di giustizia cosi' come individuati dall'art. 16-bis del decreto-legge n. 8/1991 e successive modifiche ed integrazioni, al godimento dei benefici di cui alla legge regionale n. 20/1999, introduce una differenza rispetto alla legge statale di riferimento, in quanto prevede che il godimento delle provvidenze suddette, concernenti l'assunzione presso l'amministrazione regionale, gli enti locali, le aziende sanitarie e gli enti sottoposti a vigilanza e controllo anche in soprannumero, nonche' la mobilita' in caso di preesistenti rapporto di lavoro dipendente, possano essere applicati anche al «rispettivo figlio». Il legislatore statale, infatti, comprende tutti i familiari conviventi nell'applicazione delle speciali misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5 del decreto-legge n. 8/1991 e successive modifiche ed integrazioni, limitando al solo testimone di giustizia il beneficio dell'assunzione (art. 16-ter decreto-legge n. 8/1991 e successive modifiche ed integrazioni). La disposizione teste' introdotta dispone cosi' un trattamento differenziato in favore di soggetti che versano nelle medesime condizioni senza dare atto, ne' nella relazione tecnica di accompagnamento, ne' nel corso del dibattito parlamentare, quali siano le ragioni che lo giustificano. Infatti ai testimoni di giustizia che abbiano reso la propria testimonianza in procedimenti penali per reati di mafia incardinati presso autorita' giudiziarie aventi sede in Sicilia, a differenza di quelli, ancorche' residenti in Sicilia, coinvolti in procedimenti penali in regioni diverse, verrebbe attribuito il beneficio dell'assunzione del figlio, in alternativa alla propria, senza che la stessa sia giustificata dall'esigenza di assicurare il mantenimento del beneficiario originario eventualmente impossibilitato o inidoneo ad assumere servizio. Il legislatore regionale, inoltre, non prevede l'estensione del beneficio ad un familiare convivente (coniuge, convivente «more uxorio», figli, ovverosia soggetti che coabitano stabilmente e preposti a contribuire al mantenimento familiare), ma lo estende, in via alternativa, solo al «rispettivo figlio», omettendo, altresi', di far riferimento a quanto previsto dall'art. 16-ter del decreto-legge n. 8/1991 e successive modifiche ed integrazioni in materia di garanzia di sicurezza delle persone interessate e in relazione alla qualita' e all'entita' economica dei benefici gia' riconosciuti, nonche' alle cause e modalita' della revoca di un eventuale programma di protezione. Pertanto non puo' non rilevarsi che l'estensione del beneficio esclusivamente al figlio configura una disparita' di trattamento anche nei confronti degli altri familiari conviventi stabilmente con il testimone di giustizia, ingiustificatamente e aprioristicamente esclusi dalla previsione normativa in difformita' da quanto previsto dalla norma nazionale che consente l'applicazione delle misure di protezione ai familiari intesi con una accezione piu' ampia e non circoscritta ai soli figli.