Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (CF 80224030587 per il ricevimento degli atti, Fax 06/96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, Contro La Regione Abruzzo (CF 80003170661) in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, P.zza S. Giusta Palazzo Centi - L'Aquila - cap. 67100. Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge regionale Abruzzo n. 10/2015 del 21 maggio 2015, pubblicata sul B.U.R. Regione Abruzzo n. 6 del 3 giugno 2015, avente ad oggetto «Norme per l'alienazione e la valorizzazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica», in particolare l'art. 5, commi 3 e 5 della L.R. n. 10/2015, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 17 luglio 2015. La legge regionale in esame, che detta norme per l'alienazione e la valorizzazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, e' illegittima da un punto di vista costituzionale, avendo statuito in materia di legislazione esclusiva statale, relativamente alle disposizioni contenute nell'articolo 5, commi 3 e 5, per i motivi di seguito specificati. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 3 e 5 L.R. n. 10/2015, per contrasto con l'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo, 2014, n. 47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante «Misure per l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico», per violazione degli artt. 47 e 117, comma secondo, lett. m) Cost. L'articolo 5, che reca disposizioni in ordine alla gestione e reimpiego dei proventi derivanti dall'alienazione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica, prevede, ai commi 3 e 5: «3. Le ATER programmano l'utilizzo dei proventi entro l'esercizio finanziario successivo all'incasso: a. nella misura minima dell'80 per cento per la manutenzione degli alloggi nonche' per la realizzazione dei programmi finalizzati alla valorizzazione, riqualificazione e all'incremento del patrimonio abitativo pubblico anche attraverso la compartecipazione a Programmi di Rigenerazione Urbana, che sono disciplinati dalla Giunta regionale con apposito provvedimento da approvare entro centosessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge; b. la parte residua puo' essere utilizzata per il ripiano dei deficit finanziari delle ATER, desunti dai relativi bilanci." «5. I Comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti utilizzano i proventi prioritariamente per interventi di manutenzione straordinaria e recupero degli alloggi, il 20 per cento dei proventi puo' essere destinato alla realizzazione di opere di urbanizzazione nei quartieri dove sono localizzati immobili di Edilizia Residenziale Pubblica.» La disposizioni sopra specificate prevedono rispettivamente che le ATER debbono programmare l'utilizzo dei proventi derivanti dall'alienazione degli alloggi di ERP, sia pur in quota parte (nella misura massima del 20 per cento), "per il ripiano dei deficit finanziari delle ATER, desunti dai relativi bilanci" e , per i Comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti, l'obbligo di utilizzare "prioritariamente" i predetti proventi per interventi di manutenzione straordinaria e recupero degli alloggi e, contestualmente, la mera facolta' di destinare il 20 per cento dei predetti proventi alla realizzazione di opere di urbanizzazione nei quartieri dove sono localizzati immobili di ERP. Queste disposizioni non sono in linea con le norme introdotte dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante «Misure per l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico». Infatti, detta norma statale, nel modificare l'articolo 13 del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquista di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente». La disposizione statale, venendo ad incidere sulla determinazione dell'offerta di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, e' espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione come ripetutamente chiarito dalla Corte costituzionale (da ultimo, con la sentenza n. 121 del 2010). In particolare, codesta Ecc.ma Corte ha chiarito, con questa decisione che : .1. - Lo Stato, prevedendo l'approvazione di un piano nazionale di edilizia abitativa, ha inteso disciplinare in modo unitario la programmazione in materia di edilizia residenziale pubblica avente interesse a livello nazionale. Questa Corte ha gia' precisato che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, non espressamente contemplata dall'art. 117 Cost., «si estende su tre livelli normativi»: «il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia "governo del territorio", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., come precisato da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 94 del 2007). Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la previsione di un piano nazionale di edilizia abitativi si inserisce nel secondo livello normativa, nel senso che lo Stato, con il suddetto piano, fissa i principi generali che devono presiedere alla programmazione nazionale ed a quelle regionali nel settore. Nello stabilire tali principi, lo Stato non fa che esercitare le proprie attribuzioni in una materia di competenza concorrente, come il «governo del territorio». L'attuazione tecnico-amministrativa della norma oggetto di impugnazione e' demandata allo Stato, per quanto attiene ai profili nazionali uniformi, con la conseguenza che la competenza amministrativa, limitatamente alle linee di programmazione di livello nazionale, deve essere riconosciuta, in applicazione del principio di sussidiarieta' di cui al primo comma dell'art. 118 Cost., allo Stato medesimo. D'altra parte, questa Corte ha gia' precisato che «la determinazione dei livelli minimi di offerta abitativa per specifiche categorie di soggetti deboli non puo' essere disgiunta dalla fissazione su scala nazionale degli interventi, allo scopo di evitare squilibri e disparita' nel godimento del diritto alla casa da parte delle categorie sociali disagiate» (sentenza n. 166 del 2008).". E' interessante anche osservare come, nel giudizio deciso con la sentenza n. 121/2010, codesta Ecc.ma Corte, nel ritenere infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata da una Regione, ha precisato che: 7. - Le questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art. 11, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 non sono fondate. La disposizione citata elenca i destinatari degli interventi da realizzare con il piano nazionale di edilizia abitativa, individuando nelle fasce piu' svantaggiate della popolazione i soggetti beneficiari del piano stesso: a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito; b) giovani coppie a basso reddito; c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; d) studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all'art. 1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali); g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima Regione. A tale proposito, si deve ricordare quanto questa Corte ha precisato, ai fini della individuazione dei limiti, nella materia de qua, della competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.: «La determinazione dei livelli minimi di offerta abitativa per categorie di soggetti particolarmente disagiate, da garantire su tutto il territorio nazionale, viene concretamente realizzata attribuendo a tali soggetti una posizione preferenziale, che possa assicurare agli stessi il soddisfacimento del diritto sociale alla casa compatibilmente con la effettiva disponibilita' di alloggi nei diversi territori» (sentenza n. 166 del 2008). La norma censurata indica alcune categorie sociali, cui e' riconosciuta una posizione preferenziale rispetto a tutte le altre, in considerazione del particolare stato di disagio economico in cui versano le persone in esse comprese. Questa individuazione prioritaria rientra a pieno titolo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che deve avere carattere soggettivo, oltre che oggettivo, giacche' occorre sempre tener presenti le differenti condizioni di reddito, che incidono in modo diretto sulla fissazione del singolo "livello minimo", da collegare alle concrete situazioni dei soggetti beneficiari. Le norme regionali impugnate dinanzi a codesta Ecc.ma Corte costituzionale prevedono da un lato, l'obbligo, dall'altro, la facolta' di una diversa destinazione dei proventi derivanti dalla vendita degli alloggi medesimi, nel senso sopra specificato. Queste disposizioni invadono la potesta' legislativa esclusiva statale nella materia "livelli essenziali delle prestazioni", violando gli articoli 47 e 117, comma 2, lettera m) della Costituzione. In particolare, esse sono in contrasto con le disposizioni statali citate, che devono ritenersi principi fondamentali delle materie "coordinamento della finanza pubblica" e "governo del territorio", e violano pertanto l'art. 117, comma 3 della Costituzione. Per questi motivi, si chiede l'annullamento - sotto i vari profili sopra evidenziati dell'art. 5, commi 3 e 5 della L.R. n. 10/2015, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.