IL TRIBUNALE DI PISA Sezione civile In persona del giudice Marco Viani, nella causa iscritta al n. di reg. gen. 521/2014 tra Iaquinto Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Marialuisa Bresciani e dall'avv. Adriana Conte, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima, Pisa, via G. Giusti n. 18; attore, e la Provincia di Pisa, rappresentata e difesa dall'avv. Silvia Salvini e dall'avv. Maria Antonietta Antoniani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di detti difensori, in Pisa, piazza Vittorio Emanuele II, n. 14; convenuta; Con intervento di Tamberi Elena e Bastia Filippo, rappresentato e difeso dall'avv. Marialuisa Bresciani e dall'avv. Adriana Conte, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultima, in Pisa, via G. Giusti n. 18; interventori. Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953, osservato quanto segue: nell'atto di citazione, notificato il 21 gennaio 2014, l'attore, premesso di essere proprietario di un'abitazione sita nel Comune di Cascina (PI), alla via Ripoli n. 5, nei pressi di un fosso demaniale chiamato Fosso del Rigone, che in quel tratto era interamente coperto da una strada e da marciapiedi pubblici, dato atto che il 5 novembre 2013 l'Ufficio del demanio idrico della Provincia gli aveva richiesto di pagare, per il periodo 2006-2012, l'indennita' di occupazione relativa all'attraversamento del fosso, ha contestato la fondatezza della richiesta in quanto, essendo il fosso completamente ricoperto da strade e marciapiedi pubblici, non v'erano attraversamenti, ponti o ponticelli di suo uso esclusivo, e comunque non si ravvisava un suo profitto nell'uso del bene demaniale, sicche' mancavano le condizioni previste dagli articoli 7 e 26 del regolamento per la Gestione del demanio idrico provinciale, adottato dalla Giunta provinciale di Pisa con delibera n. 34/2009, per il pagamento dell'indennita' di occupazione del demanio idrico. In subordine, eccepiva che le indennita' per gli anni 2006 e 2007 erano prescritte. Costituitasi tempestivamente, la Provincia ha eccepito la competenza del Tribunale regionale per le acque pubbliche, per vertere la controversia su 'diritti relativi a derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica', ai sensi del regio decreto n. 1775/1933, art. 140. Nel merito, ha esposto che il Fosso del Rigone, se e' vero che in prossimita' dell'abitazione di via Ripoli n. 5 e' ricoperto da elementi in cemento armato prefabbricati, non vi scorre pero' sotto la pubblica via ma sotto il marciapiede antistante l'immobile, su cui sussistono un passo carrabile e un passo pedonale afferenti all'abitazione dell'attore, i quali, sebbene insistenti su di un bene utilizzato pubblicamente, procurano un'utilita' a lui solamente. Ha aggiunto che l'attore aveva versato l'indennita' di occupazione per il 2011, cosi' riconoscendo la fondatezza della pretesa, e ha argomentato che le indennita' riferite agli anni 2006 e 2007 non sono prescritte in quanto la prescrizione e' decennale. Sono intervenuti in giudizio la Tamberi e il Bastia, proprietari, dapprima il secondo e poi la prima per acquisto dal secondo, di un immobile in Cascina via dei Piastroni n. 3. A che si trovava, a loro dire, in situazione di fatta identica a quella dell'abitazione della Iaquinto, e hanno svolto difese e istanze analoghe a quelle dell'attore. Successivamente la Provincia ha rilevato la propria sopravvenuta carenza di legittimazione passiva in forza del comma 96 dell'art. 1 della legge n. 56/2014, che avrebbe comportato la successione della Regione Toscana nel contenzioso relativo alla materia 'demanio idrico', attribuita, a partire dal 1° gennaio 2016, alla Regione stessa. Sul punto la Provincia ha eccepito, tra l'altro, la illegittimita' costituzionale degli articoli 10, comma 3 e 11-bis, comma 5 della legge reg. Toscana n. 22/2015, nel testo attualmente in vigore, in relazione all'art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione. La questione di legittimita' costituzionale non appare manifestamente infondata, e la sua risoluzione appare indispensabile ai fini della definizione del giudizio in corso, nei termini che seguono. Il presente, giudizio verte sulla legittimita' dell'emissione, da parte della Provincia, di talune richieste di pagamento per occupazione del demanio idrico. Si premette, ai fini di una valutazione di rilevanza, che la questione di competenza, non ancora decisa dal Tribunale, non appare tuttavia fondata. Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito: «Tra le controversie aventi ad oggetto qualsiasi diritto relativo alle derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche, che l'art. 140, primo comma, lettera c) del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 attribuisce alla cognizione dei tribunali regionali delle acque pubbliche, rientrano anche quelle sull'esistenza e sull'entita' dei canoni delle concessioni di utenza di risorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione, in base a parametri oggettivi, certi e vincolanti per l'amministrazione delle disposizioni regolanti il canone stesso» (Cassazione, ss. uu., 4 febbraio 2009, n. 2639; nello stesso senso Cassazione, 26 maggio 2005 n. 11200). Ma nel caso di specie non si discute del canone di una concessione demaniale, bensi' delle conseguenze risarcitone di una occupazione senza titolo, e non viene messa in discussione da alcuno la appartenenza del fosso per cui e' causa al demanio idrico, ma soltanto l'esclusivita' dell'uso dei manufatti che vi insistono e il profitto individuale che se ne possa ritrarre. Infatti, la Corte di cessazione ha statuito: «In tema di acque pubbliche, la norma di cui all'art. 140, lettera c) del regio decreto n. 1775/33 (a mente della quale appartengono, in primo grado, alla cognizione dei tribunali regionali delle acque «le controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni ed utilizzazioni di acqua pubblica) non comporta la necessita' di rimessione alla cognizione del giudice specializzato di tutte le controversie attinenti, direttamente o indirettamente, al regime delle acque pubbliche, presupponendo, per converso, la sola devoluzione, al detto giudice, delle specifiche controversie implicanti la necessita' di particolari conoscenze extragiuridiche per la soluzione dei problemi tecnici riconnessivi, con esclusione, pertanto, di ogni questione che, non attenendo al regime delle derivazioni od utilizzazioni di acque pubbliche (e non implicando la soluzione di problemi tecnici, ma solo di tematiche squisitamente giuridiche), possa influire solo indirettamente su tale regime. Ne consegue che la controversia relativa al pagamento di un indennizzo per l'occupazione «sine titulo» di un suolo - pacificamente appartenente al demanio lacustre - ed all'occupazione di costruzioni ed opere su di esso insistenti (oltre che relativa all'accertamento della titolarita' di eventuali diritti reali sui manufatti), non presupponendo la soluzione ne' di problemi tecnici, ne' di questioni circa la delimitazione dell'alveo o delle sponde del lago - ovvero l'accertamento della demanialita' delle acque -, deve ritenersi senz'altro devoluta alla cognizione del giudice ordinario» (da intendersi, quest'ultimo, come contrapposto al giudice specializzato; Cassazione, 5 maggio 1998 n. 4504). Cio' premesso, la legge reg. Toscana n. 91/1998, come modificata dalla legge reg. Toscana n. 1/2001, stabiliva, al suo art. 14: «1. Sono attribuite alle Province tutte le finzioni in materia di difesa del suolo conferite alla Regione stessa ai sensi dell'art. 12 o attribuite ai comuni ai sensi dell'art. 15, ed in particolare: [...] g) gestione del demanio idrico, ivi comprese le funzioni relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione ed utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo, nonche' la determinazione dei canoni di concessione per l'utilizzo del demanio stesso e l'introito dei relativi proventi». La riforma dell'assetto delle autonomie provinciali di cui alla legge n. 56/2014 si e' articolata in una ridefinizione dei compiti delle province, le cui funzioni fondamentali sono ora stabilite dal comma 85 dell'art. 1 del provvedimento, che non vi annovera piu' la gestione del demanio idrico. Quanto al contenzioso relativo alle funzioni non fondamentali delle province, oggetto di trasferimento alle regioni, il comma 96 dell'art. 1 della legge n. 56/2014 prevede: «nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni: [...] c) l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso». In attuazione delle norme indicate al paragrafo precedente, la legge reg. Toscana n. 22/2015 ('Riordino delle funzioni provinciali e attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 - modifiche alle leggi regionali nn. 32/2002, 67/2003, 41/2005, 68/2011, 65/2014), cosi' come modificata dalla legge reg. Toscana n. 9/2016, ha stabilito, al suo art. 2 ('Funzioni oggetto di trasferimento alla Regione') che: «1. Sono oggetto di trasferimento alla Regione, nei termini previsti dalla presente legge, le seguenti funzioni esercitate dalle province e dalla Citta' metropolitana di Firenze prima dell'entrata in vigore della presente legge secondo le norme richiamate di seguito e nell'allegato A: [...] d) le seguenti funzioni in materia di ambiente: [...] 2) le funzioni in materia di difesa del suolo, ivi comprese quelle relative alla difesa della costati degli abitati costieri e alla gestione del demanio idrico, compreso l'introito dei relativi proventi». L'allegato A alla legge reg. Toscana n. 22/2015, a completamento di quanto richiamato nel paragrafo che precede, prevede l'elenco delle leggi regionali, disciplinanti le funzioni oggetto di trasferimento alla Regione ai sensi dell'art. 2, da abrogarsi, tra le quali, alla lettera D), n. 2) ('Difesa del suolo, difesa della costa e degli abitati costieri, demanio idrico'), la gia' citata legge reg. 11 dicembre 1998, n. 91. Ai sensi dell'art. 9, comma 1 della legge reg. Toscana n. 22/2015 «decorre dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di cui al comma 3» [cioe' il 30 gennaio 2016]. In attuazione della legge reg. Toscana n. 22/2015 e' stata emanata la legge reg. Toscana n. 80/2015 ('Norme in materia di difesa del suolo, tutela delle risorse idriche e tutela della costa e degli abitati costieri'), che prevede, all'art. 2 ('Funzioni della Regione'): «la Regione, fatto salvo quanto diversamente stabilito dalla normativa regionale, esercita tutte le funzioni amministrative, di pianificazione, di programmazione, di indirizzo e controllo in materia di difesa del suolo, non riservate dalla normativa nazionale allo Stato o ad enti diversi dalla Regione e dalla provincia, ed in particolare le seguenti: [...] n) gestione del demanio idrico, ivi compreso il rilascio delle concessioni per l'utilizzo dello stesso; o) determinazione, con deliberazione della Giunta regionale, dei canoni di concessione per le aree appartenenti al demanio idrico, incluse quelle prospicienti le vie navigabili, nel rispetto dei criteri di cui all'art. 5, nonche' dei relativi oneri istruttori e introiti dei relativi proventi». L'art. 26 della legge reg. Toscana n. 80/2015 ha espressamente abrogato la legge reg. Toscana n. 91/1998. Laddove il gia' citato comma 96 dell'art. 1 della legge n. 56/2014 prevede che «nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni: [...] c) l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso», l'art. 10 della legge reg. Toscana n. 22/2015 ('Trasferimento dei beni e successione nei rapporti attivi e passivi'), nel suo testo attualmente vigente, prevede: «1. La regione e la Provincia interessata o la citta' metropolitana definiscono mediante accordi organizzativi, formalizzati ai sensi del comma 13, in relazione alla funzione trasferita, i beni, le risorse strumentali e i rapporti attivi e passivi in corso da trasferire, secondo le regole stabilite dal presente articolo [...] 3. Sono esclusi dalla successione i procedimenti gia' avviati al momento del trasferimento delle funzioni. Le province e la citta' metropolitana concludono tali procedimenti, mantengono la titolarita' dei rapporti attivi e passivi da essi generati, curano l'eventuale contenzioso e l'esecuzione delle sentenze che ad essi si riferiscono». L'art. 11-bis della legge reg. Toscana n. 22/2015, nel prevedere al comma 1 una serie di procedimenti, interventi, attivita' e' rapporti [pendenti] in cui «in deroga alle disposizioni dell'art. 10» subentra la Regione, al comma 5 dispone: «restano comunque nella competenza della provincia e della Citta' metropolitana di Firenze le controversie attinenti ai procedimenti, agli interventi, alle attivita' e ai rapporti di cui al comma 1, originate da fatti antecedenti alla data del primo gennaio 2016, e l'esecuzione delle relative sentenze, con riferimento agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti». Tale ultima disposizione, della cui legittimita' parimenti la Provincia dubita, viene menzionata per completezza, perche' non risulta che si tratti, nel casa di specie, di un procedimento ricompreso nella deroga prevista dal comma 1 dell'art. 11-bis. In effetti, ai sensi di tale disposizione, la Regione subentra, in deroga all'art. 10, «[...] per la funzione in materia di difesa del suolo, di cui all'art. 2 comma 1, lettera d), numero 2): nei procedimenti in corso di rilascio di pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati; nei rapporti attivi connessi allo svolgimento di detti procedimenti, e nei rapporti passivi connessi allo svolgimento di detti procedimenti per i quali le risorse sono gia' previste nel bilancio regionale», ma non consta in causa che vi fosse un procedimento in corso di rilascio di pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati, sicche' la deroga deve ritenersi non operante nella presente controversia. Infine il comma 17 dell'art. 10 della legge reg. Toscana prevede «Per quanto non diversamente regolato dalla presente legge, a seguito del trasferimento delle funzioni deriva la successione nei diritti e nelle eventuali relative controversie, ferma restando la disciplina dell'art. 111 del codice di procedura civile, ove applicabile»; anche tale disposizione non viene in considerazione nel presente giudizio, che rientra nella previsione del comma 3, ma la si menziona, analogamente, per completezza. Cosi ricostruito il quadro normativo, deve osservarsi quanto segue. L'esclusiva riferibilita' allo Stato delle competenze relative all'ordinamento processuale civile non e mai stata disputata, ma dopo la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione la Corte costituzionale ha avuto modo in piu' occasioni di definire i caratteri della materia 'giurisdizione e norme processuali' di cui alla lettera l) del capoverso dell'art. 117 della Costituzione; in particolare, ha ritenuto che fossero riferibili alla materia 'giurisdizione enorme processuali' le seguenti disposizioni: a) la disposizione relativa all'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 410 c.p.c. innanzi all'organo preposto alla certificazione, allorquando si intenda impugnare l'erronea qualificazione del contratto di lavoro o la difformita' tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, nonche', in caso di ricorso in giudizio, l'introduzione dell'obbligo, in capo all'autorita' giudiziaria competente, di accertare anche le dichiarazioni ed il comportamento tenuto dalle parti davanti all'organo preposto alla certificazione dei contratto di lavoro (in quanto dirette a condizionare l'esercizio in giudizio dei diritti nascenti, dal contratto di lavoro e la stessa attivita' dei giudici: sentenza n. 50/2005); b) la disposizione relativa al mantenimento, da parte dello Stato, delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle controversie di lavoro, individuali e plurime nonche' alla risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale («per l'incidenza che la previsione e la regolamentazione del tentativo di componimento bonario delle liti possono avere sullo svolgimento del processo» - Sentenza n. 50/2005 cit); c) le disposizioni statali relative all'introduzione della mediazione obbligatoria finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, nonche' alla sanzionabilita' della parte la quale abbia respirato una proposta di conciliazione ritenuta poi valida dal giudice (a contrario: sentenza n. 178/2010, che richiama tali disposizioni per metterne in luce la diversita' rispetto a quelle impugnate); d) le disposizioni relative all'attribuzione, da parte di una legge regionale, della qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria a soggetti che ne erano sprovvisti alla stregua della normativa di emanazione statale (sentenza n. 313/2003: per riserva allo stato della materia della giurisdizione penale); e) le disposizioni di fonte statale relative alla impignorabilita' e insequestrabilita' di talune somme di competenza degli enti locali (in quanto riferibili ad istituti, pignoramento ed il sequestro, di cui non puo' disconoscersi la natura processuale - sentenza n. 18/2004); f) le disposizioni statali relative alla soppressione, da parte di una legge statale, di quattro uffici giudiziari, e la concentrazione dei loro affari presso un diverso Tribunale (sentenza n. 234/2013). Ne discende che deve intendersi afferente alla materia 'giurisdizione e norme processuali' ogni norma che influisca in maniera diretta o anche indiretta sull'applicabilita', sull'estensione oggettiva e soggettiva, nonche' sull'invocabilita' in giudizio di norme processuali. Parimenti, debbono intendersi afferenti alla materia 'giurisdizione e norme processuali' quelle norme che abbiano quale effetto, diretto o indiretto, la restrizione, l'ampliamento, l'anticipazione, la posticipazione o, comunque, il condizionamento dell'accesso alla tutela giurisdizionale o ai singoli istituti nella quale quest'ultima si articola e si svolge. Deve, infine, ritenersi di esclusiva competenza statale, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, la caratterizzazione dei soggetti che partecipino al processo, e la conformazione delle prerogative, dei poteri, delle facolta', degli obblighi e degli oneri ad essi attribuiti o imposti. Il comma 96 dell'art. 1 della legge n. 56/2014, nel configurare un rilevante trasferimento di funzioni dalle province alle regioni, prevede, per cio' che riguarda dette funzioni, che «l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso», e quindi disciplina, senza possibilita' che di tale disposto normativa venga, data un'interpretazione diversa, una successione nel rapporto processuale - temporalmente e concettualmente coincidente con il trasferimento, delle funzioni sostanziali - tra l'ente provincia e l'ente che subentra nelle sue competenze e prerogative. Tale successione nel rapporto processuali avviene, secondo lo schema previsto dalla legge n. 56/2014, in via automatica e ipso iure, come e' reso palese dalla mancanza di qualsiasi riferimento a un fenomeno interruttivo e dall'utilizzo di una terminologia sovrapponibile a quella dell'art. 2504-bis comma 1 del codice civile (successione della societa' risultante dalla fusione nei rapporti sostanziali e processuali gia' facenti capo alle societa' partecipanti alla fusione stessa). Tale effetto sul rapporto processuale in corso e' invece escluso, in contraddizione con quanto, stabilito dal comma 96 dell'art. 1 della legge n. 56/2014, dall'art. 10, comma 3 della legge reg. Toscana n. 22/2015 il quale prevede che «sono esclusi dalla successione i procedimenti gia' avviati al momento del trasferimento delle funzioni. Le province e la citta' metropolitana concludono tali procedimenti, mantengono la titolarita' dei rapporti attivi e passivi da essi generati, curano l'eventuale contenzioso e l'esecuzione delle sentenze che ad essi si riferiscono» (e, per le cause relative a rapporti rientranti nella deroga di cui al comma 1, dall'art. 11-bis, comma 5 della medesima legge regionale, il quale prevede che «restano comunque nella competenza della provincia e della citta' metropolitana di Firenze le controversie attinenti ai procedimenti, agli interventi, alle attivita' e ai rapporti di cui al comma 1, originate da fatti antecedenti alla data dal primo gennaio 2016, e l'esecuzione delle relative sentenze, con riferimento agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti»); tanto che, se la norma regionale verra' dichiarata illegittima, la Regione Toscana, attualmente estranea al processo in corso ed immune dai suoi effetti, subentrera' quale parte nel processo in corso e subira' direttamente gli effetti della sentenza, mentre in forza della normativa regionale, la Regione Toscana rimane ora processualmente e sostanzialmente estranea al giudizio, nonche' immune dai suoi effetti e terza rispetto alla sua esecuzione. La Regione sembra aver quindi emanato disposizioni di legge in un ambito che, nei sensi che si sono visti, si deve ritenere ricompreso nella materia 'giurisdizione e norme processuali', introducendo inoltre una disciplina diversa da quella posta dal legislatore statale. La disposizione della cui legittimita' si dubita non e' suscettibile di un'interpretazione conforme all'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, in quanto: a) come gia' illustrato, non residua alcuno spazio di adeguamento, attraverso qualsivoglia tecnica interpretativa, dell'art. 10, comma 3 della legge reg. Toscana n. 22/2015 che esclude categoricamente che la Regione Toscana sia parte in causa nei giudizi relativi alle competenze trasferitele e, quindi, che possa essere parte in causa nel presente giudizio, a quanto previsto dal comma 96, art. 1 della legge n. 56/2014, il quale, altrettanto categoricamente e senza che residui spazio per una diversa interpretazione, impone alla Regione Toscana di succedere alla Provincia convenuta nel rapporto processuale che attualmente si svolge attraverso il presente giudizio. E' poi assolutamente pacifico che il giudice non possa disapplicare puramente e semplicemente la normativa regionale (p.e. Corte costituzionale, sentenza 285/90). L'art. 10, comma 3 della legge reg. Toscana n. 22/2015 dispiega quindi un effetto diretto sull'applicabilita' del comma 96, art. 1 della legge n. 56/2014 (e, per quanto, di possibile interesse, anche sulla applicabilita' del sistema di diritto comune degli articoli 110 e 111 c.p.c.) agli enti chiamati a subentrare alle province toscane, nonche' alla Citta' metropolitana di Firenze, nelle controversie relative alle funzioni sottratte a queste dall'ultimo provvedimento normativo richiamato, con la conseguente modificazione dell'applicabilita' della disciplina processual-civilistica in relazione alla partecipazione al giudizio, alle facolta', obblighi ed oneri connessi, e piu' in generale alla successione nei rapporto processuale: istituti che non vengono investiti dalla normativa regionale in modo riflesso o meramente consequenziale alla regolamentazione di materie ulteriori e diverse, ricadenti nelle competenze attribuite dalla Costituzione al legislatore regionale, bensi' in virtu' di un effetto che costituisce la ragion d'essere primaria, e lo scopo ultimo, dell'intervento normativo regionale; potendosi quindi configurare un non consentito esercizio del potere legislativo regionale nella materia 'giurisdizione e norme processuali' cui alla lettera l) del capoverso dell'art. 117 della Costituzione. Si aggiunge per completezza che analogo effetto dispiegherebbe l'art. 11-bis comma 5 della medesima legge regionale, se la causa vedesse in materia di uno dei procedimenti ricompresi nella deroga del comma 1 del medesimo art. 11-bis, disposizione in ordine alla quale varrebbero inoltre tutti i dubbi di costituzionalita' gia' esaminati in ordine al comma 3 dell'art. 10. La disposizione dell'art. 11-bis comma 5, in realta', non deve essere applicata nel presente processo, e non dovrebbe essere applicata neppure se l'art. 10 comma 3 fosse dichiarato illegittimo, visto che, non rientrando la fattispecie di cui si discute nell'ambito della deroga di cui al comma 1, non vi sarebbero comunque i presupposti per la sua operativita'. Se e' vero che tale disposizione, insieme con quella dell'art. 10 comma 3, contribuisce, in relazione alle controversie per cui opera la deroga del comma 1, a realizzare il medesimo effetto della cui legittimita' qui si dubita, e se e' vero che, laddove fosse dichiarato illegittimo l'art. 10 comma 3, almeno sul piano dei rapporti processuali la deroga prevista dall'art. 11-bis comma 5 in relazione al comma 1 resterebbe priva di ragione giustificativa e, fra l'altro, si trasformerebbe da ampliativa dell'ambito della successione automatica a restrittiva, cio' non di meno nei presente giudizio non si fara' mai applicazione del comma 5 dell'art. 11-bis. D'altra parte l'art. 10 comma 17 della medesima legge («Per quanta non diversamente regolato dalla presente legge, a seguito del trasferimento delle funzioni deriva la successione nei diritti e nelle eventuali relative controversie, ferma restando la disciplina dell'articolo 111 del codice di procedura civile, ove applicabile»), pur non applicabile in causa, conferma ulteriormente che il legislatore regionale ha ricostruito il sistema delle ricadute processuali della successione fra enti in modo difforme dalla legge statale. Appare opportuno precisare che tale comma 17 e' irrilevante in causa in quanto, in se' considerato, e doverosamente interpretato in modo conforme alla legislazione statale, si limita a confermare il principio della successione automatica nei rapporti in corso per quanto non derogato da altre disposizioni della legge regionale in esame, mentre l'art. 111 del codice di procedura civile, richiamato «ove applicabile» (ma per la cui applicazione non sembrerebbe residuare spazio), non verrebbe in considerazione nel rapporto fra la Provincia e la Regione perche' il subentro avverrebbe in via automatica. Deve poi ritenersi che sia parimenti rilevante, non manifestamente infondata ed insuscettibile di superamento per il tramite di una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme implicate anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 comma 3 laddove, prevedendo che le province, nei procedimenti gia' avviati, «mantengono la titolarita' dei rapporti attivi e passivi da essi generati, curano l'eventuale contenzioso e l'esecuzione delle sentenze che ad essi si riferiscano», disposizione che deve inoltre interpretarsi, in via sistematica, nel senso che, come espressamente previsto dal successivo art. 11-bis comma 5, la Regione rimanga estranea «agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti» - in cui per 'esse' debbono intendersi le sentenze emesse nei procedimenti di cui sono rimaste parti le province e la Citta' metropolitana di Firenze -, e che, pertanto, interviene sulla potesta' legislativa esclusiva statale in materia di 'ordinamento civile', impedendo che, come previsto dal comma 96, art. 1 della legge n. 56/2014, in combinato disposto con l'art. 2909 del codice civile, le statuizioni aventi conseguenze finanziarie (cosi' come quelle di qualsiasi altro genere) di tali sentenze, inclusa quella che dovesse concludere il presente giudizio, facciano stato per la Regione Toscana, attribuendole le entrate, ovvero onerandola delle perdite conseguenti alla decisione. Appare dunque rilevante e non manifestamente infondata anche, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3 della legge Reg. Toscana n. 22/2015 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, nella parte in cui riserva alla potesta' legislativa esclusiva statale la materia 'ordinamento civile'. Anche in tal caso, si aggiunge per completezza, analogo effetto dispiegherebbe l'art. 11-bis comma 5 della medesima legge regionale, se la causa vertesse in materia di uno dei procedimenti ricompresi nella deroga del comma 1 del medesimo art. 11-bis. Appaiono comunque rilevanti e non manifestamente infondati anche tre ulteriori dubbi di legittimita' costituzionale introdotti dalla difesa della Provincia, e segnatamente: violazione dell'art. 97 della Costituzione (buon andamento della p.a.), che comporta la necessita' per l'attivita' della pubblica amministrazione, volta alla realizzazione dell'interesse pubblico, di conformarsi ai criteri dell'efficacia e dell'efficienza, in quanto tutto il personale della Provincia che si occupava delle funzioni non fondamentali ora trasferite e' transitato nei ruoli regionali, come alla Regione sono stati trasferiti i fascicoli relativi, con la conseguenza che la Provincia di Pisa non dispone piu' del personale necessario per lo svolgimento dei procedimenti pendenti, e non ha piu' la disponibilita' materiale dei fascicoli, e tuttavia deve occuparsi del contenzioso pendente; se e' vero che all'art. 10 L.R.T. n. 22/2045 e' prevista la possibilita' di chiedere l'avvallamento del personale trasferito, tale strumento, oltre ad essere subordinato al rispetto di specifici adempimenti formali, e' provvisorio e puo' essere disposto compatibilmente con le esigenze di lavoro della struttura regionale cui il personale e' assegnato e per periodi limitati, e inoltre e' specificamente escluso per le attivita' di contenzioso legale secondo il punto 3.5. della deliberazione della Giunta regionale 16 marzo 2016 n. 193; violazione dell'art. 3, della Costituzione, nell'accezione di principio di ragionevolezza, in quanto la normativa regionale di cui si discute presenta un'intrinseca incoerenza, contraddittorieta' od illogicita' rispetto al contesto normativo preesistente (Corte costituzionale, sentenza n. 450/2000) e, precisamente, rispetto alla legge 7 aprile 2014 n. 56, e rispetto alla complessiva finalita' perseguita dal legislatore statale (Corte costituzionale, sentenza n. 416/2000); violazione dell'art. 3, della Costituzione, nell'accezione del generale principio di uguaglianza, in quanto la normativa regionale toscana, imponendo una disciplina difforme rispetto a quella stabilita dall'art. 1, comma 96 lettera c) della legge n. 56/2014, fa si' che situazioni uguali, vale a dire la disciplina dei procedimenti in corso, compreso il contenzioso, relativi alle materie trasferite dalle province ad altro ente, abbiano una disciplina diversa nella Regione Toscana, rispetto a quanto stabilito a livello nazionale, con conseguente disparita' di trattamento dei relativi rapporti giuridici.