LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Seconda sezione civile Composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: dott. Stefano Petitti - Presidente; dott. Felice Manna - rel. consigliere; dott. Vincenzo Correnti - consigliere; dott. Ubaldo Bellini - consigliere; dott. Alberto Giusti - consigliere, Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 12275-2015 proposto da: Di Ioroi Annamaria, Aloi Anna Maria, Di Meglio Giovanna, Buono Antonia Cecilia, Marciano Fulvio, Di Meglio Ida, Iacono Vittoria, Mattera Giuseppe, Masia Angelo, Gaudioso Anna, Di Sapia Antonietta, Conte Lucia, Volo Marisa, elettivamente domiciliati in Roma, via Gabi, 8, presso lo studio dell'avvocato Antonio Esposito, rappresentati e difesi dall'avvocato Giovanni Abet; ricorrenti; Contro Ministero economia finanze, elettivamente domiciliato in Roma, via Dei Portoghesi, 12, presso l'avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende; resistente; Avverso il decreto della Corte d'appello di Roma, depositato il 3 novembre 2014; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 ottobre 2017 dal consigliere dott. Felice Manna; udito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Corrado Mistri che ha concluso per la sospensione ordinando la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ritenuto in fatto Con decreto del 3 novembre 2014 la Corte d'appello di Roma rigettava l'opposizione ex art. 5-ter legge n. 89/01 proposta dagli odierni ricorrenti per ottenere la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento di un equo indennizzo, per l'eccessiva durata di un processo amministrativo svoltosi innanzi al Tribunale amministrativo regionale Campania tra il 2005 e il 2012. A base della pronuncia, la mancata presentazione dell'istanza di prelievo, non surrogabile con la nuova istanza di fissazione dell'udienza di discussione, (ri)depositata il 13 aprile 2011 per evitare la perenzione del giudizio a seguito dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo. Aggiungeva la Corte territoriale che ove anche si fosse opinato altrimenti, solo dalla data di tale ultima istanza avrebbe potuto valutarsi la durata del processo presupposto, che essendosi esaurito nel 2012 non aveva avuto una durata eccedente da allora il limite di ragionevolezza. La cassazione di tale decreto e' chiesta dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe sulla base di due motivi. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha depositato un «atto di costituzione» in vista della discussione orale della causa. Considerato in diritto 1. - Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 71, 81 e 82 c.p.a. e 23 legge n. 1034/71, nonche' 1 allegato 3 c.p.a. e della legge n. 89/01. Sostengono i ricorrenti che l'istanza depositata nel giudizio presupposto il 13 aprile 2011 non puo' essere qualificata come istanza di fissazione dell'udienza di discussione ai sensi degli articoli 71 ed 81 c.p.a. Il relativo adempimento era gia' stato assolto contestualmente al deposito del ricorso, in data 9 giugno 2005, vigente l'art. 23 legge TAR. Ancora, ai ricorrenti non era mai pervenuto alcun avviso di perenzione del ricorso, pendente da oltre cinque anni, a fronte del quale chiedere una nuova udienza di discussione, tanto che la sentenza del giudice amministrativo aveva dato atto del fatto che le parti avevano manifestato l'interesse alla prosecuzione del giudizio ai sensi dell'art. 82, secondo comma, c.p.a, che espressamente prevede una tale dichiarazione in udienza nel caso di mancato avviso di perenzione. Infine, ai sensi dell'art. 1, allegato 3 c.p.a. tale istanza avrebbe dovuto essere depositata entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del medesimo codice (16 settembre 2010). Pertanto, depositata dopo il decorso di tale termine, essa non potrebbe che essere qualificata come atto volto a segnalare l'urgenza della decisione e dunque quale istanza di prelievo. Sulla stessa questione e su quest'ultimo profilo fattuale, parte ricorrente deduce altresi', pur nell'ambito del medesimo motivo, il concorrente vizio di omesso esame di un fatto decisivo e discusso, ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c. 2. - Il secondo motivo allega la violazione o falsa applicazione dell'art. 54, 2° comma, decreto-legge n. 112/08, convertito in legge n. 133/08, come modificato dal decreto legislativo n. 104/10, nonche' della legge n. 89/01, in quanto dette norme non potevano essere applicate ai giudizi amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge o, quantomeno, per il periodo anteriore, in base al principio per cui tempus regit actum. Detta norma, si sostiene, non poteva esplicare effetti per i ricorsi amministrativi pendenti, o quanto meno, per il periodo intercorrente tra la data del deposito del ricorso (9 giugno 2005) e quella di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 (28 agosto 2008). Pertanto, a tale periodo dovrebbero sommarsi quello compreso tra l'istanza di fissazione dell'udienza e il deposito della decisione finale, come desumibile da Cassazione nn. 15303/12, 20935/14 e 5914/12. 3. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54, 2° comma, decreto-legge n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11, in relazione all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 3.1. - In base alla giurisprudenza ormai del tutto costante di questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive modifiche, va interpretato nel senso che per i processi amministrativi pendenti, come nella specie, alla data del 16 settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di prelievo e' condizione di proponibilita' della domanda di equa riparazione in rapporto all'intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione di proponibilita' ha per la prima volta previsto. Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole «art. 2, comma 1» sono inserite le seguenti: «della legge 24 marzo 2001, n. 89» e le parole «nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)» sono soppresse»; c) conseguentemente, il testo definitivo dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art. 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, all'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, «le parole «un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642» sono sostituite dalle seguenti: «l'istanza di prelievo di cui all'art. 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; e) ancora successivamente, l'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) - in vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma 23, le parole «81, comma 1» sono sostituite dalle seguenti «71, comma 2»; f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010 - risulta del seguente testuale tenore: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; g) per effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n. 208 del 2015 nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio 2016), «il comma 2 dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini di cui all'art. 2, comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica - invece - l'art. 54, comma 2, dello stesso decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non rileva (...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89 del 2001, applicandosi essa ai soli giudizi amministrativi per i quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data del 31 ottobre 2016» (cosi' si esprime Cassazione n. 16404/16; conformi, Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 3.1.1. - Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta la domanda di equa riparazione nel 2014, relativamente ad un processo amministrativo pendente al 16 settembre 2010, la disciplina applicabile e' quella dell'art. 54, 2° comma decreto-legge n. 112/08 nel testo in vigore alla data della domanda stessa (ratione temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell'art. 6 legge n. 89/01, introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1° gennaio 2016, per essere stato definito il processo presupposto nel 2012). Conseguentemente detta domanda e' soggetta, anche in rapporto alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 (durata, peraltro, neppure irragionevole fino al 25 giugno 2008, essendo praticamente coincisa con il termine triennale di cui all'art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/01), alla condizione di proponibilita' dell'istanza di prelievo; la quale, a sua volta non e' surrogabile con l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione, neppure nel caso specifico prospettato da parte ricorrente. In generale, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 e l'istanza di fissazione d'udienza, regolata dall'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima la finalita' di accelerare il processo mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il perfezionamento della costituzione del ricorrente e la fissazione dell'udienza, la perenzione del giudizio. Ne consegue che dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di prelievo, costituisce una condizione di proponibilita' non fungibile con l'istanza di fissazione d'udienza (cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10, nonche', tra le non massimate, 18546/14 e 785/15). In particolare, poi, l'insostenibile equipollenza tra l'una e l'altra ipotesi non e' esclusa ove - come nel caso in esame - una nuova istanza di discussione sia stata presentata dopo la scadenza del termine di centottanta giorni previsto dall'art. 1, primo comma, dell'allegato 3 al c.p.a. per verificare il persistente interesse alla decisione del ricorso. Cio' non solo e non tanto perche' una nuova istanza di fissazione d'udienza presentata dopo centottanta giorni dall'entrata in vigore del c.p.a. va equiparata ad altro, vale a dire ad una tempestiva dichiarazione, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, di persistenza dell'interesse a che la causa sia trattata, purche' proposta nei centottanta giorni dalla comunicazione del decreto di perenzione (e in mancanza di comunicazione senza neppure tale limite temporale); ma anche ed essenzialmente in quanto il prelievo presuppone un processo amministrativo in cui la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata, rendendo cosi' attuale l'obbligo del giudice di pronunciarsi. Pendenti i termini di cui al primo e al secondo comma del ridetto articolo, tale perfezione, non piu' assicurata dalla prima istanza ex art. 23 legge Tribunale amministrativo regionale a causa dell'onere iterativo imposto dalla medesima norma transitoria del c.p.a., non puo' farsi dipendere da un atto cui s'intenda attribuire il diverso effetto del prelievo, che a sua volta quella costituzione perfetta presuppone. Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza di prelievo, la domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto vigente. 3.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi prospettati, si deve dubitare a stregua dei piu' recenti approdi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09 del 2 giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando il ricorso inammissibile per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08 che avesse avuto per effetto quello di opporsi all'ammissibilita' dei ricorsi ex lege Pinto relativi alla durata di un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse stata presentata un'istanza di prelievo, avrebbe potuto essere di natura tale da esonerare i ricorrenti interessati dall'obbligo di esperire il rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto riguardava i procedimenti ancora pendenti in cui la fissazione d'urgenza dell'udienza fosse stata richiesta solo dopo l'entrata in vigore della disposizione in questione. In questi casi, aveva concluso la Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere che la norma, interpretata dai giudici nazionali nel senso di escludere dalla determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri contro Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12 e 22994), in una fattispecie relativa a giudizi amministrativi iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma 2, legge n. 205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva determinato l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera diretta il problema dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla condizione di proponibilita' dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08. Ed esaminando diacronicamente tale disposizione, fino al suo ultimo testo scaturito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 104/10, ha convertito in critica espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. La Corte europea ha cosi' affermato: a) che ne' dal contenuto della norma ne' dalla relativa prassi giudiziaria si evince che l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione in merito alla causa sottoposta all'esame del tribunale; b) che la condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art. 54, comma 2 della legge n. 112/08 risulta essere una condizione formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla procedura interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei ricorsi per equa riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano presentato l'istanza di prelievo, priva questi ultimi della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. E richiamata la propria giurisprudenza sul principio di effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo il rimedio interno se permette di evitare che si verifichi o si protragga la violazione dedotta o se permette di fornire all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni che si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54, comma 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 in combinato disposto con la legge Pinto, non possa essere considerata un ricorso effettivo ai sensi dell'art. 13 della Convenzione». 3.3. - Benche' occasionato da fattispecie aventi ad oggetto l'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati nel 1990, i giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra il mese di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande ex lege n. 89/01 presentate vigente il testo dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 ante decreto legislativo n. 104/10, tale precedente appare idoneo a incidere sulla decisione del caso in oggetto (per non dire dell'ipoteca che esso iscrive sull'intero sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lettera a, della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione della sentenza Olivieri contro Italia (v. par. 65), il riferimento al ridetto decreto legislativo non puo' liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di dubbia configurabilita' in un contesto motivazionale esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici autonomi). Suo tramite, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato e viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n. 89/01 e della previsione dell'istanza di prelievo quale rimedio preventivo. E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere che, adita in relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni operate su di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. Avuto riguardo alle indicazioni di metodo ritraibili dai precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi quello di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo ricevuto l'avallo della Grand Chambre, l'indirizzo espresso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la decisione sul caso Olivieri e' da ritenersi ormai adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul caso Daddi; e' stato adottato all'unanimita'; non presenta alcuna attitudine innovativa rispetto alla tecnica dell'interpretazione convenzionale fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma anzi connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca, coerente, nel solco della giurisprudenza di detta Corte europea sul principio di effettivita' per come esso vive in concreto negli ordinamenti nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 3.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione il compito suo proprio d'interpretare l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 e successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che la legittimita' costituzionale della norma e' stata ritenuta in relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e 111 Cost. Una volta esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla data del 16 settembre 2010 di entrata in vigore del c.p.a.), essa non determina ne' irragionevoli disparita' di trattamento, ne' lesione alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione n. 26262/13). Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la visuale prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. Nell'ambito del processo amministrativo detta istanza e' stata prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento per sollecitare la trattazione urgente del ricorso. Abrogato detto regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10, e sostituita la disposizione sul prelievo con l'affatto omologa norma dell'art. 71, comma 2, c.p.a., permane la medesima funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. Non pare, invece, ne' rilevante ne' significativo ai fini in esame l'art. 71-bis, aggiunto al decreto legislativo n. 104/10 dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/15, in base al quale a seguito dell'istanza di cui al comma 2 dell'art. 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, puo' definire, in Camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata. In disparte la sua applicabilita' a decorrere dal 1° gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una tecnica decisoria piu' agevole e veloce, senza tuttavia imporla nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul complessivo giudizio di (in)effettivita' del rimedio interno secondo la concezione dell'art. 13 della Convenzione europea, come elaborata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il che ripropone intatta la questione in esame. Diversa e', invece, proprio sul terreno dell'effettivita', la funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa riparazione. Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto la funzione di segnalare al giudice il permanente interesse della parte alla definizione del giudizio, sovente venuto meno per circostanze sopravvenute alla sua proposizione (quali atti di autotutela o sanatorie), con la conseguenza che la mancata presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione della domanda, costituisce indice di scarso interesse alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da cio' ha desunto la legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura inferiore rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). Cio' non vuol dire, ovviamente, che l'assenza del prelievo impedisca la decisione del giudice amministrativo, una volta che, come e' si detto, la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata con la proposizione dell'istanza di fissazione dell'udienza di trattazione del ricorso. Tant'e' che prima del decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche a S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall'instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell'istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione di strumenti sollecitatori non sospende ne' differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, ne' implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilita' per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell'apprezzamento della entita' del lamentato pregiudizio (cosi' e per tutte, S.U. n. 28507/05). Il senso ultimo dell'operazione posta in essere dal legislatore del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1, comma 777, lettera a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell'imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo. Non mette conto, per i limiti di rilevanza della questione, indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della legge n. 89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita' dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del fatto che i rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione dell'art. 6, par. 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia consumata (salvo rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali). Per contro, nel caso dei processi pendenti alla data del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilita' della domanda di equa riparazione non e' esclusa ove l'istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli piu' o meno regolari (v. Cassazione n. 14386/15); e che l'istanza di prelievo, anche quando condiziona ratione temporis la proponibilita' della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferita all'intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e 2172/17). 3.4.1. - Resta - difficilmente eludibile - una significativa diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio interno deve garantire o la durata ragionevole del giudizio o l'adeguata riparazione della violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La sua finalita' selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate nell'ambito di un processo peculiare come quello amministrativo, in cui piu' che in altri il rapporto sostanziale tra le parti e' soggetto alla temperie di fattori esterni e mutevoli destinati ad incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della norma dall'altro ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, un processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto al termine di durata ragionevole e alle conseguenze della relativa violazione. Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel rilevare che ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa, tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione dell'udienza di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso che «(i) ricorrenti non avevano dunque alcun interesse a sollecitare una seconda volta la cancelleria del Tribunale amministrativo regionale per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto non lo sia la semplice istanza di fissazione dell'udienza, essendo dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale fino al limite della perenzione; ma che altresi' si trasfigura rispetto al proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per ragioni d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione di interesse alla decisione. 4. - Dunque e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio preventivo e' tale se efficacemente sollecitatorio, l'interesse alla risposta giurisdizionale derivando dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge n. 89/01 e del piu' volte citato art. 54, comma 2, il rimedio preventivo non e' sollecitatorio, ma puramente dichiarativo di un interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. Non e' possibile un'interpretazione convenzionalmente orientata di tale norma che non si traduca nella sua sostanziale e intera disapplicazione. E' l'idea stessa del prelievo quale condizione d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. Di qui la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionalita', nei termini di cui in dispositivo.