LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda sezione civile  
 
    composta da: 
        Stefano Petitti - Presidente; 
        Felice Manna - consigliere; 
        Vincenzo Correnti - consigliere; 
        Ubaldo Bellini - consigliere rel; 
        Alberto Giusti - consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
21717-2016 proposto da: 
        Pagano Giuseppina, elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via
Cipro 77, presso lo studio dell'avvocato  Gerardo  Russillo,  che  la
rappresenta e difende; ricorrente; 
    contro Ministero dell'economia e delle  finanze  in  persona  del
Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi
12, presso l'avvocatura generale dello Stato, che  lo  rappresenta  e
difende ope legis; controricorrente; 
    avverso il decreto n. 170/2016 della Corte d'appello di  Potenza,
deposito il 24 marzo 2016; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal Consigliere Ubaldo Bellini; 
    udito il pubblico ministero in persona del Sostituto  Procuratore
Generale Dott. Corrado Mistri, che  ha  concluso  per  la  rimessione
degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    La Corte d'Appello di Potenza, con decreto depositato il 24 marzo
2016, rigettava l'opposizione, proposta da Giuseppina Pagano in  data
2 febbraio 2016 avverso il diniego della domanda  (presentata  il  20
gennaio 2016) di equa riparazione del danno non patrimoniale derivato
dalla non ragionevole durata di una controversia svoltasi davanti  al
tribunale amministrativo regionale  della  Basilicata  (promossa  nel
luglio del 1998 e definita con sentenza depositata  il  13  settembre
2014, passata in giudicato il  15  ottobre  2015),  gia'  negata  dal
consigliere delegato procedente  sul  rilievo  che  nel  procedimento
presupposto non risultava esser stata presentata istanza di prelievo. 
    Dato atto  che,  con  l'opposizione,  la  Pagano  aveva  invocato
l'indirizzo ermeneutico secondo cui, se alla data del 25 giugno  2008
(di entrata in vigore dell'art. 54 della legge 6 agosto 2008, n. 133)
l'istanza  di  prelievo  non   era   stata   proposta,   il   diritto
all'indennizzo spettava comunque per  la  fase  precedente  a  quella
data, la Corte territoriale - risultando dagli atti del giudizio  che
la ricorrente non aveva proposto istanza di prelievo, infungibile con
quella di fissazione di udienza - affermava viceversa che  (ai  sensi
dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge 23 giugno 2008, n. 112, come
modificato  dall'art.  3,  comma  23,  dell'allegato  4  al   decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104), nei giudizi  pendenti  alla  data
del 16  settembre  2010  (come  quello  in  esame)  la  presentazione
dell'istanza di prelievo condiziona la proponibilita'  della  domanda
di indennizzo anche  per  il  periodo  anteriore  alla  presentazione
medesima (orientamento, questo, ritenuto ancora valido anche a fronte
della sopravvenuta disciplina dei rimedi  alla  irragionevole  durata
dei processi della legge n. 208 del 2015). 
    Per la cassazione dell'impugnato decreto della Corte d'Appello di
Potenza, la Pagano ha proposto ricorso, con atto notificato il  20-23
settembre 2016, sulla base di un unico motivo. 
    Il Ministero dell'economia  e  delle  finanze  ha  resistito  con
controricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con l'unico motivo, la ricorrente denuncia la  violazione  e
la falsa applicazione dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112
del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008,  nonche'  dell'art.
13 e 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo. 
    In particolare, la ricorrente deduce che (come anche affermato da
giurisprudenza di legittimita') la mancata presentazione dell'istanza
di prelievo non puo' assumere valore  interruttivo  o  sospensivo  ai
fini dei computo della durata del processo, giacche' la previsione di
strumenti  sollecitatori  non  incide  sul  dovere  dello  Stato   di
pronunciare sulla domanda, anche in caso di  omesso  esercizio  degli
stessi,  ne'  implica   il   trasferimento   sul   ricorrente   della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del lamentato pregiudizio. E rileva come, altresi', la  Corte
europea dei diritti dell'uomo (sentenza 25 febbraio 2016, Olivieri  e
altri c. Italia) abbia recentemente  affermato  che  l'indennizzo  ex
lege  Pinto  e'  dovuto  anche  in  caso  di  mancata   presentazione
dell'istanza di prelievo,  ritenuta  inidonea  a  garantire  in  modo
effettivo l'accelerazione della decisione, giacche' nessuno strumento
atto a garantire un tale effetto e' fornito  dal  sistema  nazionale.
Laddove, poi, la parte deduce che la Corte  territoriale  neppure  ha
tenuto conto dell'indirizzo giurisprudenziale  in  virtu'  del  quale
essa avrebbe dovuto vedere riconosciuto almeno l'equo indennizzo  per
il periodo antecedente il 25 giugno 2008 data di  entrata  in  vigore
dell'art. 54 del decreto-legge n. 112 del 2008,  che  ha  configurato
l'istanza di prelievo come presupposto processuale della  domanda  di
equa riparazione. 
    2. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54,  2°  comma,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, come modificato dall'art. 3, comma  23,  dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11; in relazione
all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli artt. 6,
par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 
    2.1. - In base alla giurisprudenza ormai del  tutto  costante  di
questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi  pendenti,  come  nella  specie,  alla  data  del   16
settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'
condizione di proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  in
rapporto all'intero svolgimento del giudizio  presupposto,  e  dunque
anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008,  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione  di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l)»'art. 54, comma  2,  del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85)  -,  convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  I,  della  legge  6
agosto 2008, n. 133 - in vigore dal  22  agosto  2008  -,  nella  sua
versione originaria, disponeva: «La domanda di equa  riparazione  non
e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice  amministrativo  in
cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma  I,
non e'  stata  presentata  un'istanza  ai  sensi  del  secondo  comma
dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n.  642,  nei  sei
mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui  all'art.
4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono
state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2,  dopo
le parole «articolo 2, comma 1» sono  inserite  le  seguenti:  «della
legge 24 marzo 2001, n. 89» e le parole  «nei  sei  mesi  antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)» sono soppresse»; c) conseguentemente, il testo definitivo
dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  quale
convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente:
«La domanda di equa riparazione non e' proponibile  se  nel  giudizio
dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata
la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89,
non e'  stata  presentata  un'istanza  ai  sensi  del  secondo  comma
dell'articolo 51 del regio  decreto  17  agosto  1907,  n.  642»;  d)
successivamente, l'art. 3,  comma  23,  dell'Allegato  4  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16  settembre  2010
-, ha stabilito che, all'art. 54, comma 2, del decreto-legge  n.  112
del  2008,  «le  parole  «un'istanza  ai  sensi  del  secondo   comma
dell'articolo 51 del regio decreto  17  agosto  1907,  n.  642»  sono
sostituite dalle seguenti: «l'istanza di prelievo di cui all'articolo
81, comma 1, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo
al   periodo   anteriore   alla   sua   presentazione»;   e)   ancora
successivamente, l'art. 1,  comma  3,  lettera  a),  numero  6),  del
decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive
ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104,  recante
codice del processo amministrativo, a  norma  dell'articolo  44,  41,
comma 4, della legge 18 giugno  2009,  n.  69)  -  in  vigore  dall'8
dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma 23, le parole «81,  comma
1» sono sostituite dalle seguenti «71, comma 2»; f)  la  disposizione
dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 - in  vigore
dal 16 settembre 2010 - risulta del  seguente  testuale  tenore:  «La
domanda di equa  riparazione  non  e'  proponibile  se  nel  giudizio
dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata
la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89,
non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71,
comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo  al
periodo anteriore alla  sua  presentazione»;  g)  per  effetto  delle
modificazioni introdotte dalla legge n. 208 del 2015 nel testo  della
legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del
2015, in vigore dal 10 gennaio 2016), «il comma  2  dell'articolo  54
del  decreto-legge  25  giugno  2008,   n.   112,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133,  come  modificato
dall'articolo 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini di cui all'articolo 2,
comma 2-bis». 
    Questo essendo il quadro normativo di riferimento, e'  del  tutto
evidente  che  in  base  al  principio  tempus  regit  actum:  1)  ai
procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25  giugno
2008, si applica l'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112  del
2008 nei seguente testo: «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'articolo  51  del  regio  decreto  17
agosto 1907, n.  642»;  2)  ai  procedimenti  per  equa  riparazione,
promossi (come nella specie) a far data dal  16  settembre  2010,  si
applica - invece - l'art. 54, comma 2, dello stesso cid. n.  112  del
2008 nel seguente testo: «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata  presentata  l'istanza
di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione»; 3) non rileva (...) la previsione di cui all'art.  6,
comma 2-ter, della legge n. 89 del 2001, applicandosi  essa  ai  soli
giudizi amministrativi per i quali il termine di  ragionevole  durata
sia  violato  alla  data  del  31  ottobre  2016»  (cosi  si  esprime
Cassazione n.  16404/16;  conformi,  Cassazione  nn.  5914-5915/12  e
3740/13). 
    2.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel gennaio del 2016, relativamente ad un
processo amministrativo pendente al 16 settembre 2010, la  disciplina
applicabile e' quella dell'art. 54, 2° comma decreto-legge n.  112/08
nel testo in vigore alla data della domanda stessa (ratione  temporis
non trova applicazione il comma 2-ter dell'art.  6  legge  n.  89/01,
introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1° gennaio 2016, per
essere stato definito il processo presupposto nel 2015). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in  vigore  del  decreto-legge  n.   112/08,   alla   condizione   di
proponibilita' dell'istanza di prelievo; la quale, a sua volta non e'
surrogabile con l'istanza di fissazione dell'udienza di  discussione,
neppure nel caso specifico prospettato da parte ricorrente. 
    In generale,  infatti,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte l'istanza di  prelievo  disciplinata  dall'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907,  n.  642,  e  l'istanza  di  fissazione
d'udienza, regolata dall'art. 23 della  legge  6  dicembre  1971,  n.
1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima  la  finalita'  di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10,  nonche',  tra  le
non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    In particolare, poi, l'insostenibile  equipollenza  tra  l'una  e
l'altra ipotesi non e' esclusa ove - come nel caso  in  esame  -  una
nuova istanza di discussione sia stata presentata  dopo  la  scadenza
del termine di centottanta giorni  previsto dall'art. 1, primo comma,
dell'allegato 3 al c.p.a. per  verificare  il  persistente  interesse
alla decisione del ricorso. Cio' non solo e  non  tanto  perche'  una
nuova istanza di fissazione  d'udienza  presentata  dopo  centottanta
giorni dell'interesse a che la causa sia trattata,  purche'  proposta
nei centottanta giorni dalla comunicazione del decreto di  perenzione
(e in mancanza di comunicazione senza neppure tale limite temporale);
ma anche ed  essenzialmente  in  quanto  il  prelievo  presuppone  un
processo amministrativo in cui la costituzione della parte ricorrente
si sia perfezionata, rendendo cosi' attuale l'obbligo del giudice  di
pronunciarsi. Pendenti i termini di cui al primo e al  secondo  comma
del ridetto articolo, tale  perfezione,  non  piu'  assicurata  dalla
prima istanza ex art. 23 legge tribunale amministrativo  regionale  a
causa dell'onere iterativo imposto dalla medesima  norma  transitoria
del c.p.a., non  puo'  farsi  dipendere  da  un  atto  cui  s'intenda
attribuire il diverso effetto del prelievo, che a  sua  volta  quella
costituzione perfetta presuppone. 
    Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza  di
prelievo,  la  domanda  di  equa  riparazione  sarebbe  improponibile
secondo il diritto vigente. 
    2.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare a  stregua  dei  piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato  che   una   prassi   interpretativa   ed   applicativa
dell'articolo 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08  che  avesse
avuto per effetto quello di opporsi all'ammissibilita' dei ricorsi ex
lege  Pinto  relativi  alla  durata  di  un  processo  amministrativo
conclusosi prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non  fosse  stata
presentata un'istanza di prelievo, avrebbe potuto  essere  di  natura
tale, da esonerare i ricorrenti interessati dall'obbligo di  esperire
il rimedio  interno;  e  che  lo  stesso  sarebbe  valso  per  quanto
riguardava i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione
d'urgenza dell'udienza fosse stata richiesta solo dopo  l'entrata  in
vigore  della  disposizione  in  questione.  In  questi  casi,  aveva
concluso la Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che
la norma, interpretata dai giudici nazionali nel senso  di  escludere
dalla determinazione della durata soggetta  a  indennizzo  i  periodi
anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente  alcune
categorie  di  ricorrenti  della   possibilita'   di   ottenere   una
riparazione adeguata e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  Italia
del 22 febbraio 2016 (ricorsi  nn.  17708/12,  17717/12,  17729/12  e
22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi   amministrativi:
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea
dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera  diretta  il  problema
dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege  n.  89/01  soggetta
alla  condizione   di   proponibilita'   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge  n.  112/08.   Ed   esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate dal decreto legislativo n. 104/10, ha convertito in critica
espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa  nel
caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione  di  ammissibilita'  di  un   ricorso   «Pinto»   previsto
dall'articolo 54, comma 2 della legge n. 112/08  risulta  essere  una
condizione formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla
procedura interna; c) che l'inammissibilita' automatica  dei  ricorsi
per equa riparazione, basata unicamente sul fatto  che  i  ricorrenti
non abbiano presentato l'istanza di  prelievo,  priva  questi  ultimi
della  possibilita'  di   ottenere   una   riparazione   adeguata   e
sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'articolo  54,  comma  2
del decreto-legge n. 112 del 2008 in combinato disposto con la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'articolo 13 della Convenzione». 
    2.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati  nel  1990,  i
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n.  89/01  presentate  vigente  il  testo  dell'art.  54,  comma   2,
decreto-legge n. 112/08 ante  decreto  legislativo  n.  104/10,  tale
precedente appare idoneo a  incidere  sulla  decisione  del  caso  in
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli artt.  1-bis  e  1-ter
della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lettera a,
della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri contro Italia  (v.  par.  65),  il  riferimento  al  ridetto
decreto legislativo non puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum
(peraltro di dubbia configurabilita'  in  un  contesto  motivazionale
esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di
raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo
tramite, la Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ha  confermato  e
viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul  pratico  operare
congiunto della legge n. 89/01 e  della  previsione  dell'istanza  di
prelievo quale  rimedio  preventivo.  E  dunque  pare  sovrabbondante
pretendere  ed  attendere  che,  adita  in  relazione  ad   un   caso
perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte  europea
dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni  operate  su
di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio  rileva  che  pur  .  non
avendo ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la decisione  sul  caso
Olivieri  e'  da  ritenersi  ormai  adeguatamente  consolidato.  Esso
costituisce il logico e preannunciato  sviluppo  del  principio  gia'
espresso  nella  sentenza  sul  caso   Daddi;   e'   stato   adottato
all'unanimita'; non presenta alcuna  attitudine  innovativa  rispetto
alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui  seguita;
concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma  anzi
connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca,  coerente,  nel
solco della giurisprudenza di detta Corte europea  sul  principio  di
effettivita'  per  come  esso  vive  in  concreto  negli  ordinamenti
nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del  modus
operandi dei giudici nazionali. 
    2.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare  l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/08 e successive modificazioni, alla luce della  Costituzione,  si
rileva che  la  legittimita'  costituzionale  della  norma  e'  stata
ritenuta in relazione specifica ai referenti degli  arti.  24  e  111
Cost. Una volta esclusane l'applicazione  retroattiva  (id  est,  del
testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla  data  del
16 settembre  2010  di  entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non
determina ne' irragionevoli disparita' di  trattamento,  ne'  lesione
alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa,  dal
momento che l'istanza di prelievo manifesta l'interesse  della  parte
ad una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione
n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella dei binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/10, e sostituita  la  disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art.  71-bis,  aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/10
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/15, in base  al
quale a seguito dell'istanza di cui  al  comma  2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'au o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi Cassazione n. 3271/11, che  da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come e' si detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole va riscontrata, anche per  le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne' implica  il  trasferimento  sul.  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1,  comma
777, lettera a, della legge n. 208/15, consiste  dunque  nell'imporre
al  ricorrente  di  prenotare  gli  effetti  della  riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del  fatto  che  i
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia consumata  (salvo
rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe  di  adottare
corsie decisorie preferenziali). Per contro, nel  caso  dei  processi
pendenti alla data  del  16  settembre  2010,  l'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/08 impone  tale  prenotazione  indipendentemente
dalla circostanza che la violazione si sia gia'  realizzata  o  meno.
Prova, ne sia che la proponibilita' della domanda di equa riparazione
non e' esclusa ove l'istanza di prelievo  sia  stata  presentata  una
sola volta  e  in  epoca  risalente  rispetto  alla  conclusione  del
giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale  ne
impongono la reiterazione ad intervalli  piu'  o  meno  regolari  (v.
Cassazione n. 14386/15); e che l'istanza di  prelievo,  anche  quando
condiziona  ratione  temporis  la  proponibilita'  della  domanda  di
indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che  va
riferita all'intero svolgimento processuale  e  non  alla  sola  fase
seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e 2172/17). 
    2.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti.  Mentre  per  la  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo il rimedio interno deve garantire o  la
durata  ragionevole  del  giudizio  o  l'adeguata  riparazione  della
violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo  che  vi
si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l'art. 54,  comma
2, decreto-legge n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La  sua
finalita' selettiva,  volta  a  impedire  riparazioni  indiscriminate
nell'ambito di un processo peculiare come quello  amministrativo,  in
cui piu' che in altri  il  rapporto  sostanziale  tra  le:  parti  e'
soggetto alla temperie di fattori esterni  e  mutevoli  destinati  ad
incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della
norma  dall'altro  ne  denuncia  il  contrasto  irredimibile  con  la
Convenzione. Secondo la Corte EDU, infatti, un processo finche' pende
e' per cio' stesso e per cio' solo  soggetto  al  termine  di  durata
ragionevole e alle conseguenze della relativa violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria del tribunale  amministrativo  regionale
per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che
fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge
cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non
solo, non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto
non lo sia la semplice istanza di  fissazione  dell'udienza,  essendo
dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale  fino
al limite della perenzione; ma che altresi' si trasfigura rispetto al
proprio originale, divenendo, da strumento sollecitatorio per ragioni
d'urgenza, mezzo di' pura prenotazione dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione  di'   interesse   alla
decisione. 
    3. - Dunque e  riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio preventivo e' tale  se
efficacemente    sollecitatorio,    l'interesse     alla     risposta
giurisdizionale derivando dalla stessa  pendenza  del  processo,  nel
sistema integrato della legge n. 89/01 e del piu' volte  citato  art.
54,  comma  2„  il  rimedio  preventivo  non  e'  sollecitatorio,  ma
puramente dichiarativo di un interesse  altrimenti  gia'  incardinato
nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di qui  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112 del 2008,  convertito  con  modificazioni  dalla
legge n. 133  del  2008,  come  modificato  dall'art.  3.  comma  23,
dell'Allegato 4 al decreto legislativo n. 104 del 2010 e dall'art. 1,
comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo correttivo n.
195 del 2011, per contrasto con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par.  1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai  giudizi  pendenti
alla data del  16  settembre  2010  e  per  la  loro  intera  durata,
subordina la proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  per
l'irragionevole  durata  dei  giudizi  amministrativi   alla   previa
presentazione dell'istanza di prelievo.