Ricorso per conflitto di attribuzioni ex art. 134 Cost. nell'interesse della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, con sede in Aosta, p.zza Deffeyes, n. 1, c.f. 80002270074, in persona del presidente pro tempore, Laurent Vierin, rappresentata e difesa nel presente giudizio, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione della Giunta regionale n. 455 del 9 aprile 2018, dal prof. avv. Giovanni Guzzetta (c.f. GZZGNN66E16F158V; PEC giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org), presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi, n. 72, ha eletto domicilio; ricorrente. Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12, resistente. Per la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dello sviluppo economico, il potere di adottare il decreto del Ministero dello sviluppo economico 16 febbraio 2018, recante: «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale», perche' illegittimo, in quanto lesivo delle attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, nelle parti espressamente riferite alla Camera valdostana delle imprese e delle professioni/Chambre valdȏtaine des entreprises et des activites liberales, avuto, segnatamente, riguardo agli articoli 6, comma 1, e 7. commi 1, 3, 5, 6, 7, 8, nonche' agli allegati A), C) e D), e, quindi, per l'annullamento in parte qua del predetto decreto. Fatto 1. Ai sensi dell'art. 3, comma 4, decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 («Attuazione della delega di cui all'art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura»), e' stato emanato il decreto del Ministero dello sviluppo economico 16 febbraio 2018 (di seguito, decreto ministeriale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 marzo 2018, n. 57, avente ad oggetto «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale» (all. n. 2). 2. In particolare, attraverso il citato decreto ministeriale, si e' provveduto alla ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, all'istituzione delle nuove camere di commercio, alla soppressione delle camere interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione ed alle altre determinazioni conseguenti ai piani trasmessi da Unioncamere, a mente dell'art. 3, commi 2 e 3, del medesimo decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219. 3. In conformita' all'art. 22 della legge di delegazione 7 agosto 2015, n. 124, l'art. 8, comma 3, del provvedimento impugnato statuisce che «(l)e disposizioni di cui al presente decreto sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 4. Cio' nondimeno, il decreto ministeriale ed i relativi allegati recano alcune prescrizioni direttamente applicabili alla Camera valdostana delle imprese e delle professioni/Chambre valdȏtaine des entreprises et des activites liberales (di seguito, Camera valdostana), che qui si riportano: a) art. 6, comma 1: «Si approvano gli interventi di razionalizzazione e riduzione delle aziende speciali cosi' come determinati nel piano di cui al comma 2, lettera b), dell'art. 3, del decreto legislativo n. 219 del 2016, a seguito dei quali il numero delle aziende speciali e' rideterminato nel numero di 58 come individuato nell'allegato C) - il quale, con riferimento alla Camera valdostana, prevede il divieto di istituire aziende speciali, n.d.r. - mediante accorpamento e soppressione di aziende che svolgono compiti simili o che possono essere svolti in modo coordinato ed efficace da un'unica azienda»; b) art. 7, comma 1: «Sono approvate le dotazioni organiche cosi' come determinate nel piano di cui al comma 3, dell'art. 3, del decreto legislativo n. 219 del 2016 ed individuate nell'allegato D - il quale, in relazione alla Camera valdostana, quantifica le dotazioni stesse in 36 unita', suddivise per categorie e profili professionali, n.d.r. - che e' parte integrante del presente decreto»; c) art. 7, comma 3: «Le camere di commercio di cui all'allegato A) - tra le quali rientra anche la Camera valdostana, n.d.r. - al presente decreto, in sede di prima programmazione dei fabbisogni ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive integrazioni e modificazioni, sono tenute a rideterminare il proprio contingente di personale dirigente e non dirigente e, di conseguenza, le proprie dotazioni organiche, tenendo conto del riassetto dei servizi e degli ambiti prioritari di intervento individuati ai sensi del comma 4, lettera a-bis) dell'art. 18 della legge n. 580 del 1993 e successive integrazioni e modificazioni»; d) art. 7, comma 5: «Fino all'adozione degli atti di cui ai commi 3 e 4 e' in ogni caso vietata, a pena di nullita', l'assunzione o l'impiego di nuovo personale o il conferimento di incarichi, a qualunque titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione»; e) art. 7, comma 6: «Successivamente alla rideterminazione delle dotazioni organiche di cui ai commi 3 e 4, qualora dalla stessa risultassero unita' di personale in soprannumero, Unioncamere: a) individua, d'intesa con le camere di commercio, le disponibilita' di posti da destinare a processi di mobilita' volontaria delle unita' suddette tra le medesime camere di commercio; b) comunica al Dipartimento della finzione pubblica le unita' numeriche, distinte per categoria e camera di commercio di appartenenza, costituenti le posizioni soprannumerarie residue, al fine di acquisire dal Dipartimento medesimo le disponibilita' di posti da destinare alla ricollocazione di' detto personale, previa ricognizione tra le amministrazioni pubbliche di cui al comma 7, dell'art. 3, del decreto legislativo n. 219 del 2016 e nei limiti di posti di cui al comma 6 del medesimo articolo; c) assevera, nei confronti del Dipartimento della funzione pubblica e delle amministrazioni pubbliche interessate, la sussistenza di posizioni soprannumerarie nella categoria e nella camera di commercio di appartenenza del personale che richiede il trasferimento per mobilita' presso le amministrazioni suddette. Tale asseverazione e' inviata anche al Ministero dello sviluppo economico»; f) art. 7, comma 7: «All'eventuale personale soprannumerario non ricollocato, ai sensi del comma 6 entro il 31 marzo 2019, si applicano le disposizioni di cui ai commi 6 e 7, dell'art. 3 del decreto legislativo n. 219 del 2016»; g) art. 7, comma 8: «L'assunzione o l'impiego di nuovo personale o il conferimento di incarichi, a qualunque titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione e' in ogni caso vietata, a pena di nullita', fino al completamento delle eventuali procedure di cui ai commi 6 e 7 nelle Regioni interessate. Il Dipartimento della funzione pubblica darai comunicazione alle camere di commercio di ciascuna Regione e al Ministero dello sviluppo economico dell'avvenuto completamento delle procedure di cui al comma 6». 5. Per quanto qui di precipuo interesse, giova segnalare come, con nota prot. DAR 220 P-4.37.2.12, datata 8 gennaio 2018, la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste abbia chiesto di emendare alcune parti dello schema di decreto ministeriale, in considerazione della specifica normativa regionale in tema di servizi camerati (all. n. 3). 6. Le proposte avanzate dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste non sono state accolte, e, nella seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, svoltasi in data 11 gennaio 2018, e' stata sancita la mancata intesa (all. n. 4). 7. Con delibera assunta a norma dell'art. 3, comma 3, decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 («Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali»), nella riunione dell'8 febbraio 2018, il Consiglio dei ministri ha autorizzato il Ministero dello sviluppo economico ad adottare, pure in carenza di intesa, il decreto esaminato in sede di Conferenza permanente. Il decreto ministeriale impugnato e' illegittimo e violativo delle attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, che ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi di Diritto 1. Lesione da parte statale delle attribuzioni della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione degli articoli 48-bis, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 («Statuto speciale per la Valle d'Aosta») e 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 («Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta»), in relazione agli articoli 11 e 22 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532 («Devoluzione alla Valle d'Aosta di alcuni servizi»), nonche' all'art. 1 legge Regione autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, n. 7 («Riordino dei servizi camerali della Valle d'Aosta»). Non spettanza allo Stato del potere di adottare il decreto in epigrafe. La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, con il presente ricorso, deduce, anzitutto, la lesione delle proprie attribuzioni legislative, in materia di modifica delle norme di trasferimento di funzioni, ai sensi degli articoli 48-bis dello Statuto e 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320. Sul punto, occorre preliminarmente sottolineare come l'art. 1 legge Regione autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, n. 7, abbia istituito la Camera valdostana, quale ente autonomo locale di diritto pubblico, preposto all'esercizio delle competenze amministrative a suo tempo conferite, in forza degli articoli 11 e 22 decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, dallo Stato alla Regione, con proprio ufficio e personale, previa soppressione dell'allora Camera di commercio, industria e agricoltura di Aosta. L'art. 15 decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, tra l'altro, aveva contemplato la possibilita' che «i servizi per l'industria, il commercio e l'agricoltura (venissero) in seguito trasferiti ad un apposito ente da costituirsi localmente (...)». In base all'art. 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320, le norme di trasferimento di funzioni recate dal predetto decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, godono di una posizione «privilegiata» nel sistema delle fonti, potendo essere modificate, solo ed esclusivamente, attraverso l'iter di approvazione dei decreti legislativi di attuazione statutaria, descritto dall'art. 48-bis dello Statuto. Come noto, il menzionato art. 48-bis stabilisce che «(i)l Governo e' delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi recanti le disposizioni di attuazione del presente Statuto e le disposizioni per armonizzare la legislazione nazionale con l'ordinamento della regione Valle d'Aosta, tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuita alla regione» (comma 1), aggiungendo che «(g)li schemi dei decreti legislativi sono elaborati da una commissione paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal Governo e tre dal consiglio regionale della Valle d'Aosta e sono sottoposti al parere del consiglio stesso» (comma 2). Stando agli articoli 48-bis dello Statuto e 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320, dunque, eventuali modifiche all'assetto delle attribuzioni amministrative in tema di servizi camerali, quale originariamente delineato dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, sono subordinate ad un duplice limite di ordine formale, l'uno, attinente al tipo (decreto legislativo) ed al rango (primario) della fonte abilitata ad introdurre le modifiche stesse, l'altro, inerente al carattere necessariamente «bilaterale» della connessa procedura. In tal senso, del resto, depone anche la giurisprudenza di codesta ecc. ma Corte, allorche', nella sentenza n. 38 del 2003, si e' puntualizzato che «l'art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta) (...) ha stabilito che le norme di attuazione contenute nelle leggi preesistenti, l'ordinamento finanziario della Regione stabilito ai sensi dell'art. 50, quinto comma, dello statuto, nonche' "le norme di trasferimento di funzioni alla Regione Valle d'Aosta contenute nel decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545", oltre che nei decreti legislativi n. 365 e n. 532 del 1946, "possono essere modificati solo con il procedimento di cui all'art. 48-bis del medesimo statuto speciale"». Orbene, la disciplina dettata dall'art. 48-bis dello Statuto viene in rilievo anche nella vicenda in esame, atteso che la legge Regione autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, n. 7, affidando alla Camera valdostana l'esercizio di competenze nella titolarita' della Regione stessa, per effetto del trasferimento compiuto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, si colloca nel medesimo ambito sostanziale di quest'ultimo, costituito, per l'appunto, dalla regolamentazione dei servizi camerali nel territorio della Valle d'Aosta. Di qui, l'illegittimita' del decreto ministeriale impugnato, avendo lo Stato, e, per esso, il Ministero dello sviluppo economico, preteso di incidere sull'assetto organizzativo e funzionale della Camera valdostana definito dalla legge Regione autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, 7, e, quindi, sul complesso delle funzioni amministrative, gia' devolute dallo Stato alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, ricorrendo, in patente violazione dell'art. 48-bis dello Statuto, ad un atto di livello secondario, oltretutto adottato unilateralmente, in difetto di accordo con la Regione stessa, in sede di Commissione paritetica. A riprova della correttezza di tale impostazione, e' dirimente, ancora una volta, il richiamo alla sentenza n. 38 del 2003, con cui codesta ecc.ma Corte ha annullato l'art. 10 decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 («Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto - n. 17 dell'allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59»), nella parte in cui stabiliva che i compiti assegnati dal regolamento stesso al Prefetto ed alle Prefetture, dovessero intendersi riferiti, quanto alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, al Presidente della Commissione di coordinamento ed al suo ufficio. In tale pronuncia, infatti, codesta ecc.ma Corte ha sostenuto che «la regola dell'esercizio da parte del Presidente della Regione delle funzioni prefettizie (...) - contenuta nell'art. 4 decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, anch'esso soggetto, come detto, alle garanzie procedurali di cui all'art. 48-bis dello Statuto, n.d.r. - potrebbe subire deroghe solo in forza di un provvedimento legislativo, adottato secondo la procedura prevista per le norme di attuazione, e non ad opera di una legge ordinaria (cfr. sentenze n. 180 del 1980 e n. 237 del 1983): tanto meno, dunque, ad opera di un semplice regolamento, come quello qui impugnato, sia pure di "delegificazione", emanato peraltro in attuazione di disposizioni di legge (l'art. 20 della legge n. 59 del 1997 e successive modificazioni) che non contenevano, ne' potevano contenere, l'abilitazione al Governo a disporre in difformita' da norme di attuazione degli statuti speciali». 2. Lesione da parte statale delle attribuzioni della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione del principio di sussidiarieta' ex art. 118 Cost., del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost., nonche' degli articoli 2, comma 1, lettere a), b), d), n), p), q), 3, comma 1, lettera a), 4, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 («Statuto speciale per la Valle d'Aosta»), in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, Cost. e 10 legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 («Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»). Non spettanza allo Stato del potere di adottare il decreto in epigrafe. Come visto, gli articoli 48-bis dello Statuto e 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 restituiscono, in tema di allocazione delle funzioni amministrative riguardanti i servizi camerali, un modello di tipo «bilaterale» e «negoziato», speciale ed alternativo rispetto alle forme procedimentali ordinarie, mediante le quali, si realizza l'interazione tra diversi livelli di governo, alla stregua dei principi di sussidiarieta' (art. 118 Cost.) e di leale collaborazione (articoli 5 e 120 Cost.). Tale modello implica, ai fini di eventuali variazioni all'assetto delle funzioni in questione, il preventivo accordo tra lo Stato e la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, da raggiungere in seno alla Commissione paritetica. Peraltro, sia detto a scopo meramente tuzioristico, anche a voler applicare lo schema generale della «chiamata in sussidiarieta'», cosi' come evocato - ma, appunto, su ricorso di alcune Regioni ad autonomia ordinaria - da codesta ecc.ma Corte, nella sentenza n. 261 del 2017 avverso il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (di cui si dira' ampiamente infra), il provvedimento censurato si appalesa, comunque, illegittimo, pure con riferimento ai citati principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione, nonche' - e correlativamente - alla potesta' legislativa riconosciuta dagli articoli 2, comma 1, lettera a) - «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» b) - «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» d) - «agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna», n) - «incremento dei prodotti tipici della Valle», p) - «artigianato», q) - «industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio», 3, comma 1, lettera a) - «industria e commercio», ed al successivo art. 4 dello Statuto valdostano, a tenore del quale, «(l)a Regione esercita le funzioni amministrative sulle materie nelle quali ha potesta' legislativa a norma degli articoli 2 e 3, salve quelle attribuite ai comuni ed agli altri enti locali dalle leggi della Repubblica». E' appena il caso di ricordare, da questo punto di vista, come l'elevazione dei criteri di sussidiarieta' e di leale collaborazione (secondo lo schema della «chiamata in sussidiarieta'»), a parametro di legittimita' del decreto ministeriale gravato, in tanto potrebbe essere astrattamente ammissibile, in quanto si supponga a) la riconduzione dei titoli competenziali di cui si denuncia la lesione, ai commi 3 e 4 dell'art. 117 Cost., invocabili anche nella presente fattispecie, in virtu' della clausola di maggior favore contenuta nell'art. 10 legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, e b) la potesta' legislativa derivante da tali norme costituzionali, sottratta ai piu' stringenti vincoli, ai quali, invece, rispondono le omologhe funzioni statutarie. Nella misura in cui si accolgano tali premesse, allo scopo di vagliare compiutamente i profili di illegittimita' sopra indicati, e' opportuno prendere le mosse dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la quale, nel ripercorrere l'evoluzione storico-normativa delle Camere di commercio, ha precisato, anzitutto, come l'art. 1, comma 1, legge 29 dicembre 1993, n. 580 («Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura»), abbia configurato le Camere stesse come enti pubblici muniti di autonomia funzionale, retti dal principio di sussidiarieta', e investiti di compiti suscettibili, se necessario, di essere ordinati in modo omogeneo sul piano nazionale (cfr. Corte costituzionale, sentt. nn. 261 e 86 del 2017, 29 del 2016, 374 del 2007). Le novita' apportate, da ultimo, dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, non hanno alterato le caratteristiche essenziali delle Camere di commercio, perche', come rammentato da codesta ecc.ma Corte, con tale provvedimento legislativo, «e' stata "realizzata una razionalizzazione e riduzione dei costi del sistema camerale, confermando, tra le altre: l'attribuzione dei compiti in materia di pubblicita' legale e di settore mediante la tenuta del registro delle imprese; le funzioni specificatamente previste dalla legge in materia di tutela del consumatore e della fede pubblica, vigilanza e controllo sulla sicurezza e conformita' dei prodotti e sugli strumenti soggetti alla disciplina della metrologia legale; le competenze in materia di rilevazione dei prezzi e delle tariffe, rafforzando la vigilanza da parte del Ministero dello sviluppo economico" (sentenza n. 86 del 2017). Accanto a queste sono stati mantenuti compiti che incidono su competenze regionali, tenuto conto della perdurante attribuzione, tra le altre (in via meramente esemplificativa) delle funzioni di sviluppo e promozione del turismo, di supporto alle imprese, di orientamento al lavoro ed alle professioni nella parte in cui concernono anche dette competenze (art. 2, comma 2, della legge n. 580 del 1993, nel testo sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera b, numero 2, del decreto legislativo n. 219 del 2016)» (cosi', Corte costituzionale, sentenza n. 261 del 2017). Dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, pertanto, si evince chiaramente come le funzioni espletate dalle Camere di commercio, a mente dell'art. 2, comma 2, legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), n. 2), decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, siano espressione sia di competenze esclusive dello Stato, che di competenze concorrenti e/o residuali delle regioni. Codesta ecc. Corte e' assolutamente costante nel ritenere che, qualora una data disciplina impinga - come nel caso delle Camere di commercio - in settori materiali rimessi, contestualmente, alla potesta' normativa statale e/o regionale, la sussistenza di esigenze di carattere unitario, ovvero l'inestricabile intreccio tra tali plurime competenze, non risolvibile tramite un criterio di netta prevalenza, ben possono giustificare, in deroga all'ordinario riparto tratteggiato dal Titolo V della Carta fondamentale, l'avocazione in sussidiarieta' delle funzioni amministrative - e di quelle legislative volte a regolarne il concreto esercizio -, a condizione che, in ossequio al principio di leale collaborazione, ed a tutela delle prerogative costituzionali delle regioni, sia garantito il loro adeguato coinvolgimento nella determinazione contenutistica dell'atto deliberativo, attraverso lo strumento dell'intesa (in tema, cfr., ex plurimis, Corte costituzionale, sentt. nn. 74 del 2018, 170 e 114 del 2017, 251, 142, 110, 65, 21, 7 e 1 del 2016, 262 del 2015, 88 del 2014, 297, 163, 139 del 2012, 278 del 2010, 401 del 2007, 31 del 2006, 339 e 62 del 2005, 27 e 6 del 2004, 303 del 2003). In questa logica, codesta ecc.ma Corte ha posto, altresi', l'accento sulla necessita' che le procedure di consultazione siano assistite da «meccanismi per il superamento delle divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione», ferma restando la possibilita' che, quando le strategie concertative diano esito negativo, il Governo pervenga ad una decisione unilaterale, purche' «corredata da una motivazione esplicita, specifica e concreta, ove si dia conto degli scambi intercorsi e dei perduranti punti di dissenso e, alla luce di cio', si illustrino le ragioni per cui si ritiene urgente una determinazione della sola parte statale, o comunque non piu' praticabile - eventualmente anche dopo la scadenza del previsto termine di 30 giorni - un ulteriore protrarsi delle trattative» (cosi', Corte costituzionale, sentenza n. 1 del 2016; nello stesso senso, cfr. Corte costituzionale, sentt. nn. 251 e 7 del 2016, 179 del 2012, 165 del 2011, 121 del 2010, 24 del 2007, 21 del 2006, 378 e 339 del 2005, 27 del 2004). In ultima analisi, ad avviso di codesta ecc.ma Corte, il soddisfacimento delle istanze partecipative facenti capo alle regioni postula l'esperimento di attivita' di concertazione e coordinamento orizzontale, condotte nella forma dell'intesa, ed ispirate ad un principio di lealta', il quale, se per un verso, comporta la sintesi e la composizione dialettica dei diversi interessi rappresentati da ciascun livello di governo, per un altro, esclude che l'eventuale emanazione unilaterale dell'atto, comunque consentita onde evitare che l'inerzia di una delle parti possa causare un blocco procedimentale, sia mera conseguenza della mancata realizzazione dell'accordo entro un determinato periodo di tempo, ovvero dell'urgenza del provvedere. E' significativo notare come, proprio nel solco di tale filone giurisprudenziale, codesta ecc.ma Corte, con la menzionata sentenza n. 261 del 2017, in accoglimento del ricorso promosso dalle Regioni Puglia, Toscana, Liguria e Lombardia - tutte, si ribadisce, a Statuto ordinario -, abbia dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4, decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, laddove disponeva che decreto del Ministero dello sviluppo economico che qui si impugna dovesse essere adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano», anziche' previa intesa in detta Conferenza. Nello specifico, codesta ecc.ma Corte ha motivato la propria decisione, sulla base delle seguenti argomentazioni: «L'intervento del legislatore statale sul profilo in esame non e' di per se' illegittimo, essendo giustificato dalla finalita' di realizzare una razionalizzazione della dimensione territoriale delle camere di commercio e di perseguire una maggiore efficienza dell'attivita' da esse svolta, conseguibile soltanto sulla scorta di un disegno unitario, elaborato a livello nazionale. Tale ragione giustificatrice dell'intervento del legislatore statale non esclude tuttavia che, incidendo l'attivita' delle camere di commercio su molteplici competenze, alcune anche regionali, detto obiettivo debba essere conseguito nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenza n. 251 del 2016)» (cosi', Corte costituzionale, sentenza n. 261 del 2017, punto n. 12.1.1 del considerato in diritto). Alla luce delle riflessioni che precedono, quindi, il decreto ministeriale in parola si pone in radicale contraddizione con le direttrici interpretative ed applicative enucleate da codesta ecc.ma Corte, nella declinazione dei canoni di sussidiarieta' e di leale collaborazione, dal momento che, non solo le proposte di modifica dettagliatamente formulate dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste (all. n. 3) - la quale, peraltro, si trova, come detto, in una posizione certamente differenziata rispetto alle altre Regioni ordinarie, quantomeno relativamente alla porzione di competenze ascrivibili alle garanzie statutarie - non sono state recepite in sede di Conferenza permanente - che, anzi, da quanto risulta dal resoconto della seduta, tenutasi in data 11 gennaio 2018, ne ha completamente omesso la valutazione (all. n. 5) -, ma, neppure, si e' ottemperato al qualificato onere motivazionale, finalizzato a controbilanciare l'assenza di intesa, e reso, nel caso di specie, ancor piu' pregnante, proprio dalla condizione di speciale autonomia rivestita, nel quadro dell'ordinamento costituzionale, dalla Regione medesima. A questo proposito, e' da osservare, in primo luogo, come, nel verbale di mancata intesa - sulla cui scorta e' intervenuta la deliberazione del Consiglio dei ministri ex art. 3, comma 3, decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 -, si alluda, genericamente, all'urgenza di emanare il decreto, avendo «il Ministero dello sviluppo economico (...) rilevato l'impossibilita' di accordare ulteriori rinvii sul provvedimento, per la rilevanza delle questioni in esame, da risolvere unilateralmente» (all. n. 4). Analogamente, le premesse del decreto ministeriale - ricollegandosi, implicitamente, agli obiettivi di politica legislativa astrattamente individuati dall'art. 3 decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, rubricato, per l'appunto, «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale»-, si limitano a registrare, in modo assolutamente apodittico ed assertivo, «la necessita' di adottare il decreto secondo la procedura di cui al comma 3 dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di dare attuazione al processo di riforma delle camere di commercio finalizzato alla razionalizzazione e riduzione dei costi del sistema camerale attraverso la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con conseguente riduzione del numero delle Camere di commercio entro il limite di 60, la razionalizzazione e riduzione delle sedi e delle aziende speciali camerali e la definizione di un piano complessivo di razionalizzazione organizzativa» (all. n. 2). Come agevolmente riscontrabile, l'emanazione del decreto ministeriale di cui si discorre, non e' corredata dal benche' minimo suggello argomentativo, in grado di rendere effettivamente ragione, in modo «specifico», «esplicito» e «concreto», del rigetto degli emendamenti presentati dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, nonche' dell'interruzione del processo di negoziazione, e della concentrazione, in capo allo Stato, del momento decisionale. Anche in questa seconda prospettiva, dunque, il decreto ministeriale censurato si risolve, altresi', nella menomazione delle attribuzioni legislative ed amministrative di cui la Regione e', come anticipato, intestataria, in ordine alla regolamentazione della Camera valdostana. Cio', lo si ripete, in contrasto con la clausola di salvaguardia enunciata dall'art. 8, comma 3, del provvedimento stesso, a mente della quale «(l)e disposizioni di cui al presente decreto sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (enfasi aggiunta). Per vero, la violazione delle attribuzioni suddette e' resa incontrovertibile dalla circostanza che, alla stregua della giurisprudenza teste' illustrata, l'eventuale interferenza dello Stato - a livello legislativo e/o amministrativo - in materie devolute alla potesta' regionale concorrente e/o residuale, rinviene il suo preliminare ed indefettibile requisito di legittimita', proprio nel rigoroso rispetto dei moduli operativi, posti a presidio del principio di leale collaborazione, di talche', la loro violazione non puo' che ridondare in pregiudizio anche di quelle competenze. Per tutto quanto esposto, la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata, rassegna le seguenti conclusioni.