Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  ex  art.  134   Cost.
nell'interesse della Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste,
con sede in Aosta, p.zza Deffeyes, n. 1, c.f. 80002270074, in persona
del presidente pro tempore, Laurent Vierin,  rappresentata  e  difesa
nel presente giudizio, in forza di procura  a  margine  del  presente
atto ed in virtu' della deliberazione della Giunta regionale  n.  455
del  9  aprile  2018,  dal  prof.  avv.   Giovanni   Guzzetta   (c.f.
GZZGNN66E16F158V;    PEC    giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org),
presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi,  n.  72,  ha  eletto
domicilio; ricorrente. 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo  Chigi,
piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex  lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi,  12,
resistente. 
    Per la dichiarazione che non spetta allo Stato,  e  per  esso  al
Ministero dello sviluppo economico, il potere di adottare il  decreto
del Ministero dello sviluppo economico  16  febbraio  2018,  recante:
«Riduzione  del   numero   delle   camere   di   commercio   mediante
accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale»,  perche'
illegittimo, in quanto lesivo  delle  attribuzioni  costituzionali  e
statutarie della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, nelle
parti espressamente riferite alla Camera valdostana delle  imprese  e
delle professioni/Chambre valdȏtaine des entreprises et des activites
liberales, avuto, segnatamente, riguardo agli articoli 6, comma 1,  e
7. commi 1, 3, 5, 6, 7, 8, nonche' agli allegati  A),  C)  e  D),  e,
quindi, per l'annullamento in parte qua del predetto decreto. 
 
                                Fatto 
 
    1. Ai sensi dell'art. 3, comma 4, decreto legislativo 25 novembre
2016, n. 219 («Attuazione della delega di cui all'art. 10 della legge
7 agosto  2015,  n.  124,  per  il  riordino  delle  funzioni  e  del
finanziamento delle camere di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura»), e'  stato  emanato  il  decreto  del  Ministero  dello
sviluppo  economico   16   febbraio   2018   (di   seguito,   decreto
ministeriale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 marzo  2018,  n.
57, avente ad oggetto «Riduzione del numero delle camere di commercio
mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del  personale»
(all. n. 2). 
    2. In particolare, attraverso il citato decreto ministeriale,  si
e' provveduto alla ridefinizione delle  circoscrizioni  territoriali,
all'istituzione delle nuove camere di  commercio,  alla  soppressione
delle   camere   interessate   dal   processo   di   accorpamento   e
razionalizzazione ed alle altre determinazioni conseguenti  ai  piani
trasmessi da Unioncamere, a mente dell'art.  3,  commi  2  e  3,  del
medesimo decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219. 
    3. In conformita' all'art. 22 della legge di delegazione 7 agosto
2015,  n.  124,  l'art.  8,  comma  3,  del  provvedimento  impugnato
statuisce che «(l)e disposizioni di  cui  al  presente  decreto  sono
applicabili  nelle  Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  Province
autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti
e le relative norme di attuazione anche con  riferimento  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 
    4. Cio' nondimeno, il decreto ministeriale ed i relativi allegati
recano  alcune  prescrizioni  direttamente  applicabili  alla  Camera
valdostana delle imprese e delle professioni/Chambre  valdȏtaine  des
entreprises  et  des  activites   liberales   (di   seguito,   Camera
valdostana), che qui si riportano: 
        a)  art.  6,  comma  1:  «Si  approvano  gli  interventi   di
razionalizzazione e  riduzione  delle  aziende  speciali  cosi'  come
determinati nel piano di cui al comma 2, lettera b), dell'art. 3, del
decreto legislativo n. 219 del 2016, a seguito dei  quali  il  numero
delle aziende  speciali  e'  rideterminato  nel  numero  di  58  come
individuato nell'allegato C) - il quale, con riferimento alla  Camera
valdostana, prevede il divieto di istituire aziende speciali,  n.d.r.
- mediante  accorpamento  e  soppressione  di  aziende  che  svolgono
compiti simili o che possono essere  svolti  in  modo  coordinato  ed
efficace da un'unica azienda»; 
        b) art. 7, comma 1: «Sono approvate  le  dotazioni  organiche
cosi' come determinate nel piano di cui al comma 3, dell'art. 3,  del
decreto legislativo n. 219 del 2016 ed individuate nell'allegato D  -
il  quale,  in  relazione  alla  Camera  valdostana,  quantifica   le
dotazioni stesse in 36 unita',  suddivise  per  categorie  e  profili
professionali,  n.d.r.  -  che  e'  parte  integrante  del   presente
decreto»; 
        c)  art.  7,  comma  3:  «Le  camere  di  commercio  di   cui
all'allegato A) - tra le quali rientra anche  la  Camera  valdostana,
n.d.r. - al presente decreto, in sede  di  prima  programmazione  dei
fabbisogni ai sensi dell'art. 6  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165 e successive integrazioni e modificazioni, sono tenute a
rideterminare il proprio contingente di  personale  dirigente  e  non
dirigente e, di conseguenza, le proprie dotazioni organiche,  tenendo
conto  del  riassetto  dei  servizi  e  degli  ambiti  prioritari  di
intervento individuati ai sensi del comma 4, lettera a-bis) dell'art.
18  della  legge  n.  580  del  1993  e  successive  integrazioni   e
modificazioni»; 
        d) art. 7, comma 5: «Fino all'adozione degli atti di  cui  ai
commi 3 e 4 e' in ogni caso vietata, a pena di nullita', l'assunzione
o l'impiego di nuovo personale o  il  conferimento  di  incarichi,  a
qualunque titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi
i  rapporti  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa   e   di
somministrazione»; 
        e) art. 7, comma 6:  «Successivamente  alla  rideterminazione
delle dotazioni organiche di cui ai commi 3 e 4, qualora dalla stessa
risultassero unita' di personale  in  soprannumero,  Unioncamere:  a)
individua, d'intesa con le camere di commercio, le disponibilita'  di
posti da destinare a processi di mobilita'  volontaria  delle  unita'
suddette  tra  le  medesime  camere  di  commercio;  b)  comunica  al
Dipartimento della finzione pubblica le  unita'  numeriche,  distinte
per categoria e camera di commercio di appartenenza,  costituenti  le
posizioni  soprannumerarie  residue,  al  fine   di   acquisire   dal
Dipartimento medesimo le disponibilita' di posti  da  destinare  alla
ricollocazione  di'  detto  personale,  previa  ricognizione  tra  le
amministrazioni pubbliche di cui al comma 7, dell'art. 3, del decreto
legislativo n. 219 del 2016 e nei limiti di posti di cui al  comma  6
del medesimo articolo; c) assevera, nei  confronti  del  Dipartimento
della   funzione   pubblica   e   delle   amministrazioni   pubbliche
interessate,  la  sussistenza  di  posizioni  soprannumerarie   nella
categoria e nella camera di commercio di appartenenza  del  personale
che richiede il trasferimento per mobilita' presso le amministrazioni
suddette. Tale asseverazione e'  inviata  anche  al  Ministero  dello
sviluppo economico»; 
        f) art. 7, comma 7: «All'eventuale personale  soprannumerario
non ricollocato, ai sensi del comma 6 entro  il  31  marzo  2019,  si
applicano le disposizioni di cui ai commi 6  e  7,  dell'art.  3  del
decreto legislativo n. 219 del 2016»; 
        g) art. 7,  comma  8:  «L'assunzione  o  l'impiego  di  nuovo
personale o il conferimento di incarichi, a qualunque  titolo  e  con
qualsiasi  tipologia  contrattuale,  ivi  compresi  i   rapporti   di
collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione e'  in
ogni caso vietata, a pena di nullita', fino  al  completamento  delle
eventuali procedure di cui ai commi 6 e 7 nelle Regioni  interessate.
Il Dipartimento della  funzione  pubblica  darai  comunicazione  alle
camere di commercio di ciascuna Regione e al Ministero dello sviluppo
economico dell'avvenuto completamento delle procedure di cui al comma
6». 
    5. Per quanto qui di precipuo interesse,  giova  segnalare  come,
con nota prot. DAR 220 P-4.37.2.12, datata 8 gennaio 2018, la Regione
autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  abbia  chiesto  di  emendare
alcune parti dello schema di decreto ministeriale, in  considerazione
della specifica normativa regionale in tema di servizi camerati (all.
n. 3). 
    6.  Le   proposte   avanzate   dalla   Regione   autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste non sono state accolte, e, nella seduta  della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e Bolzano, svoltasi in  data  11  gennaio
2018, e' stata sancita la mancata intesa (all. n. 4). 
    7. Con delibera assunta a norma dell'art.  3,  comma  3,  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 («Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento   e   Bolzano   ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse  comune  delle
regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'
ed autonomie  locali»),  nella  riunione  dell'8  febbraio  2018,  il
Consiglio dei ministri ha autorizzato  il  Ministero  dello  sviluppo
economico  ad  adottare,  pure  in  carenza  di  intesa,  il  decreto
esaminato in sede di Conferenza permanente. 
    Il decreto ministeriale  impugnato  e'  illegittimo  e  violativo
delle attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione autonoma
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, che  ne  chiede  l'annullamento  per  i
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1. Lesione da parte  statale  delle  attribuzioni  della  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione degli  articoli
48-bis, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 («Statuto speciale per  la
Valle d'Aosta») e 1  decreto  legislativo  22  aprile  1994,  n.  320
(«Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Valle  d'Aosta»),
in relazione agli articoli 11 e 22 del decreto legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532  («Devoluzione  alla
Valle d'Aosta di alcuni servizi»), nonche' all'art. 1  legge  Regione
autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, n. 7  («Riordino  dei  servizi
camerali della Valle d'Aosta»). Non spettanza allo Stato  del  potere
di adottare il decreto in epigrafe. 
    La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, con il presente
ricorso, deduce, anzitutto, la  lesione  delle  proprie  attribuzioni
legislative, in materia di modifica delle norme di  trasferimento  di
funzioni, ai sensi degli articoli 48-bis dello Statuto  e  1  decreto
legislativo 22 aprile 1994, n. 320. 
    Sul punto, occorre preliminarmente  sottolineare  come  l'art.  1
legge Regione autonoma Valle d'Aosta 20  maggio  2002,  n.  7,  abbia
istituito la Camera valdostana, quale ente autonomo locale di diritto
pubblico, preposto all'esercizio delle  competenze  amministrative  a
suo tempo  conferite,  in  forza  degli  articoli  11  e  22  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato  23  dicembre  1946,  n.
532, dallo Stato alla  Regione,  con  proprio  ufficio  e  personale,
previa soppressione dell'allora  Camera  di  commercio,  industria  e
agricoltura di Aosta. 
    L'art. 15 decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23
dicembre 1946, n. 532, tra l'altro, aveva contemplato la possibilita'
che  «i  servizi  per  l'industria,  il  commercio  e   l'agricoltura
(venissero) in seguito trasferiti ad un apposito ente da  costituirsi
localmente (...)». 
    In base all'art. 1 decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320, le
norme di  trasferimento  di  funzioni  recate  dal  predetto  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato  23  dicembre  1946,  n.
532, godono di una posizione «privilegiata» nel sistema delle  fonti,
potendo essere modificate, solo ed esclusivamente, attraverso  l'iter
di approvazione dei decreti  legislativi  di  attuazione  statutaria,
descritto dall'art. 48-bis dello Statuto. 
    Come noto, il menzionato art. 48-bis stabilisce che «(i)l Governo
e' delegato ad emanare uno o  piu'  decreti  legislativi  recanti  le
disposizioni di attuazione del presente Statuto e le disposizioni per
armonizzare la legislazione nazionale con l'ordinamento della regione
Valle  d'Aosta,  tenendo  conto  delle  particolari   condizioni   di
autonomia attribuita alla regione» (comma 1), aggiungendo che  «(g)li
schemi dei decreti legislativi  sono  elaborati  da  una  commissione
paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre  dal
Governo e tre dal consiglio regionale  della  Valle  d'Aosta  e  sono
sottoposti al parere del consiglio stesso» (comma 2). 
    Stando agli articoli 48-bis dello Statuto e 1 decreto legislativo
22 aprile 1994, n. 320, dunque, eventuali modifiche all'assetto delle
attribuzioni  amministrative  in  tema  di  servizi  camerali,  quale
originariamente  delineato   dal   decreto   legislativo   del   Capo
provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, sono subordinate ad
un duplice  limite  di  ordine  formale,  l'uno,  attinente  al  tipo
(decreto legislativo) ed al rango (primario) della fonte abilitata ad
introdurre  le  modifiche  stesse,  l'altro,  inerente  al  carattere
necessariamente «bilaterale» della connessa procedura. 
    In tal senso,  del  resto,  depone  anche  la  giurisprudenza  di
codesta ecc. ma Corte, allorche', nella sentenza n. 38 del  2003,  si
e' puntualizzato che «l'art. 1  del  decreto  legislativo  22  aprile
1994, n. 320  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione Valle d'Aosta) (...) ha stabilito che le norme di  attuazione
contenute nelle leggi preesistenti, l'ordinamento  finanziario  della
Regione stabilito ai sensi dell'art. 50, quinto comma, dello statuto,
nonche' "le norme di trasferimento di  funzioni  alla  Regione  Valle
d'Aosta contenute nel decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre
1945, n. 545", oltre che nei decreti legislativi n. 365 e n. 532  del
1946, "possono essere modificati solo  con  il  procedimento  di  cui
all'art. 48-bis del medesimo statuto speciale"». 
    Orbene, la disciplina  dettata  dall'art.  48-bis  dello  Statuto
viene in rilievo anche nella vicenda in esame, atteso  che  la  legge
Regione autonoma Valle d'Aosta 20 maggio 2002, n. 7,  affidando  alla
Camera valdostana l'esercizio di competenze nella  titolarita'  della
Regione stessa, per effetto del trasferimento  compiuto  dal  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato  23  dicembre  1946,  n.
532, si colloca nel  medesimo  ambito  sostanziale  di  quest'ultimo,
costituito,  per  l'appunto,  dalla  regolamentazione   dei   servizi
camerali nel territorio della Valle d'Aosta. 
    Di qui,  l'illegittimita'  del  decreto  ministeriale  impugnato,
avendo lo Stato, e, per esso, il Ministero dello sviluppo  economico,
preteso di incidere sull'assetto  organizzativo  e  funzionale  della
Camera valdostana definito dalla legge Regione autonoma Valle d'Aosta
20  maggio  2002,  7,  e,  quindi,  sul  complesso   delle   funzioni
amministrative, gia' devolute dallo Stato alla Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste dal decreto legislativo del  Capo  provvisorio
dello  Stato  23  dicembre  1946,  n.  532,  ricorrendo,  in  patente
violazione dell'art. 48-bis dello Statuto,  ad  un  atto  di  livello
secondario,  oltretutto  adottato  unilateralmente,  in  difetto   di
accordo con la Regione stessa, in sede di Commissione paritetica. 
    A riprova della correttezza di tale impostazione,  e'  dirimente,
ancora una volta, il richiamo alla sentenza n. 38 del 2003,  con  cui
codesta ecc.ma Corte ha annullato l'art. 10  decreto  del  Presidente
della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 («Regolamento recante norme
per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di  persone
giuridiche  private  e  di  approvazione  delle  modifiche  dell'atto
costitutivo e dello statuto - n. 17 dell'allegato 1  della  legge  15
marzo 1997, n. 59»), nella parte  in  cui  stabiliva  che  i  compiti
assegnati dal regolamento stesso  al  Prefetto  ed  alle  Prefetture,
dovessero intendersi riferiti, quanto  alla  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste,   al   Presidente   della   Commissione   di
coordinamento ed al suo ufficio. 
    In tale pronuncia, infatti, codesta ecc.ma Corte ha sostenuto che
«la regola dell'esercizio da parte del Presidente della Regione delle
funzioni  prefettizie  (...)  -   contenuta   nell'art.   4   decreto
legislativo luogotenenziale  7  settembre  1945,  n.  545,  anch'esso
soggetto, come detto,  alle  garanzie  procedurali  di  cui  all'art.
48-bis dello Statuto, n.d.r. - potrebbe subire deroghe solo in  forza
di  un  provvedimento  legislativo,  adottato  secondo  la  procedura
prevista per le norme di attuazione, e non  ad  opera  di  una  legge
ordinaria (cfr. sentenze n. 180 del 1980 e n. 237  del  1983):  tanto
meno, dunque, ad opera di un semplice regolamento,  come  quello  qui
impugnato,  sia  pure  di  "delegificazione",  emanato  peraltro   in
attuazione di disposizioni di legge (l'art. 20 della legge n. 59  del
1997 e successive modificazioni) che non  contenevano,  ne'  potevano
contenere, l'abilitazione al Governo a  disporre  in  difformita'  da
norme di attuazione degli statuti speciali». 
    2. Lesione da parte  statale  delle  attribuzioni  della  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, per violazione  del  principio
di  sussidiarieta'  ex  art.  118  Cost.,  del  principio  di   leale
collaborazione di cui agli articoli 5  e  120  Cost.,  nonche'  degli
articoli 2, comma 1, lettere a), b), d), n),  p),  q),  3,  comma  1,
lettera a), 4, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 («Statuto  speciale
per la Valle d'Aosta»), in combinato disposto con gli  articoli  117,
commi 3 e 4, Cost. e 10 legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 («Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione»).  Non  spettanza
allo Stato del potere di adottare il decreto in epigrafe. 
    Come visto,  gli  articoli  48-bis  dello  Statuto  e  1  decreto
legislativo  22  aprile  1994,  n.  320  restituiscono,  in  tema  di
allocazione  delle  funzioni  amministrative  riguardanti  i  servizi
camerali, un modello di tipo «bilaterale» e «negoziato», speciale  ed
alternativo rispetto alle forme procedimentali ordinarie, mediante le
quali, si realizza l'interazione tra diversi livelli di governo, alla
stregua dei principi di sussidiarieta' (art. 118 Cost.)  e  di  leale
collaborazione (articoli 5 e 120 Cost.).  Tale  modello  implica,  ai
fini di eventuali variazioni all'assetto delle funzioni in questione,
il preventivo accordo tra  lo  Stato  e  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste,  da  raggiungere  in  seno  alla  Commissione
paritetica. 
    Peraltro, sia detto a scopo meramente tuzioristico, anche a voler
applicare lo schema  generale  della  «chiamata  in  sussidiarieta'»,
cosi' come evocato - ma, appunto, su ricorso  di  alcune  Regioni  ad
autonomia ordinaria - da codesta ecc.ma Corte, nella sentenza n.  261
del 2017 avverso il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219  (di
cui  si  dira'  ampiamente  infra),  il  provvedimento  censurato  si
appalesa, comunque,  illegittimo,  pure  con  riferimento  ai  citati
principi di sussidiarieta' e di leale  collaborazione,  nonche'  -  e
correlativamente  -  alla  potesta'  legislativa  riconosciuta  dagli
articoli 2, comma 1, lettera a) - «ordinamento degli uffici  e  degli
enti dipendenti dalla Regione e  stato  giuridico  ed  economico  del
personale» b) - «ordinamento  degli  enti  locali  e  delle  relative
circoscrizioni» d) -  «agricoltura  e  foreste,  zootecnia,  flora  e
fauna», n) - «incremento dei  prodotti  tipici  della  Valle»,  p)  -
«artigianato», q) - «industria  alberghiera,  turismo  e  tutela  del
paesaggio», 3, comma 1, lettera a) - «industria e commercio»,  ed  al
successivo art. 4 dello Statuto valdostano, a tenore del quale, «(l)a
Regione esercita le funzioni amministrative sulle materie nelle quali
ha potesta' legislativa a norma degli articoli 2 e  3,  salve  quelle
attribuite ai comuni ed agli altri  enti  locali  dalle  leggi  della
Repubblica». 
    E' appena il caso di ricordare, da questo punto  di  vista,  come
l'elevazione dei criteri di sussidiarieta' e di leale  collaborazione
(secondo lo schema della «chiamata in sussidiarieta'»),  a  parametro
di legittimita' del decreto ministeriale gravato, in  tanto  potrebbe
essere  astrattamente  ammissibile,  in  quanto  si  supponga  a)  la
riconduzione dei titoli competenziali di cui si denuncia la  lesione,
ai commi 3 e 4 dell'art. 117 Cost., invocabili anche  nella  presente
fattispecie, in virtu' della clausola  di  maggior  favore  contenuta
nell'art. 10 legge cost. 18 ottobre 2001, n.  3,  e  b)  la  potesta'
legislativa derivante da tali norme costituzionali, sottratta ai piu'
stringenti vincoli, ai quali, invece, rispondono le omologhe funzioni
statutarie. 
    Nella misura in cui si accolgano tali  premesse,  allo  scopo  di
vagliare compiutamente i profili di illegittimita' sopra indicati, e'
opportuno prendere le mosse dalla giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma
Corte, la  quale,  nel  ripercorrere  l'evoluzione  storico-normativa
delle Camere di commercio, ha precisato, anzitutto,  come  l'art.  1,
comma 1, legge 29 dicembre 1993, n. 580 («Riordinamento delle  camere
di  commercio,  industria,   artigianato   e   agricoltura»),   abbia
configurato le Camere stesse come enti pubblici muniti  di  autonomia
funzionale, retti dal principio di  sussidiarieta',  e  investiti  di
compiti suscettibili, se  necessario,  di  essere  ordinati  in  modo
omogeneo sul piano nazionale (cfr. Corte costituzionale,  sentt.  nn.
261 e 86 del 2017, 29 del 2016, 374 del 2007). 
    Le novita' apportate,  da  ultimo,  dal  decreto  legislativo  25
novembre  2016,  n.  219,  non  hanno  alterato  le   caratteristiche
essenziali delle Camere di commercio,  perche',  come  rammentato  da
codesta ecc.ma Corte, con tale provvedimento legislativo,  «e'  stata
"realizzata una razionalizzazione e riduzione dei costi  del  sistema
camerale, confermando, tra le altre: l'attribuzione  dei  compiti  in
materia di pubblicita' legale e di settore  mediante  la  tenuta  del
registro delle imprese; le funzioni specificatamente  previste  dalla
legge in materia di tutela del consumatore  e  della  fede  pubblica,
vigilanza e controllo sulla sicurezza e conformita'  dei  prodotti  e
sugli strumenti soggetti alla disciplina della metrologia legale;  le
competenze in materia di rilevazione  dei  prezzi  e  delle  tariffe,
rafforzando la  vigilanza  da  parte  del  Ministero  dello  sviluppo
economico" (sentenza n. 86 del 2017). Accanto  a  queste  sono  stati
mantenuti compiti che incidono su competenze regionali, tenuto  conto
della  perdurante  attribuzione,  tra  le  altre  (in  via  meramente
esemplificativa) delle funzioni di sviluppo e promozione del turismo,
di  supporto  alle  imprese,  di  orientamento  al  lavoro  ed   alle
professioni nella parte in  cui  concernono  anche  dette  competenze
(art. 2, comma 2, della legge n. 580 del 1993, nel  testo  sostituito
dall'art. 1, comma 1, lettera b, numero 2, del decreto legislativo n.
219 del 2016)» (cosi', Corte  costituzionale,  sentenza  n.  261  del
2017). 
    Dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, pertanto, si evince
chiaramente come le funzioni espletate dalle Camere di  commercio,  a
mente dell'art. 2, comma 2, legge 29  dicembre  1993,  n.  580,  come
modificato  dall'art.  1,  comma  1,  lettera  b),  n.  2),   decreto
legislativo 25 novembre  2016,  n.  219,  siano  espressione  sia  di
competenze esclusive dello Stato, che di competenze  concorrenti  e/o
residuali delle regioni. 
    Codesta ecc. Corte e' assolutamente costante  nel  ritenere  che,
qualora una data disciplina impinga - come nel caso delle  Camere  di
commercio -  in  settori  materiali  rimessi,  contestualmente,  alla
potesta' normativa statale e/o regionale, la sussistenza di  esigenze
di carattere unitario,  ovvero  l'inestricabile  intreccio  tra  tali
plurime competenze, non risolvibile  tramite  un  criterio  di  netta
prevalenza, ben possono giustificare, in deroga all'ordinario riparto
tratteggiato dal Titolo V della Carta fondamentale,  l'avocazione  in
sussidiarieta'  delle  funzioni  amministrative   -   e   di   quelle
legislative volte a regolarne il concreto esercizio -,  a  condizione
che, in ossequio al principio di leale collaborazione,  ed  a  tutela
delle prerogative costituzionali delle regioni, sia garantito il loro
adeguato coinvolgimento nella determinazione contenutistica dell'atto
deliberativo, attraverso lo strumento dell'intesa (in tema, cfr.,  ex
plurimis, Corte costituzionale, sentt. nn. 74 del 2018, 170 e 114 del
2017, 251, 142, 110, 65, 21, 7 e 1 del 2016, 262  del  2015,  88  del
2014, 297, 163, 139 del 2012, 278 del 2010,  401  del  2007,  31  del
2006, 339 e 62 del 2005, 27 e 6 del 2004, 303 del 2003). 
    In questa  logica,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  posto,  altresi',
l'accento sulla necessita' che le procedure  di  consultazione  siano
assistite da «meccanismi per il superamento delle divergenze,  basati
sulla reiterazione delle  trattative  o  su  specifici  strumenti  di
mediazione», ferma restando la possibilita' che, quando le  strategie
concertative  diano  esito  negativo,  il  Governo  pervenga  ad  una
decisione  unilaterale,  purche'  «corredata   da   una   motivazione
esplicita, specifica e  concreta,  ove  si  dia  conto  degli  scambi
intercorsi e dei perduranti punti di dissenso e, alla luce  di  cio',
si  illustrino  le  ragioni  per   cui   si   ritiene   urgente   una
determinazione  della  sola  parte  statale,  o  comunque  non   piu'
praticabile - eventualmente  anche  dopo  la  scadenza  del  previsto
termine di 30 giorni  -  un  ulteriore  protrarsi  delle  trattative»
(cosi', Corte costituzionale, sentenza n. 1 del  2016;  nello  stesso
senso, cfr. Corte costituzionale, sentt. nn. 251 e 7  del  2016,  179
del 2012, 165 del 2011, 121 del 2010, 24 del 2007, 21 del 2006, 378 e
339 del 2005, 27 del 2004). 
    In  ultima  analisi,  ad  avviso  di  codesta  ecc.ma  Corte,  il
soddisfacimento delle istanze partecipative facenti capo alle regioni
postula l'esperimento di attivita' di concertazione  e  coordinamento
orizzontale, condotte nella forma  dell'intesa,  ed  ispirate  ad  un
principio di lealta', il quale, se per un verso, comporta la  sintesi
e la composizione dialettica dei diversi interessi  rappresentati  da
ciascun livello di governo, per un  altro,  esclude  che  l'eventuale
emanazione unilaterale dell'atto, comunque  consentita  onde  evitare
che  l'inerzia  di  una  delle  parti   possa   causare   un   blocco
procedimentale, sia  mera  conseguenza  della  mancata  realizzazione
dell'accordo  entro  un  determinato   periodo   di   tempo,   ovvero
dell'urgenza del provvedere. 
    E' significativo notare come, proprio nel solco  di  tale  filone
giurisprudenziale, codesta ecc.ma Corte, con la  menzionata  sentenza
n. 261 del 2017, in accoglimento del ricorso promosso  dalle  Regioni
Puglia, Toscana, Liguria e Lombardia - tutte, si ribadisce, a Statuto
ordinario  -,  abbia   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3, comma 4, decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219,
laddove disponeva che decreto del Ministero dello sviluppo  economico
che qui si impugna dovesse essere  adottato  «sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento  e  Bolzano»,  anziche'  previa  intesa  in  detta
Conferenza. 
    Nello specifico, codesta ecc.ma  Corte  ha  motivato  la  propria
decisione, sulla base delle  seguenti  argomentazioni:  «L'intervento
del legislatore statale sul profilo  in  esame  non  e'  di  per  se'
illegittimo, essendo giustificato dalla finalita' di  realizzare  una
razionalizzazione  della  dimensione  territoriale  delle  camere  di
commercio e di perseguire una maggiore efficienza  dell'attivita'  da
esse  svolta,  conseguibile  soltanto  sulla  scorta  di  un  disegno
unitario, elaborato a livello nazionale. Tale ragione giustificatrice
dell'intervento del legislatore statale  non  esclude  tuttavia  che,
incidendo  l'attivita'  delle  camere  di  commercio  su   molteplici
competenze, alcune anche  regionali,  detto  obiettivo  debba  essere
conseguito  nel  rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione,
indispensabile in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e  il
sistema delle autonomie (ex plurimis,  sentenza  n.  251  del  2016)»
(cosi', Corte costituzionale, sentenza n.  261  del  2017,  punto  n.
12.1.1 del considerato in diritto). 
    Alla luce delle riflessioni che  precedono,  quindi,  il  decreto
ministeriale in parola si pone  in  radicale  contraddizione  con  le
direttrici interpretative ed applicative enucleate da codesta  ecc.ma
Corte, nella declinazione dei canoni di  sussidiarieta'  e  di  leale
collaborazione, dal momento che, non solo  le  proposte  di  modifica
dettagliatamente   formulate    dalla    Regione    autonoma    Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste (all. n. 3) - la quale,  peraltro,  si  trova,
come detto, in una posizione certamente differenziata  rispetto  alle
altre Regioni ordinarie, quantomeno relativamente  alla  porzione  di
competenze ascrivibili alle garanzie  statutarie  -  non  sono  state
recepite in sede di Conferenza permanente  -  che,  anzi,  da  quanto
risulta dal resoconto della seduta, tenutasi in data 11 gennaio 2018,
ne ha completamente omesso la valutazione (all. n. 5) -, ma, neppure,
si e' ottemperato al qualificato onere motivazionale,  finalizzato  a
controbilanciare l'assenza di intesa, e reso,  nel  caso  di  specie,
ancor piu' pregnante, proprio dalla condizione di speciale  autonomia
rivestita, nel quadro dell'ordinamento costituzionale, dalla  Regione
medesima. 
    A questo proposito, e' da osservare, in primo  luogo,  come,  nel
verbale di mancata intesa  -  sulla  cui  scorta  e'  intervenuta  la
deliberazione del Consiglio dei ministri ex art. 3, comma 3,  decreto
legislativo 28 agosto 1997,  n.  281  -,  si  alluda,  genericamente,
all'urgenza  di  emanare  il  decreto,  avendo  «il  Ministero  dello
sviluppo  economico  (...)  rilevato  l'impossibilita'  di  accordare
ulteriori rinvii sul provvedimento, per la rilevanza delle  questioni
in esame, da risolvere unilateralmente» (all. n. 4). 
    Analogamente,   le   premesse   del   decreto   ministeriale    -
ricollegandosi,   implicitamente,   agli   obiettivi   di    politica
legislativa astrattamente individuati dall'art. 3 decreto legislativo
25 novembre 2016, n. 219, rubricato, per  l'appunto,  «Riduzione  del
numero   delle   camere   di   commercio    mediante    accorpamento,
razionalizzazione  delle  sedi  e  del  personale»-,  si  limitano  a
registrare,  in  modo  assolutamente  apodittico  ed  assertivo,  «la
necessita' di adottare il decreto secondo  la  procedura  di  cui  al
comma 3 dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,
al fine di dare attuazione al processo di  riforma  delle  camere  di
commercio finalizzato alla razionalizzazione e  riduzione  dei  costi
del sistema camerale attraverso la ridefinizione delle circoscrizioni
territoriali, con conseguente riduzione del numero  delle  Camere  di
commercio entro il limite di 60,  la  razionalizzazione  e  riduzione
delle sedi e delle aziende speciali camerali e la definizione  di  un
piano complessivo di razionalizzazione organizzativa» (all. n. 2). 
    Come  agevolmente   riscontrabile,   l'emanazione   del   decreto
ministeriale di cui si discorre, non e' corredata dal benche'  minimo
suggello argomentativo, in grado di rendere  effettivamente  ragione,
in modo «specifico», «esplicito»  e  «concreto»,  del  rigetto  degli
emendamenti presentati dalla Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste, nonche' dell'interruzione del processo  di  negoziazione,  e
della concentrazione, in capo allo Stato, del momento decisionale. 
    Anche  in  questa  seconda  prospettiva,   dunque,   il   decreto
ministeriale censurato si risolve, altresi', nella menomazione  delle
attribuzioni legislative ed amministrative di cui la Regione e', come
anticipato,  intestataria,  in  ordine  alla  regolamentazione  della
Camera valdostana. 
    Cio', lo si ripete, in contrasto con la clausola di  salvaguardia
enunciata dall'art. 8, comma 3, del  provvedimento  stesso,  a  mente
della quale «(l)e  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto  sono
applicabili  nelle  Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  Province
autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti
e le relative norme di attuazione anche con  riferimento  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (enfasi aggiunta). 
    Per vero, la  violazione  delle  attribuzioni  suddette  e'  resa
incontrovertibile  dalla  circostanza   che,   alla   stregua   della
giurisprudenza  teste'  illustrata,  l'eventuale  interferenza  dello
Stato -  a  livello  legislativo  e/o  amministrativo  -  in  materie
devolute alla potesta' regionale concorrente e/o residuale,  rinviene
il  suo  preliminare  ed  indefettibile  requisito  di  legittimita',
proprio nel rigoroso rispetto dei moduli operativi, posti a  presidio
del principio di leale collaborazione, di talche', la loro violazione
non puo' che ridondare in pregiudizio anche di quelle competenze. 
    Per   tutto   quanto   esposto,   la   Regione   autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata,
rassegna le seguenti conclusioni.