TRIBUNALE DI COSENZA Sezione G.I.P. - G.U.P. Il giudice dott. Giuseppe Greco ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale. l. - All'esito di giudizio abbreviato il sottoscritto giudice ha pronunciato, in data 5 febbraio 2020, sentenza di assoluzione dell'imputato P. T. da tutte le imputazioni oggetto del giudizio, in quanto quest'ultimo nel momento in cui ha commesso i fatti-reato era, per infermita' in tale stato di mente da escluderne la capacita' di intendere e di volere e - tenuto conto del fatto che esso imputato, da ritenere socialmente pericoloso, risultava sottoposto a custodia cautelare - ha ordinato, ai sensi della disposizione di cui all'art. 312, comma 1 del codice di procedura penale, richiamata dal comma 2, dell'art. 300 stesso codice, l'applicazione «immediata» della misura di sicurezza del ricovero dell'imputato in una residenza esterna per l'esecuzione delle misure di sicurezza (c.d. REMS). 1.1. - La menzionata disposizione dell'art. 300, comma 2, prevede che «se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e' applicatala misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell'art. 312». 1.2. - L'art. 312, comma l, del codice di procedura penale, d'altra parte, stabilisce che «nei casi previsti dalla legge, l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza e' disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, in qualunque stato e grado del procedimento, quando sussistono gravi indizi di commissione del fatto e non ricorrono le condizioni previste dall'articolo 273, comma 2». 2. - A mezzo di istanza, depositata in Cancelleria in data 7 febbraio 2020, il pubblico ministero (il quale aveva chiesto in giudizio la condanna dell'imputato) ha invocato la revoca dell'applicazione della misura di sicurezza allegando a sostegno della richiesta la considerazione secondo la quale il giudicante avrebbe provveduto in assenza della «necessaria» richiesta della parte pubblica prevista dall'art. 312, comma 1, del codice di procedura penale di tal che' il provvedimento di applicazione della misura di sicurezza in via «provvisoria» sarebbe viziato da nullita' ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) per violazione della disposizione concernente la partecipazione del pubblico ministero al procedimento. 3. - Il rilievo prospettato dal pubblico ministero appare, effettivamente, fondato alla luce di un duplice ordine di motivi. 3.1. - Anzitutto il diritto vivente (vedasi le seguenti sentenze: n. 3472/1995 della Sesta Sezione della Cassazione Penale: n. 5452/1997 della Quinta Sezione della Cassazione Penale: n. 1962/1998 della Seconda Sezione della Cassazione Penale: n. 3945/2005 della Seconda Sezione della Cassazione Penale: n. 19549/2006 della Seconda Sezione; n. 38138/2008 della Sesta Sezione della Cassazione; 45313/2008 della Prima Sezione della Cassazione Penale) ritiene che «la disposizione di cui all'art. 299 comma terzo-bis del codice di procedura penale - la quale stabilisce che il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero - costituisce norma di carattere generale, applicabile ad ogni ipotesi di perdita di efficacia di una misura cautelare per effetto di un fenomeno estintivo della privazione della liberta', conseguente a revoca per effetto di una nuova valutazione delle condizioni di applicabilita' della misura (art. 299), alla operativita' di diritto di altre situazioni (articoli 300, 301 e 302 del codice di procedura penale) ovvero alla caducazione della misura per scadenza del termine massimo di durata previsto dall'art. 303 stesso codice». Sotto tale profilo, pertanto. il giudice all'atto del proscioglimento dell'imputato, sottoposto a misura cautelare, non potrebbe dichiarare la «immediata» perdita di efficacia della misura stessa ai sensi della disposizione di cui all'art. 300, comma 1, del codice di procedura penale senza avere, preventivamente, «sentito» il pubblico ministero. 3.2. - In secondo luogo l'applicazione «provvisoria» della misura di sicurezza dell'imputato prosciolto, ma sottoposto a misura cautelare custodiale, dovrebbe, anch'essa, venir preceduta dalla «necessaria» richiesta da parte del pubblico ministero in forza dell'integrale richiamo operato dall'art. 300, comma 2, del codice di procedura penale alle disposizioni di cui all'art. 312 dello stesso codice e innanzitutto di quella che prevede la «richiesta» di parte per la legittima applicazione della misura di sicurezza. 4. - Entrambi i profili della dedotta nullita' della decisione giudiziale, a parere del Tribunale, sollevano, gravi e fondati, dubbi di legittimita' costituzionale delle norme sopra citate oltre che della disposizione di cui all'art. 299, comma 3-bis, del codice di procedura penale, siccome costantemente interpretata dal Giudice della legittimita'. 5. - E invero il pacifico indirizzo della giurisprudenza in ordine alla interpretazione della disposizione della norma di cui all'art. 299, comma 3-bis, del codice di procedura penale (secondo la quale la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare applicata all'imputato prosciolto ovvero per il quale sia stata disposta l'archiviazione della notizia di reato ovvero pronunciata sentenza di non luogo a procedere, richiede il «previo» parere del pubblico ministero) comporta, quale imprescindibile corollario, che, pur laddove l'azione penale instaurata dal pubblico ministero sia risultata infondata all'esito del giudizio, il giudicante non dovrebbe dichiarare (se non assumendo una statuizione inficiata da nullita' ex art. 178, lett. b) la «immediata» perdita di efficacia della misura cautelare in atto applicata all'imputato senza aver acquisito il «previo» parere del pubblico ministero. 5.1. - La disposizione, cosi' come univocamente interpretata, si pone in evidente ed irrimediabile contrasto (non essendo possibile porvi rimedio attraverso alcuna diversa interpretazione conforme a costituzione) con i seguenti principi costituzionali: a) il principio della liberta' personale di cui all'art. 13 della Carta Fondamentale, in quanto l'eventuale ultrattivita' del titolo cautelare non poggerebbe su gravi indizi di colpevolezza radicalmente esclusi dall'accertato proscioglimento dell'imputato; b) con il principio di cui all'art. 5, comma l, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, quale «norma interposta» che integra il parametro costituzionale dell'art. 117, comma 1, Cost., laddove postula, quale condizione della privazione della liberta' di qualunque persona, la sussistenza di una delle tassative ipotesi indicate alle lettere da a) a f) delle medesima disposizione pattizia nessuna delle quali ricorre in ipotesi di proscioglimento ovvero di dichiarata infondatezza della notizia di reato ovvero di pronuncia di non luogo a procedere all'esito della udienza preliminare; c) con il canone della «ragionevolezza» (sotto il profilo della intrinseca incoerenza,contraddittorieta' ed illogicita') in quanto la norma che impone il «previo» parere del pubblico ministero e' palesemente disarmonica rispetto al vigente ordinamento nel quale e' operante il principio in forza del quale e' inammissibile che gli effetti di una decisione giudiziale, ancorche' non definitiva, possano essere limitati ovvero differiti sino al momento della acquisizione del «parere», peraltro non vincolante. che dovrebbe esprimere una parte processuale (sia pure in assenza di atto di impugnazione della decisione assunta con sentenza). 5.2. - L'acquisizione del «previo» parere al fine di dichiarare la intervenuta caducazione della misura cautelare all'esito del giudizio appare, inoltre. irragionevole in quanto tale parere non potrebbe essere acquisito prima della decisione non potendosi, ovviamente, prevedere quale sara' l'esito della decisione stessa (ne avrebbe, peraltro, alcun senso acquisire nel corso della discussione un parere condizionato all'eventuale proscioglimento). D'altra parte, ove la declaratoria di «immediata» perdita di efficacia della misura cautelare dovesse necessariamente intervenire a seguito del proscioglimento, e solo dopo aver raccolto il parere del pubblico ministero, l'imputato rimarrebbe, ancorche' per un breve lasso di tempo, sottoposto ad una misura restrittiva della liberta' personale in relazione alla quale non sussisterebbe alcuna valida giustificazione. 6. - Avuto riguardo all'«immediata» applicazione di misura di sicurezza nei confronti dell'imputato incapace di intendere e di volere in atto sottoposto a misura cautelare custodiale il quale venga prosciolto all'esito del giudizio (o nei confronti del quale sia stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere) va osservato che il richiamo operato dall'art. 300, comma 2, del codice di procedura penale, appare riguardare tutte le disposizioni dell'art. 312 dello stesso codice e quindi anche la condizione di applicabilita' costituita dalla «richiesta» del pubblico ministero. 6.1. - Senonche' siffatta interpretazione, a giudizio del Tribunale, da' adito a gravi dubbi di legittimita' costituzionale sia dell'art. 300, comma 2, del codice di procedura penale che dell'art. 222, comma 1, del codice penale. 7. - Sotto il primo profilo va evidenziato che la norma dell'art. 300, comma 2, del codice di procedura penale, ove interpretata nel senso che essa contenga un richiamo integrale alle disposizioni di cui all'art. 312 dello stesso codice e pertanto subordini l'applicazione immediata della misura di sicurezza nei confronti dell'imputato prosciolto al momento della decisione sottoposto a misura cautelare custodiale, si pone in evidente ed irrimediabile contrasto (non essendo possibile porvi rimedio attraverso alcuna diversa interpretazione conforme a costituzione) con il principio di cui all'art. 32, comma 1, della legge Fondamentale il quale dispone che «la Repubblica tutela la salute conte fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita'». 7.1. - E invero alla luce dei ripetuti interventi del Giudice delle Leggi (vedasi, tra le altre, la sentenza n. 253/2003) risulta, definitivamente, chiarito che la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (oggi REMS) - in quanto applicabile a soggetti che, per essere gravemente infermi di mente, non sono in alcun modo penalmente responsabili - ha «un contenuto terapeutico» non diverso da quello riservato alla cura degli infermi psichici che si pone in inscindibile connessione con le esigenze di tutela della collettivita' dai pericoli collegati alla prognosi di «pericolosita' sociale» dell'incapace. 7.2. - Orbene il fatto di condizionare la immediata applicazione della misura di sicurezza del ricovero in REMS dell'imputato prosciolto, e in atto sottoposto a misura custodiale, alla «necessaria» richiesta del pubblico ministero (il quale ritiene capace l'imputato tanto da averne chiesto la condanna in sede penale) viola il diritto alla cura della salute dell'imputato affetto da grave infermita' mentale. 7.2.1. - E cio' sia nel caso che si pervenga - sulla scorta della mancanza di richiesta del pubblico ministero all'applicazione della misura di sicurezza - alla eventuale ultrattivita' della misura custodiale sino alla definitivita' della sentenza (cio' che garantirebbe le esigenze di tutela della collettivita' ma a costo di privare il malato psichico del diritto alle cure adeguate alla sua malattia); sia nel caso che, in assenza della suddetta richiesta, venga dichiarata la mera perdita di efficacia della misura custodiale (e cio' anche in disparte dal fatto che in tale eventualita' verrebbe meno qualsivoglia misura a tutela della collettivita' rispetto ai pericoli collegati alla prognosi di «pericolosita' sociale» dell'incapace). 8. - Sotto il secondo profilo va osservato che risulta, in vigore - anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (convertito con modificazioni nella legge 17 febbraio 2012, n. 9 recante «interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri») e dell'art. 1 del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (convertito nella legge 30 maggio 2014, n. 81 recante «disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari») - la disposizione codicistica di cui all'art. 222 del codice penale in forza della quale il proscioglimento per infermita' psichica, ovvero per le altre cause indicate al primo della norma in discorso, comporta il ricovero dell'imputato nelle c.d. REMS per un tempo non inferiore a due anni (salvo che si proceda per delitti non colposi o per altri delitti per i quali la legge stabilisce la reclusione non superiore nel massimo due anni). Orbene, nel caso in esame all'imputato sono stati contestati reati puniti con la reclusione fino a venti anni: conseguentemente l'imputato dovrebbe essere sottoposto al ricovero per non meno di due anni. 8.1. - La disposizione richiamata (nel caso in cui il giudice che prosciolga l'imputato per difetto di imputabilita') imporrebbe al giudice, in luogo di ordinare «immediatamente» la misura di sicurezza in una c.d. REMS. ai sensi dell'art. 312 del codice di procedura penale, di applicazione, in via definitiva, la misura del ricovero in una REMS per la durata non inferiore a due anni: misura la cui effettiva applicazione rimarrebbe, tuttavia, sospesa sino alla irrevocabilita' della sentenza di proscioglimento. 8.2. - Senonche' il Tribunale non puo' fare a meno di rilevare che anche la norma dell'art. 222 del codice penale, nella parte in cui dispone che la misura di sicurezza del ricovero nelle c.d. REMS - ove si proceda per delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a due anni, come nel caso di specie - non possa avere una durata inferiore a due anni si pone, anch'essa, in contrasto con l'art. 32 della Costituzione. E cio' per l'evidente razione che, siccome chiarito costantemente dalla Corte costituzionale (vedasi sul punto, tra le altre, la sentenza piu' sopra citata) le persone gravemente inferme di niente, in quanto non penalmente responsabili, non possono essere sottoposte a misure che presentino «un contenuto anche solo parzialmente punitivo». 8.2.1. - E invero se, conformemente all'indirizzo interpretativo desumibile dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi, le misure di sicurezza devono essere applicate per il tempo strettamente necessario a contemperare le esigenze di cura del paziente con quelle di tutela della collettivita' - corrispondente al lasso di tempo nel corso del quale il destinatario puo' essere considerato «socialmente pericoloso» - nessun automatismo puo' guidare il giudice nella determinazione del tempo (imprevedibile) necessario ad assicurare le finalita' cui esse sono preordinate (cfr. sentenza n. 139/1982 della Corte costituzionale). 8.2.2. - Necessario corollario di quanto evidenziato e' l'affermazione del principio per cui che deve ritenersi definitivamente, superata la distinzione tra misure di sicurezza applicate in via «provvisoria» ovvero in via «definitiva». 8.3. - Conseguentemente il giudice, a norma dell'art. 300, comma 2, del codice di procedura penale, dovrebbe, anche in assenza di richiesta del pubblico ministero, applicare una misura di sicurezza all'imputato incapace per grave infermita' mentale e socialmente pericoloso che venga prosciolto mentre si trova sottoposto ad una misura cautelare custodiale senza determinarne in alcun modo la durata (in quanto la misura di sicurezza continuera' ad essere applicata sino al momento in cui si accertera' la cessazione della di lui «pericolosita' sociale»). 9. - Non puo', invero, negarsi che le questioni di legittimita' costituzionale delle norme richiamate siano rilevanti ai fini della decisione in quanto la possibilita' per il sottoscritto giudice di decidere in ordine alla revoca della misura di sicurezza, applicata con effetto «immediato» mediante sentenza di proscioglimento non definitiva, presuppone la soluzione dei prospettati dubbi di legittimita' costituzionale degli articoli 300, comma 1 e 299, comma 3-bis del codice di procedura penale e 222 del codice penale, avuto riguardo ai diversi parametri costituzionali sopra evidenziati. 9.1. - D'altra parte la rilevanza delle questioni appare evidente se si considera che l'applicazione «immediata» della misura di sicurezza nei confronti dell'imputato presuppone la declaratoria implicita di perdita di efficacia della misura cautelare custodiale in atto applicata allo stesso, la quale rimarrebbe. per contro. in essere sino al momento della irrevocabilita' della sentenza di proscioglimento ove venisse accolta la richiesta di revoca avanzata dal pubblico ministero. 10. - Ne' puo', d'altra parte, sostenersi che le questioni siano manifestamente infondate ove si tenga conto interpretativo su richiamato, che ha assunto i connotati del «diritto vivente», nonche' del fatto che non appare possibile alcuna interpretazione compatibile con la formulazione delle norme investite dai dubbi di legittimita' costituzionale sopra evidenziati. 11. - Va pertanto sollevata, nei termini su esposti, questione di legittimita' costituzionale delle norme sopra indicate (articoli 300, comma 1 e 299, comma 3-bis del codice di procedura penale e 222 del codice penale) e sospesa la decisione in ordine alla richiesta di revoca della «immediata» applicazione del ricovero dell'imputato in una residenza esterna per l'esecuzione delle misure di sicurezza (c.d. REMS) disposta in sentenza, con conseguente trasmissione del presente provvedimento alla Corte costituzionale.