Ricorso (ex art. 127, comma  1,  Cost.)  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri   -   (codice   fiscale   n.   80188230587),
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato  (codice
fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici domicilia in  Roma,  via
dei Portoghesi  n.  12,  telefax  n.  06.96.51.40.00;  indirizzo  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, giusta delibera del Consiglio dei
ministri adottata nella riunione del 20 aprile 2020 - ricorrente; 
    contro la Regione Sicilia, in persona del Presidente della Giunta
Regionale in carica - intimata; 
    per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 8, comma 5; 15, commi 1 e 2; 19, commi 1, 2, 3, 4,  5  e  6,
lett. f); 21, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 22; 25; 26,  comma,  4,  lett.
f); 27; 36; 37, commi 3, 4, 5 e 6 lett. c) e lett.  d),  7,  8  e  9,
della legge Regione Siciliana del 13 agosto 2020, n.  19,  pubblicata
nel BUR n. 44 del 21 agosto 2020, recante «Norme per il  governo  del
territorio»; 
    per violazione degli articoli 9,  117,  primo  e  secondo  comma,
lett. I) e lett. s) Cost., dell'art. 14, comma 1, lett. b, lett. f) e
lett. n) del  regio  decreto  legislativo  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione Siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  2,  in  relazione  agli
articoli 134, 135, 136, 140, 143, 145, 146,  decreto  legislativo  n.
42/2004 (codice  dei  beni  culturali);  36  e  37  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001; 3-ter, 242, 242-bis, 244 del
decreto legislativo n. 152/2006; 191, paragrafo 2 del TFUE;  1  della
direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004. 
    1. Con la legge n. 19 del 13 agosto 2020 la  Regione  Sicilia  ha
previsto «Norme per il governo del territorio». 
    In particolare, l'art. 8, comma 5, della predetta legge,  prevede
che   «Per   assicurare   la   flessibilita'   del   sistema    della
pianificazione,  il  piano  di  ampiezza  territoriale  minore   puo'
contenere esplicite  proposte  di  modifiche  al  piano  di  ampiezza
territoriale maggiore, qualora sia acquisito l'accordo  del  relativo
ente con  le  procedure  di  concertazione  previste  dalla  presente
legge». 
    L'art 15, comma 1, stabilisce che  «L'Assessorato  regionale  del
territorio   e   dell'ambiente,   in   relazione   alle    competenze
istituzionali proprie, di concerto con  l'Assessorato  regionale  dei
beni culturali e dell'identita' siciliana, anche avvalendosi dei dati
del SITR, elabora ed aggiorna il piano territoriale  regionale  (PTR)
di  cui  al  Titolo  IV.»;  il  successivo  comma  2,   dispone   che
«Nell'ambito  delle  funzioni  di  cui  al  comma  1,   l'Assessorato
regionale  del  territorio   e   dell'ambiente   gestisce   il   PTR.
L'Assessorato  regionale  del  territorio  e  dell'ambiente   elabora
annualmente un Rapporto sullo stato del territorio regionale e  delle
sue  criticita',  con  particolare  riferimento  allo   stato   della
pianificazione e allo stato dell'ambiente.». 
    In relazione ai «contenuti del Piano territoriale  regionale  con
valenza paesaggistica  (PTR)»  l'art.  19  prevede  che:  tale  piano
«costituisce lo strumento di proiezione territoriale delle  strategie
di sviluppo economico, sociale e culturale di breve,  medio  e  lungo
termine con le  quali  la  Regione  realizza,  orienta,  indirizza  e
coordina  la  programmazione  delle  risorse  e   la   pianificazione
strategica, di coordinamento territoriale e urbanistica delle  Citta'
metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni,  singoli  o
associati, nonche' la valorizzazione del paesaggio (comma 1);  che  i
contenuti e le procedure del PTR  sono  definiti  da  apposite  linee
guida  proposte   dall'Assessorato   regionale   del   territorio   e
dell'ambiente  di  concerto  con  l'Assessorato  regionale  dei  beni
culturali e dell'identita' siciliana e approvate con  delibera  della
Giunta regionale entro sessanta  giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge. Il PTR, per la  sua  valenza  economica,
sociale, culturale, ambientale e paesaggistica, assume  il  ruolo  di
quadro di coerenza territoriale finalizzato a definire le  invarianti
e le condizionanti del territorio regionale che assicurino  la  piena
coerenza con i valori ambientali,  paesaggistici  e  territoriali  di
tutte le pianificazioni di settore di eguale  livello  o  di  livello
inferiore. (comma 2); che le suddette  linee  guida  sono  aggiornate
periodicamente, con particolare riferimento all'introduzione di norme
nazionali o regionali inerenti alle materie di pertinenza  del  piano
(comma 3); che «il PTR assicura la  tutela,  la  conservazione  e  la
valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente assumendo la valenza  di
piano paesaggistico ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. Il  PTR  coordina  ed
integra  ogni  altro  piano  settoriale  riguardante  l'utilizzo  del
territorio regionale» (comma 4);  che  «Il  PTR,  in  relazione  alle
prescrizioni di tutela, conservazione e valorizzazione del  paesaggio
e dell'ambiente, contiene  il  quadro  generale  degli  obiettivi  di
qualita' paesaggistica e le misure generali di tutela  da  perseguire
nelle diverse parti  del  territorio  regionale,  costituendo  questi
elementi  invarianti  o  complementari  alle   scelte   di   sviluppo
territoriale e socio-economico. Il  PTR  e'  elaborato  su  una  base
informativa prodotta dal SITR che ne costituisce parte integrante  in
maniera dinamica; il PTR, pertanto, rappresenta il quadro conoscitivo
unificato regionale di tutti i processi di pianificazione  e  governo
del territorio» (comma 5); che il «Il PTR contiene: 
      a) gli  elementi  costitutivi  del  territorio  regionale,  con
particolare riferimento  alle  caratteristiche  naturali,  culturali,
paesaggistico  -  ambientali,  geologiche,   rurali,   antropiche   e
storico-archeologiche dello stesso,  nonche'  alle  specializzazioni,
funzioni e ruoli delle  Citta'  Metropolitane,  dei  liberi  Consorzi
comunali e dei comuni, singoli o associati, al fine di assicurarne la
migliore sinergia ed efficacia della loro azione; 
      b)  il  quadro  conoscitivo,  a  scala  adeguata,  del  proprio
territorio  come  risultante  delle  trasformazioni  avvenute  e  dei
programmi in atto; 
      c) i criteri generali e gli indirizzi per la  programmazione  e
la  pianificazione  territoriale  degli  enti  locali,  al  fine   di
garantirne  la  complessiva  coerenza;  a  tal  fine,  definisce  gli
elementi  costituenti  limiti  essenziali   di   salvaguardia   della
sostenibilita'  ambientale   dello   sviluppo   socio-economico   del
territorio regionale; 
      d) il quadro delle iniziative inerenti alla  realizzazione  sul
territorio regionale delle infrastrutture e delle opere pubbliche  di
interesse regionale, nazionale e sovranazionale 
      e) l'individuazione delle zone di preservazione e  salvaguardia
ambientale; 
      f)  i  criteri  operativi  generali  per   la   tutela   e   la
valorizzazione delle risorse culturali,  naturali,  paesaggistiche  e
ambientali, in conformita' con  le  previsioni  del  piano  regionale
delle aree protette, dei piani di  bacino,  e  degli  altri  atti  di
programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di
salvaguardia  delle  risorse  idriche,  geologiche,   idrogeologiche,
agricole,  forestali,  di   riduzione   dell'inquinamento   acustico,
elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti; 
      g) gli indirizzi generali per il riassetto  del  territorio  ai
fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici,
ed ai fini della riduzione dell'inquinamento  nei  centri  abitati  e
nelle zone industriali; 
      h) i criteri  di  conservazione,  recupero  e  riqualificazione
degli insediamenti esistenti con particolare  riferimento  ai  centri
storici; 
      i) l'individuazione e  la  regolamentazione  degli  ambiti  che
hanno vocazioni specifiche o siano localizzazioni di impianti ad alta
tecnologia o che devono essere riqualificati  per  gravi  carenze  di
urbanizzazione primaria e secondaria,  di  significativa  ampiezza  e
consistenza territoriale; 
      l) i criteri e le modalita' per favorire il  coordinamento  tra
le   pianificazioni   degli   enti   locali   e    per    incentivare
l'associazionismo tra essi; 
      m) i criteri di definizione della rete infrastrutturale e delle
altre  opere  di  interesse  regionale  nonche'  i  criteri  per   la
localizzazione e il dimensionamento delle stesse; 
      n) gli indirizzi finalizzati ad  assicurare  la  compatibilita'
territoriale degli insediamenti industriali esistenti e  il  recupero
delle aree industriali dismesse; 
      o) l'individuazione di aree agricole strategiche» (comma 6). 
    L'art 21, della legge in  esame  disciplina  il  procedimento  di
formazione  del  Piano   territoriale   regionale,   prevedendo,   in
particolare che: «Il dipartimento regionale dell'urbanistica, decorsi
centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione  di
osservazioni e proposte di modifica di cui al comma 2, indice  una  o
piu'  conferenze  di  pianificazione  alle  quali  sono  invitati   a
partecipare i rappresentanti dei liberi  Consorzi  comunali  o  delle
Citta'  metropolitane,  della  sezione  regionale  dell'ANCI,   delle
soprintendenze per i beni culturali ed  ambientali  competenti  della
Regione, dell'autorita' regionale competente in materia di VAS, delle
amministrazioni pubbliche e delle organizzazioni sociali,  culturali,
economico-professionali, sindacali ed ambientaliste  aventi  diritto,
che abbiano presentato osservazioni e proposte di  modifica,  nonche'
di tutte le amministrazioni  pubbliche  preposte  alla  tutela  degli
altri interessi coinvolti ai sensi della normativa  vigente,  secondo
quanto  disposto  dall'art.  10.  Alla  Conferenza  il   dipartimento
regionale dell'urbanistica puo' invitare a partecipare altri soggetti
pubblici  e  privati   che   per   loro   specifiche   competenze   e
responsabilita' risultino interessati al piano. Contestualmente  alla
nota di  convocazione,  il  dipartimento  regionale  dell'urbanistica
trasmette ai soggetti invitati, in forma telematica, almeno  quindici
giorni prima della data fissata per la  Conferenza,  il  progetto  di
PTR. (comma 3); «Se la Conferenza  di  cui  al  comma  3  approva  il
progetto di PTR, con  decreto  dell'Assessore  per  il  territorio  e
ambiente, previo  parere  della  competente  Commissione  legislativa
dell'Assemblea regionale siciliana, e' approvato il PTR. Nel caso  in
cui  sia  stato  espresso  motivato  dissenso  da  un'amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico  -  territoriale,  del
patrimonio  storico-artistico,  della   salute   o   dell'incolumita'
pubblica si procede ai sensi dell'art. 20 comma  3,  e  dell'art.  21
della legge regionale 21 maggio 2019, n. 7. In tale ipotesi il PTR e'
approvato con decreto del Presidente della Regione al  termine  della
procedura di cui al citato art. 21 della legge regionale n.  7/2019.»
(comma 4); «Se le osservazioni e le opposizioni al PTR  sono  decise,
decorsi  centoventi  giorni   dalla   presentazione,   dall'Assessore
regionale per il territorio e l'ambiente con proprio decreto, sentita
la  competente  Commissione  legislativa   dell'Assemblea   regionale
siciliana» (comma ). Il comma 7 di tale norma, stabilisce  la  durata
decennale del piano e il suo aggiornamento. 
    Gli articoli 22 e 25, nel disciplinare  i  «Contenuti  del  piano
territoriale consortile (PTC) e del piano della Citta'  metropolitana
(PCM)» (art. 22) e i «Contenuti del piano urbanistico comunale (PUG)»
(art. 25),  assegnano  ai  predetti  strumenti  anche  il  compito  -
rispettivamente - di dettare «disposizioni  volte  ad  assicurare  la
tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e  culturali  presenti
sul territorio» (art. 22, comma 2, lett. d) e di annoverare  «i  beni
paesaggistici,  ambientali,  culturali  e  storico-architettonici  da
sottoporre a tutela e  ne  specifica  il  relativo  regime  normativo
compatibile con la tutela di cui al decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 e successive modificazioni, anche nelle aree sottoposte a
vincolo  paesaggistico  e  nei   manufatti   sottoposti   a   vincolo
storico-artistico» (art. 25, comma 3, lett. l). 
    L'art. 26, recante il «Procedimento di formazione ed approvazione
del PUG e delle relative  varianti»,  stabilisce,  al  comma  4,  che
«Entro il termine di novanta giorni dall'avvio del  procedimento,  il
comune, tenendo conto dell'atto di indirizzo  dell'amministrazione  e
dei  contributi  eventualmente  pervenuti,   elabora   un   documento
preliminare del PUG che: (...) f) descrive le risorse territoriali  e
naturali e identifica i beni culturali e paesaggistici da considerare
quali invarianti e determinanti per le scelte di sviluppo». 
    L'art. 27 attribuisce al PUG il compito di individuare  i  nuclei
sparsi, gli agglomerati rurali, i bagli, i casali,  le  masserie,  le
fattorie, le case rurali, i mulini e i manufatti  rurali  speciali  e
produttivi,     di     particolare     valenza      ed      interesse
storico-architettonico, tipologico ed etno-antropologico nonche'  gli
elementi  architettonici  isolati  diffusi  su  tutto  il  territorio
comunale. 
    L'art. 36 disciplina gli «Interventi di compensazione urbanistica
a tutela dell'ambiente», stabilendo (comma 3)  che  «Nell'ipotesi  di
delocalizzazione o riqualificazione di siti produttivi dismessi o  di
manufatti in degrado o incongrui, in quanto suscettibili, per impatto
visivo,  per  dimensioni  planivolumetriche  o  per   caratteristiche
tipologiche  e  funzionali,  di  snaturare  o  di  alterare  in  modo
permanente  la  caratteristica  di  un  luogo,  della  sua  identita'
storica, culturale o paesaggistica, la compensazione si connota  come
paesaggistico - ambientale e consiste nell'attribuzione  premiale  di
diritti edificatori ai  proprietari  interessati.  L'attribuzione  di
tali diritti edificatori puo'  essere  finalizzata  al  recupero  dei
costi di bonifica dei siti industriali dismessi per la  fornitura  di
servizi eco sistemici nelle zone rurali del territorio comunale.». 
    L'art. 37 contiene disposizioni di tutela  e  pianificazione  del
territorio rurale e di tutela dei boschi e delle foreste. 
    In particolare, il comma 3 subordina la  realizzazione  di  tutti
gli interventi  edilizi  nel  territorio  rurale  al  rispetto  delle
«specifiche norme di tutela del paesaggio rurale indicate da apposite
linee guida approvate con decreto  dell'Assessore  regionale  per  il
territorio e l'ambiente di concerto  con  l'Assessore  regionale  per
l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca mediterranea». 
    Il comma 4 prevede poi  che  «Nelle  more  dell'approvazione  del
decreto di cui al comma 3, sugli immobili ricadenti  all'interno  del
territorio rurale di cui al comma 2, sono  consentiti  esclusivamente
gli  interventi  di  recupero  e  riqualificazione  delle  volumetrie
esistenti, che risultino catastate alla data  di  entrata  in  vigore
della  presente  legge,  e  gli  ampliamenti  per  l'insediamento  di
attivita' agrituristiche di cui al comma 5. E'  altresi'  consentito,
previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, il  mutamento
della destinazione d'uso di fabbricati realizzati con regolare titolo
abilitativo, ancorche'  non  ultimati,  a  destinazione  ricettivo  -
alberghiera e di ristorazione e per l'insediamento delle attivita' di
bed and breakfast, agriturismo ed annesse attivita'  di  ristorazione
ove  sia  verificata  la  compatibilita'   ambientale   della   nuova
destinazione   ed   il   rispetto   di    tutte    le    prescrizioni
igienico-sanitarie nonche' di sicurezza.». Il comma 6 prevede che  il
PUG individua e classifica con adeguate perimetrazioni il  territorio
rurale, articolandolo in zone, per ognuna delle quali sono  stabiliti
parametri limitativi, senza alcun  richiamo  espresso  al  necessario
rispetto della normativa di tutela del paesaggio rurale. Tra le  zone
individuate, sono previste «zone di produzione intensiva con l'uso di
serre e tecnologie meccaniche avanzate, anche  sedi  di  impianti  di
energia alternativa, con obbligo di smaltimento alla fine  del  ciclo
produttivo» (lett. c) e «zone  per  aziende  artigianali/industriali,
anche  connesse  alle  attivita'   agricole,   di   lavorazione   e/o
conservazione e/o trasformazione dei prodotti agricoli»(lett.  d).  I
commi 5, 7, 8 e 9 consentono rilevanti trasformazioni  degli  edifici
rurali. In particolare, il comma 5 prevede incrementi volumetrici del
dieci per cento in favore delle attivita' agrituristiche. Il comma  7
pone  limiti  agli  interventi  di  recupero  di  edifici  esistenti;
tuttavia, nel caso di recupero di  edifici  con  originaria  funzione
abitativa, per i quali e' generalmente  esclusa  la  possibilita'  di
ampliamento volumetrico se la cubatura esistente gia'  supera  quella
consentita dal PUG, si prevede che la clausola puo' tener conto di un
incremento volumetrico del trenta per cento in caso di  utilizzazione
agrituristica   con   obbligo   di   trascrizione   decennale   nella
conservatoria dei registri immobiliari (cfr. lett.  b).  Il  comma  8
prevede  che   siano   consentite   attivita'   di   ristorazione   e
intrattenimento in tutti gli edifici esistenti, previo intervento  di
restauro, rifunzionalizzazione e  ristrutturazione  edilizia  nonche'
l'uso stagionale o  periodico  dei  manufatti  abitativi,  anche  per
attivita' di ristorazione e intrattenimento. Il  comma  9  stabilisce
che, per le finalita' stabilite dal comma 8, «i fabbricati  esistenti
possono essere ampliati fino ad un fluissimo  del  trenta  per  cento
della cubatura esistente». 
    2. In base allo Statuto di autonomia (R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n.
455, convertito in legge costituzionale dalla legge cost. 26 febbraio
1948, n. 2), la Regione Sicilia ha competenza  legislativa  esclusiva
in materia di tutela del paesaggio, nonche'  di  conservazione  delle
antichita' e delle opere artistiche (art. 14, comma 1, lett.  n);  di
bonifica (art. 14, comma 1, lett. b) e di urbanistica (art. 14, comma
1, lett. f). 
    Tale competenza si esplica, ai sensi del  predetto  Statuto  «nei
limiti delle leggi  costituzionali  dello  Stato,  senza  pregiudizio
delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del
popolo italiano». 
    Con il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n.
637 sono state dettate le «Norme di attuazione  dello  statuto  della
regione siciliana in materia di tutela del paesaggio e di  antichita'
e belle arti», ai  sensi  delle  quali  «L'amministrazione  regionale
esercita nel territorio della regione  tutte  le  attribuzioni  delle
amministrazioni centrali e periferiche  dello  Stato  in  materia  di
antichita',  opere  artistiche  e  musei,  nonche'  di   tutela   del
paesaggio» (cfr. art. 1). A tal fine e' precisato che tutti gli  atti
previsti da ogni disposizione  concernente  le  predette  materie  (a
eccezione   delle   licenze   di    esportazione)    sono    adottati
dall'amministrazione regionale. 
    Interessa evidenziare che, in molteplici occasioni, codesta Corte
ha affermato che la conservazione ambientale e paesaggistica  spetta,
in base all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  alla  cura
esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenza n. 172 del 2018; n.  367
del 2007). 
    Quanto poi, alla problematica dei rapporti  tra  lo  Stato  e  le
Regioni a Statuto speciale relativamente al riparto di competenze  in
materia di  tutela  ambientale  e  paesaggistica,  codesta  Corte  ha
ritenuto che il legislatore statale conserva «il potere di  vincolare
la potesta' legislativa primaria della  Regione  speciale  attraverso
l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali"»
ed ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme  regionali  che
si ponevano in contrasto con disposizioni  previste  dal  codice  dei
beni  culturali  e  del  paesaggio  e   dal   codice   dell'ambiente,
qualificate norme di grande riforma  economico-sociale  (sentenze  n.
118/2019; n. 172/2018; n. 238 del 2013; n. 207 e 66 del 2012; n.  226
e n. 164 del 2009, n. 232 del 2008 e n. 51 del 2006). 
    In  relazione  alla   competenza   della   Regione   in   materia
urbanistica, codesta Corte ha avuto modo di  puntualizzare  che  essa
deve, in ogni caso, rispettare il limite della materia penale di  cui
all'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. (sent. n. 232/2017). 
    Con le disposizioni sopra illustrate il legislatore regionale non
ha rispettato la sfera di competenze  nelle  materie  statutariamente
previste e si pone in contrasto con  la  legislazione  emanata  dallo
Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di
tutela del paesaggio, e dell'ambiente e dell'ecosistema, ed in quella
dell'ordinamento penale di cui agli articoli 9 e 117, primo e secondo
comma, lettera l) e lettera s), della Costituzione. 
    Infatti,  l'impugnata   legge   regionale,   benche'   ricca   di
riferimenti testuali alle esigenze di tutela dei beni culturali e del
paesaggio,  denota  tuttavia,  una  visione  riduttiva  dei  predetti
interessi,  in  particolare,  di  quelli  relativi  alla  tutela  del
paesaggio, che risultano assorbiti e - per  cosi'  dire  -  "diluiti"
nell'ordinaria funzione di pianificazione urbanistica, senza che  sia
assicurata la differenziazione e la prevalenza  della  disciplina  di
tutela. 
    Le disposizioni della  legge  in  esame,  sopra  illustrate,  non
assicurano la necessaria separatezza e distinzione tra le funzioni di
tutela paesaggistica e  quelle  di  disciplina  urbanistica,  ne'  la
rigidita'  e  immodificabilita'  della  disciplina  d'uso  dei   beni
paesaggistici, ad opera  dell'ordinaria  pianificazione  urbanistica,
stabilita nei relativi  provvedimenti  di  vincolo  (ai  sensi  degli
articoli 140, comma 2, e 141 bis del Codice dei beni culturali e  del
paesaggio) ovvero in sede di pianificazione paesaggistica  (ai  sensi
degli articoli 135 e 143 del medesimo codice). 
    Tali disposizioni, pertanto,  si  pongono  in  contrasto  con  il
principio fondamentale posto dall'art. 9 della Costituzione, in forza
del quale la tutela dei beni culturali e del paesaggio costituisce un
interesse costituzionale primario e assoluto  (tra  le  tante,  Corte
cost. n. 367 del 2007), necessariamente sovraordinato e differenziato
rispetto  all'ordinaria   funzione   di   disciplina   dell'uso   del
territorio. 
    La tutela del predetto interesse - che l'ordinamento  rimette  in
generale alla "Repubblica", secondo il  disposto  dell'art.  9  della
Costituzione  -  puo'  certo  essere  attuata  anche  nell'ambito  di
strumenti di pianificazione territoriale di piu'  ampia  portata.  La
disciplina statale di tutela del paesaggio, mutuando un principio che
risale alla legge n. 431 del  1985  (c.d.  legge  Galasso),  prevede,
infatti,  che  la  disciplina  d'uso  dei  beni  paesaggistici  (come
definiti  dall'art.  134  del  Codice)  puo'  essere  contenuta   sia
nell'ambito di appositi piani  paesaggistici,  che  nel  contesto  di
piani urbanistico - territoriali  con  specifica  considerazione  dei
valori paesaggistici (art. 135, comma  1,  del  Codice  di  settore).
Tuttavia,  i  principi  fondamentali  sottesi  al  Codice  dei   beni
culturali e del paesaggio (in particolare gli  articoli  135,  143  e
145),  di  stretta  derivazione  dall'art.  9   della   Costituzione,
impongono che la disciplina d'uso dei beni paesaggistici sottoposti a
tutela  -  indipendentemente  dalla  circostanza  che   sia   dettata
nell'ambito di un piano paesaggistico ovvero  contenuta  in  un  piu'
ampio strumento di pianificazione urbanistico -  territoriale  -  sia
frutto    di    valutazioni    tecnico-discrezionali    riconducibili
all'Amministrazione specificamente preposta  alla  tutela  (nel  caso
della Regione siciliana, l'Assessorato regionale dei beni culturali e
dell'identita' siciliana),  abbia  separata  evidenza  rispetto  alla
disciplina delle aree non vincolate  e,  cio'  che  piu'  conta,  sia
intangibile ad opera dell'ordinaria pianificazione urbanistica e  dei
piani di settore. 
    In  base  al  sistema  nazionale  della  tutela  del   paesaggio,
vincolante anche per la Regione siciliana, il piano paesaggistico  si
pone infatti quale piano direttore generale,  sovraordinato  a  tutti
gli altri strumenti di pianificazione territoriale, sia  urbanistica,
sia settoriale  (art.  145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio).  Esso,  pertanto,  rappresenta,  per   cosi'   dire,   la
«Costituzione del territorio», in quanto esprime le scelte  di  fondo
della pianificazione futura del  territorio  e  deve  necessariamente
porsi in una dimensione temporale di stabilita' e di  lungo  periodo.
Conseguentemente, la modifica del predetto piano esige procedure  non
ordinarie, ma "rinforzate" e aggravate, che consentano, da  un  lato,
una piu' approfondita e meditata valutazione,  dall'altro  lato,  una
piu' ampia condivisione, acquisita con la partecipazione determinante
di una pluralita' di attori istituzionali, che trascenda  la  singola
compagine politico-amministrativa regionale che,  in  un  determinato
momento politico-istituzionale, e' titolare della funzione. 
    Nell'ambito delle regioni  a  statuto  ordinario,  la  necessaria
differenziazione e  prevalenza  della  pianificazione  paesaggistica,
rispetto all'ordinaria disciplina d'uso del territorio, e' assicurata
dal principio della  co-pianificazione  dei  beni  paesaggistici  tra
Stato e Regione, posto dagli articoli 135, 143 e 145 del  Codice  dal
Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    In questa prospettiva, codesta Corte costituzionale ha  affermato
l'esistenza di un vero e proprio obbligo,  costituente  un  principio
inderogabile della legislazione statale,  di  elaborazione  congiunta
del piano paesaggistico, con riferimento  ai  beni  vincolati  (Corte
cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che  l'impronta  unitaria  della
pianificazione paesaggistica «e' assunta  a  valore  imprescindibile,
non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di  un
intervento teso a stabilire una  metodologia  uniforme  nel  rispetto
della legislazione di  tutela  dei  beni  culturali  e  paesaggistici
sull'intero territorio nazionale» (Corte cost., n. 182 del  2006;  n.
272 del 2009). 
    Nella  Regione  siciliana,  dotata  di  potesta'  legislativa   e
amministrativa  in  materia  di  tutela  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio,  benche'  il  predetto  principio   di   co-pianificazione
obbligatoria non possa esprimersi nelle medesime forme  previste  per
le regioni a statuto ordinario, ossia mediante  la  compartecipazione
necessaria dello Stato alle scelte in materia di paesaggio, esso deve
ugualmente essere salvaguardato. A tal fine, occorre  assicurare  che
il piano  paesaggistico  sia  elaborato  congiuntamente  e  condiviso
integralmente con il competente  Assessorato  dei  beni  culturali  e
dell'identita' siciliana, il  quale,  nel  contesto  regionale,  deve
assumere una posizione differenziata e  autonoma  rispetto  a  quella
dell'Assessorato regionale del territorio e  dell'ambiente,  e  deve,
conseguentemente, essere messo in condizione di svolgere un effettivo
ruolo  di  presidio  dell'interesse  alla   tutela   del   paesaggio,
corrispondente a quello demandato  al  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali nell'ambito delle regioni non dotate di autonomia
in materia. 
    Il piano urbanistico  -  territoriale  regionale  deve,  inoltre,
esaurire tutti i contenuti propri del piano  paesaggistico  (articoli
135 e 143 del Codice di settore) e deve dare separata  evidenza  alla
disciplina d'uso dei beni paesaggistici, assicurandone, in ogni caso,
la prevalenza rispetto alla pianificazione urbanistica e di  settore,
nonche' l'assoluta immodificabilita' con gli ordinari procedimenti di
variante urbanistica. 
    La  disciplina  contenuta  nelle  suddette  norme,  non   risulta
improntata ai principi sopra illustrati, in quanto  non  assicura  la
primarieta' dell'interesse alla tutela del paesaggio (art. 9 Cost.) e
dei cardini del sistema di  tutela  delineato  dal  Codice  dei  beni
culturali e del  paesaggio,  che  costituiscono,  come  detto,  norme
fondamentali di grande riforma  economico-sociale  che  si  impongono
anche alla Regione siciliana. 
    La disciplina in esame si  pone  altresi'  in  contrasto  con  il
principio ambientale, di matrice comunitaria, del «chi inquina paga»,
nonche' con l'art. 117, comma 2, lett. l)  della  Cost.  che  riserva
allo Stato la materia dell'ordinamento penale. 
    Le suddette disposizioni appaiono,  pertanto,  costituzionalmente
illegittime, in quanto eccedono  dalla  competenza  statutaria  della
Regione prevista dall'art. 14, comma 1, lett. b), lett. f) e lett. n)
del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.  455  (Approvazione
dello  statuto  della  Regione  Siciliana),   convertito   in   legge
costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2.,  e  contrastano  con  la
legislazione  emanata  dallo  Stato  nell'esercizio   della   propria
competenza  esclusiva  in  materia  di  tutela   del   paesaggio,   e
dell'ambiente e dell'ecosistema, e  dell'ordinamento  penale  di  cui
agli articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettera  l)  e  lettera
s), della Costituzione. 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  pertanto  il
presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' dell'art. 8, comma 5, della legge  regione  Sicilia
n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con l'art. 14, comma 1,  lett.
n) dello statuto speciale, gli articoli  9,  secondo  comma,  e  117,
secondo comma, lettera s), Cost. in relazione all'art. 145, comma  5,
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio). 
    Come detto, il Codice dei beni culturali e del paesaggio  assegna
al piano paesaggistico il ruolo di strumento primario di disciplina e
tutela del territorio, tanto  che  il  carattere  cogente  delle  sue
disposizioni  prevale  sul  contenuto  degli   altri   strumenti   di
pianificazione  eventualmente  difformi.  Correttamente,  in   questa
prospettiva, l'art. 20, comma 2, della legge  regionale  prevede  che
«Le previsioni del PTR prevalgono  sulle  disposizioni  eventualmente
difformi o non coerenti contenute nei piani territoriali  degli  enti
locali. In tal caso, questi ultimi, entro novanta giorni  dalla  data
di approvazione del PTR, conformano i propri strumenti  pianificatori
al PTR mediante atto deliberativo consiliare». 
    Tale  principio  e',  tuttavia,  vanificato  dalla   disposizione
contenuta nel precedente art. 8,  comma  5,  secondo  la  quale  «Per
assicurare la flessibilita'  del  sistema  della  pianificazione,  il
piano  di  ampiezza  territoriale  minore  puo'  contenere  esplicite
proposte di modifiche al piano  di  ampiezza  territoriale  maggiore,
qualora sia acquisito l'accordo del relativo ente con le procedure di
concertazione previste dalla presente legge». 
    La norma  non  esclude  il  piano  paesaggistico  dai  piani  «di
ampiezza territoriale maggiore» modificabili da  quelli  di  ampiezza
minore, con cio' ponendosi in contrasto con il principio di gerarchia
dei piani stabilito dall'art. 145, comma 5, del Codice di settore. In
tal modo, il PTR, pur prevalendo sugli  strumenti  di  pianificazione
urbanistica, assume pero' carattere  "flessibile"  ed  e'  esposto  a
ordinarie procedure di variante, peraltro avviate anche  in  sede  di
approvazione di uno strumento sotto ordinato.  E  cio'  senza  alcuna
distinzione tra le previsioni del PTR che si  riferiscono  ad  ambiti
non tutelati e  quelle  che  recano  la  disciplina  d'uso  dei  beni
paesaggistici. 
    La suddetta disposizione viola, quindi,  gli  articoli  14  dello
statuto speciale, 9, 2°comma e 117, 2° comma, lett.  s)  della  Cost.
per contrasto con l'art. 145 del codice di settore. 
2. Illegittimita' dell'art. 15, commi 1 e 2, e dell'art 19, commi  1,
2, 3, 4, 5 e 6, lett. f) della legge regione Sicilia  n.  19  del  13
agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14,  comma  1,  lett.  n),
dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost.,
in relazione agli articoli 135, 143 e 145, comma 3, e 146 , comma  6,
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio). 
    Gli articoli 15 e 19, dedicati alla  pianificazione  territoriale
regionale, sovvertono il modello di piano  paesaggistico  attualmente
vigente in Sicilia, elaborato dall'Assessorato dei beni  culturali  e
dell'identita'  siciliana  e  di  cui  alle  Linee  guida  del  piano
paesistico territoriale regionale - PTPR approvate con D.A.  n.  6080
del 21 maggio 1999. 
    Nelle predette Linee guida si precisa che la  Regione  siciliana,
nell'individuazione  delle   modalita'   di   esercizio   dell'azione
amministrativa derivante dalle attribuzioni ad essa conferite, si  e'
determinata con l'art. 3  della  legge  regionale  n.  80  del  1977,
stabilendo che «tutte le attribuzioni  di  competenza  della  Regione
nella  materia  dei  beni  culturali   e   ambientali   sono   svolte
dall'assessorato Regionale dei Beni culturali e  ambientali  e  della
pubblica istruzione, che esercita le funzioni previste  dal  suddetto
decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637». 
    Con la legge regionale n. 15 del 1991, la  Regione  siciliana  ha
confermato  la  competenza,  in  materia  di  tutela   paesaggistica,
dell'Assessorato regionale per i beni culturali e ambientali e per la
pubblica   istruzione   (art.   5,    con    specifico    riferimento
all'individuazione, nelle zone di interesse paesistico, delle aree in
cui  vietare  le  modificazioni  fino  all'approvazione   dei   piani
paesistici),  competenze  poi  attribuite   all'attuale   Assessorato
regionale dei beni culturali e dell'identita'  siciliana  (  art.  8,
comma 1, lett. b),  della  legge  regionale  n.  28  del  1962,  come
successivamente modificato). 
    Sulla base delle suddette Linee guida sono stati redatti i  piani
di  ambito.  Attualmente,  su  undici  piani  d'ambito  previsti  per
l'Isola, otto sono vigenti: cinque risultano approvati (tra il 2010 e
il 2018) e tre adottati (tra il 2013 e il 2018). Dei restanti  piani,
due sono  in  fase  di  concertazione  e  uno  in  fase  istruttoria.
L'attuale quadro pianificatorio  della  Regione  Siciliana,  relativo
alla  tutela  del  paesaggio,  risulta,  pertanto,  in   gran   parte
operativo, sperimentato, o in fase finale di definizione. 
    La disciplina prevista dalla legge regionale in  esame,  all'art.
15, prevede, invece che: 
      «1. L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente,  in
relazione alle competenze  istituzionali  proprie,  di  concerto  con
l'Assessorato  regionale  dei   beni   culturali   e   dell'identita'
siciliana, anche avvalendosi dei dati del SITR, elabora  ed  aggiorna
il piano territoriale regionale (PTR) di cui al Titolo IV» (comma 1). 
    Nell'ambito delle funzioni  di  cui  al  comma  1,  l'Assessorato
regionale del territorio  e  dell'ambiente  gestisce  il  PTR.  (...)
(comma 2). 
    Il successivo  art.  19,  -  «Contenuti  del  Piano  territoriale
regionale con valenza paesaggistica  (PTR)»  nei  commi  da  1  a  6,
dispone che: 
      «1. Il Piano territoriale regionale con valenza  paesaggistica,
di seguito denominato PTR, costituisce  lo  strumento  di  proiezione
territoriale  delle  strategie  di  sviluppo  economico,  sociale   e
culturale di breve, medio e lungo termine con  le  quali  la  Regione
realizza, orienta,  indirizza  e  coordina  la  programmazione  delle
risorse e la pianificazione strategica, di coordinamento territoriale
e  urbanistica  delle  Citta'  metropolitane,  dei  liberi   Consorzi
comunali e dei comuni, singoli o associati, nonche' la valorizzazione
dei paesaggio; 
      2. I contenuti e le procedure del PTR sono definiti da apposite
linee guida proposte  dall'Assessorato  regionale  del  territorio  e
dell'ambiente di concerto  con  I  'Assessorato  regionale  dei  beni
culturali e dell'identita' siciliana e approvate con  delibera  della
Giunta regionale entro sessanta  giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge. Il PTR, per la  sua  valenza  economica,
sociale, culturale, ambientale e paesaggistica, assume  il  ruolo  di
quadro di coerenza territoriale finalizzato a definire le  invarianti
e le condizionanti del territorio regionale che assicurino  la  piena
coerenza con i valori ambientali,  paesaggistici  e  territoriali  di
tutte le pianificazioni di settore di eguale  livello  o  di  livello
inferiore; 
      3.  Le  Linee  guida  di  cui  al  comma  2   sono   aggiornate
periodicamente, con particolare riferimento all'introduzione di norme
nazionali o regionali inerenti alle materie di pertinenza del piano; 
      4.  Il  PTR  assicura  la  tutela,  la   conservazione   e   la
valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente assumendo la valenza  di
piano paesaggistico ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. Il  PTR  coordina  ed
integra  ogni  altro  piano  settoriale  riguardante  l'utilizzo  del
territorio regionale; 
      5.  Il  PTR,  in  relazione  alle   prescrizioni   di   tutela,
conservazione  e  valorizzazione  del  paesaggio   e   dell'ambiente,
contiene il quadro generale degli obiettivi di qualita' paesaggistica
e le misure generali di tutela da perseguire nelle diverse parti  del
territorio  regionale,  costituendo  questi  elementi  invarianti   o
complementari alle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico.
il PTR e' elaborato su una base informativa prodotta dal SITR che  ne
costituisce parte integrante in maniera dinamica; il  PTR,  pertanto,
rappresenta il quadro conoscitivo  unificato  regionale  di  tutti  i
processi di pianificazione e governo del territorio. 
    6. Il PTR contiene: 
      a) gli  elementi  costitutivi  del  territorio  regionale,  con
particolare riferimento  alle  caratteristiche  naturali,  culturali,
paesaggistico  -  ambientali,  geologiche,   rurali,   antropiche   e
storico-archeologiche dello stesso,  nonche'  alle  specializzazioni,
funzioni e ruoli delle  Citta'  Metropolitane,  dei  liberi  Consorzi
comunali e dei comuni, singoli o associati, alfine di assicurarne  la
migliore sinergia ed efficacia della loro azione; 
      b)  il  quadro  conoscitivo,  a  scala  adeguata,  del  proprio
territorio  come  risultante  delle  trasformazioni  avvenute  e  dei
programmi in atto; 
      c) i criteri generali e gli indirizzi per la  programmazione  e
la  pianificazione  territoriale  degli  enti  locali,  al  fine   di
garantirne  la  complessiva  coerenza;  a  tal  fine,  definisce  gli
elementi  costituenti  limiti  essenziali   di   salvaguardia   della
sostenibilita'  ambientale   dello   sviluppo   socio-economico   del
territorio regionale; 
      d) il quadro delle iniziative inerenti alla  realizzazione  sul
territorio regionale delle infrastrutture e delle opere pubbliche  di
interesse regionale, nazionale e sovranazionale; 
      e) l'individuazione delle zone di preservazione e  salvaguardia
ambientale; 
      f)  i  criteri  operativi  generali  per   la   tutela   e   la
valorizzazione delle risorse culturali,  naturali,  paesaggistiche  e
ambientali, in conformita' con  le  previsioni  del  piano  regionale
delle aree protette, dei piani di  bacino,  e  degli  altri  atti  di
programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di
salvaguardia  delle  risorse  idriche,  geologiche,   idrogeologiche,
agricole,  forestali,  di   riduzione   dell'inquinamento   acustico,
elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti; 
      g) gli indirizzi generali per il riassetto  del  territorio  ai
fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici,
ed ai fini della riduzione dell'inquinamento  nei  centri  abitati  e
nelle zone industriali; 
      h) i criteri  di  conservazione,  recupero  e  riqualificazione
degli insediamenti esistenti con particolare  riferimento  ai  centri
storici; 
      i) l'individuazione e  la  regolamentazione  degli  ambiti  che
hanno vocazioni specifiche o siano localizzazioni di impianti ad alta
tecnologia o che devono essere riqualificati  per  gravi  carenze  di
urbanizzazione primaria e secondaria,  di  significativa  ampiezza  e
consistenza territoriale; 
      l) i criteri e le modalita' per favorire il  coordinamento  tra
le   pianificazioni   degli   enti   locali   e    per    incentivare
l'associazionismo tra essi; 
      m) i criteri di definizione della rete infrastrutturale e delle
altre  opere  di  interesse  regionale  nonche'  i  criteri  per   la
localizzazione e il dimensionamento delle stesse; 
      n) gli indirizzi finalizzati ad  assicurare  la  compatibilita'
territoriale degli insediamenti industriali esistenti e  il  recupero
delle aree industriali dismesse; 
      o) l'individuazione di aree agricole strategiche. 
    (...)». 
    La disciplina regionale in esame, pertanto, incardina  il  «Piano
territoriale  regionale  con  valenza  paesaggistica  (PTR)»   e   la
definizione delle relative Linee guida nell'Assessorato regionale del
territorio e dell'ambiente, assegnando un ruolo meramente concertante
all'Assessorato  regionale  dei  beni  culturali   e   dell'identita'
siciliana, che viene addirittura escluso dalla gestione dello  stesso
piano. 
    L'attribuzione delle funzioni di  elaborazione,  aggiornamento  e
gestione del  PTR,  che  attengono  alla  materia  della  tutela  del
paesaggio e non del governo del territorio, all'Assessorato regionale
del territorio e dell'ambiente, competente in materia di  urbanistica
e pianificazione ai sensi della citata legge regionale n. 28 del 1962
(art. 8, comma 1, lett. m), risulta in  contrasto  non  solo  con  il
sistema delle  attribuzioni  degli  Assessorati  regionali  delineato
dalla normativa regionale, ma soprattutto - per quanto qui  rileva  -
con il principio della  differenziazione  delle  funzioni  di  tutela
paesaggistica da quelle in materia urbanistico - edilizia,  che  come
detto si radica direttamente nell'art. 9 della Costituzione  e  trova
emersione,  a   livello   di   disciplina   primaria,   nell'espressa
enunciazione contenuta all'art. 146, comma 6, del Codice di  settore,
oltre che nelle previsioni  che  impongono  la  copianificazione  del
paesaggio, sin dalla fase di elaborazione  del  relativo  piano,  con
l'Amministrazione preposta alla tutela (articoli 135 e 143 del Codice
dei beni culturali e del paesaggio). 
    Al  fine  di  evitare  che  la  valutazione   urbanistica   possa
condizionare quella paesaggistica il legislatore nazionale ha imposto
una distinzione, gia' sul piano organizzativo, tra l'ufficio  che  si
occupa della tutela paesaggistica  e  quello  che  ha  competenza  in
materia urbanistica. Al riguardo, si precisa che non  e'  sufficiente
la sola distinzione di  funzioni,  ma  e'  necessaria  l'attribuzione
delle due funzioni a due soggetti diversi, cosi' da  assicurare  che,
contrariamente   a   quanto   emerge    dall'impugnata    disciplina,
l'Amministrazione preposta alla tutela del paesaggio non sia posta in
un ruolo meramente ancillare rispetto a quella dotata  di  competenza
urbanistica. 
    Tale principio e' stato  puntualizzato  anche  dal  Consiglio  di
Stato che, con la sentenza n. 2784 del  2015,  ha  ritenuto  che  «La
doverosa distinzione  organizzativa  (...)  riflette  la  distinzione
sostanziale tra la funzione di  tutela  del  paesaggio  e  quella  di
governo del territorio o urbanistica: e' una distinzione che ha  base
nell'art. 9 della Costituzione (e oggi e' confermata  dall'art.  117,
secondo comma, lett. s), Cost.) e che  e'  rimarcata  dalla  costante
giurisprudenza specie costituzionale (a muovere da  Corte  cost.,  24
luglio 1972, n. 141 e, ad es., a Corte cost., 23  novembre  2011,  n.
309)». 
    Per quanto riguarda le Linee guida previste dall'art.  19,  comma
2, oltre alla evidenziata necessita' di assicurare la preminenza  del
ruolo del competente Assessorato dei beni culturali e  dell'identita'
siciliana per cio' che attiene ai  profili  di  disciplina  dei  beni
paesaggistici, si rileva  anche  l'esigenza  che  le  procedure  e  i
contenuti del PTR siano definiti  nel  rispetto  delle  norme  e  dei
principi contenuti nella Parte III del Codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio (articoli 135, 143 e 145). 
    Sotto  tale  profilo,  si  osserva  che  l'art.  19  della  legge
regionale, pur richiamando genericamente, al comma 4, l'art. 135  del
Codice di settore,  declina  poi  i  contenuti  del  PTR  senza  dare
specifica  evidenza  ai   contenuti   propri   della   pianificazione
paesaggistica, come disciplinati dall'art. 143 del Codice di settore.
Inoltre, il comma 5  del  medesimo  art.  19  della  legge  regionale
assegna al PTR soltanto il compito di  dettare  «il  quadro  generale
degli obiettivi di qualita' paesaggistica e  le  misure  generali  di
tutela da perseguire nelle diverse parti  del  territorio  regionale,
costituendo questi elementi invarianti o complementari alle scelte di
sviluppo territoriale e  socio-economico».  Il  Piano  regionale  non
reca, dunque, come dovrebbe, la compiuta disciplina  d'uso  dei  beni
paesaggistici, destinata a rimanere  immodificabile  da  parte  della
pianificazione urbanistica, ma si limita a definire  solo  il  quadro
generale degli  obiettivi  di  qualita'  paesaggistica  e  le  misure
generali  di  tutela  che,  peraltro,  non  sempre  costituiranno  le
«invarianti» delle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico,
ma    potranno    eventualmente    assumere    carattere    meramente
«complementare» a tali scelte. 
    L'alterazione del rapporto di  gerarchia  tra  gli  strumenti  di
pianificazione territoriale emerge, poi, palesemente dalle previsioni
del comma 6, lett. f), del medesimo art. 19, ove si  prevede  che  il
PTR definisce i «criteri operativi», anche qui  soltanto  «generali»,
per la tutela e la valorizzazione - tra l'altro - dei beni  culturali
e del paesaggio, stabilendo espressamente che  tali  criteri  debbano
essere fissati «in conformita' con le previsioni del piano  regionale
delle aree protette, dei piani di  bacino,  e  degli  altri  atti  di
programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di
salvaguardia  delle  risorse  idriche,  geologiche,   idrogeologiche,
agricole,  forestali,  di   riduzione   dell'inquinamento   acustico,
elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti». 
    Si afferma, quindi, espressamente che il piano  paesaggistico  e'
subordinato  rispetto  agli   altri   strumenti   di   pianificazione
territoriale, ai quali deve conformarsi, in aperto contrasto  con  il
principio fondamentale in materia, posto dall'art. 145, comma 3,  del
Codice di  settore,  in  base  al  quale  «Le  previsioni  dei  piani
paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono  derogabili  da
parte di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o  regionali  di
sviluppo economico, sono cogenti per gli  strumenti  urbanistici  dei
comuni,  delle  citta'   metropolitane   e   delle   province,   sono
immediatamente prevalenti sulle disposizioni  difformi  eventualmente
contenute  negli  strumenti  urbanistici,   stabiliscono   norme   di
salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento  degli  strumenti
urbanistici e sono altresi' vincolanti per gli interventi settoriali.
Per quanto attiene alla tutela del  paesaggio,  le  disposizioni  dei
piani  paesaggistici  sono  comunque  prevalenti  sulle  disposizioni
contenute negli atti  di  pianificazione  ad  incidenza  territoriale
previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli  degli  enti
gestori delle aree naturali protette.». 
    Le  impugnate  disposizioni  violano  l'art.  14  dello   Statuto
speciale e gli articoli 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost.,
per contrasto con gli articoli 135, 143 e 145, comma 3, e 146,  comma
6, del codice di settore. 
3. Illegittimita' dell'art. 21, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 legge regione
Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli  articoli  14,
comma 1°, lett. n), dello statuto speciale, 9, 2° comma,  e  117,  2°
comma, lett. s) Cost., in relazione agli articoli 135, 140, 2  comma,
143, 145 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio). 
    L'art. 21 disciplina il  procedimento  di  formazione  del  Piano
territoriale regionale, mediante conferenze di pianificazione  (commi
3,  4  e  5),  stabilendo  anche  una  durata  del  piano  e  il  suo
aggiornamento (comma 7). 
    L'iter di approvazione tramite  «conferenza  di  pianificazione»,
alla  quale  partecipa  un  numero  larghissimo  di  soggetti,  rende
nettamente minoritaria la rappresentativita' delle istanze legate  ai
beni culturali e al paesaggio, in contrasto con il valore primario  e
assoluto assegnato al paesaggio dall'art. 9 della Costituzione (Corte
cost., sentenza n. 367 del 2007). 
    Le citate disposizioni dell'art 21  si  espongono  alle  medesime
censure di incostituzionalita' formulate in relazione  agli  articoli
15 e 19 della legge in esame con riferimento  all'assegnazione  delle
competenze all'Assessorato regionale del territorio  e  dell'ambiente
anziche'   al   competente   Assessorato   dei   beni   culturali   e
dell'identita' siciliana. 
    Infatti, nel procedimento di formazione del  piano  previsto  dai
commi   1   e   2   dell'articolo   in   esame,   la   partecipazione
dell'assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana e'  in
funzione  di  mero  concerto  con  l'assessorato  del  territorio   e
dell'ambiente. 
    La disciplina regionale in esame concentra, infatti, la redazione
del Piano territoriale  regionale  con  valenza  paesaggistica  (PTR)
nell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, assegnando
un ruolo meramente concertante  all'Assessorato  regionale  dei  beni
culturali e dell'identita' siciliana. 
    L'attribuzione delle funzioni di redazione del PTR, che attengono
alla materia della  tutela  del  paesaggio  e  non  del  governo  del
territorio, all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente,
competente in materia di urbanistica e pianificazione, ai sensi della
citata legge regionale n. 28 del 1962 (art. 8,  comma  1,  lett.  m),
risulta in contrasto non solo con il sistema delle attribuzioni degli
Assessorati  regionali  delineato  dalla  gia'  richiamata  normativa
regionale, ma soprattutto - per quanto qui rileva - con il  principio
della differenziazione delle  funzioni  di  tutela  paesaggistica  da
quelle in materia urbanistico - edilizia che, come detto,  si  radica
direttamente nell'art. 9 della  Costituzione  e  trova  emersione,  a
livello di disciplina primaria, nell'espressa enunciazione  contenuta
all'art. 146, comma  6,  del  Codice  di  settore,  oltre  che  nelle
previsioni che impongono  la  co-pianificazione  del  paesaggio,  sin
dalla fase di elaborazione del relativo piano, con  l'Amministrazione
preposta alla  tutela  (articoli  135  e  143  del  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio). 
    Il comma 7, inoltre, fissa in  dieci  anni  la  durata  del  PTR,
disponendone l'aggiornamento ogni cinque anni o  anche  in  qualsiasi
momento prima di tale termine, su istanza dei  comuni  o  altri  enti
pubblici interessati o soggetti privati rappresentativi di  interessi
collettivi o diffusi, anche ai sensi delle risultanze  del  documento
di programmazione economico-finanziaria regionale (DEF). 
    La fissazione di una durata decennale del PTR appare illegittima,
in quanto non trova fondamento in analoga previsione del Codice,  ne'
nel sistema dei vincoli  paesaggistici  i  quali,  a  differenza  dei
vincoli urbanistici, sono permanenti e non sono neppure sottoponibili
a revoca o revisione da parte del  Piano  (art.  140,  comma  2,  del
Codice di settore). 
    Anche in questo caso, il disegno  sotteso  alla  legge  regionale
censurata risulta quello di assorbire la  disciplina  di  tutela  del
paesaggio in quella urbanistica, fissandone nel  PTR  solo  i  tratti
generali, peraltro da sottoporre a revisione con  cadenza  periodica.
Viene meno, quindi, il ruolo centrale di «Costituzione del paesaggio»
proprio del piano paesaggistico, di cui sopra si e' detto, in  quanto
non viene assicurata la stabilita' del  regime  di  tutela  dei  beni
paesaggistici,     affermandosi     anzi     l'opposto      principio
dell'obbligatoria revisione di tale regime a scadenze prestabilite. 
    Inoltre, ulteriore profilo di criticita' e'  rappresentato  dalla
mancanza, nella legge in esame, di  una  disciplina  transitoria  che
affronti il rapporto e l'eventuale passaggio tra il sistema attuale a
quello previsto con il PTR. Infatti,  tra  le  abrogazioni  non  sono
citati i piani attuali e le misure di  salvaguardia  sono  menzionate
solo a proposito dei piani urbanistici comunali (art. 54, comma 6). 
    La volonta' della Regione di superare la  normativa  vigente  non
sembra   infatti   assicurare   la   tutela   degli   attuali   piani
paesaggistici.  Emerge  in  particolare   la   questione   dei   beni
paesaggistici individuati e delimitati a seguito della redazione  dei
piani stessi, ai sensi dell'art.  134,  comma  1,  lett.  c),  (nella
versione non piu' vigente) che consentiva  di  tutelare  immobili  ed
aree direttamente con il piano. 
    Al riguardo, interessa evidenziare che i beni paesaggistici  gia'
vincolati a opera dei piani paesaggistici adottati sulla  base  della
previgente disciplina di cui alla  predetta  lettera  c),  una  volta
individuati,  sono  qualificati  ai  sensi   di   legge   come   beni
paesaggistici e rimangono pertanto integralmente soggetti  al  regime
di tutela. Tali beni rientrano  ormai  a  pieno  titolo  tra  i  beni
paesaggistici,  e  non  possono  essere  ignorati  dalla   successiva
attivita' di  pianificazione,  che  di  essi  deve,  necessariamente,
tenere conto. 
    La suddetta disciplina e' quindi  illegittima  perche'  contrasta
con gli articoli agli articoli 135, 140, 2° comma, 143, 145 e 146 del
codice di settore in violazione dell'art. 14 dello Statuto speciale e
degli articoli 9, secondo comma, e 117, 2 comma, lett. s) Cost. 
4. Illegittimita' degli articoli 22, 25 e  26,  comma,  4,  lett.  f)
della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto  2020  per  contrasto
con gli articoli 14, 1° comma, lett. n) dello statuto speciale, 9, 2°
comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost.  in  relazione  agli  articoli
135, 136, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio). 
    Gli articoli 22 e 25, nel disciplinare  i  «Contenuti  del  piano
territoriale consortile (PTC) e del piano della Citta'  metropolitana
(PCM)» (art. 22) e i «Contenuti del piano urbanistico comunale (PUG)»
(art. 25), assegnano  ai  predetti  strumenti  anche  il  compito  di
dettare  «disposizioni  volte  ad   assicurare   la   tutela   e   la
valorizzazione  dei  beni  ambientali  e   culturali   presenti   sul
territorio» (art. 22, comma 2, lett.  d)  e  di  annoverare  "i  beni
paesaggistici,  ambientali,  culturali  e  storico-architettonici  da
sottoporre a tutela e  ne  specifica  il  relativo  regime  normativo
compatibile con la tutela di cui al decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 e successive modificazioni, anche nelle aree sottoposte a
vincolo  paesaggistico  e  nei   manufatti   sottoposti   a   vincolo
storico-artistico» (art. 25, comma 3, lett. l). 
    Coerentemente con  tali  disposizioni,  il  successivo  art.  26,
recante il «Procedimento di formazione  ed  approvazione  del  PUG  e
delle relative varianti», stabilisce,  al  comma  4,  che  «Entro  il
termine di novanta giorni dall'avvio  del  procedimento,  il  comune,
tenendo conto  dell'atto  di  indirizzo  dell'amministrazione  e  dei
contributi eventualmente pervenuti, elabora un documento  preliminare
del PUG che: (...) f) descrive le risorse territoriali e  naturali  e
identifica i beni culturali  e  paesaggistici  da  considerare  quali
invarianti e determinanti per le scelte di sviluppo». 
    Il disegno  del  legislatore  regionale  e',  quindi,  quello  di
definire nel PTR solo i tratti essenziali della disciplina d'uso  dei
beni paesaggistici, che risulta compiutamente  definita  soltanto  in
sede di pianificazione urbanistica. 
    Al riguardo, si osserva che, se e' indubbio che gli strumenti  di
pianificazione urbanistica  possono  incrementare  il  livello  della
tutela dei valori testimoniali del territorio rispetto a quanto  gia'
previsto mediante gli ordinari strumenti di tutela del paesaggio,  e'
parimenti  indiscutibile  che  non  e'  consentito   demandare   alla
pianificazione urbanistica comunale la definizione in concreto  della
disciplina d'uso dei  beni  paesaggistici,  atteso  che  la  predetta
funzione deve essere svolta dal piano paesaggistico,  al  quale  deve
essere attribuita una posizione sovraordinata e  preminente  rispetto
agli strumenti urbanistici comunali. 
    Le suddette disposizioni violano, quindi, gli articoli  14  dello
statuto speciale e 117, 2° comma, lett. s) della Cost. per  contrasto
con gli articoli 135, 136,143 e 145 del codice di settore. 
5. Illegittimita' dell'art. 27 della legge regione Sicilia n. 19  del
13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett.  n)
dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s)  Cost.
in relazione agli articoli 134, 135,  136,  143  e  145  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio). 
    L'art. 27 concerne la disciplina  del  patrimonio  culturale  dei
beni  isolati,  i  quali  -  ancora  una  volta  -  sono  individuati
esclusivamente  nel  piano  urbanistico  generale  (PUG),  anche  con
riferimento agli interventi e alla destinazione d'uso. 
    Al riguardo, si deve rilevare che,  pur  disciplinando  manufatti
«di  particolare   valenza   ed   interesse   storico-architettonico,
tipologico  ed  etno-antropologico»,  che  possono  quindi  rivestire
interesse  culturale  e  anche  ricadere   in   aree   di   interesse
paesaggistico, la norma impugnata  non  contiene  una  disciplina  di
raccordo con il Codice di settore, e non fa  espressamente  salvo  il
regime di tutela dei beni vincolati, ai  sensi  degli  articoli  134,
135, 136, 143 e 145 del predetto codice, nonche', con riferimento  ai
beni paesaggistici, e non ammette gli interventi soltanto nei casi  e
limiti previsti dal piano paesaggistico. 
    Le suddette disposizioni violano, quindi, gli articoli  14  dello
statuto speciale e 117, 2° comma, lett. s) della Cost. per  contrasto
con gli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del codice di settore. 
6. Illegittimita' dell'art. 36 della legge regione Sicilia n. 19  del
13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett.  b)
e lett. f) dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 1° e 2° comma,
lett. l) e lett. s) Cost., in relazione agli articoli  36  e  37  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  380  del  2001;  agli
articoli 3-ter, 242, 242-bis e 244 del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152, recante «Norme in materia  ambientale»;  all'art.  191,
paragrafo 2,  del  Trattato  sul  Funzionamento  dell'Unione  europea
(TFUE); all'art. 1 della direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004. 
    L'art. 36 dell'impugnata legge regionale,  nel  disciplinare  gli
«Interventi di compensazione urbanistica a tutela dell'ambiente»,  al
comma  3,  stabilisce  che  «Nell'ipotesi   di   delocalizzazione   o
riqualificazione di  siti  produttivi  dismessi  o  di  manufatti  in
degrado o incongrui, in quanto suscettibili, per impatto visivo,  per
dimensioni planivolumetriche  o  per  caratteristiche  tipologiche  e
funzionali,  di  snaturare  o  di  alterare  in  modo  permanente  la
caratteristica di un luogo, della sua identita' storica, culturale  o
paesaggistica, la  compensazione  si  connota  come  paesaggistico  -
ambientale  e  consiste   nell'attribuzione   premiale   di   diritti
edificatori  ai  proprietari  interessati.  L'attribuzione  di   tali
diritti edificatori puo' essere finalizzata al recupero dei costi  di
bonifica dei siti industriali dismessi per la  fornitura  di  servizi
eco sistemici nelle zone rurali del territorio comunale.». 
    Tale disposizione consente di attribuire premi volumetrici per la
delocalizzazione  di  manufatti  incongrui   rispetto   al   contesto
paesaggistico e anche per il recupero dei costi di bonifica dei  siti
industriali dismessi, senza limitare i suddetti benefici al solo caso
di delocalizzazione di opere legittimamente realizzate e senza tenere
conto della circostanza che, in base ai principi europei e nazionali,
i costi di bonifica devono seguire la regola  fondamentale  del  c.d.
«chi inquina paga»,  e  non  possono  essere  quindi  addossati  alla
collettivita'  mediante   l'attribuzione   di   volumetrie   edilizie
premiali. 
    Per quanto attiene alla delocalizzazione di  volumi  «incongrui»,
si osserva che, con l'incentivazione di  un  premio  volumetrico,  la
norma consente una forma surrettizia di condono edilizio. 
    La norma regionale non limita il proprio  ambito  applicativo  ai
soli  volumi  legittimamente   realizzati,   sicche'   il   carattere
«incongruo»   dei   predetti   volumi   puo'   facilmente   dipendere
dall'abusiva realizzazione delle opere. 
    Risultano, pertanto, violati l'art. 14, 1° comma, lett. f)  dello
statuto speciale e l'art. 117, 2° comma, lett. l). 
    Infatti, i casi e i limiti della sanatoria  delle  opere  abusive
sono stabiliti dalla legge statale (articoli 36 e 37 del decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  380  del  2001,  oltre  alle  norme
eccezionali di condono edilizio emanate in passato)  e  si  impongono
anche  alle  regioni  a  statuto  speciale.  Nel  caso   di   specie,
l'introduzione di una surrettizia forma di condono edilizio eccede la
competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione  in  materia
di urbanistica dall'art. 14, primo comma, lettera f), dello  statuto,
con conseguente invasione della sfera di competenza esclusiva statale
in materia di «ordinamento  penale»  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    Al riguardo codesta Corte costituzionale, proprio con riferimento
alla   Regione   Siciliana,   ha   affermato   che    il    principio
dell'accertamento di conformita' di cui all'art. 36 del  testo  unico
dell'edilizia, che costituisce «principio fondamentale nella  materia
governo del territorio» (da ultimo, sentenza n.  107  del  2017),  e'
«finalizzato  a  garantire  l'assoluto  rispetto   della   disciplina
urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale  compreso  tra
la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta  ad
ottenere l'accertamento di conformita'» (sentenza n. 101  del  2013).
Tale istituto si  distingue  dal  condono  edilizio,  in  quanto  «fa
riferimento  alla  possibilita'  di   sanare   opere   che,   sebbene
sostanzialmente conformi alla  disciplina  urbanistica  ed  edilizia,
sono state realizzate  in  assenza  del  titolo  stesso,  ovvero  con
varianti essenziali», laddove il condono edilizio «ha  quale  effetto
la sanatoria non solo formale  ma  anche  sostanziale  dell'abuso,  a
prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla  disciplina
urbanistica  ed  edilizia»  (sentenza  n.  50  del  2017).  Anche   a
prescindere da tali classificazioni, occorre ricordare  che,  sebbene
questa Corte abbia riconosciuto che la  disciplina  dell'accertamento
di  conformita'  attiene  al  governo  del  territorio,  ha  comunque
precisato che spetta al legislatore statale la  scelta  sull'an,  sul
quando  e  sul  quantum  della  sanatoria,  potendo  il   legislatore
regionale intervenire solo per quanto riguarda l'articolazione  e  la
specificazione di tali  disposizioni  (sentenza  n.  233  del  2015).
Quanto alle Regioni ad autonomia speciale, ove nei rispettivi statuti
si  prevedano  competenze  legislative  di  tipo  primario,   si   e'
puntualizzato che esse devono, in ogni  caso,  rispettare  il  limite
della materia penale e di «quanto  e'  immediatamente  riferibile  ai
principi di questo intervento eccezionale di  grande  riforma»,  come
nel caso del titolo abilitativo edilizio in  sanatoria  (sentenza  n.
196 del 2004).» (Corte cost. n. 232 del 2017). 
    Sotto altro profilo, la disposizione censurata,  nella  parte  in
cui rimette in capo alla collettivita' i costi di  bonifica  di  siti
industriali dismessi - in deroga, come innanzi  detto,  al  principio
fondamentale del c.d. «chi inquina paga» - si pone in  contrasto  con
l'art. 14 dello statuto speciale e con l'art. 117, primo comma, della
Costituzione, con riferimento all'art. 191, paragrafo 2, del Trattato
sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il quale  espressamente
prevede che la politica dell'Unione in materia ambientale e' fondata,
fra l'altro sul principio «chi inquina paga»,  nonche'  con  riguardo
all'art. 1 della direttiva  2004/35/CE  del  21  aprile  2004,  sulla
responsabilita' ambientale in materia di  prevenzione  e  riparazione
del danno ambientale e al considerando n. 18 della stessa,  alla  cui
stregua «Secondo il principio «chi  inquina  paga»,  l'operatore  che
provoca  un  danno  ambientale  o  e'  all'origine  di  una  minaccia
imminente di tale danno dovrebbe di massima sostenere il costo  delle
necessarie misure di prevenzione o di riparazione. Quando l'autorita'
competente interviene direttamente o tramite terzi  al  posto  di  un
operatore, detta autorita' dovrebbe far si'  che  il  costo  da  essa
sostenuto sia a carico dell'operatore. E' inoltre opportuno  che  gli
operatori sostengano in definitiva il  costo  della  valutazione  del
danno ambientale ed eventualmente della  valutazione  della  minaccia
imminente di tale danno». 
    Inoltre, la disposizione in esame si pone, altresi', in contrasto
con l'art. 14, lett. b) dello statuto speciale,  e  con  l'art.  117,
secondo comma, lett. s),  della  Costituzione,  in  riferimento  agli
articoli 3-ter, 242, 242-bis e 244 del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», dai quali emerge
come la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi  naturali  (oltreche'
del patrimonio culturale) deve essere garantita  da  tutti  gli  enti
pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche  pubbliche  o
private mediante una adeguata azione che sia informata,  fra  l'altro
al principio del «chi inquina paga». Nel dettaglio,  con  riferimento
agli interventi di bonifica di siti inquinati, i citati articoli 242,
242-bis e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, precisano  che
gli stessi gravano sul responsabile della contaminazione,  cioe'  sul
soggetto al quale sia  oggettivamente  imputabile  l'inquinamento  in
quanto lo abbia causalmente determinato. 
    Al riguardo, occorre ricordare  che  la  soggezione  anche  della
Regione Siciliana al principio «chi inquina paga» e' stata  affermata
da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 93 del 2017) e che, piu'
in generale, non e' dubbio che le disposizioni adottate  dallo  Stato
nella  materia  di  competenza  esclusiva  «tutela  dell'ambiente»  e
«dell'ecosistema» debbano essere qualificate quali norme  di  riforma
economico-sociale, capaci di imporsi, come tali, anche alle Regioni a
statuto speciale (sentenza n.  198  del  2018).  Cio'  in  quanto  la
disciplina statale relativa alla  tutela  dell'ambiente  "costituisce
«un limite alla disciplina che le  Regioni  e  le  Province  autonome
dettano in altre materie di loro  competenza»  (sentenza  n.  67  del
2010), anche ove si tratti  (...)  di  competenze  esclusive"  (Corte
cost. n. 232 del 2017). 
7. Illegittimita' dell'art. 37, commi 3, 4, 5 e 6 lett.  c)  e  lett.
d), 7, 8 e 9 della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per
contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett. f) ed n) dello Statuto
speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. l) e lett. s) Cost., in
relazione agli  articoli  134,  135,  136,  143  e  145  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio); agli articoli 36 e 37 del testo  unico  dell'edilizia  di
cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. 
    L'art. 37 contiene disposizioni di tutela  e  pianificazione  del
territorio rurale e di tutela dei boschi e delle foreste. 
    In particolare, il comma 3 subordina la  realizzazione  di  tutti
gli interventi  edilizi  nel  territorio  rurale  al  rispetto  delle
«specifiche norme di tutela del paesaggio rurale indicate da apposite
linee guida approvate con decreto  dell'Assessore  regionale  per  il
territorio e l'ambiente di concerto  con  l'Assessore  regionale  per
l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca mediterranea». 
    Al riguardo, si rileva che la disciplina di tutela del  paesaggio
rurale di riferimento deve essere quella del piano paesaggistico,  al
quale la norma dovrebbe rinviare. Al fine di assicurare la tutela del
paesaggio rurale nelle more dell'approvazione del piano,  si  ritiene
legittimo il rinvio alle linee guida, da recepirsi poi  nel  predetto
strumento, che dovrebbero  pero'  essere  elaborate  dall'Assessorato
competente in materia di tutela del paesaggio. 
    Il comma 4 prevede poi  che  «Nelle  more  dell'approvazione  del
decreto di cui al comma 3, sugli immobili ricadenti  all'interno  del
territorio rurale di cui al comma 2, sono  consentiti  esclusivamente
gli  interventi  di  recupero  e  riqualificazione  delle  volumetrie
esistenti, che risultino catastate alla data  di  entrata  in  vigore
della  presente  legge,  e  gli  ampliamenti  per  l'insediamento  di
attivita' agrituristiche di cui al comma 5. E'  altresi'  consentito,
previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, il  mutamento
della destinazione d'uso di fabbricati realizzati con regolare titolo
abilitativo,    ancorche'    non     ultimati,     a     destinazione
ricettivo-alberghiera e di ristorazione e  per  l'insediamento  delle
attivita' di bed and breakfast, agriturismo ed annesse  attivita'  di
ristorazione ove sia verificata la  compatibilita'  ambientale  della
nuova  destinazione  ed  il  rispetto  di   tutte   le   prescrizioni
igienico-sanitarie nonche' di sicurezza.». 
    La   disposizione   consente;   quindi,   il   recupero   e    la
riqualificazione delle volumetrie «catastate», indipendentemente  dal
fatto che  tali  volumetrie  siano  state  legittimamente  realizzate
ovvero siano abusive. Il cambio di destinazione d'uso  -  questo  si'
limitato  ai  soli  manufatti  legittimamente  realizzati  -  e'  poi
consentito senza attendere ne'  la  pianificazione  paesaggistica,  e
neppure le linee guida di cui al  comma  3,  ossia  al  di  fuori  di
qualsiasi disegno pianificatorio, e cio' anche in ambiti sottoposti a
tutela. 
    Il comma 6 prevede che il PUG individua e classifica con adeguate
perimetrazioni il  territorio  rurale,  articolandolo  in  zone,  per
ognuna delle quali sono stabiliti parametri limitativi,  senza  alcun
richiamo espresso al necessario rispetto della  normativa  di  tutela
del paesaggio rurale. Tra le zone individuate, sono previste «zone di
produzione intensiva con  l'uso  di  serre  e  tecnologie  meccaniche
avanzate, anche sedi di impianti di energia alternativa, con  obbligo
di smaltimento alla fine del ciclo produttivo» (lett. c) e «zone  per
aziende  artigianali/industriali,  anche  connesse   alle   attivita'
agricole, di lavorazione e/o  conservazione  e/o  trasformazione  dei
prodotti agricoli» (lett.  d).  L'individuazione  e  classificazione,
nell'ambito del territorio rurale, delle predette categorie c)  e  d)
porterebbe di fatto a  un  notevole  incremento  delle  potenzialita'
edilizie e del consumo di  suolo  in  zone  agricole,  in  potenziale
contrasto con gli obiettivi  generali  della  «tutela  del  paesaggio
rurale», perseguiti dall'art. 37 in esame, e  del  «contenimento  del
consumo di suolo» (art. 34). 
    I commi 5, 7, 8 e 9  consentono  rilevanti  trasformazioni  degli
edifici rurali. 
    In particolare, il comma 5 prevede  incrementi  volumetrici,  del
dieci per cento, in favore delle attivita' agrituristiche. Il comma 7
pone  limiti  agli  interventi  di  recupero  di  edifici  esistenti;
tuttavia, nel caso di recupero di  edifici  con  originaria  funzione
abitativa, per i quali e' generalmente  esclusa  la  possibilita'  di
ampliamento volumetrico se la cubatura esistente gia'  supera  quella
consentita dal PUG, si prevede che la clausola puo' tener conto di un
incremento  volumetrico,  del  trenta   per   cento,   in   caso   di
utilizzazione agrituristica, con obbligo  di  trascrizione  decennale
nella conservatoria dei registri immobiliari (cfr. lett. b). Il comma
8  prevede  che  siano  consentite  attivita'   di   ristorazione   e
intrattenimento in tutti gli edifici esistenti, previo intervento  di
restauro, ri-funzionalizzazione e ristrutturazione  edilizia  nonche'
l'uso stagionale o  periodico  dei  manufatti  abitativi,  anche  per
attivita' di ristorazione e intrattenimento. Il  comma  9  stabilisce
che, per le finalita' stabilite dal comma 8, «i fabbricati  esistenti
possono essere ampliati fino ad un massimo del trenta per cento della
cubatura esistente». 
    Con tali previsioni, sostanzialmente,  il  Legislatore  regionale
consente un considerevole e  indiscriminato  incremento  di  cubatura
(dieci o trenta per cento), in contrasto con gli  obiettivi  generali
della «tutela del paesaggio rurale» e del «contenimento  del  consumo
di suolo», determinando il superamento ex lege delle previsioni della
pianificazione paesaggistica. Si permette inoltre  la  trasformazione
indiscriminata degli edifici rurali per attivita' di  ristorazione  e
intrattenimento. 
    Le suddette previsioni appaiono irragionevoli, oltre  che  lesive
dei principi fondamentali in materia di tutela dei beni  culturali  e
del paesaggio. 
    Invero, gli incrementi volumetrici  e  i  cambi  di  destinazione
d'uso sono consentiti  in  modo  indiscriminato,  anche  su  immobili
soggetti a tutela, quali beni culturali o paesaggistici, senza essere
valutati nel quadro necessario della pianificazione paesaggistica, in
violazione degli articoli 134, 135, 136, 143  e  145  del  codice  di
settore, i quali, come si e' detto, rilevano  come  norme  di  grande
riforma economico-sociale. 
    Tale disciplina si pone, quindi in contrasto con l'art. 14  dello
Statuto di autonomia, e con l'art. 117, 2 comma, lett. s) cost. 
    Inoltre, l'incremento volumetrico e' previsto a regime,  rispetto
alla cubatura «esistente», senza richiedere che  i  volumi  esistenti
siano stati legittimamente realizzati e  senza  stabilire  neppure  a
quale data debba riferirsi tale esistenza, con la conseguenza che, in
astratto, il predetto incremento sarebbe spendibile in ogni tempo  e,
cio' che e' peggio, applicabile piu' volte sullo stesso immobile. 
    Sotto questo profilo, oltre alla violazione dei  parametri  sopra
richiamati, emerge anche il contrasto con il principio - posto  dagli
articoli 36 e 37 del testo unico dell'edilizia, di cui al decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  380  del  2001  -  che  stabilisce
esattamente casi e termini per la sanatoria  delle  opere  realizzate
senza  titolo,  atteso  che,  con  le  norme  censurate,  la  Regione
legittima  sostanzialmente  anche   volumi   edilizi   potenzialmente
abusivi, consentendone persino l'incremento. I  principi  di  cui  ai
predetti articoli 36 e  37  si  impongono,  come  detto,  anche  alla
Regione Siciliana, alla quale e' comunque  preclusa  l'individuazione
di ipotesi di sanatoria non previste dalla disciplina statale  (Corte
cost. n.  232  del  2017,  cit.).  Emerge,  pertanto,  la  violazione
dell'art. 14, primo comma,  lettera  f),  dello  statuto  speciale  e
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.