Ricorso (ex art. 127, comma 1, Cost.) per il Presidente del Consiglio dei ministri - (codice fiscale n. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, telefax n. 06.96.51.40.00; indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, giusta delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 20 aprile 2020 - ricorrente; contro la Regione Sicilia, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica - intimata; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 8, comma 5; 15, commi 1 e 2; 19, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, lett. f); 21, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 22; 25; 26, comma, 4, lett. f); 27; 36; 37, commi 3, 4, 5 e 6 lett. c) e lett. d), 7, 8 e 9, della legge Regione Siciliana del 13 agosto 2020, n. 19, pubblicata nel BUR n. 44 del 21 agosto 2020, recante «Norme per il governo del territorio»; per violazione degli articoli 9, 117, primo e secondo comma, lett. I) e lett. s) Cost., dell'art. 14, comma 1, lett. b, lett. f) e lett. n) del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, in relazione agli articoli 134, 135, 136, 140, 143, 145, 146, decreto legislativo n. 42/2004 (codice dei beni culturali); 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001; 3-ter, 242, 242-bis, 244 del decreto legislativo n. 152/2006; 191, paragrafo 2 del TFUE; 1 della direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004. 1. Con la legge n. 19 del 13 agosto 2020 la Regione Sicilia ha previsto «Norme per il governo del territorio». In particolare, l'art. 8, comma 5, della predetta legge, prevede che «Per assicurare la flessibilita' del sistema della pianificazione, il piano di ampiezza territoriale minore puo' contenere esplicite proposte di modifiche al piano di ampiezza territoriale maggiore, qualora sia acquisito l'accordo del relativo ente con le procedure di concertazione previste dalla presente legge». L'art 15, comma 1, stabilisce che «L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, in relazione alle competenze istituzionali proprie, di concerto con l'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana, anche avvalendosi dei dati del SITR, elabora ed aggiorna il piano territoriale regionale (PTR) di cui al Titolo IV.»; il successivo comma 2, dispone che «Nell'ambito delle funzioni di cui al comma 1, l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente gestisce il PTR. L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente elabora annualmente un Rapporto sullo stato del territorio regionale e delle sue criticita', con particolare riferimento allo stato della pianificazione e allo stato dell'ambiente.». In relazione ai «contenuti del Piano territoriale regionale con valenza paesaggistica (PTR)» l'art. 19 prevede che: tale piano «costituisce lo strumento di proiezione territoriale delle strategie di sviluppo economico, sociale e culturale di breve, medio e lungo termine con le quali la Regione realizza, orienta, indirizza e coordina la programmazione delle risorse e la pianificazione strategica, di coordinamento territoriale e urbanistica delle Citta' metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati, nonche' la valorizzazione del paesaggio (comma 1); che i contenuti e le procedure del PTR sono definiti da apposite linee guida proposte dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente di concerto con l'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana e approvate con delibera della Giunta regionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il PTR, per la sua valenza economica, sociale, culturale, ambientale e paesaggistica, assume il ruolo di quadro di coerenza territoriale finalizzato a definire le invarianti e le condizionanti del territorio regionale che assicurino la piena coerenza con i valori ambientali, paesaggistici e territoriali di tutte le pianificazioni di settore di eguale livello o di livello inferiore. (comma 2); che le suddette linee guida sono aggiornate periodicamente, con particolare riferimento all'introduzione di norme nazionali o regionali inerenti alle materie di pertinenza del piano (comma 3); che «il PTR assicura la tutela, la conservazione e la valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente assumendo la valenza di piano paesaggistico ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. Il PTR coordina ed integra ogni altro piano settoriale riguardante l'utilizzo del territorio regionale» (comma 4); che «Il PTR, in relazione alle prescrizioni di tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente, contiene il quadro generale degli obiettivi di qualita' paesaggistica e le misure generali di tutela da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, costituendo questi elementi invarianti o complementari alle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico. Il PTR e' elaborato su una base informativa prodotta dal SITR che ne costituisce parte integrante in maniera dinamica; il PTR, pertanto, rappresenta il quadro conoscitivo unificato regionale di tutti i processi di pianificazione e governo del territorio» (comma 5); che il «Il PTR contiene: a) gli elementi costitutivi del territorio regionale, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico - ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storico-archeologiche dello stesso, nonche' alle specializzazioni, funzioni e ruoli delle Citta' Metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati, al fine di assicurarne la migliore sinergia ed efficacia della loro azione; b) il quadro conoscitivo, a scala adeguata, del proprio territorio come risultante delle trasformazioni avvenute e dei programmi in atto; c) i criteri generali e gli indirizzi per la programmazione e la pianificazione territoriale degli enti locali, al fine di garantirne la complessiva coerenza; a tal fine, definisce gli elementi costituenti limiti essenziali di salvaguardia della sostenibilita' ambientale dello sviluppo socio-economico del territorio regionale; d) il quadro delle iniziative inerenti alla realizzazione sul territorio regionale delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse regionale, nazionale e sovranazionale e) l'individuazione delle zone di preservazione e salvaguardia ambientale; f) i criteri operativi generali per la tutela e la valorizzazione delle risorse culturali, naturali, paesaggistiche e ambientali, in conformita' con le previsioni del piano regionale delle aree protette, dei piani di bacino, e degli altri atti di programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di salvaguardia delle risorse idriche, geologiche, idrogeologiche, agricole, forestali, di riduzione dell'inquinamento acustico, elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti; g) gli indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, ed ai fini della riduzione dell'inquinamento nei centri abitati e nelle zone industriali; h) i criteri di conservazione, recupero e riqualificazione degli insediamenti esistenti con particolare riferimento ai centri storici; i) l'individuazione e la regolamentazione degli ambiti che hanno vocazioni specifiche o siano localizzazioni di impianti ad alta tecnologia o che devono essere riqualificati per gravi carenze di urbanizzazione primaria e secondaria, di significativa ampiezza e consistenza territoriale; l) i criteri e le modalita' per favorire il coordinamento tra le pianificazioni degli enti locali e per incentivare l'associazionismo tra essi; m) i criteri di definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse regionale nonche' i criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse; n) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilita' territoriale degli insediamenti industriali esistenti e il recupero delle aree industriali dismesse; o) l'individuazione di aree agricole strategiche» (comma 6). L'art 21, della legge in esame disciplina il procedimento di formazione del Piano territoriale regionale, prevedendo, in particolare che: «Il dipartimento regionale dell'urbanistica, decorsi centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione di osservazioni e proposte di modifica di cui al comma 2, indice una o piu' conferenze di pianificazione alle quali sono invitati a partecipare i rappresentanti dei liberi Consorzi comunali o delle Citta' metropolitane, della sezione regionale dell'ANCI, delle soprintendenze per i beni culturali ed ambientali competenti della Regione, dell'autorita' regionale competente in materia di VAS, delle amministrazioni pubbliche e delle organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali ed ambientaliste aventi diritto, che abbiano presentato osservazioni e proposte di modifica, nonche' di tutte le amministrazioni pubbliche preposte alla tutela degli altri interessi coinvolti ai sensi della normativa vigente, secondo quanto disposto dall'art. 10. Alla Conferenza il dipartimento regionale dell'urbanistica puo' invitare a partecipare altri soggetti pubblici e privati che per loro specifiche competenze e responsabilita' risultino interessati al piano. Contestualmente alla nota di convocazione, il dipartimento regionale dell'urbanistica trasmette ai soggetti invitati, in forma telematica, almeno quindici giorni prima della data fissata per la Conferenza, il progetto di PTR. (comma 3); «Se la Conferenza di cui al comma 3 approva il progetto di PTR, con decreto dell'Assessore per il territorio e ambiente, previo parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, e' approvato il PTR. Nel caso in cui sia stato espresso motivato dissenso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o dell'incolumita' pubblica si procede ai sensi dell'art. 20 comma 3, e dell'art. 21 della legge regionale 21 maggio 2019, n. 7. In tale ipotesi il PTR e' approvato con decreto del Presidente della Regione al termine della procedura di cui al citato art. 21 della legge regionale n. 7/2019.» (comma 4); «Se le osservazioni e le opposizioni al PTR sono decise, decorsi centoventi giorni dalla presentazione, dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente con proprio decreto, sentita la competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana» (comma ). Il comma 7 di tale norma, stabilisce la durata decennale del piano e il suo aggiornamento. Gli articoli 22 e 25, nel disciplinare i «Contenuti del piano territoriale consortile (PTC) e del piano della Citta' metropolitana (PCM)» (art. 22) e i «Contenuti del piano urbanistico comunale (PUG)» (art. 25), assegnano ai predetti strumenti anche il compito - rispettivamente - di dettare «disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul territorio» (art. 22, comma 2, lett. d) e di annoverare «i beni paesaggistici, ambientali, culturali e storico-architettonici da sottoporre a tutela e ne specifica il relativo regime normativo compatibile con la tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, anche nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico e nei manufatti sottoposti a vincolo storico-artistico» (art. 25, comma 3, lett. l). L'art. 26, recante il «Procedimento di formazione ed approvazione del PUG e delle relative varianti», stabilisce, al comma 4, che «Entro il termine di novanta giorni dall'avvio del procedimento, il comune, tenendo conto dell'atto di indirizzo dell'amministrazione e dei contributi eventualmente pervenuti, elabora un documento preliminare del PUG che: (...) f) descrive le risorse territoriali e naturali e identifica i beni culturali e paesaggistici da considerare quali invarianti e determinanti per le scelte di sviluppo». L'art. 27 attribuisce al PUG il compito di individuare i nuclei sparsi, gli agglomerati rurali, i bagli, i casali, le masserie, le fattorie, le case rurali, i mulini e i manufatti rurali speciali e produttivi, di particolare valenza ed interesse storico-architettonico, tipologico ed etno-antropologico nonche' gli elementi architettonici isolati diffusi su tutto il territorio comunale. L'art. 36 disciplina gli «Interventi di compensazione urbanistica a tutela dell'ambiente», stabilendo (comma 3) che «Nell'ipotesi di delocalizzazione o riqualificazione di siti produttivi dismessi o di manufatti in degrado o incongrui, in quanto suscettibili, per impatto visivo, per dimensioni planivolumetriche o per caratteristiche tipologiche e funzionali, di snaturare o di alterare in modo permanente la caratteristica di un luogo, della sua identita' storica, culturale o paesaggistica, la compensazione si connota come paesaggistico - ambientale e consiste nell'attribuzione premiale di diritti edificatori ai proprietari interessati. L'attribuzione di tali diritti edificatori puo' essere finalizzata al recupero dei costi di bonifica dei siti industriali dismessi per la fornitura di servizi eco sistemici nelle zone rurali del territorio comunale.». L'art. 37 contiene disposizioni di tutela e pianificazione del territorio rurale e di tutela dei boschi e delle foreste. In particolare, il comma 3 subordina la realizzazione di tutti gli interventi edilizi nel territorio rurale al rispetto delle «specifiche norme di tutela del paesaggio rurale indicate da apposite linee guida approvate con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente di concerto con l'Assessore regionale per l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca mediterranea». Il comma 4 prevede poi che «Nelle more dell'approvazione del decreto di cui al comma 3, sugli immobili ricadenti all'interno del territorio rurale di cui al comma 2, sono consentiti esclusivamente gli interventi di recupero e riqualificazione delle volumetrie esistenti, che risultino catastate alla data di entrata in vigore della presente legge, e gli ampliamenti per l'insediamento di attivita' agrituristiche di cui al comma 5. E' altresi' consentito, previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, il mutamento della destinazione d'uso di fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo, ancorche' non ultimati, a destinazione ricettivo - alberghiera e di ristorazione e per l'insediamento delle attivita' di bed and breakfast, agriturismo ed annesse attivita' di ristorazione ove sia verificata la compatibilita' ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonche' di sicurezza.». Il comma 6 prevede che il PUG individua e classifica con adeguate perimetrazioni il territorio rurale, articolandolo in zone, per ognuna delle quali sono stabiliti parametri limitativi, senza alcun richiamo espresso al necessario rispetto della normativa di tutela del paesaggio rurale. Tra le zone individuate, sono previste «zone di produzione intensiva con l'uso di serre e tecnologie meccaniche avanzate, anche sedi di impianti di energia alternativa, con obbligo di smaltimento alla fine del ciclo produttivo» (lett. c) e «zone per aziende artigianali/industriali, anche connesse alle attivita' agricole, di lavorazione e/o conservazione e/o trasformazione dei prodotti agricoli»(lett. d). I commi 5, 7, 8 e 9 consentono rilevanti trasformazioni degli edifici rurali. In particolare, il comma 5 prevede incrementi volumetrici del dieci per cento in favore delle attivita' agrituristiche. Il comma 7 pone limiti agli interventi di recupero di edifici esistenti; tuttavia, nel caso di recupero di edifici con originaria funzione abitativa, per i quali e' generalmente esclusa la possibilita' di ampliamento volumetrico se la cubatura esistente gia' supera quella consentita dal PUG, si prevede che la clausola puo' tener conto di un incremento volumetrico del trenta per cento in caso di utilizzazione agrituristica con obbligo di trascrizione decennale nella conservatoria dei registri immobiliari (cfr. lett. b). Il comma 8 prevede che siano consentite attivita' di ristorazione e intrattenimento in tutti gli edifici esistenti, previo intervento di restauro, rifunzionalizzazione e ristrutturazione edilizia nonche' l'uso stagionale o periodico dei manufatti abitativi, anche per attivita' di ristorazione e intrattenimento. Il comma 9 stabilisce che, per le finalita' stabilite dal comma 8, «i fabbricati esistenti possono essere ampliati fino ad un fluissimo del trenta per cento della cubatura esistente». 2. In base allo Statuto di autonomia (R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2), la Regione Sicilia ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, nonche' di conservazione delle antichita' e delle opere artistiche (art. 14, comma 1, lett. n); di bonifica (art. 14, comma 1, lett. b) e di urbanistica (art. 14, comma 1, lett. f). Tale competenza si esplica, ai sensi del predetto Statuto «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali, deliberate dalla Costituente del popolo italiano». Con il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637 sono state dettate le «Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichita' e belle arti», ai sensi delle quali «L'amministrazione regionale esercita nel territorio della regione tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato in materia di antichita', opere artistiche e musei, nonche' di tutela del paesaggio» (cfr. art. 1). A tal fine e' precisato che tutti gli atti previsti da ogni disposizione concernente le predette materie (a eccezione delle licenze di esportazione) sono adottati dall'amministrazione regionale. Interessa evidenziare che, in molteplici occasioni, codesta Corte ha affermato che la conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenza n. 172 del 2018; n. 367 del 2007). Quanto poi, alla problematica dei rapporti tra lo Stato e le Regioni a Statuto speciale relativamente al riparto di competenze in materia di tutela ambientale e paesaggistica, codesta Corte ha ritenuto che il legislatore statale conserva «il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria della Regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali"» ed ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali che si ponevano in contrasto con disposizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio e dal codice dell'ambiente, qualificate norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 118/2019; n. 172/2018; n. 238 del 2013; n. 207 e 66 del 2012; n. 226 e n. 164 del 2009, n. 232 del 2008 e n. 51 del 2006). In relazione alla competenza della Regione in materia urbanistica, codesta Corte ha avuto modo di puntualizzare che essa deve, in ogni caso, rispettare il limite della materia penale di cui all'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. (sent. n. 232/2017). Con le disposizioni sopra illustrate il legislatore regionale non ha rispettato la sfera di competenze nelle materie statutariamente previste e si pone in contrasto con la legislazione emanata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio, e dell'ambiente e dell'ecosistema, ed in quella dell'ordinamento penale di cui agli articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettera l) e lettera s), della Costituzione. Infatti, l'impugnata legge regionale, benche' ricca di riferimenti testuali alle esigenze di tutela dei beni culturali e del paesaggio, denota tuttavia, una visione riduttiva dei predetti interessi, in particolare, di quelli relativi alla tutela del paesaggio, che risultano assorbiti e - per cosi' dire - "diluiti" nell'ordinaria funzione di pianificazione urbanistica, senza che sia assicurata la differenziazione e la prevalenza della disciplina di tutela. Le disposizioni della legge in esame, sopra illustrate, non assicurano la necessaria separatezza e distinzione tra le funzioni di tutela paesaggistica e quelle di disciplina urbanistica, ne' la rigidita' e immodificabilita' della disciplina d'uso dei beni paesaggistici, ad opera dell'ordinaria pianificazione urbanistica, stabilita nei relativi provvedimenti di vincolo (ai sensi degli articoli 140, comma 2, e 141 bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio) ovvero in sede di pianificazione paesaggistica (ai sensi degli articoli 135 e 143 del medesimo codice). Tali disposizioni, pertanto, si pongono in contrasto con il principio fondamentale posto dall'art. 9 della Costituzione, in forza del quale la tutela dei beni culturali e del paesaggio costituisce un interesse costituzionale primario e assoluto (tra le tante, Corte cost. n. 367 del 2007), necessariamente sovraordinato e differenziato rispetto all'ordinaria funzione di disciplina dell'uso del territorio. La tutela del predetto interesse - che l'ordinamento rimette in generale alla "Repubblica", secondo il disposto dell'art. 9 della Costituzione - puo' certo essere attuata anche nell'ambito di strumenti di pianificazione territoriale di piu' ampia portata. La disciplina statale di tutela del paesaggio, mutuando un principio che risale alla legge n. 431 del 1985 (c.d. legge Galasso), prevede, infatti, che la disciplina d'uso dei beni paesaggistici (come definiti dall'art. 134 del Codice) puo' essere contenuta sia nell'ambito di appositi piani paesaggistici, che nel contesto di piani urbanistico - territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici (art. 135, comma 1, del Codice di settore). Tuttavia, i principi fondamentali sottesi al Codice dei beni culturali e del paesaggio (in particolare gli articoli 135, 143 e 145), di stretta derivazione dall'art. 9 della Costituzione, impongono che la disciplina d'uso dei beni paesaggistici sottoposti a tutela - indipendentemente dalla circostanza che sia dettata nell'ambito di un piano paesaggistico ovvero contenuta in un piu' ampio strumento di pianificazione urbanistico - territoriale - sia frutto di valutazioni tecnico-discrezionali riconducibili all'Amministrazione specificamente preposta alla tutela (nel caso della Regione siciliana, l'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana), abbia separata evidenza rispetto alla disciplina delle aree non vincolate e, cio' che piu' conta, sia intangibile ad opera dell'ordinaria pianificazione urbanistica e dei piani di settore. In base al sistema nazionale della tutela del paesaggio, vincolante anche per la Regione siciliana, il piano paesaggistico si pone infatti quale piano direttore generale, sovraordinato a tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale, sia urbanistica, sia settoriale (art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Esso, pertanto, rappresenta, per cosi' dire, la «Costituzione del territorio», in quanto esprime le scelte di fondo della pianificazione futura del territorio e deve necessariamente porsi in una dimensione temporale di stabilita' e di lungo periodo. Conseguentemente, la modifica del predetto piano esige procedure non ordinarie, ma "rinforzate" e aggravate, che consentano, da un lato, una piu' approfondita e meditata valutazione, dall'altro lato, una piu' ampia condivisione, acquisita con la partecipazione determinante di una pluralita' di attori istituzionali, che trascenda la singola compagine politico-amministrativa regionale che, in un determinato momento politico-istituzionale, e' titolare della funzione. Nell'ambito delle regioni a statuto ordinario, la necessaria differenziazione e prevalenza della pianificazione paesaggistica, rispetto all'ordinaria disciplina d'uso del territorio, e' assicurata dal principio della co-pianificazione dei beni paesaggistici tra Stato e Regione, posto dagli articoli 135, 143 e 145 del Codice dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. In questa prospettiva, codesta Corte costituzionale ha affermato l'esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (Corte cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (Corte cost., n. 182 del 2006; n. 272 del 2009). Nella Regione siciliana, dotata di potesta' legislativa e amministrativa in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, benche' il predetto principio di co-pianificazione obbligatoria non possa esprimersi nelle medesime forme previste per le regioni a statuto ordinario, ossia mediante la compartecipazione necessaria dello Stato alle scelte in materia di paesaggio, esso deve ugualmente essere salvaguardato. A tal fine, occorre assicurare che il piano paesaggistico sia elaborato congiuntamente e condiviso integralmente con il competente Assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana, il quale, nel contesto regionale, deve assumere una posizione differenziata e autonoma rispetto a quella dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, e deve, conseguentemente, essere messo in condizione di svolgere un effettivo ruolo di presidio dell'interesse alla tutela del paesaggio, corrispondente a quello demandato al Ministero per i beni e le attivita' culturali nell'ambito delle regioni non dotate di autonomia in materia. Il piano urbanistico - territoriale regionale deve, inoltre, esaurire tutti i contenuti propri del piano paesaggistico (articoli 135 e 143 del Codice di settore) e deve dare separata evidenza alla disciplina d'uso dei beni paesaggistici, assicurandone, in ogni caso, la prevalenza rispetto alla pianificazione urbanistica e di settore, nonche' l'assoluta immodificabilita' con gli ordinari procedimenti di variante urbanistica. La disciplina contenuta nelle suddette norme, non risulta improntata ai principi sopra illustrati, in quanto non assicura la primarieta' dell'interesse alla tutela del paesaggio (art. 9 Cost.) e dei cardini del sistema di tutela delineato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, che costituiscono, come detto, norme fondamentali di grande riforma economico-sociale che si impongono anche alla Regione siciliana. La disciplina in esame si pone altresi' in contrasto con il principio ambientale, di matrice comunitaria, del «chi inquina paga», nonche' con l'art. 117, comma 2, lett. l) della Cost. che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento penale. Le suddette disposizioni appaiono, pertanto, costituzionalmente illegittime, in quanto eccedono dalla competenza statutaria della Regione prevista dall'art. 14, comma 1, lett. b), lett. f) e lett. n) del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2., e contrastano con la legislazione emanata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio, e dell'ambiente e dell'ecosistema, e dell'ordinamento penale di cui agli articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettera l) e lettera s), della Costituzione. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone pertanto il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di Diritto 1. Illegittimita' dell'art. 8, comma 5, della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con l'art. 14, comma 1, lett. n) dello statuto speciale, gli articoli 9, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera s), Cost. in relazione all'art. 145, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Come detto, il Codice dei beni culturali e del paesaggio assegna al piano paesaggistico il ruolo di strumento primario di disciplina e tutela del territorio, tanto che il carattere cogente delle sue disposizioni prevale sul contenuto degli altri strumenti di pianificazione eventualmente difformi. Correttamente, in questa prospettiva, l'art. 20, comma 2, della legge regionale prevede che «Le previsioni del PTR prevalgono sulle disposizioni eventualmente difformi o non coerenti contenute nei piani territoriali degli enti locali. In tal caso, questi ultimi, entro novanta giorni dalla data di approvazione del PTR, conformano i propri strumenti pianificatori al PTR mediante atto deliberativo consiliare». Tale principio e', tuttavia, vanificato dalla disposizione contenuta nel precedente art. 8, comma 5, secondo la quale «Per assicurare la flessibilita' del sistema della pianificazione, il piano di ampiezza territoriale minore puo' contenere esplicite proposte di modifiche al piano di ampiezza territoriale maggiore, qualora sia acquisito l'accordo del relativo ente con le procedure di concertazione previste dalla presente legge». La norma non esclude il piano paesaggistico dai piani «di ampiezza territoriale maggiore» modificabili da quelli di ampiezza minore, con cio' ponendosi in contrasto con il principio di gerarchia dei piani stabilito dall'art. 145, comma 5, del Codice di settore. In tal modo, il PTR, pur prevalendo sugli strumenti di pianificazione urbanistica, assume pero' carattere "flessibile" ed e' esposto a ordinarie procedure di variante, peraltro avviate anche in sede di approvazione di uno strumento sotto ordinato. E cio' senza alcuna distinzione tra le previsioni del PTR che si riferiscono ad ambiti non tutelati e quelle che recano la disciplina d'uso dei beni paesaggistici. La suddetta disposizione viola, quindi, gli articoli 14 dello statuto speciale, 9, 2°comma e 117, 2° comma, lett. s) della Cost. per contrasto con l'art. 145 del codice di settore. 2. Illegittimita' dell'art. 15, commi 1 e 2, e dell'art 19, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, lett. f) della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, comma 1, lett. n), dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost., in relazione agli articoli 135, 143 e 145, comma 3, e 146 , comma 6, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Gli articoli 15 e 19, dedicati alla pianificazione territoriale regionale, sovvertono il modello di piano paesaggistico attualmente vigente in Sicilia, elaborato dall'Assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana e di cui alle Linee guida del piano paesistico territoriale regionale - PTPR approvate con D.A. n. 6080 del 21 maggio 1999. Nelle predette Linee guida si precisa che la Regione siciliana, nell'individuazione delle modalita' di esercizio dell'azione amministrativa derivante dalle attribuzioni ad essa conferite, si e' determinata con l'art. 3 della legge regionale n. 80 del 1977, stabilendo che «tutte le attribuzioni di competenza della Regione nella materia dei beni culturali e ambientali sono svolte dall'assessorato Regionale dei Beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, che esercita le funzioni previste dal suddetto decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637». Con la legge regionale n. 15 del 1991, la Regione siciliana ha confermato la competenza, in materia di tutela paesaggistica, dell'Assessorato regionale per i beni culturali e ambientali e per la pubblica istruzione (art. 5, con specifico riferimento all'individuazione, nelle zone di interesse paesistico, delle aree in cui vietare le modificazioni fino all'approvazione dei piani paesistici), competenze poi attribuite all'attuale Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana ( art. 8, comma 1, lett. b), della legge regionale n. 28 del 1962, come successivamente modificato). Sulla base delle suddette Linee guida sono stati redatti i piani di ambito. Attualmente, su undici piani d'ambito previsti per l'Isola, otto sono vigenti: cinque risultano approvati (tra il 2010 e il 2018) e tre adottati (tra il 2013 e il 2018). Dei restanti piani, due sono in fase di concertazione e uno in fase istruttoria. L'attuale quadro pianificatorio della Regione Siciliana, relativo alla tutela del paesaggio, risulta, pertanto, in gran parte operativo, sperimentato, o in fase finale di definizione. La disciplina prevista dalla legge regionale in esame, all'art. 15, prevede, invece che: «1. L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, in relazione alle competenze istituzionali proprie, di concerto con l'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana, anche avvalendosi dei dati del SITR, elabora ed aggiorna il piano territoriale regionale (PTR) di cui al Titolo IV» (comma 1). Nell'ambito delle funzioni di cui al comma 1, l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente gestisce il PTR. (...) (comma 2). Il successivo art. 19, - «Contenuti del Piano territoriale regionale con valenza paesaggistica (PTR)» nei commi da 1 a 6, dispone che: «1. Il Piano territoriale regionale con valenza paesaggistica, di seguito denominato PTR, costituisce lo strumento di proiezione territoriale delle strategie di sviluppo economico, sociale e culturale di breve, medio e lungo termine con le quali la Regione realizza, orienta, indirizza e coordina la programmazione delle risorse e la pianificazione strategica, di coordinamento territoriale e urbanistica delle Citta' metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati, nonche' la valorizzazione dei paesaggio; 2. I contenuti e le procedure del PTR sono definiti da apposite linee guida proposte dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente di concerto con I 'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana e approvate con delibera della Giunta regionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il PTR, per la sua valenza economica, sociale, culturale, ambientale e paesaggistica, assume il ruolo di quadro di coerenza territoriale finalizzato a definire le invarianti e le condizionanti del territorio regionale che assicurino la piena coerenza con i valori ambientali, paesaggistici e territoriali di tutte le pianificazioni di settore di eguale livello o di livello inferiore; 3. Le Linee guida di cui al comma 2 sono aggiornate periodicamente, con particolare riferimento all'introduzione di norme nazionali o regionali inerenti alle materie di pertinenza del piano; 4. Il PTR assicura la tutela, la conservazione e la valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente assumendo la valenza di piano paesaggistico ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. Il PTR coordina ed integra ogni altro piano settoriale riguardante l'utilizzo del territorio regionale; 5. Il PTR, in relazione alle prescrizioni di tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente, contiene il quadro generale degli obiettivi di qualita' paesaggistica e le misure generali di tutela da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, costituendo questi elementi invarianti o complementari alle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico. il PTR e' elaborato su una base informativa prodotta dal SITR che ne costituisce parte integrante in maniera dinamica; il PTR, pertanto, rappresenta il quadro conoscitivo unificato regionale di tutti i processi di pianificazione e governo del territorio. 6. Il PTR contiene: a) gli elementi costitutivi del territorio regionale, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico - ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storico-archeologiche dello stesso, nonche' alle specializzazioni, funzioni e ruoli delle Citta' Metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati, alfine di assicurarne la migliore sinergia ed efficacia della loro azione; b) il quadro conoscitivo, a scala adeguata, del proprio territorio come risultante delle trasformazioni avvenute e dei programmi in atto; c) i criteri generali e gli indirizzi per la programmazione e la pianificazione territoriale degli enti locali, al fine di garantirne la complessiva coerenza; a tal fine, definisce gli elementi costituenti limiti essenziali di salvaguardia della sostenibilita' ambientale dello sviluppo socio-economico del territorio regionale; d) il quadro delle iniziative inerenti alla realizzazione sul territorio regionale delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse regionale, nazionale e sovranazionale; e) l'individuazione delle zone di preservazione e salvaguardia ambientale; f) i criteri operativi generali per la tutela e la valorizzazione delle risorse culturali, naturali, paesaggistiche e ambientali, in conformita' con le previsioni del piano regionale delle aree protette, dei piani di bacino, e degli altri atti di programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di salvaguardia delle risorse idriche, geologiche, idrogeologiche, agricole, forestali, di riduzione dell'inquinamento acustico, elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti; g) gli indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, ed ai fini della riduzione dell'inquinamento nei centri abitati e nelle zone industriali; h) i criteri di conservazione, recupero e riqualificazione degli insediamenti esistenti con particolare riferimento ai centri storici; i) l'individuazione e la regolamentazione degli ambiti che hanno vocazioni specifiche o siano localizzazioni di impianti ad alta tecnologia o che devono essere riqualificati per gravi carenze di urbanizzazione primaria e secondaria, di significativa ampiezza e consistenza territoriale; l) i criteri e le modalita' per favorire il coordinamento tra le pianificazioni degli enti locali e per incentivare l'associazionismo tra essi; m) i criteri di definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse regionale nonche' i criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse; n) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilita' territoriale degli insediamenti industriali esistenti e il recupero delle aree industriali dismesse; o) l'individuazione di aree agricole strategiche. (...)». La disciplina regionale in esame, pertanto, incardina il «Piano territoriale regionale con valenza paesaggistica (PTR)» e la definizione delle relative Linee guida nell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, assegnando un ruolo meramente concertante all'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana, che viene addirittura escluso dalla gestione dello stesso piano. L'attribuzione delle funzioni di elaborazione, aggiornamento e gestione del PTR, che attengono alla materia della tutela del paesaggio e non del governo del territorio, all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, competente in materia di urbanistica e pianificazione ai sensi della citata legge regionale n. 28 del 1962 (art. 8, comma 1, lett. m), risulta in contrasto non solo con il sistema delle attribuzioni degli Assessorati regionali delineato dalla normativa regionale, ma soprattutto - per quanto qui rileva - con il principio della differenziazione delle funzioni di tutela paesaggistica da quelle in materia urbanistico - edilizia, che come detto si radica direttamente nell'art. 9 della Costituzione e trova emersione, a livello di disciplina primaria, nell'espressa enunciazione contenuta all'art. 146, comma 6, del Codice di settore, oltre che nelle previsioni che impongono la copianificazione del paesaggio, sin dalla fase di elaborazione del relativo piano, con l'Amministrazione preposta alla tutela (articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Al fine di evitare che la valutazione urbanistica possa condizionare quella paesaggistica il legislatore nazionale ha imposto una distinzione, gia' sul piano organizzativo, tra l'ufficio che si occupa della tutela paesaggistica e quello che ha competenza in materia urbanistica. Al riguardo, si precisa che non e' sufficiente la sola distinzione di funzioni, ma e' necessaria l'attribuzione delle due funzioni a due soggetti diversi, cosi' da assicurare che, contrariamente a quanto emerge dall'impugnata disciplina, l'Amministrazione preposta alla tutela del paesaggio non sia posta in un ruolo meramente ancillare rispetto a quella dotata di competenza urbanistica. Tale principio e' stato puntualizzato anche dal Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 2784 del 2015, ha ritenuto che «La doverosa distinzione organizzativa (...) riflette la distinzione sostanziale tra la funzione di tutela del paesaggio e quella di governo del territorio o urbanistica: e' una distinzione che ha base nell'art. 9 della Costituzione (e oggi e' confermata dall'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.) e che e' rimarcata dalla costante giurisprudenza specie costituzionale (a muovere da Corte cost., 24 luglio 1972, n. 141 e, ad es., a Corte cost., 23 novembre 2011, n. 309)». Per quanto riguarda le Linee guida previste dall'art. 19, comma 2, oltre alla evidenziata necessita' di assicurare la preminenza del ruolo del competente Assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana per cio' che attiene ai profili di disciplina dei beni paesaggistici, si rileva anche l'esigenza che le procedure e i contenuti del PTR siano definiti nel rispetto delle norme e dei principi contenuti nella Parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio (articoli 135, 143 e 145). Sotto tale profilo, si osserva che l'art. 19 della legge regionale, pur richiamando genericamente, al comma 4, l'art. 135 del Codice di settore, declina poi i contenuti del PTR senza dare specifica evidenza ai contenuti propri della pianificazione paesaggistica, come disciplinati dall'art. 143 del Codice di settore. Inoltre, il comma 5 del medesimo art. 19 della legge regionale assegna al PTR soltanto il compito di dettare «il quadro generale degli obiettivi di qualita' paesaggistica e le misure generali di tutela da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, costituendo questi elementi invarianti o complementari alle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico». Il Piano regionale non reca, dunque, come dovrebbe, la compiuta disciplina d'uso dei beni paesaggistici, destinata a rimanere immodificabile da parte della pianificazione urbanistica, ma si limita a definire solo il quadro generale degli obiettivi di qualita' paesaggistica e le misure generali di tutela che, peraltro, non sempre costituiranno le «invarianti» delle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico, ma potranno eventualmente assumere carattere meramente «complementare» a tali scelte. L'alterazione del rapporto di gerarchia tra gli strumenti di pianificazione territoriale emerge, poi, palesemente dalle previsioni del comma 6, lett. f), del medesimo art. 19, ove si prevede che il PTR definisce i «criteri operativi», anche qui soltanto «generali», per la tutela e la valorizzazione - tra l'altro - dei beni culturali e del paesaggio, stabilendo espressamente che tali criteri debbano essere fissati «in conformita' con le previsioni del piano regionale delle aree protette, dei piani di bacino, e degli altri atti di programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di salvaguardia delle risorse idriche, geologiche, idrogeologiche, agricole, forestali, di riduzione dell'inquinamento acustico, elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti». Si afferma, quindi, espressamente che il piano paesaggistico e' subordinato rispetto agli altri strumenti di pianificazione territoriale, ai quali deve conformarsi, in aperto contrasto con il principio fondamentale in materia, posto dall'art. 145, comma 3, del Codice di settore, in base al quale «Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.». Le impugnate disposizioni violano l'art. 14 dello Statuto speciale e gli articoli 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost., per contrasto con gli articoli 135, 143 e 145, comma 3, e 146, comma 6, del codice di settore. 3. Illegittimita' dell'art. 21, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, comma 1°, lett. n), dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost., in relazione agli articoli 135, 140, 2 comma, 143, 145 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). L'art. 21 disciplina il procedimento di formazione del Piano territoriale regionale, mediante conferenze di pianificazione (commi 3, 4 e 5), stabilendo anche una durata del piano e il suo aggiornamento (comma 7). L'iter di approvazione tramite «conferenza di pianificazione», alla quale partecipa un numero larghissimo di soggetti, rende nettamente minoritaria la rappresentativita' delle istanze legate ai beni culturali e al paesaggio, in contrasto con il valore primario e assoluto assegnato al paesaggio dall'art. 9 della Costituzione (Corte cost., sentenza n. 367 del 2007). Le citate disposizioni dell'art 21 si espongono alle medesime censure di incostituzionalita' formulate in relazione agli articoli 15 e 19 della legge in esame con riferimento all'assegnazione delle competenze all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente anziche' al competente Assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana. Infatti, nel procedimento di formazione del piano previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo in esame, la partecipazione dell'assessorato dei beni culturali e dell'identita' siciliana e' in funzione di mero concerto con l'assessorato del territorio e dell'ambiente. La disciplina regionale in esame concentra, infatti, la redazione del Piano territoriale regionale con valenza paesaggistica (PTR) nell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, assegnando un ruolo meramente concertante all'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana. L'attribuzione delle funzioni di redazione del PTR, che attengono alla materia della tutela del paesaggio e non del governo del territorio, all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, competente in materia di urbanistica e pianificazione, ai sensi della citata legge regionale n. 28 del 1962 (art. 8, comma 1, lett. m), risulta in contrasto non solo con il sistema delle attribuzioni degli Assessorati regionali delineato dalla gia' richiamata normativa regionale, ma soprattutto - per quanto qui rileva - con il principio della differenziazione delle funzioni di tutela paesaggistica da quelle in materia urbanistico - edilizia che, come detto, si radica direttamente nell'art. 9 della Costituzione e trova emersione, a livello di disciplina primaria, nell'espressa enunciazione contenuta all'art. 146, comma 6, del Codice di settore, oltre che nelle previsioni che impongono la co-pianificazione del paesaggio, sin dalla fase di elaborazione del relativo piano, con l'Amministrazione preposta alla tutela (articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Il comma 7, inoltre, fissa in dieci anni la durata del PTR, disponendone l'aggiornamento ogni cinque anni o anche in qualsiasi momento prima di tale termine, su istanza dei comuni o altri enti pubblici interessati o soggetti privati rappresentativi di interessi collettivi o diffusi, anche ai sensi delle risultanze del documento di programmazione economico-finanziaria regionale (DEF). La fissazione di una durata decennale del PTR appare illegittima, in quanto non trova fondamento in analoga previsione del Codice, ne' nel sistema dei vincoli paesaggistici i quali, a differenza dei vincoli urbanistici, sono permanenti e non sono neppure sottoponibili a revoca o revisione da parte del Piano (art. 140, comma 2, del Codice di settore). Anche in questo caso, il disegno sotteso alla legge regionale censurata risulta quello di assorbire la disciplina di tutela del paesaggio in quella urbanistica, fissandone nel PTR solo i tratti generali, peraltro da sottoporre a revisione con cadenza periodica. Viene meno, quindi, il ruolo centrale di «Costituzione del paesaggio» proprio del piano paesaggistico, di cui sopra si e' detto, in quanto non viene assicurata la stabilita' del regime di tutela dei beni paesaggistici, affermandosi anzi l'opposto principio dell'obbligatoria revisione di tale regime a scadenze prestabilite. Inoltre, ulteriore profilo di criticita' e' rappresentato dalla mancanza, nella legge in esame, di una disciplina transitoria che affronti il rapporto e l'eventuale passaggio tra il sistema attuale a quello previsto con il PTR. Infatti, tra le abrogazioni non sono citati i piani attuali e le misure di salvaguardia sono menzionate solo a proposito dei piani urbanistici comunali (art. 54, comma 6). La volonta' della Regione di superare la normativa vigente non sembra infatti assicurare la tutela degli attuali piani paesaggistici. Emerge in particolare la questione dei beni paesaggistici individuati e delimitati a seguito della redazione dei piani stessi, ai sensi dell'art. 134, comma 1, lett. c), (nella versione non piu' vigente) che consentiva di tutelare immobili ed aree direttamente con il piano. Al riguardo, interessa evidenziare che i beni paesaggistici gia' vincolati a opera dei piani paesaggistici adottati sulla base della previgente disciplina di cui alla predetta lettera c), una volta individuati, sono qualificati ai sensi di legge come beni paesaggistici e rimangono pertanto integralmente soggetti al regime di tutela. Tali beni rientrano ormai a pieno titolo tra i beni paesaggistici, e non possono essere ignorati dalla successiva attivita' di pianificazione, che di essi deve, necessariamente, tenere conto. La suddetta disciplina e' quindi illegittima perche' contrasta con gli articoli agli articoli 135, 140, 2° comma, 143, 145 e 146 del codice di settore in violazione dell'art. 14 dello Statuto speciale e degli articoli 9, secondo comma, e 117, 2 comma, lett. s) Cost. 4. Illegittimita' degli articoli 22, 25 e 26, comma, 4, lett. f) della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett. n) dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost. in relazione agli articoli 135, 136, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Gli articoli 22 e 25, nel disciplinare i «Contenuti del piano territoriale consortile (PTC) e del piano della Citta' metropolitana (PCM)» (art. 22) e i «Contenuti del piano urbanistico comunale (PUG)» (art. 25), assegnano ai predetti strumenti anche il compito di dettare «disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul territorio» (art. 22, comma 2, lett. d) e di annoverare "i beni paesaggistici, ambientali, culturali e storico-architettonici da sottoporre a tutela e ne specifica il relativo regime normativo compatibile con la tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, anche nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico e nei manufatti sottoposti a vincolo storico-artistico» (art. 25, comma 3, lett. l). Coerentemente con tali disposizioni, il successivo art. 26, recante il «Procedimento di formazione ed approvazione del PUG e delle relative varianti», stabilisce, al comma 4, che «Entro il termine di novanta giorni dall'avvio del procedimento, il comune, tenendo conto dell'atto di indirizzo dell'amministrazione e dei contributi eventualmente pervenuti, elabora un documento preliminare del PUG che: (...) f) descrive le risorse territoriali e naturali e identifica i beni culturali e paesaggistici da considerare quali invarianti e determinanti per le scelte di sviluppo». Il disegno del legislatore regionale e', quindi, quello di definire nel PTR solo i tratti essenziali della disciplina d'uso dei beni paesaggistici, che risulta compiutamente definita soltanto in sede di pianificazione urbanistica. Al riguardo, si osserva che, se e' indubbio che gli strumenti di pianificazione urbanistica possono incrementare il livello della tutela dei valori testimoniali del territorio rispetto a quanto gia' previsto mediante gli ordinari strumenti di tutela del paesaggio, e' parimenti indiscutibile che non e' consentito demandare alla pianificazione urbanistica comunale la definizione in concreto della disciplina d'uso dei beni paesaggistici, atteso che la predetta funzione deve essere svolta dal piano paesaggistico, al quale deve essere attribuita una posizione sovraordinata e preminente rispetto agli strumenti urbanistici comunali. Le suddette disposizioni violano, quindi, gli articoli 14 dello statuto speciale e 117, 2° comma, lett. s) della Cost. per contrasto con gli articoli 135, 136,143 e 145 del codice di settore. 5. Illegittimita' dell'art. 27 della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett. n) dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. s) Cost. in relazione agli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). L'art. 27 concerne la disciplina del patrimonio culturale dei beni isolati, i quali - ancora una volta - sono individuati esclusivamente nel piano urbanistico generale (PUG), anche con riferimento agli interventi e alla destinazione d'uso. Al riguardo, si deve rilevare che, pur disciplinando manufatti «di particolare valenza ed interesse storico-architettonico, tipologico ed etno-antropologico», che possono quindi rivestire interesse culturale e anche ricadere in aree di interesse paesaggistico, la norma impugnata non contiene una disciplina di raccordo con il Codice di settore, e non fa espressamente salvo il regime di tutela dei beni vincolati, ai sensi degli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del predetto codice, nonche', con riferimento ai beni paesaggistici, e non ammette gli interventi soltanto nei casi e limiti previsti dal piano paesaggistico. Le suddette disposizioni violano, quindi, gli articoli 14 dello statuto speciale e 117, 2° comma, lett. s) della Cost. per contrasto con gli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del codice di settore. 6. Illegittimita' dell'art. 36 della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett. b) e lett. f) dello statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 1° e 2° comma, lett. l) e lett. s) Cost., in relazione agli articoli 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001; agli articoli 3-ter, 242, 242-bis e 244 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale»; all'art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE); all'art. 1 della direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004. L'art. 36 dell'impugnata legge regionale, nel disciplinare gli «Interventi di compensazione urbanistica a tutela dell'ambiente», al comma 3, stabilisce che «Nell'ipotesi di delocalizzazione o riqualificazione di siti produttivi dismessi o di manufatti in degrado o incongrui, in quanto suscettibili, per impatto visivo, per dimensioni planivolumetriche o per caratteristiche tipologiche e funzionali, di snaturare o di alterare in modo permanente la caratteristica di un luogo, della sua identita' storica, culturale o paesaggistica, la compensazione si connota come paesaggistico - ambientale e consiste nell'attribuzione premiale di diritti edificatori ai proprietari interessati. L'attribuzione di tali diritti edificatori puo' essere finalizzata al recupero dei costi di bonifica dei siti industriali dismessi per la fornitura di servizi eco sistemici nelle zone rurali del territorio comunale.». Tale disposizione consente di attribuire premi volumetrici per la delocalizzazione di manufatti incongrui rispetto al contesto paesaggistico e anche per il recupero dei costi di bonifica dei siti industriali dismessi, senza limitare i suddetti benefici al solo caso di delocalizzazione di opere legittimamente realizzate e senza tenere conto della circostanza che, in base ai principi europei e nazionali, i costi di bonifica devono seguire la regola fondamentale del c.d. «chi inquina paga», e non possono essere quindi addossati alla collettivita' mediante l'attribuzione di volumetrie edilizie premiali. Per quanto attiene alla delocalizzazione di volumi «incongrui», si osserva che, con l'incentivazione di un premio volumetrico, la norma consente una forma surrettizia di condono edilizio. La norma regionale non limita il proprio ambito applicativo ai soli volumi legittimamente realizzati, sicche' il carattere «incongruo» dei predetti volumi puo' facilmente dipendere dall'abusiva realizzazione delle opere. Risultano, pertanto, violati l'art. 14, 1° comma, lett. f) dello statuto speciale e l'art. 117, 2° comma, lett. l). Infatti, i casi e i limiti della sanatoria delle opere abusive sono stabiliti dalla legge statale (articoli 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, oltre alle norme eccezionali di condono edilizio emanate in passato) e si impongono anche alle regioni a statuto speciale. Nel caso di specie, l'introduzione di una surrettizia forma di condono edilizio eccede la competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione in materia di urbanistica dall'art. 14, primo comma, lettera f), dello statuto, con conseguente invasione della sfera di competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento penale» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Al riguardo codesta Corte costituzionale, proprio con riferimento alla Regione Siciliana, ha affermato che il principio dell'accertamento di conformita' di cui all'art. 36 del testo unico dell'edilizia, che costituisce «principio fondamentale nella materia governo del territorio» (da ultimo, sentenza n. 107 del 2017), e' «finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformita'» (sentenza n. 101 del 2013). Tale istituto si distingue dal condono edilizio, in quanto «fa riferimento alla possibilita' di sanare opere che, sebbene sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia, sono state realizzate in assenza del titolo stesso, ovvero con varianti essenziali», laddove il condono edilizio «ha quale effetto la sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell'abuso, a prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia» (sentenza n. 50 del 2017). Anche a prescindere da tali classificazioni, occorre ricordare che, sebbene questa Corte abbia riconosciuto che la disciplina dell'accertamento di conformita' attiene al governo del territorio, ha comunque precisato che spetta al legislatore statale la scelta sull'an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l'articolazione e la specificazione di tali disposizioni (sentenza n. 233 del 2015). Quanto alle Regioni ad autonomia speciale, ove nei rispettivi statuti si prevedano competenze legislative di tipo primario, si e' puntualizzato che esse devono, in ogni caso, rispettare il limite della materia penale e di «quanto e' immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di grande riforma», come nel caso del titolo abilitativo edilizio in sanatoria (sentenza n. 196 del 2004).» (Corte cost. n. 232 del 2017). Sotto altro profilo, la disposizione censurata, nella parte in cui rimette in capo alla collettivita' i costi di bonifica di siti industriali dismessi - in deroga, come innanzi detto, al principio fondamentale del c.d. «chi inquina paga» - si pone in contrasto con l'art. 14 dello statuto speciale e con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, con riferimento all'art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il quale espressamente prevede che la politica dell'Unione in materia ambientale e' fondata, fra l'altro sul principio «chi inquina paga», nonche' con riguardo all'art. 1 della direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004, sulla responsabilita' ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e al considerando n. 18 della stessa, alla cui stregua «Secondo il principio «chi inquina paga», l'operatore che provoca un danno ambientale o e' all'origine di una minaccia imminente di tale danno dovrebbe di massima sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione. Quando l'autorita' competente interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorita' dovrebbe far si' che il costo da essa sostenuto sia a carico dell'operatore. E' inoltre opportuno che gli operatori sostengano in definitiva il costo della valutazione del danno ambientale ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno». Inoltre, la disposizione in esame si pone, altresi', in contrasto con l'art. 14, lett. b) dello statuto speciale, e con l'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, in riferimento agli articoli 3-ter, 242, 242-bis e 244 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», dai quali emerge come la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali (oltreche' del patrimonio culturale) deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private mediante una adeguata azione che sia informata, fra l'altro al principio del «chi inquina paga». Nel dettaglio, con riferimento agli interventi di bonifica di siti inquinati, i citati articoli 242, 242-bis e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, precisano che gli stessi gravano sul responsabile della contaminazione, cioe' sul soggetto al quale sia oggettivamente imputabile l'inquinamento in quanto lo abbia causalmente determinato. Al riguardo, occorre ricordare che la soggezione anche della Regione Siciliana al principio «chi inquina paga» e' stata affermata da codesta Corte costituzionale (sentenza n. 93 del 2017) e che, piu' in generale, non e' dubbio che le disposizioni adottate dallo Stato nella materia di competenza esclusiva «tutela dell'ambiente» e «dell'ecosistema» debbano essere qualificate quali norme di riforma economico-sociale, capaci di imporsi, come tali, anche alle Regioni a statuto speciale (sentenza n. 198 del 2018). Cio' in quanto la disciplina statale relativa alla tutela dell'ambiente "costituisce «un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza» (sentenza n. 67 del 2010), anche ove si tratti (...) di competenze esclusive" (Corte cost. n. 232 del 2017). 7. Illegittimita' dell'art. 37, commi 3, 4, 5 e 6 lett. c) e lett. d), 7, 8 e 9 della legge regione Sicilia n. 19 del 13 agosto 2020 per contrasto con gli articoli 14, 1° comma, lett. f) ed n) dello Statuto speciale, 9, 2° comma, e 117, 2° comma, lett. l) e lett. s) Cost., in relazione agli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio); agli articoli 36 e 37 del testo unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. L'art. 37 contiene disposizioni di tutela e pianificazione del territorio rurale e di tutela dei boschi e delle foreste. In particolare, il comma 3 subordina la realizzazione di tutti gli interventi edilizi nel territorio rurale al rispetto delle «specifiche norme di tutela del paesaggio rurale indicate da apposite linee guida approvate con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente di concerto con l'Assessore regionale per l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca mediterranea». Al riguardo, si rileva che la disciplina di tutela del paesaggio rurale di riferimento deve essere quella del piano paesaggistico, al quale la norma dovrebbe rinviare. Al fine di assicurare la tutela del paesaggio rurale nelle more dell'approvazione del piano, si ritiene legittimo il rinvio alle linee guida, da recepirsi poi nel predetto strumento, che dovrebbero pero' essere elaborate dall'Assessorato competente in materia di tutela del paesaggio. Il comma 4 prevede poi che «Nelle more dell'approvazione del decreto di cui al comma 3, sugli immobili ricadenti all'interno del territorio rurale di cui al comma 2, sono consentiti esclusivamente gli interventi di recupero e riqualificazione delle volumetrie esistenti, che risultino catastate alla data di entrata in vigore della presente legge, e gli ampliamenti per l'insediamento di attivita' agrituristiche di cui al comma 5. E' altresi' consentito, previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, il mutamento della destinazione d'uso di fabbricati realizzati con regolare titolo abilitativo, ancorche' non ultimati, a destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione e per l'insediamento delle attivita' di bed and breakfast, agriturismo ed annesse attivita' di ristorazione ove sia verificata la compatibilita' ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonche' di sicurezza.». La disposizione consente; quindi, il recupero e la riqualificazione delle volumetrie «catastate», indipendentemente dal fatto che tali volumetrie siano state legittimamente realizzate ovvero siano abusive. Il cambio di destinazione d'uso - questo si' limitato ai soli manufatti legittimamente realizzati - e' poi consentito senza attendere ne' la pianificazione paesaggistica, e neppure le linee guida di cui al comma 3, ossia al di fuori di qualsiasi disegno pianificatorio, e cio' anche in ambiti sottoposti a tutela. Il comma 6 prevede che il PUG individua e classifica con adeguate perimetrazioni il territorio rurale, articolandolo in zone, per ognuna delle quali sono stabiliti parametri limitativi, senza alcun richiamo espresso al necessario rispetto della normativa di tutela del paesaggio rurale. Tra le zone individuate, sono previste «zone di produzione intensiva con l'uso di serre e tecnologie meccaniche avanzate, anche sedi di impianti di energia alternativa, con obbligo di smaltimento alla fine del ciclo produttivo» (lett. c) e «zone per aziende artigianali/industriali, anche connesse alle attivita' agricole, di lavorazione e/o conservazione e/o trasformazione dei prodotti agricoli» (lett. d). L'individuazione e classificazione, nell'ambito del territorio rurale, delle predette categorie c) e d) porterebbe di fatto a un notevole incremento delle potenzialita' edilizie e del consumo di suolo in zone agricole, in potenziale contrasto con gli obiettivi generali della «tutela del paesaggio rurale», perseguiti dall'art. 37 in esame, e del «contenimento del consumo di suolo» (art. 34). I commi 5, 7, 8 e 9 consentono rilevanti trasformazioni degli edifici rurali. In particolare, il comma 5 prevede incrementi volumetrici, del dieci per cento, in favore delle attivita' agrituristiche. Il comma 7 pone limiti agli interventi di recupero di edifici esistenti; tuttavia, nel caso di recupero di edifici con originaria funzione abitativa, per i quali e' generalmente esclusa la possibilita' di ampliamento volumetrico se la cubatura esistente gia' supera quella consentita dal PUG, si prevede che la clausola puo' tener conto di un incremento volumetrico, del trenta per cento, in caso di utilizzazione agrituristica, con obbligo di trascrizione decennale nella conservatoria dei registri immobiliari (cfr. lett. b). Il comma 8 prevede che siano consentite attivita' di ristorazione e intrattenimento in tutti gli edifici esistenti, previo intervento di restauro, ri-funzionalizzazione e ristrutturazione edilizia nonche' l'uso stagionale o periodico dei manufatti abitativi, anche per attivita' di ristorazione e intrattenimento. Il comma 9 stabilisce che, per le finalita' stabilite dal comma 8, «i fabbricati esistenti possono essere ampliati fino ad un massimo del trenta per cento della cubatura esistente». Con tali previsioni, sostanzialmente, il Legislatore regionale consente un considerevole e indiscriminato incremento di cubatura (dieci o trenta per cento), in contrasto con gli obiettivi generali della «tutela del paesaggio rurale» e del «contenimento del consumo di suolo», determinando il superamento ex lege delle previsioni della pianificazione paesaggistica. Si permette inoltre la trasformazione indiscriminata degli edifici rurali per attivita' di ristorazione e intrattenimento. Le suddette previsioni appaiono irragionevoli, oltre che lesive dei principi fondamentali in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio. Invero, gli incrementi volumetrici e i cambi di destinazione d'uso sono consentiti in modo indiscriminato, anche su immobili soggetti a tutela, quali beni culturali o paesaggistici, senza essere valutati nel quadro necessario della pianificazione paesaggistica, in violazione degli articoli 134, 135, 136, 143 e 145 del codice di settore, i quali, come si e' detto, rilevano come norme di grande riforma economico-sociale. Tale disciplina si pone, quindi in contrasto con l'art. 14 dello Statuto di autonomia, e con l'art. 117, 2 comma, lett. s) cost. Inoltre, l'incremento volumetrico e' previsto a regime, rispetto alla cubatura «esistente», senza richiedere che i volumi esistenti siano stati legittimamente realizzati e senza stabilire neppure a quale data debba riferirsi tale esistenza, con la conseguenza che, in astratto, il predetto incremento sarebbe spendibile in ogni tempo e, cio' che e' peggio, applicabile piu' volte sullo stesso immobile. Sotto questo profilo, oltre alla violazione dei parametri sopra richiamati, emerge anche il contrasto con il principio - posto dagli articoli 36 e 37 del testo unico dell'edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - che stabilisce esattamente casi e termini per la sanatoria delle opere realizzate senza titolo, atteso che, con le norme censurate, la Regione legittima sostanzialmente anche volumi edilizi potenzialmente abusivi, consentendone persino l'incremento. I principi di cui ai predetti articoli 36 e 37 si impongono, come detto, anche alla Regione Siciliana, alla quale e' comunque preclusa l'individuazione di ipotesi di sanatoria non previste dalla disciplina statale (Corte cost. n. 232 del 2017, cit.). Emerge, pertanto, la violazione dell'art. 14, primo comma, lettera f), dello statuto speciale e dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.