La Corte d'appello di Roma Sezione lavoro Composta dai signori Magistrati: Dott. Francescopaolo Panariello, presidente relatore; Dott.ssa Maria Gabriella Marrocco, consigliere; Dott. Fabrizio Riga, consigliere; Pronunziando in grado di appello in funzione di giudice del lavoro, all'udienza del giorno 9 novembre 2020 ha emesso la seguente ordinanza nella causa d'appello tra Belli Dell'Isca Giorgio e Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca Rilevato che: l'appellante, residente in Palermo, dove ha il proprio nucleo familiare, dal 2005 (anno scolastico 2005-2006) al 2013 (anno scolastico 2012-2013) ha prestato servizio come insegnante non di ruolo alle dipendenze dell'istituto paritario Scuola Pontificia Pio IX dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia sita in Palermo, riconosciuta come scuola secondaria paritaria di primo grado con decreto ministeriale n. 28 febbraio 2001; e' poi divenuto insegnante di ruolo con decorrenza 1 settembre 2015, nell'ambito del piano di assunzione straordinaria previsto dalla legge n. 107/2015; presso la scuola secondaria di primo grado - classe di concorso A022 - italiano, storia e geografia; nell'anno scolastico 2016-2017 ha prestato servizio presso l'istituto M. Perriello sito in Roma e in data 4 maggio 2017 ha presentato domanda di mobilita' territoriale. A tali fini ha chiesto il riconoscimento del punteggio aggiuntivo previsto per effetto del servizio pre-ruolo prestato presso la predetta scuola paritaria, pari a complessivi 48 punti, ma la sua istanza e' stata rigettata; ha quindi promosso il presente giudizio, per ottenere: a) la declaratoria del proprio diritto all'attribuzione, ai fini della mobilita' del personale docente, educativo ed A.T.A. per l'anno scolastico 2017-2018 e seguenti, del punteggio, aggiuntivo relativo al servizio pre-ruolo svolto, previa declaratoria di nullita' ovvero di disapplicazione della disposizione di cui alle «note comuni» del c.c.n.i. per la mobilita' del personale docente per l'a.s. 2017-2018, firmato in data 11 aprile 2017, nella parte in cui dispone che «il servizio prestato nelle scuole paritarie non e' valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera», poiche' nulla e/o illegittima e/o inefficace; b) la condanna del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca a rettificare la posizione del ricorrente, inserendo, ai fini della formazione e redazione della graduatoria di mobilita' per gli anni scolastici 2017-2018 e seguenti, il servizio pre-ruolo, per complessivi punti 48; c) l'accertamento del suo diritto al computo, ai fini della ricostruzione e della progressione di carriera, degli anni del servizio pre-ruolo, pari a complessivi punti 48, a tutti gli effetti giuridici ed economici, con conseguente condanna dell'amministrazione a disporre in tal senso; Il Tribunale adito ha rigettato le domande con la sentenza in questa sede impugnata. Tutto cio' rilevato, Osserva 1. Il riconoscimento del servizio non di ruolo, prestato dal docente nel periodo anteriore alla sua assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, presso una scuola pubblica statale, e' disciplinato dall'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994. Tale norma fa letteralmente riferimento al servizio non di ruolo prestato sia presso scuole di istruzione secondaria ed artistica «statali e pareggiate» (comprese quelle all'estero), sia presso scuole elementari «statali o parificate» (comprese quelle all'estero). Va in questa sede tralasciata l'originaria disciplina delle scuole elementari non statali (articoli 343 e seguenti del decreto legislativo cit.), perche' non rilevanti nel caso in esame, posto che l'oggetto della controversia attiene al servizio prestato come docente non di ruolo presso una scuola secondaria (di primo grado). 2. Nell'originaria disciplina delle scuole secondarie non statali, il legislatore (del decreto legislativo n. 297/1994) le aveva distinte in «legalmente riconosciute» e «pareggiate» ed aveva dettato requisiti ben precisi per ottenere la concessione del «riconoscimento legale» (art. 355), oppure del «pareggiamento» (art. 356), che costituiva un quid pluris. L'elemento comune a queste due tipologie di scuole era rappresentato dalla perfetta equivalenza degli studi, degli esami e dei titoli ivi conseguibili rispetto a quelli corrispondenti delle scuole pubbliche statali (art. 355, comma 3, del decreto legislativo cit., dettato per le scuole «legalmente riconosciute» e richiamato altresi' dall'art. 356, comma 3, del decreto legislativo cit. per le scuole «pareggiate»). Sul piano soggettivo, ossia del soggetto giuridico capace di istituire, organizzare e gestire tali scuole, vi era invece una distinzione mentre per quelle «legalmente riconosciute» tale capacita' era generale, in quanto ammessa in capo a persone fisiche cittadini italiani e a persone giuridiche (pubbliche e private) di nazionalita' italiana, nonche' a cittadini ed a persone giuridiche appartenenti a Stati membri dell'Unione europea (art. 353 del decreto legislativo cit.), per quelle «pareggiate» tale capacita' era riservata soltanto ad enti pubblici (diversi dallo Stato) e ad enti ecclesiastici (art. 356 del decreto legislativo cit.). L'offerta formativa delle scuole di istruzione secondaria era dunque connotata da un sistema nel quale, accanto alle scuole pubbliche statali, vi erano due altre categorie: quelle «legalmente riconosciute» e quelle «pareggiate», le prime istituite, organizzate e gestite anche da soggetti privati (persone fisiche e persone giuridiche private), oltre che da soggetti pubblici (persone giuridiche pubbliche diverse dallo Stato), le seconde, invece, soltanto da enti pubblici (diversi dallo Stato) e da una particolare categoria di soggetti giuridici, quali gli enti ecclesiastici. 3. Con la legge 10 marzo 2000, n. 62, intitolata «Norme per la parita' scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione», il sistema cambia fisionomia. Accanto alle scuole statali viene prevista un'unica categoria, quella delle scuole «paritarie», che possono essere istituite, organizzate e gestite sia da soggetti privati, sia da enti pubblici locali (quindi regioni, province e comuni) (art. 1, comma 2, legge n. 62 cit.: «Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti , con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualita' ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6»). La finalita' prioritaria, espressamente dichiarata dal legislatore (art. 1, comma 1, legge n. 62 cit.) e' «l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita». Ai fini dell'equivalenza alle scuole pubbliche statali, le scuole «paritarie» devono chiedere il riconoscimento della parita', che viene concesso a condizione della sussistenza dei requisiti «di qualita' e di efficacia» previsti dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 1 della legge n. 62 cit. Una volta chiesto ed ottenuto il riconoscimento, le scuole «paritarie» erogano un servizio pubblico, in quanto sono connotate dalla perfetta equivalenza degli studi, degli esami e dei titoli, da loro rilasciatili rispetto a quelli corrispondenti delle scuole pubbliche statali (art. 1, comma 2, legge n. 62 cit.) e sono soggette alla permanente vigilanza del Ministero dell'istruzione relativa all'originario e al perdurante possesso dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento della parita' (art. 1, comma 6, legge n. 62 cit.). Il raccordo con il precedente sistema delle scuole «legalmente riconosciute» e «pareggiate» venne in quella sede disciplinato nel senso per cui, qualora tali scuole non avessero chiesto oppure ottenuto il riconoscimento di parita' ex lege n. 62/2000, sarebbero rimaste sottoposte alla disciplina originaria di cui al decreto legislativo n. 297/1994 (art. 1, comma 7, legge n. 62 cit.). Pertanto, all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 62/2000, accanto alle scuole pubbliche statali vi era la compresenza: a) di quelle «paritarie» (ossia con riconoscimento di parita'), a loro volta distinte in: a)1. scuole private, a)2. scuole di enti pubblici locali; b) di quelle non paritarie (ossia senza riconoscimento di parita'), a loro volta distinte in: b)1. scuole «legalmente riconosciute» (di soggetti privati o pubblici), b)2. scuole «pareggiate» (di enti pubblici o di enti ecclesiastici), b)3. scuole private (di soggetti privati), prive di equivalenza alle scuole pubbliche statali. 4. Nel 2005, anche in un'ottica di semplificazione del sistema, e' nuovamente intervenuto il legislatore. L'art. 1-bis, decreto-legge n. 250/2005, convertito in legge n. 27/2006 (in vigore dal 5 febbraio 2006) ha espressamente previsto che «Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e di scuole non paritarie» (comma 1). Coerentemente, lo stesso legislatore ha disposto l'abrogazione delle originarie fattispecie della scuola «legalmente riconosciuta» e di quella «pareggiata» (oltre che di quella «parificata») di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297/1994 (comma 7), con salvezza di una disciplina transitoria per i corsi gia' attivati presso quelle scuole per l'anno scolastico 2005/2006 (comma 6). Quindi, a decorrere dal 5 febbraio 2006 le scuole non statali possono essere soltanto «paritarie» (ossia con riconoscimento di parita' ex lege n. 62/2000) oppure non paritarie. Pertanto, per ottenere la perfetta equivalenza o equipollenza degli studi, degli esami e dei titoli da loro rilasciabili rispetto a quelli corrispondenti delle scuole pubbliche statali, le scuole non statali - sia private (di persone fisiche o giuridiche private), sia pubbliche di enti locali, sia di enti ecclesiastici - devono chiedere ed ottenere il riconoscimento di parita' ex lege n. 62/2000. 5. A questo punto occorre tornare all'istituto della ricostruzione di carriera del docente di ruolo nelle scuole pubbliche statali, mediante il riconoscimento dei servizi prestati come docente non di ruolo presso scuole non statali. Ai sensi dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994 (tuttora in vigore, anche a seguito degli interventi legislativi degli anni 2000 e 2005-2006), nel periodo fino all'anno scolastico 2005/2006 tale riconoscimento sarebbe spettato soltanto per i servizi prestati presso le scuole di istruzione secondaria «pareggiate» (rimaste giuridicamente rilevanti con quale qualificazione, appunto, fino all'anno scolastico 2005/2006). Dal 5 febbraio 2006, invece, tale riconoscimento dovrebbe essere ammesso per i servizi prestati - oltre che presso le scuole pubbliche statali - presso le scuole di istruzione secondaria «paritarie», altrimenti si verificherebbe un'interpretatio abrogans di quella parte dell'art. 485 cit., che si riferisce testualmente alle scuole «pareggiate», ormai non piu' giuridicamente esistenti con tale qualificazione. In tal senso, il riconoscimento del servizio di docenza non di ruolo resterebbe, infatti, limitato a quello prestato presso le scuole pubbliche statati. Quest'ultima conclusione sarebbe del tutto irragionevole, perche' contraria alla ratio dell'art. 485 cit., che, anche nella sua versione originaria, era quella di valorizzare la funzione di docenza svolta - nel periodo di «precariato» - non solo presso le scuole pubbliche statali, ma altresi' presso scuole che, per le loro caratteristiche oggettive e per i loro requisiti (afferenti agli ordinamenti didattici e ad altri profili ritenuti rilevanti dal legislatore, tanto da assumerli a condizione per la concessione del «pareggiamento»), potevano e dovevano essere considerate equivalenti alle scuole pubbliche statali. D'altronde, sarebbe paradossale (e quindi irragionevole e pertanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione) ammettere il riconoscimento del servizio di docente non di ruolo prestato presso le scuole «pareggiate» fino ad una certa data (anno scolastico 2005-2006) ed escluderlo, invece, per il periodo successivo solo perche' tali scuole - a suo tempo «pareggiate» - non hanno piu' tale qualificazione giuridica e quindi non sono piu' titolari di una concessione di «pareggiamento», divenuta ormai priva di effetto. Si trascurerebbe il fatto - invece assolutamente rilevante - che tali scuole non solo hanno conservato i loro requisiti originari, attinenti ai profili organizzativi, ordinamentali e didattici, ma, a decorrere dal 5 febbraio 2006, devono, altresi', chiedere ed ottenere il riconoscimento di parita', che costituisce senza alcun dubbio un'evoluzione - in chiave di ammodernamento e di affinamento - dell'originario istituto del «pareggiamento» (oltre che del «riconoscimento legale» e della «parificazione»), del quale ha preso il posto, come espressamente riconosciuto dal legislatore (art. 1-bis, decreto-legge n. 250/2005, convertito in legge n. 27/2006). In ogni caso, va considerato che sussiste una sostanziale omogeneita' dei requisiti riguardanti il docente nelle scuole un tempo «pareggiate» ed in quelle attualmente «paritarie»: a) per le prime, l'art. 356 del decreto legislativo n. 297 cit., al comma 2, lettere b) e d) prevedeva «... che le cattedre siano occupate da personale nominato ... in seguito ad apposito pubblico concorso, o che sia risultato vincitore, o abbia conseguito, la votazione di almeno sette decimi in identico concorso generale o speciale presso scuole statali o pareggiate o in esami di abilitazione all'insegnamento corrispondente, ovvero per chiamata, dal ruolo di scuole di pari grado, statali o pareggiate, ai sensi della lettera b) dell'articolo unico del regio decreto 21 marzo 1935, n. 1118; ... che al personale della scuola sia assicurato un trattamento economico iniziale pari a quello delle scuole statali corrispondenti»; b) per le seconde, l'art. 1, legge n. 62 cit., al comma 4, lettere g) ed h) prevede «... personale docente fornito del titolo di abilitazione; ... contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore». Dunque, sul piano del requisito relativo alla costituzione del rapporto di lavoro del docente, la disciplina originaria delle scuole «pareggiate» ammetteva criteri alternativi (come si desume dalla disgiuntiva «o»), considerati, pertanto, equivalenti; non solo il pubblico concorso, ma pure l'abilitazione all'insegnamento, sia pure conseguita con una votazione minima di 7/10 (oltre che la «chiamata» disciplinata dal regio decreto n. 1118/1935, ossia quella del docente gia' assunto in ruolo in altra scuola statale oppure «pareggiata»). Ne consegue che, nell'ideale comparazione fra scuola «pareggiata» e scuola «paritaria», il livello di preparazione e di professionalita', espresso da docente al momento genetico della sua assunzione, e' del tutto omogeneo, se non proprio identico. Cio' trova un preciso riscontro nell'art. 33, comma quarto, della Costituzione. Il Costituente, infatti, nel riservare alla legge la competenza a fissare diritti ed obblighi delle scuole non statali che chiedono la parita', prevede che il legislatore detti una disciplina idonea ad assicurare non solo a tali scuole la piena liberta', ma anche ai loro alunni «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». Orbene, tale scopo puo' essere raggiunto solo imponendo un sistema di reclutamento del corpo docente che sia omogeneo (se non identico) rispetto a quello della scuola pubblica statale, che garantisca, cioe', lo stesso livello di preparazione e di professionalita'. L'aspetto qualitativo, oltre che quantitativo, della docenza rappresenta, infatti, il piu' importante elemento costitutivo del «trattamento scolastico» cui si riferisce il Costituente. 6. Inoltre va considerato l'art. 2, comma 2, decreto-legge n. 255/2001 («Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002»), convertito in legge n. 333/2001, secondo il quale «... i servizi di insegnamento prestati dal 10 settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestata nelle scuole statali ...». Orbene, l'art. 2 del decreto-legge cit. e' rubricato «Integrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente». Questa rubrica e' utilizzata da una parte della giurisprudenza di merito - ivi compreso il tribunale che ha pronunziato la sentenza qui impugnata - per sostenere che tale equivalenza sia prevista unicamente per l'integrazione nelle graduatorie permanenti. Si tratterebbe, quindi, di un beneficio accordato in via eccezionale, come tale di stretta interpretazione, quindi limitato alla materia delle graduatorie permanenti e pertanto non applicabile (analogicamente) al diverso istituto della ricostruzione di carriera. Ad avviso di questa Corte, invece, la norma dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge cit. rappresenta l'ulteriore espressione di un principio generale dell'ordinamento, ossia quello della equivalenza fra scuole paritarie e scuole pubbliche statali, introdotto dalla legge n. 62/2000 anche per dare nuova attuazione all'art. 33, comma 4, della Costituzione (v. supra). Viene infatti confermata l'equivalenza (qualitativa e dunque professionale) fra il servizio di docenza reso presso scuole pubbliche statali e quello prestato presso scuole paritarie. 7. ln ogni caso, pur ammesso - in ipotesi - che l'art. 2, comma 2, del decreto-legge cit. si riferisca soltanto all'integrazione delle graduatorie permanenti e quindi abbia una portata limitata ratione materiae, valgono le seguenti ulteriori considerazioni. La graduatoria permanente costituisce il bacino da cui attingere per la copertura del 50% dei ruoli di organico vacanti dei docenti delle scuole pubbliche statali (art. 399, decreto legislativo n. 297/1994, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 124/1999). Cio' significa che, rilevando il servizio non di ruolo prestato presso le scuole paritarie, al pari di quello prestato presso scuole pubbliche statali, ai fini dell'integrazione di tale graduatoria, esso rileva pure ai fini della possibile assunzione in ruolo presso la scuola pubblica statale. Ed allora sarebbe palesemente irragionevole ammettere la rilevanza di quel servizio ai fini dell'assunzione e non pure ai fini della ricostruzione della carriera (con i connessi effetti giuridici ed economici) di un docente gia' assunto in ruolo. Infatti, sul piano della verifica della professionalita' acquisita dal docente, e' certamente piu' rilevante il momento dell'assunzione rispetto a quello della (mera) ricostruzione di carriera, in quanto il primo e' volto alla costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego, cosi' che e' massimamente necessaria quella verifica relativa all'aspirante alla docenza in molo. Peraltro va al riguardo pure considerato che il sistema della graduatoria permanente e' alternativo al concorso pubblico ex art. 97 della Costituzione e, quindi, per definizione anch'esso deve ritenersi rivolto alla selezione dei migliori. Dunque, anche in tal senso il paradosso sarebbe evidente: la docenza non di ruolo presso scuole paritarie sarebbe rilevante per l'art. 2 del decreto-legge n. 255/2001 e, quindi, potenzialmente per l'assunzione in ruolo, ed invece non rilevante per l'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994 ai limitati fini (certamente di minor rilievo) della ricostruzione di carriera. Ed allora, assumendo come tertium comparationis la fase anteriore alla costituzione del rapporto di impiego e precisamente quella dell'integrazione delle graduatorie permanenti, si paleserebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione. In questa ricostruzione, l'art. 2 del decreto-legge n. 255 cit. viene in rilievo non ai fini della sua diretta o analogica applicazione alla ricostruzione della carriera del docente ormai assunto in ruolo, bensi' ai fini dell'esatta interpretazione (e quindi della ricostruzione dell'esatta portata) dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit., come sopra vista. 8. Occorre a questo punto esaminare quale sia il «diritto vivente». La Suprema Corte di cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «Ai fini dell'inquadramento e del trattamento economico dei docenti non e' riconoscibile il servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie in ragione della non omogeneita' dello "status" giuridico del personale, che giustifica il differente trattamento, nonche' della mancanza di una norma di legge che consenta tale riconoscimento, contrariamente a quanto avviene ai fini della costituzione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato per il servizio prestato nelle scuole pareggiate ...» (Cassazione n. 32386/2019). A tale pronunzia ne e' seguita un'altra di pressoche' identico contenuto (Cassazione n. 33137/2019). I giudici di legittimita', dopo l'attento esame dell'evoluzione normativa relativa alle scuole non statali, ammettono che «Senza dubbio il legislatore ha inteso riconoscere all'insegnamento svolto nelle scuole paritarie private lo stesso valore di quello che viene impartito nelle scuole pubbliche, garantendo un trattamento scolastico equipollente agli alunni delle une e delle altre, da intendere tale equipollenza non solo con riguardo al riconoscimento del titolo di studio, ma anche con riguardo alla qualita' del servizio di istruzione erogato dall'istituzione scolastica paritaria. Come gia' affermato dalle sezioni unite (Cassazione, S.L., n. 9966 del 2017) nel sistema cosi' delineato, la scuola statale e quella paritaria devono garantire i medesimi standard qualitativi» (Cassazione n. 32386 cit., in motivazione, punto 14.). Ciononostante, ritengono che non sussista «l'equiparazione del rapporto di lavoro che intercorre con la scuola paritaria, con quello instaurato in regime di pubblico impiego privatizzato, attesa la persistente non omogeneita' dello status giuridico del personale docente, come si evince gia' dalla modalita' di assunzione, che nel primo caso puo' avvenire al di fuori dei principi concorsuali di cui all'art. 97 della Costituzione» (Cassazione n. 32386 cit., in motivazione, punto 15.). E aggiungono: «15.1. Sul punto e' significativa la statuizione contenuta in Cassazione n. 11595 del 6 giugno 2016, che ha affermato: "Va altresi' rammentato che il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere totalmente assimilati (Corte costituzionale, sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008) e le differenze, pur attenuate, permangono anche in seguito all'estensione della contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, e che la medesima eterogeneita' dei termini posti a raffronto connota l'area del lavoro pubblico contrattualizzato e l'area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale (Corte costituzionale, sentenza n. 178 del 2015): in particolare i principi costituzionali di legalita' ed imparzialita' concorrono comunque a conformare la condotta della pubblica amministrazione e l'esercizio delle facolta' riconosciutele quale datore di lavoro pubblico in regime contrattualizzato" (...) "D'altro canto la peculiarita' del rapporto di lavoro pubblico, rinviene la sua origine storica, non solo nella natura pubblica del datore di lavoro, ma nella relazione che sussiste tra la prestazione lavorativa del dipendente pubblico e l'interesse generale, tuttora persistente anche in regime contrattualizzato". 16. Non sussiste quindi, in mancanza di una norma di legge - come invece nella fattispecie di cui all'art. 485 del decreto legislativo n. 297 del 1994 - la necessaria premessa della omogeneita' delle posizioni professionali per pervenire al riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie in via interpretativa. Ne' e' applicabile l'art. 485 del decreto legislativo n. 297 del 1994 in quanto attiene alla diversa fattispecie delle scuole pareggiate». Partendo da quest'ultima affermazione, essa non puo' essere condivisa ai fini della decisione del caso in esame. Infatti, nella medesima sentenza, in alcuni passi precedenti della motivazione (Cassazione n. 32386 cit., punto 12), gli stessi giudici di legittimita' hanno riconosciuto che con il decreto-legge n. 250/2005 convertito in legge n. 27/2006, la fattispecie della scuola «pareggiata» e' stata abrogata (ex nunc), conservando la sua rilevanza solo in via temporanea e transitoria, ossia limitatamente al periodo fino all'anno scolastico 2005/2006. Dunque a partire dal 5 febbraio 2006 l'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994 ha visto abrogato il suo testuale riferimento alla scuola pareggiata, sicche' questo riferimento non puo' essere utilizzato per decidere la controversia come quella in esame. Va infatti precisato che nel caso concreto l'appellante chiede il riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato presso la scuola secondaria paritaria negli anni dal 2005 al 2013, ossia in un periodo in cui - ormai - la fattispecie della scuola «pareggiata» non esisteva piu' nell'ordinamento giuridico, in quanto abrogata, appunto, dal decreto-legge n. 250/2005. Ne deriva una precisa conseguenza: il fatto che l'art. 485 del decreto legislativo cit. si riferisca testualmente (ancora oggi, per un difetto di coordinamento da parte del legislatore) alle scuole «pareggiate» non e' di alcun ostacolo alla sua applicazione diretta alle scuole paritarie. 9. E proprio partendo dal presupposto - da questa Corte non condiviso - secondo cui l'ambito applicativo dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 sarebbe limitato (oltre che alle scuole pubbliche statali) alle scuole «pareggiate», la Suprema Corte di cassazione ha affrontato il problema relativo alla sua possibile applicazione analogica, dandone soluzione negativa. Ha infatti affermato il carattere eccezionale di tale norma, sostenendo che «L'art. 2 del decreto-legge 19 giugno 1970, n. 370, convertito in legge 26 luglio 1970, n. 576, riprodotto dall'art. 485 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che prevede, ai fini giuridici ed economici, il riconoscimento, a favore del personale docente delle scuole elementari, del periodo di insegnamento pre-ruolo prestato nelle scuole materne statali o comunali, attribuisce un beneficio, sicche', rivestendo carattere eccezionale, non e' suscettibile di interpretazione analogica o estensiva ...» (Cassazione n. 1035/2014). E tale principio di diritto risulta di recente ribadito e confermato (Cassazione n. 33134/2019). Tuttavia, alla luce delle considerazioni sopra svolte, questa Corte ritiene di escludere il carattere eccezionale dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit., alla luce del mutato contesto relativo al sistema scolastico come delineato dalla legge n. 62/2000, e comunque non necessaria la sua applicazione analogica. Infatti, a seguito degli interventi legislativi del 2000 e del 2005-2006, l'art. 485 cit. va letto nel senso per cui il riferimento, ivi contenuto, alle scuole «pareggiate» va inteso ora come riferito alle scuole paritarie (v. sopra). E quindi di tale norma se ne propugna un'applicazione diretta e non invece analogica e neppure estensiva, non necessarie. 10. L'argomento principe, su cui fanno leva i giudici di legittimita' per rifiutare questa conclusione, e' quello della «persistente non omogeneita' dello status giuridico del personale docente» non di ruolo nelle scuole pubbliche statali ed in quelle paritarie, cio' che giustificherebbe l'esclusione del riconoscimento del servizio non di ruolo prestato presso le scuole paritarie ai fini della ricostruzione della carriera del docente assunto nel ruolo della scuola pubblica statale. Questa «non omogeneita'» viene desunta dalla diversa natura giuridica del datore di lavoro e dal diverso sistema di reclutamento, che solo per la scuola pubblica statale sarebbe quello del pubblico concorso ex art. 97 della Costituzione. L'argomento e i due profili sui quali poggia non possono essere condivisi. In primo luogo, gia' nel sistema dell'originaria formulazione dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit. il servizio non di ruolo rilevante - come si e' visto - era anche quello prestato presso le scuole «pareggiate». E tali erano non solo quelle degli enti pubblici (diversi dallo Stato), ma pure quelle degli enti ecclesiastici, che non hanno natura di ente pubblico e presso i quali, in ogni caso, l'assunzione non e' retta dal necessario criterio del pubblico concorso ex art. 97 della Costituzione, poiche' non si verte in materia di pubblico impiego. Inoltre, come previsto dall'art. 399 del decreto legislativo n. 297/1994 (come modificato dalla legge n. 124/1999), anche per la scuola pubblica statale la regola del pubblico concorso non e' esclusiva, coesistendo, invece e paritariamente (al 50%), con altra forma di reclutamento, rappresentata dalle graduatorie permanenti. Infine, va evidenziato che la materia del contendere attiene ai servizi di docenza non di ruolo ed allora quelli da mettere a confronto - nell'interpretazione dell'art 485 del decreto legislativo n. 297 cit. - sono prestati presso scuole pubbliche statali e pressa scuole paritarie. Ora, come e' noto, i rapporti di lavoro non di ruolo (cc.dd. precari) presso la scuola pubblica statale (e presso le pubbliche amministrazioni in generale) sono sottratte alla regola costituzionale del pubblico concorso ex art. 97 della Costituzione (v. art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001), che resta limitata all'assunzione in ruolo, ossia alla costituzione del rapporto di impiego a tempo indeterminato, nella scuola peraltro solo nel limite del 50% dei posti vacanti in organico (art. 399 del decreto legislativo n. 297 cit.). Quindi l'asserita diversita' di status fra le due categorie di docenti non di ruolo non sussiste: la natura pubblica o privata del datore di lavoro e' del tutto irrilevante e, in verita', lo era gia' per l'originaria formulazione dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit., posto che gli enti ecclesiastici (che pure potevano istituire, organizzare e gestire scuole «pareggiate») non sono enti pubblici; il sistema di assunzione e' del tutto irrilevante, posto che i rapporti di lavoro «precari», anche nella pubblica amministrazione, sono costituiti mediante sistemi diversi dal pubblico concorso ed inoltre non erano (ne' sono) di certo sottoposte a questo sistema le assunzioni alle dipendenze di enti ecclesiastici. 11. Il diverso «diritto vivente», rappresentato dal reiterato orientamento della Suprema Corte di cassazione sopra ricordato, non puo' certo essere trascurato, in ossequio alla funzione nomofilattica istituzionalmente assegnato dall'ordinamento giudiziario ai giudici di legittimita' (art. 65 del regio decreto n. 12/1941). Cio', tuttavia, non esclude, anzi impone il dovere di questa Corte di affrontare, allora, il problema della compatibilita' del predetto «diritto vivente» con principi e norme costituzionali. In particolare, nell'interpretazione dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit., il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte di cassazione si traduce nell'esclusione sia della sua applicazione diretta, sia della sua applicazione analogica al caso del servizio non di ruolo prestato dal docente presso le scuole paritarie. Esso poggia sull'assunto secondo cui il riconoscimento, ai fini della carriera, del servizio non di ruolo costituisce un beneficio, come tale non solo eccezionale (e quindi inapplicabile in via analogica), ma altresi' abbisognevole di un'espressa previsione normativa, nella specie insussistente. Orbene, ad avviso di questa Corte, interpretato in tal modo, l'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994 si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, a causa della ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento che verrebbe realizzata rispetto: sia al servizio non di ruolo prestato presso scuole pubbliche statali, sia al servizio non di ruolo prestato presso scuole «pareggiate» nel periodo fino all'anno scolastico 2005/2006, sia al medesimo servizio non di ruolo prestato presso scuole paritarie, rilevante ai fini dell'integrazione delle graduatorie permanenti e, quindi, della potenziale assunzione in ruolo a tempo indeterminato. Al cospetto di tale evenienza, in varie occasioni la Corte costituzionale ha riconosciuto al giudice a quo un potere di scelta tra: a) non uniformarsi al «diritto vivente» e quindi proporre una sua diversa esegesi, essendo la «vivenza» della norma una vicenda per definizione aperta, specie quando si tratti di adeguarne il significato ai precetti costituzionali; b) oppure assumere l'interpretazione censurata in termini di «diritto vivente» e richiederne proprio su tale presupposto il controllo di compatibilita' con parametri costituzionali (Corte Costituzionale n. 242/2014, che richiama i suoi precedenti numeri 91/2004, 117/2012, 258/2012 e 191/2013). Questa Corte ritiene di optare per la soluzione sub b), in considerazione della particolare rilevanza della questione, di alto respiro in quanto foriera di precise conseguenze ed implicazioni sul sistema scolastico complessivo, nonche' di impatto certamente nazionale, visto il numero considerevole dei docenti che si trovano in una situazione identica a quella oggetto del presente giudizio. Ed allora l'intervento della Corte costituzionale si rivela certamente preferibile, anche nell'ottica di un'auspicabile riduzione e deflazione del contenzioso, che ha assunto carattere c.d. seriale. 12. La predetta questione e' «rilevante», in quanto dalla sua soluzione dipende l'esito dell'appello del prof. Belli Dell'Isca: qualora il «diritto vivente» fosse riconosciuto non conforme a Costituzione, il gravame dovrebbe essere accolto, con conseguente accoglimento delle domande proposte. In particolare, se l'art. 485 cit. venisse interpretato nel senso da questa Corte auspicato, nel caso in esame ne deriverebbe la nullita' di quella parte del contratto collettivo nazionale integrativo dell'11 aprile 2017 per la mobilita', in cui e' disposto che «il servizio prestato nelle scuole paritarie non e' valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera». Questa clausola, infatti, si porrebbe in contrasto con la norma imperativa dell'art. 485 cit., posta a presidio di un diritto del docente (assunto in ruolo), che costituisce anche l'inevitabile riflesso dell'interesse pubblico a favorire, realizzare e mantenere un sistema scolastico complessivo ispirato al necessario pluralismo dei centri equipollenti di istruzione e di formazione. L'ulteriore conseguenza sarebbe il diritto dell'appellante al riconoscimento del servizio di docenza non di ruolo da lui prestato presso la scuola secondaria paritaria nel periodo dal 2005-2013 a tutti gli effetti, giuridici ed economici, come da lui domandato. La medesima questione e' altresi' «non manifestamente infondata» per tutte le ragioni sopra esposte ed illustrate.