Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui  uffici  e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Siciliana,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge regionale siciliana n. 17/2021
del 21 luglio 2021, recante  «Termine  ultimo  per  la  presentazione
delle istanze di proroga delle concessioni demaniali marittime», come
da delibera del Consiglio dei ministri in data 23 settembre 2021. 
    Sul B.U.R. della Regione Siciliana n. 32 del 26 luglio  2021,  e'
stata pubblicata la legge regionale n. 17/2021 del  21  luglio  2021,
recante «Termine ultimo per la presentazione delle istanze di proroga
delle concessioni demaniali marittime». 
    L'art. 3 della predetta legge regionale, recante «Proroga termini
mancata previsione di coerenza delle concessioni demaniali  marittime
con i Piani di utilizzo del demanio marittimo (PUDM)», recita: 
    1. Il comma 1-bis dell'art. 2 della legge regionale  16  dicembre
2020, n. 32 e successive modificazioni e' sostituito dal seguente: 
        «1-bis. Attesa l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,  al
fine di consentire all'amministrazione concedente la conclusione  dei
procedimenti amministrativi, la coerenza con le previsioni del  Piano
di utilizzo del demanio marittimo di cui al comma 1 non  e'  prevista
per le istanze gia' protocollate alla data di entrata in vigore della
presente legge.». 
    Il Presidente del Consiglio ritiene  che  detta  disposizione  in
materia di concessioni demaniali sia censurabile,  in  quanto  eccede
dalle competenze attribuite  alla  Regione  Siciliana  dallo  Statuto
speciale di autonomia, regio decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.
455, convertito in legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,
ponendosi in contrasto con gli articoli 14,  lettere  f)  ed  n),  32
dello stesso statuto, e viola la Costituzione,  in  riferimento  agli
articoli 3, 9, 117, primo e secondo comma, lettera s). 
    Pertanto, si propone questione di legittimita' costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' dell'art. 3  della  legge  regionale  siciliana  n.
17/2021 per contrasto con gli articoli  135,  143,  145  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio»  (norme  interposte   con   valore   di   grande   riforma
economico-sociale), con l'art. 6, lettere D ed E,  della  Convenzione
europea del paesaggio, cui e' stata data  esecuzione  dalla  legge  9
gennaio 2006, n. 14 (norme interposte), con gli  articoli  9  e  117,
primo e secondo comma, lettera s)  della  Costituzione,  nonche'  14,
lettere f) ed n) dello Statuto speciale di autonomia,  regio  decreto
legislativo  15  maggio   1946,   n.   455,   convertito   in   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    Si ritiene  opportuno,  preliminarmente,  ricostruire  il  quadro
normativo entro cui si inserisce la disposizione impugnata in tema di
demanio marittimo e tutela del paesaggio. 
    La materia oggetto del contendere, infatti, si colloca nell'alveo
delle competenze legislative della  Regione  Siciliana,  delle  quali
bisogna, tuttavia, precisarne i limiti. 
    Ai  sensi  dell'art.  14,  comma  1,  lettera  n)  dello  statuto
regionale, la Regione Siciliana ha potesta' legislativa esclusiva  in
materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichita' e
delle opere artistiche,  nonche',  ai  sensi  della  lettera  f),  di
urbanistica; inoltre, l'art.  32  dello  statuto  le  attribuisce  la
titolarita' dei beni demaniali presenti nel territorio regionale. 
    Il decreto del Presidente della Repubblica  30  agosto  1975,  n.
637, recante le «Norme di  attuazione  dello  statuto  della  Regione
Siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichita' e  belle
arti» precisa ancora che «l'Amministrazione  regionale  esercita  nel
territorio della regione tutte le attribuzioni delle  amministrazioni
centrali e periferiche dello Stato in materia  di  antichita',  opere
artistiche e musei, nonche' di tutela del paesaggio» (art. 1)  e  che
tutti gli atti previsti da ogni disposizione concernente tali materie
sono adottati dall'Amministrazione regionale. 
    In  ogni  caso,  tale  potesta'  legislativa  della  Regione   va
esercitata «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato,  senza
pregiudizio delle riforme agrarie  e  industriali,  deliberate  dalla
Costituente del popolo italiano», secondo quanto  previsto  dall'art.
14 dello Statuto di autonomia. 
    In tal senso, il particolare grado di  autonomia  legislativa  in
materia riconosciuto alla Regione Siciliana deve  trovare  un  limite
nelle previsioni del decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42
«Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio»  che,  secondo   un
consolidato orientamento della  Corte  costituzionale,  rappresentano
«norme di grande riforma  economico-sociali»  (sentenza  n.  238  del
2013) e, pertanto, costituiscono un argine alla discrezionalita'  del
legislatore regionale. 
    L'art.  3  della  legge  regionale,  rubricato  «Proroga  termini
mancata previsione di coerenza delle concessioni demaniali  marittime
con i Piani di utilizzo del demanio  marittimo-PUDM»  sostituisce  il
comma 1-bis dell'art. 2 della legge regionale  n.  32/2020  (che  era
stato introdotto dalla legge regionale n. 9/2021)  con  il  seguente,
che  testualmente  prevede:  «Attesa  l'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19, al fine di  consentire  all'amministrazione  concedente  la
conclusione dei  procedimenti  amministrativi,  la  coerenza  con  le
previsioni del Piano di utilizzo del  demanio  marittimo  di  cui  al
comma 1 non e' prevista per le istanze gia' protocollate alla data di
entrata in vigore della presente legge». 
    La disposizione in esame, dunque, consente -  in  relazione  alle
nuove istanze di concessioni demaniali marittime presentate  fino  al
18 dicembre 2020 (data di entrata in vigore della legge regionale  32
del 2020) - di derogare alle previsioni dei Piani di  utilizzo  delle
aree demaniali marittime. 
    Tali Piani sono disciplinati dalla legge  regionale  29  novembre
2005, n. 15, recante «Disposizioni sul rilascio delle concessioni  di
beni demaniali sull'esercizio diretto delle  funzioni  amministrative
in materia di demanio marittimo». 
    In  particolare,  il  Piano  di  utilizzo  delle  aree  demaniali
marittime  (PUDM)  rappresenta  il   documento   di'   pianificazione
comunale, disciplinato dall'art. 4 della legge regionale  n.  15  del
2005, che regola le  modalita'  di  utilizzo  della  fascia  costiera
demaniale e del litorale marino, sia per finalita' pubbliche che  per
iniziative connesse ad attivita' di tipo privatistico, in conformita'
ai principi definiti dall'Unione europea ed alla vigente legislazione
statale e regionale di settore. 
    Il Piano, in sostanza, costituisce lo  strumento  che  disciplina
l'utilizzazione dei territori costieri, cioe' di' beni che, ai  sensi
dell'art. 142, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42  «Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio»,  sono
sottoposti ex lege a vincoli di tutela. 
    In questa prospettiva, il  Piano  di  utilizzazione  del  demanio
marittimo rappresenta uno strumento indispensabile per  garantire  le
prioritarie  esigenze  di  tutela  paesaggistica  e  ambientale   del
territorio marittimo  e  appare  strettamente  ricollegato  al  Piano
paesaggistico - che ha  carattere  sovraordinato  agli  strumenti  di
pianificazione territoriale - del quale deve declinare le  previsioni
di indirizzo e di direttiva. 
    I Piani di utilizzazione devono  infatti  recepire  le  eventuali
prescrizioni del piano paesaggistico aventi un  contenuto  precettivo
determinato (come i vincoli di inedificabilita') e rendere  concrete,
in relazione al contesto territoriale, le disposizioni di indirizzo e
le direttive del Piano paesaggistico, volte alla tutela dell'ambiente
e del paesaggio. 
    A tal proposito, va evidenziato  che,  in  assenza  del  relativo
Piano paesaggistico, il Piano di utilizzazione del demanio  marittimo
puo'  rappresentare  l'unica  fonte  di   pianificazione   e   tutela
dell'ambiente marittimo, come accade in Sicilia per  le  province  di
Palermo, Messina ed Enna, i cui  territori  risultano  ancora  essere
sforniti del relativo Piano paesaggistico. Rispetto a tali  territori
la disposizione  impugnata  appare  ancor  piu'  pregiudizievole,  in
quanto la deroga al PUDM consentirebbe  il  rilascio  di  concessioni
praticamente senza alcun vincolo. 
    L'art. 4, comma 1, della legge regionale 19 maggio 2005,  n.  15,
stabilisce che «le  attivita'  e  le  opere  consentite  sul  demanio
marittimo, ai sensi  dell'art.  4,  comma  1  della  presente  legge,
possono essere esercitate e  autorizzate  solo  in  conformita'  alle
previsioni  di  appositi  piani  di  utilizzo  delle  aree  demaniali
marittime, approvati  dall'Assessorato  regionale  del  territorio  e
dell'ambiente su proposta dei comuni costieri». 
    Con la disposizione oggetto  del  presente  ricorso,  la  Regione
Siciliana consente il rilascio di autorizzazione  alle  richieste  di
concessioni demaniali presentate fino al 18 dicembre 2020, in  deroga
alle prescrizioni  dei  relativi  Piani  di  utilizzo,  in  tal  modo
violando l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s) Cost.  nonche'
gli articoli 14, lettere f) ed n), 32 dello Statuto di autonomia,  in
relazione agli articoli 135, 143 e 145  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42 e dell'art. 6, lettera d) ed e) della Convenzione
europea del paesaggio, a cui e' stata data esecuzione dalla  legge  9
gennaio 2006, n. 14. 
    La norma denunciata, infatti,  pur  collocandosi  in  materia  di
competenza esclusiva della Regione Siciliana, appare in contrasto con
i limiti delle leggi costituzionali dello Stato, in  particolar  modo
con le «norme di grande riforma  economica-sociale»  contenute  negli
articoli 135,  143  e  145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    Quest'ultimi sono  espressione  del  principio  della  necessaria
pianificazione dei beni sottoposti a vincolo paesaggistico  (articoli
135 e 143) e del principio  della  necessaria  prevalenza  del  piano
paesaggistico rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione e la
sua  inderogabilita'  «da  parte  di  piani,  programmi  e   progetti
nazionali o regionali di sviluppo economico» (art. 145). 
    Tali principi  sono  anche  diretta  espressione  degli  obblighi
assunti dall'Italia  con  l'adesione  alla  Convenzione  europea  del
paesaggio,  tra  i  cui  obiettivi  vi  e'  «la  pianificazione   del
paesaggio» (art. 3). Tale convenzione impegna le parti aderenti: 
        ad «integrare il paesaggio nelle politiche di  pianificazione
del territorio, urbanistiche e  in  quelle  di  carattere  culturale,
ambientale, agricolo,  sociale  ed  economico,  nonche'  nelle  altre
politiche che possono avere  un'incidenza  diretta  o  indiretta  sul
paesaggio» (art. 5, lettera D); 
        a  «stabilire  degli  obiettivi  di  qualita'   paesaggistica
riguardanti i paesaggi individuati e valutati,  previa  consultazione
pubblica, conformemente all'art. 5.c» (art. 6, lettera D); 
        ad  «attivare  gli  strumenti  di   intervento   volti   alla
salvaguardia, alla gestione e/o  alla  pianificazione  dei  paesaggi»
(art. 6, lettera E). 
    La Corte ha piu'  volte  chiarito  che  il  legislatore  statale,
rispetto alle regioni ad autonomia  speciale,  «conserva  il  potere,
nella materia  "tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali", di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, comprensiva tanto della  tutela  del  paesaggio  quanto
della tutela dei beni ambientali o culturali di vincolare la potesta'
legislativa primaria delle regioni a statuto speciale, cosi'  che  le
norme qualificabili come "riforme economico-sociali" si impongono  al
legislatore di queste ultime» (da ultimo, sentenza n. 160/2021) ed in
particolar  modo  ne  ha  affermato  il  potere  in  relazione   alla
competenza primaria proprio della Regione  Siciliana  in  materia  di
tutela di paesaggio (sentenze 130/2020 e 172/2018). 
    Cio' appare piena espressione di quanto precedentemente affermato
nella sentenza 113/2018 secondo cui «la  conservazione  ambientale  e
paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s)
Cost., alla cura esclusiva dello Stato e cio' in aderenza all'art.  9
Cost., che sancisce quale principio fondamentale quello della  tutela
del  paesaggio,  inteso  come  morfologia   del   territorio,   cioe'
l'ambiente nel suo aspetto visivo». 
    Inoltre, per quanto rileva  ai  fini  del  presente  ricorso,  la
stessa Corte ha  espressamente  qualificato  come  «norme  di  grande
riforma economico-sociale», idonee a vincolare  anche  le  regioni  a
statuto speciale, le disposizioni del codice dei beni culturali e del
paesaggio che disciplinano la gestione dei beni soggetti a tutela: in
particolare le disposizioni in materia di pianificazione di cui  agli
articoli 135  e  143  (sentenza  178/2018)  e  l'art.  146  (sentenza
101/2021). 
    Poiche' e' indubbio che il demanio marittimo costituisca un  bene
paesaggistico, tutelato ope legis dalla normativa di riferimento,  la
possibilita' di assentire all'utilizzazione degli arenili, in  deroga
alle  previsioni  vigenti  di  Piani  di  utilizzazione  del  demanio
marittimo, comporta una grave lesione della tutela paesaggistica,  la
cui importanza,  come  sopra  evidenziato,  assume  valore  di  rango
costituzionale. 
    Infatti la mancata applicazione delle prescrizioni e  dei  limiti
del Piano di utilizzo del demanio marittimo si riflette negativamente
sul Piano paesaggistico,  di  cui  il  primo  e'  specificazione.  La
deroga, infatti, andrebbe a precludere la diretta applicazione  delle
disposizioni,  aventi  contenuto  determinato  e  immediata   portata
precettiva inserite nel piano paesaggistico, o  quantomeno  minerebbe
l'applicazione di quelle norme di indirizzo o di direttiva del  Piano
paesaggistico che sono  state  tradotte  in  specifiche  prescrizioni
dalla pianificazione subordinata, nel caso  degli  ambienti  costieri
proprio dal Piano di utilizzazione del demanio marittimo. 
    Ancor piu' grave e' quanto si verrebbe a determinare negli ambiti
del territorio regionale che risultano ancora oggi - nonostante siano
trascorsi dieci anni dall'obbligo  di  adozione  -  sprovvisti  della
pianificazione paesaggistica. In  tal  contesti  infatti,  come  gia'
rilevato, il Piano di utilizzazione del demanio marittimo costituisce
l'unico strumento di pianificazione  regionale,  in  cui  sono  state
prese in considerazione le esigenze di tutela paesaggistica. 
    Conseguentemente, se la deroga  generalizzata  a  tale  strumento
puo' comportare nel primo caso, a seconda  dell'interpretazione,  una
mera  «attenuazione»  della   tutela   paesaggistica,   nel   secondo
comporterebbe che gli interventi negli ambiti  costieri  restino  del
tutto sottratti alla pianificazione paesaggistica e alla sua tutela. 
    Posto che, anche di  recente,  la  Corte  ha  ribadito  come  «il
principio  di  prevalenza  della  tutela  paesaggistica  deve  essere
declinato nel senso che al  legislatore  regionale  e'  impedito  ...
adottare normative che deroghino o contrastino con  norme  di  tutela
paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di
tutela in senso stretto» (sentenza 141/2021; nello stesso senso anche
n. 101,  74,  54  e  9/2021),  non  si  puo'  che  insistere  per  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale della  norma  impugnata
per la violazione dell'art. 117, primo e secondo  comma,  lettera  s)
Cost, con i parametri interposti degli articoli 14 e 32 dello statuto
di autonomia e gli articoli 135,  143  e  145  del  Codice  dei  beni
culturali. 
    Parimenti  la  previsione  regionale,   consentendo   la   deroga
generalizzata ai Piani di utilizzo del demanio marittimo,  senza  che
tale deroga sia giustificata dalla cura  di  un  altro  interesse  di
rango  costituzionale  primario,  comporta  anche  un  ingiustificato
abbassamento del livello della tutela del paesaggio, con  conseguente
violazione anche dell'art. 9 Cost. 
2) Illegittimita' dell'art. 3  della  legge  regionale  siciliana  n.
17/2021 per contrasto con l'art. 3 Cost. 
    La disposizione regionale in esame appare, infine,  in  contrasto
anche con l'art. 3 Cost. per irragionevolezza. 
    La deroga alle disposizioni a tutela del paesaggio viene  infatti
giustificata allo scopo «di consentire all'amministrazione concedente
la conclusione dei procedimenti amministrativi». 
    Si tratta di istanze di nuove concessioni  e,  al  riguardo,  non
emerge  alcuna  ragionevole  correlazione  tra  la  possibilita'  per
l'Amministrazione di concludere i procedimenti  amministrativi  e  la
deroga a norme di legge che  tutelano  rilevanti  interessi  pubblici
correlati al demanio marittimo. La disposizione si fonda sull'erroneo
presupposto secondo cui i procedimenti  potrebbero  concludersi  solo
omettendo la cura dei fondamentali  interessi  pubblici  a  cui  sono
preordinati anche i Piani di utilizzo. 
    Risulta, altresi', irragionevole la connessione tra la deroga  ai
piani di utilizzo del demanio marittimo e l'emergenza  epidemiologica
in quanto,  trattandosi  di  nuove  concessioni,  queste  ultime  non
verrebbero comunque rilasciate per un periodo strettamente  correlato
alla  durata  dell'emergenza  sanitaria,   bensi'   per   la   durata
ordinariamente prevista. 
    Una deroga sarebbe stata - in ipotesi - ammissibile  soltanto  in
relazione  a  concessioni  gia'  in  essere  e  qualora  fosse  stata
strettamente connessa alle esigenze di distanziamento interpersonale,
con la possibilita' - proporzionata al fine e contenuta nel  tempo  -
di deroghe alle  previsioni  di  Piano  connesse  con  l'esigenza  di
rispetto degli obblighi derivanti dalle norme volte a contrastare  la
diffusione della pandemia. 
    Con la norma impugnata invece, la Regione legittima  mediante  un
improprio riferimento alla pandemia in corso una  sostanziale  deroga
sine  die  alle  previsioni  di  tutela  contenute  nei   Piani   di'
utilizzazione del demanio marittimo,  accantonando  il  rispetto  dei
profili di interesse pubblico connessi alla tutela  paesaggistica,  e
violando anche l'art. 3 Cost.,  in  ragione  dell'irragionevolezza  e
mancanza di proporzionalita' della misura.