TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima Sezione Penale 
 
    Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di E.A. M.G., nato in... (C.U.I...) -  elettiv.  domiciliato
in via..., (elezione all'udienza di convalida del 15 aprile 2021); 
    difeso  d'ufficio  dall'avv.  Adriano  Capaccioli  del  Foro   di
Firenze; 
    parla e comprende la lingua italiana (accertamento all'udienza di
convalida del 15 aprile 2021); 
    imputato del seguente reato: 
      del delitto di cui agli articoli 56 e 628, comma 2  del  codice
penale, perche', per procurarsi un ingiusto  profitto,  compiva  atti
idonei, diretti in  modo  non  equivoco  a  impossessarsi  di  alcune
confezioni di affettati in vendita al  prezzo  complessivi  di  48,00
euro, sottraendole all'interno del supermercato... sito  nella  v...,
ove  erano  esposte  per  la  vendita,  e  immediatamente   dopo   la
sottrazione, per  assicurarsi  il  possesso  del  bene  e  procurarsi
l'impunita',  adoperava  violenza  e   minaccia   sull'addetto   alla
vigilanza A.  S.  -  il  quale  lo  aveva  fermato,  dopo  che  aveva
oltrepassato le casse senza pagare la merce  -  afferrandolo  per  il
bavero del giubbotto e spintonandolo, tentando di colpirlo con alcuni
pugni sul viso, che l'uomo riusciva a scansare,  affermando  che  gli
avrebbe «tagliato la testa» e infine ingaggiando con il medesimo  una
colluttazione, non portando a  termine  il  proposito  criminoso  per
l'intervento  del   responsabile   dell'esercizio   in   ausilio   al
sorvegliante. 
    In 
    sentite le parti; 
    premesso che: 
      E.A. M.G. era tratto in arresto in  data...  per  il  reato  di
tentata rapina impropria ai sensi degli articoli 56 e  628,  comma  2
del codice penale; 
      il Pm con decreto del 15 aprile 2021 disponeva la presentazione
diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo
giudizio direttissimo con l'imputazione sopra riportata; 
      all'udienza  del  15  aprile  2021   il   giudice   convalidava
l'arresto,   applicava   la   misura   cautelare   dell'obbligo    di
presentazione  alla  P.G.  e  disponeva  procedersi   con   il   rito
direttissimo; era poi chiesto un termine a difesa; 
      all'udienza  del  26  aprile  2021   l'imputato   personalmente
chiedeva procedersi con rito abbreviato, cui era ammesso; il  giudice
disponeva sentirsi ex art. 441,  comma  5  del  codice  di  procedura
penale il teste S. A.; 
      all'udienza del 3 giugno 2021, dopo la deposizione  del  citato
testimone,  le  parti  illustravano  le  rispettive  conclusioni;  in
particolare  il  PM  chiedeva  la  condanna  dell'imputato   per   il
contestato reato di tentata rapina impropria alla pena di anni due  e
mesi tre di reclusione ed euro 266 di multa;  il  difensore  chiedeva
sentenza di non doversi procedere o, in subordine, il  riconoscimento
delle circostanze attenuanti ex art. 62 n. 1 e 4 del codice penale  e
delle attenuanti generiche, l'applicazione del minimo della pena e la
concessione dei benefici di legge; 
      all'udienza odierna, cui il processo era rinviato per eventuali
repliche, le parti vi rinunciavano. 
 
                            Rilevato che: 
 
      A) In base agli atti d'indagine nel primo pomeriggio del... gli
operanti  della  Polizia  di  Stato  erano  inviati  dalla   centrale
operativa presso un supermercato fiorentino. Qui il vigilante S.  A.,
il direttore M. M. e la cassiera S. F. riferivano - con dichiarazioni
sostanzialmente convergenti - che poco  prima  l'attuale  imputato  e
altro soggetto erano entrati nel supermercato, erano stati monitorati
e visti occultare della merce in uno zaino;  allorche'  cercavano  di
uscire dall'esercizio commerciale, il  vigilante  A.  interveniva;  a
quel  punto  uno  dei  due   individui   riusciva   ad   allontanarsi
velocemente, facendo perdere le proprie  tracce;  l'attuale  imputato
viceversa, su  invito  del  vigilante,  mostrava  a  quest'ultimo  il
contenuto del citato zaino, al cui  interno  erano  nascosti  diversi
salumi e formaggi (il cui prezzo complessivo al pubblico era di circa
48 euro); il predetto repentinamente tentava di scappare cercando  di
colpire e minacciando a tale scopo  il  vigilante;  ne  derivava  una
breve colluttazione, nel corso della quale  il  vigilante  -  urtando
qualche oggetto  presente  nelle  vicinanze  -  riportava  una  lieve
escoriazione; anche grazie all'intervento del M., il prevenuto veniva
bloccato fino all'arrivo dei poliziotti, nel frattempo allertati; 
      B) L'imputato nel corso del proprio interrogatorio  ha  fornito
la propria versione, ridimensionando  in  sostanza  la  gravita'  dei
fatti; 
      C) Il vigilante S. A., in sede di  testimonianza,  ha  ribadito
quanto gia'  riferito  nell'immediatezza  alla  Polizia  Giudiziaria,
precisando pero' che quando l'imputato tenne la condotta violenta nei
suoi confronti la merce era gia' stata restituita  al  direttore  del
supermercato e al  restante  personale,  che  stavano  provvedendo  a
verificarne il prezzo: l'imputato, che il vigilante stava monitorando
nell'attesa  dell'arrivo  delle  Forze  dell'Ordine,  si  muoveva  in
continuazione rendendo evidente la sua  intenzione  di  scappare  non
appena se ne presentasse  l'occasione;  allorche'  il  vigilante  gli
poggiava la mano sul torace, invitandolo a calmarsi  e  ad  attendere
l'arrivo della Polizia, il predetto all'improvviso lo  aggrediva  per
potersi dare alla fuga; 
      D) Alla luce di quanto precede  si  deve  ritenere  provata  la
responsabilita' dell'imputato; in particolare  la  convergenza  delle
dichiarazioni del direttore del supermercato, della  cassiera  e  del
vigilante consente di ricostruire  con  certezza  conformemente  alle
stesse la dinamica dei fatti e manifesta chiaramente come la versione
difensiva sia volutamente riduttiva. 
    In considerazione  delle  dichiarazioni  del  teste  A.,  e'  poi
evidente come - dopo la tentata sottrazione della merce -  l'imputato
abbia  posto  in  essere  la  condotta  violenta  al  solo  scopo  di
guadagnarsi la fuga e cosi' procurarsi l'impunita' (per il precedente
tentato  furto).  Si  puo'  viceversa  certamente  escludere  che  la
violenza sia stata posta in essere per conseguire il  possesso  delle
cose oggetto della tentata sottrazione, posto  che  detta  merce  era
stata gia' materialmente recuperata dal direttore del supermercato. 
      E) Quanto alla qualificazione giuridica dei fatti in questione,
per poter addivenire ad una corretta decisione appare  necessario  il
pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 628, comma  2  del  codice
penale limitatamente alle parole «o per procurare a se'  o  ad  altri
l'impunita'»; o, in subordine, nella parte in cui  si  applica  anche
all'ipotesi  in  cui  il  soggetto  agente  (immediatamente  dopo  la
sottrazione), dopo il materiale recupero  dei  beni  da  parte  della
persona offesa, adopera violenza o minaccia al solo scopo di fuggire; 
    cio' premesso, 
 
                               Osserva 
 
1.Rilevanza della questione 
    1.1 L'art. 628, comma 2 del codice penale incrimina  la  condotta
di  «chi  adopera  violenza  o  minaccia   immediatamente   dopo   la
sottrazione, per assicurare a se' o ad altri il possesso  della  cosa
sottratta, o per procurare a se' o ad altri l'impunita'»,  prevedendo
per  tale  reato  (c.d.  rapina  impropria)  lo  stesso   trattamento
sanzionatorio previsto per la c.d. rapina  propria  di  cui  all'art.
628, comma 1 del codice penale. 
    La giurisprudenza di legittimita' afferma ormai costantemente che
«E' configurabile il tentativo di rapina impropria nel  caso  in  cui
l'agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della  cosa
altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria
volonta', adoperi violenza o minaccia  per  assicurarsi  l'impunita'»
(cosi' tra le altre Cass. Sez. U, sentenza n.  34952  del  19  aprile
2012 Rv. 253153 - 01). 
    Nel caso di specie per l'appunto il prevenuto, dopo avere tentato
di sottrarre alcuni beni in vendita presso  un  supermercato...,  non
riuscendovi per il monitoraggio  e  l'intervento  del  personale  del
punto vendita e del vigilante, poneva in essere una condotta violenta
per poter fuggire e cosi' conseguire l'impunita'. 
    1.2 Quanto al requisito dell'immediatezza,  nella  giurisprudenza
di legittimita' e' consolidato il principio secondo cui «nella rapina
impropria, la violenza o la minaccia  possono  realizzarsi  anche  in
luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio
di persona diversa dal derubato, sicche', per la  configurazione  del
reato, non e' richiesta la contestualita' temporale tra sottrazione e
uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente  che  tra  le  due
diverse  attivita'  intercorra  un  arco  temporale   tale   da   non
interrompere l'unitarieta' dell'azione volta ad impedire al  derubato
di tornare in possesso  delle  cose  sottratte  o  di  assicurare  al
colpevole l'impunita'» (cosi' Cass. Sez. 2, sentenza n. 43764  del  4
ottobre 2013 Rv. 257310 - 01; cosi', tra le altre, anche  Cass.  Sez.
7, ordinanza n. 34056 del 29 maggio 2018  Rv.  273617  -  01);  nello
stesso senso, attraverso il riferimento al concetto  di  flagranza  e
quasi flagranza, Cass. Sez. 2, sentenza n. 40421 del 26  giugno  2012
Rv. 254171 - 01 e Cass. Sez. 2, sentenza n. 30127 del 9  aprile  2009
Rv. 244821 - 01) 
    1.3  In  particolare,  la  Corte  di   Cassazione   esclude   che
l'intervenuto materiale recupero da parte della  persona  offesa  dei
beni oggetto della sottrazione (compiuta  o  tentata)  sia  idoneo  a
interrompere l'unitarieta' della condotta e quindi  ad  escludere  il
requisito della immediatezza, ritenendo quindi comunque integrato  in
tali casi il delitto (consumato tentato) di rapina impropria. Si veda
in tal senso, in un caso del tutto simile a quello in esame  (in  cui
l'imputato aveva restituito la merce al vigilante, fornito il proprio
documento  d'identita'  e  atteso  alcuni  minuti  negli  uffici  del
supermercato),  Cass.  Sez.  2,  sentenza  n.  34185  del  2018  imp.
Sprincenatu, che qualificava per  l'appunto  il  fatto  come  tentata
rapina impropria; nello stesso senso anche Cass. Sez. 2, sentenza  n.
25722 del 2021 imp. Perez Vasquez e Cass. Sez. 2, sentenza  n.  46412
del 2014 imp. Ruggiero. 
    1.4   Risulta   dunque   rilevante   la    questione    se    sia
costituzionalmente legittima la qualificazione come rapina  impropria
(tentata o consumata) della condotta di chi -immediatamente  dopo  la
sottrazione (tentata o compiuta) - adoperi violenza  o  minaccia  per
procurare a se' o ad altri l'impunita'. 
    Posto che nel caso di specie l'imputato ha  posto  in  essere  la
condotta violenta -  dopo  il  recupero  della  merce  da  parte  del
vigilante e poi del direttore del supermercato -  al  solo  scopo  di
fuggire, risulta parimenti rilevante la questione di legittimita' che
s'intende sottoporre alla Corte in via subordinata. 
2. Non manifesta infondatezza 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 628, comma 2 del codice penale limitatamente alle parole
«o per procurare  a  se'  o  ad  altri  l'impunita'»  per  violazione
dell'art. 3 della Costituzione. 
    2.2 La Corte Costituzionale recentemente  -  a  causa  anche  del
marcato e reiterato inasprimento della cornice edittale prevista  per
il reato di rapina - e' stata  piu'  volte  chiamata  a  pronunciarsi
sulla legittimita' del disposto dell'art. 628,  comma  2  del  codice
penale. Sia con la sentenza n. 190 del 2020, sia con l'ordinanza  111
del 2021, la Corte ha ritenuto infondate le questioni  sollevate  dal
Tribunale di Torino con riguardo al reato di rapina impropria. 
    2.3 La questione  che  s'intende  ora  sottoporre  all'attenzione
della Corte e' parzialmente diversa. 
    Come  le  citate  ordinanze  torinesi  si  chiede  di   espungere
dall'art. 628 del codice penale una parte del relativo contenuto  (in
questo caso l'incriminazione, nell'ambito del reato complesso,  della
condotta di chi adopera violenza o minaccia  immediatamente  dopo  la
sottrazione  per  procurare  a  se'  o  ad  altri  l'impunita'),  con
l'effetto che all'ablazione parziale della previsione  incriminatrice
conseguirebbe la riespansione delle figure criminose  gia'  confluite
nel reato complesso di rapina (furto, violenza privata, resistenza  a
pubblico ufficiale, ecc.), in relazione alle varie ipotesi  del  caso
concreto (nel caso ora in esame il furto sarebbe tentato; la violenza
era nei confronti di un  privato  cittadino  e  non  di  un  pubblico
ufficiale; ecc.). 
    A differenza che nelle questioni gia' esaminate dalla  Corte,  in
questa sede  non  si  contesta  pero'  l'equiparazione  della  rapina
impropria alla rapina propria, bensi' l'eguale trattamento delle  due
ipotesi criminose disciplinate dall'art.  628,  comma  2  del  codice
penale  alla  stregua  di  un'unica  figura  delittuosa,  la   rapina
impropria. 
    2.4 La fattispecie  in  cui  un  soggetto,  dopo  la  sottrazione
(compiuta o tentata) di un bene,  adopera  violenza  o  minaccia  per
assicurarsi il possesso dello stesso pare cioe' radicalmente  diversa
da quella in  cui  un  soggetto,  dopo  la  sottrazione  (compiuta  o
tentata), adopera  violenza  o  minaccia  unicamente  per  procurarsi
l'impunita' per detta sottrazione. 
    2.5 Nella prima ipotesi l'agente  mira  a  conseguire  uno  scopo
illecito, e precisamente il possesso del bene altrui  avuto  di  mira
fin dal principio, cosi' dimostrando peraltro un dolo  ben  radicato;
nella seconda ipotesi, viceversa, il soggetto  agente  -  dopo  avere
perso (nel delitto consumato) o non avere mai conseguito (nel delitto
tentato) la disponibilita' della cosa - persegue uno scopo di per se'
lecito, cioe' la fuga o comunque l'impunita'. 
    Mentre cioe' nella prima ipotesi sia il mezzo impiegato (violenza
o minaccia) sia il fine perseguito (impossessamento del bene  altrui)
sono illeciti, nella seconda ipotesi il mezzo impiegato  (violenza  o
minaccia) e' illecito, ma il fine perseguito di per se' e' lecito. 
    2.6  E'  dunque  ragionevole  l'eguale  trattamento  della  prima
ipotesi rispetto alla rapina propria:  in  entrambe  infatti  -  come
sottolineato dalla  sentenza  n.  190/2020  -  si  ha  un'aggressione
patrimoniale mediante violenza o minaccia e  il  peculiare  finalismo
(oltre alla contestualita') rende il fatto criminoso assai piu' grave
della  mera  somma  dei  suoi  componenti  e  giustifica  quindi   la
costruzione di un reato complesso il cui trattamento sanzionatorio e'
decisamente piu'  severo  («la  contestualita'  del  rischio  per  il
patrimonio e per l'incolumita' o la  liberta'  morale  della  persona
dilata la dimensione del fatto criminoso oltre la mera somma dei suoi
fattori: sul piano obiettivo, per l'allarme sociale, per la diminuita
difesa della vittima sorpresa dall'aggressione e per la  mancanza  di
alternative utili alla tutela del suo patrimonio, per il  particolare
rischio di  conseguenze  sul  piano  della  incolumita'  dovuto  alla
concitazione normalmente propria dell'evento, per la peculiare  forza
offensiva di una spoliazione fondata non solo  sulla  sottrazione  ma
anche  sulla  violenza;  sul   piano   soggettivo,   per   la   forte
determinazione criminale espressa da chi, nell'opzione  tra  rinuncia
al beneficio patrimoniale e suo perseguimento mediante  l'aggressione
alla  persona,  si  determina  per  la  seconda,  che   presenta   le
caratteristiche appena indicate»). 
    Non pare invece  ragionevole  trattare  alla  stessa  stregua  la
condotta di chi, dopo  la  sottrazione,  non  persegua  piu'  con  la
violenza o minaccia l'aggressione al patrimonio altrui ed in generale
il beneficio economico, bensi' unicamente la  propria  impunita'  per
effetto di una sorta di anelito di liberta'. 
    2.7 Pur a fronte di elementi oggettivi identici nelle due ipotesi
contemplate dall'art. 628, comma 2 del codice penale (la  sottrazione
compiuta o tentata prima; la violenza o minaccia dopo), la differente
finalita'  perseguita  pare  postulare  necessariamente  un   diverso
trattamento sanzionatorio. 
    Del resto l'ordinamento conosce plurime ipotesi di reato in  cui,
a fronte di una medesima  condotta,  la  diversa  finalita'  comporta
l'integrazione di un distinto reato. 
    Cosi', ad esempio, l'art. 336, comma 1 del codice penale  punisce
con la reclusione da sei mesi a cinque anni la condotta di  chi  «usa
violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di  un
pubblico servizio, per costringerlo  a  fare  un  atto  contrario  ai
propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio». Il
secondo comma dello stesso articolo, viceversa, prevede  soltanto  la
pena della  reclusione  fino  a  tre  anni  (dunque  una  pena  anche
inferiore a quella prevista per la violenza privata dall'art. 610 del
codice penale) «se il fatto e' commesso per costringere alcuna  delle
persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o  servizio,
o per influire, comunque, su di essa». 
    2.8 Si potrebbe obiettare che l'ordinamento penale prevede  anche
una norma generale (l'art. 61 n. 2 del codice penale) per la quale la
commissione di un reato al fine di conseguire l'impunita'  per  altro
reato e' equiparata alla commissione di un reato  per  realizzarne  o
occultarne un altro o per conseguire il prodotto, il  profitto  o  il
prezzo di un altro reato. 
    Tale norma delinea pero' una circostanza aggravante e  quindi  si
limita ad inasprire leggermente (fino ad  un  terzo)  il  trattamento
sanzionatorio dei vari possibili reati, il cui  trattamento  di  base
resta quello loro proprio e non viene irragionevolmente unificato dal
citato nesso teleologico. 
    Nell'ambito dell'art. 628, comma 2 del codice penale,  viceversa,
l'equiparazione delle due finalita' conduce ad un'assimilazione  tout
court  delle  due  ipotesi  contemplate  dalla  citata  disposizione.
Viceversa l'auspicata  dichiarazione  d'illegittimita'  porterebbe  -
rispetto a chi, immediatamente dopo la sottrazione,  usi  violenza  o
minaccia per procurarsi l'impunita' - a ravvisare due distinti reati,
il secondo dei quali aggravato proprio dal nesso teleologico ex  art.
61 n. 2 del codice penale. 
    2.8 L'eguale trattamento, nell'ambito di un  unico  reato,  delle
due diverse ipotesi contemplate dall'art. 628,  comma  2  del  codice
penale pare ancor  piu'  irragionevole  a  seguito  delle  recenti  e
reiterate modifiche della cornice  edittale,  che  hanno  ridotto  il
range sanzionatorio con un  sostanziale  appiattimento  verso  l'alto
della pena detentiva (se pur formalmente  persiste  un  significativo
margine tra il minimo e il  massimo  edittale,  il  minimo  e'  ormai
particolarmente elevato). 
    2.9 Questo giudice e' consapevole del fatto che, a fronte di  una
dedotta  irragionevole  uguaglianza  di  trattamento  di   situazioni
diverse, la soluzione qui proposta (ablazione parziale dell'art. 628,
comma 2 del codice penale,  con  conseguente  riespansione  per  tale
parte delle figure criminose gia' confluite nel reato complesso)  non
sia «a rime obbligate». 
    Tuttavia, la  giurisprudenza  costituzionale  piu'  recente  -  a
fronte di norme ritenute manifestamente irragionevoli -  ha  ritenuto
che non sia necessario «che esista, nel sistema,  un'unica  soluzione
costituzionalmente  vincolata  in  grado  di  sostituirsi  a   quella
dichiarata illegittima [...], essendo sufficiente che il «sistema nel
suo complesso offra alla  Corte  "precisi  punti  di  riferimento"  e
soluzioni "gia' esistenti" (sentenza n. 236 del 2016)», ancorche' non
"costituzionalmente  obbligate",  «che   possano   sostituirsi   alla
previsione sanzionatoria  dichiarata  illegittima»"  (cosi',  tra  le
altre, la sentenza n. 40 del 2019). 
    Nel caso di specie, per l'appunto,  una  soluzione  gia'  interna
all'ordinamento esiste ed e' quella della riespansione  delle  figure
criminose gia' assorbite nel reato di rapina, fatta salva  ovviamente
la possibilita' per il Legislatore,  ove  lo  ritenga  opportuno,  di
intervenire per dettare una diversa disciplina. 
    2.10  Nell'esperienza  concreta  delle  aule  di  giustizia,   la
fattispecie incriminatrice che qui si censura  (art.  628,  comma  2,
seconda ipotesi del codice penale) risulta per lo piu'  integrata  da
soggetti che, sorpresi  nell'atto  di  sottrarre  (o  di  tentare  di
sottrarre) un bene, restituiscono  o  abbandonano  lo  stesso  (o  ne
vengono comunque privati) e compiono atti  violenti  o  minatori  per
darsi alla fuga. Sono pero' ipotizzabili anche altri fatti idonei  ad
inverare la citata previsione incriminatrice; nell'ipotesi in cui  il
petitum sopra illustrato  dovesse  ritenersi  troppo  ampio,  in  via
subordinata   si   chiede   percio'   alla   Corte   di    dichiarare
l'illegittimita' costituzionale - per i medesimi  motivi  gia'  sopra
illustrati - della norma di cui all'art.  628,  comma  2  del  codice
penale nella parte in cui si applica  anche  all'ipotesi  in  cui  il
soggetto  agente  (immediatamente  dopo  la  sottrazione),  dopo   il
materiale recupero dei beni da parte della  persona  offesa,  adopera
violenza o minaccia al solo scopo di fuggire. 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    3.1 Con riguardo alla richiesta in via principale  non  risultano
percorribili  interpretazioni  conformi  della  norma  ora  censurata
all'art. 3 della Costituzione,  chiaro  e  univoco  essendo  il  dato
letterale (la disposizione e' peraltro interpretata in modo  costante
dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale). 
    3.2 Quanto alla richiesta subordinata,  sarebbe  forse  possibile
un'interpretazione   conforme,   posto   che   il   dato    letterale
(«immediatamente dopo la sottrazione») potrebbe  di  per  se'  essere
interpretato nel senso che il recupero materiale del  bene  da  parte
della persona offesa escluda il nesso di immediatezza  temporale  tra
la sottrazione e i successivi atti di violenza  o  minaccia  volti  a
procurare l'impunita' (con la conseguenza che  l'ipotesi  in  cui  il
soggetto agente, dopo il materiale recupero dei beni da  parte  della
persona offesa, adoperi violenza o minaccia  allo  scopo  di  fuggire
gia' non sarebbe qualificabile come rapina impropria per difetto  del
requisito dell'immediatezza). 
    Tuttavia,  detta  interpretazione  conforme  si  scontra  con  la
consolidata giurisprudenza  di  legittimita'  gia'  sopra  esaminata,
secondo cui l'intervenuto materiale recupero dei beni  oggetto  della
sottrazione (compiuta o tentata) da parte della persona offesa non e'
idoneo a  interrompere  l'unitarieta'  della  condotta  e  quindi  ad
escludere il requisito della immediatezza. 
    Come rilevato piu' volte dalla Corte Costituzionale, "in presenza
di un indirizzo giurisprudenziale consolidato, «il giudice a quo,  se
pure e' libero di non uniformarvisi e di  proporre  una  sua  diversa
esegesi,   ha,   alternativamente,   la    facolta'    di    assumere
l'interpretazione censurata in termini  di  "diritto  vivente"  e  di
richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilita' con  i
parametri costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 39  del  2018,  n.
259 del 2017 e n. 200 del 2016; ordinanza n.  201  del  2015).  Cio',
senza  che  gli  si  possa  addebitare  di  non  aver  seguito  altra
interpretazione, piu' aderente ai parametri stessi, sussistendo  tale
onere solo in assenza di un contrario diritto vivente (tra le  altre,
sentenze n. 122 del 2017 e n. 11 del  2015)»  (sentenza  n.  141  del
2019)" (cosi, la sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 2020).