TRIBUNALE DI TORINO Sezione dei giudici per le indagini preliminari Il Tribunale di Torino, Sezione G.i.p.-G.u.p., nella persona del giudice Luca Fidelio; Visti gli atti del procedimento penale in atto nei confronti di: Z S M N, nata a , l' , con domicilio dichiarato presso la propria residenza in , via , difesa di fiducia dall'avv. Roberto Brizio e dall'avv. Piero Paolo Cassini entrambi del Foro di Torino, giusta dichiarazione di domicilio e nomina fiduciaria del 18 febbraio 2021; Libera - Presente. Imputata del delitto di cui all'art. 589-bis, 1 comma, codice penale perche', mentre si trovava alla guida dell'automobile , targata in sul corso , giunto all'altezza del civico, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza imperizia e violazione delle norme sulla circolazione della strada (artt. 141-142 codice della strada) cagionava la morte di G e, segnatamente, perche', procedendo a circa 70 km/h, ometteva di regolare la propria velocita' in modo rispettare il limite vigente (50 km/h) e da evitare di creare pericolo per la sicurezza delle persone, e cosi' investiva il predetto G G il quale stava attraversando la strada a piedi e riportava, a causa dell'urto e della successiva caduta al suolo, lesioni (politrauma, trauma cranica, frattura parietale) da cui derivava il successivo decesso avvenuto il... , In... , l'... , Identificate le persone offese in: C C , G M , G V, G F, G L, prossimi congiunti di G G, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Ghiberti del Foro di Torino e presso lo stesso domiciliati ex lege; all'esito dell'udienza in Camera di consiglio del 21 marzo 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza: 1.Il procedimento a quo. Si procede nei confronti di Z S, M N, per il delitto di omicidio colposo stradale meglio descritto in epigrafe. Alla prima udienza del 29 novembre 2021, verificata la regolarita' delle notifiche e dichiarata l'assenza dell'imputata, il difensore ha chiesto un rinvio al fine di risarcire il danno agli eredi della vittima, anticipando l'intenzione di definire il giudizio con un rito alternativo; nulla opponendo il P.M., il giudice ha disposto in conformita', dichiarando sospesi i termini di prescrizione. Alla successiva udienza del 7 febbraio 2022 i difensori dell'imputata hanno chiesto un ulteriore breve rinvio segnalando l'avvenuto accordo per l'integrale risarcimento del danno alle pp.oo. e producendo atti di liquidazione e di quietanza, con il giudice che, nulla opponendo il pubblico ministero e il difensore delle persone offese, ha disposto in conformita', dichiarando sospesi i termini di prescrizione del reato. Alla seguente udienza del 21 febbraio 2022 l'imputata personalmente ha presentato istanza scritta di messa alla prova ex art. 168-bis e ss. c.p., depositando documentazione attestante: a) l'insorgenza di un disturbo post-traumatico da stress a seguito dell'incidente per cui si procede; b) l'esistenza di regolare contratto di lavoro. In subordine, il difensore e procuratore speciale ha domandato sollevarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art. 168-bis comma 1 del codice penale nella parte in cui non consente la sospensione del processo con messa alla prova per la fattispecie di omicidio colposo stradale nell'ipotesi in cui ricorra l'attenuante ad effetto speciale del concorso di cause nella causazione del sinistro. Il giudice, prima di pronunciarsi sull'ammissione alla prova, ritiene necessario sospendere il procedimento e rimettere alla valutazione della Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale che verra' di seguito esposta. 2. La ricostruzione del fatto. Prima di dare conto delle ragioni per cui il Tribunale ritiene la questione non manifestamente infondata, e' necessario dare conto della rilevanza della questione, soffermandosi in primo luogo sulla ricostruzione del fatto storico. Dall'esame degli atti processuali (costituiti dalla C.n.r. e annotazioni della Polizia Municipale di Torino, dai certificati medici e dalla c.t. a firma ing. Capello), i fatti possono essere ricostruiti nei termini che seguono. Nell'annotazione della Polizia Municipale di Torino si legge che in data..., intorno alle ore..., si verificava un sinistro stradale in..., a..., all'altezza del civico n. , allorquando un pedone, in seguito identificato in G G, veniva investito dalla vettura..., tg..., condotta dall'odierna imputata Z S. Come riferito dalla polizia giudiziaria intervenuta nell'immediatezza, l'odierna imputata: «rimaneva sul posto e non si allontanava dal luogo del sinistro rimanendo sempre a disposizione e delle pattuglie intervenute sul posto» (cfr. annotazione dell'11 febbraio 2021, ff. 35-36). Il suddetto veicolo, che si ripete stava percorrendo la carreggiata centrale del viale, presentava il parabrezza vistosamente danneggiato, con tracce di sangue e di capelli. G G , rinvenuto a terra privo di coscienza in zona non prossima all'attraversamento pedonale e a circa 80 mt dall'incrocio semaforico, veniva immediatamente trasportato all'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, ove decedeva circa una settimana piu' tardi, in data , in conseguenza di gravi ferite multiple e trauma cranico. Nell'immediatezza non veniva rinvenuto alcun testimone oculare dei fatti. Venivano poi acquisiti i filmati registrati dagli impianti di videosorveglianza della banca Intesa San Paolo ubicata in... e dell'Istituto Amedeo Avogadro: ebbene dalla visione delle riprese, di scarsa qualita' e di visuale non ottimale, non si immortala il momento preciso dell'impatto, notandosi tuttavia il pedone che viene sbalzato e proiettato in alto a seguito del forte urto con la vettura (si vedano fotogrammi riportati alle pagine 3 e seguenti del verbale di accertamenti tecnici ripetibili della Polizia Municipale di Torino). Nel verbale di accertamenti urgenti di polizia giudiziaria (cfr. verbale di accertamento e rilievi ff. 66-73), si legge che la carreggiata centrale di nel tratto che interessa e' separata: da quella laterale nord da una sede tranviaria, delimitata a nord da barriere anzi-attraversamento e da uno sparti traffico rialzato e alberato parzialmente adibito alla sosta dei veicoli; da quella laterale sud da uno spartitraffico rialzato e alberato adibito alla sosta dei veicoli, In prossimita' della zona dell'investimento, lungo il margine nord della carreggiata centrale, e' presente una banchina rialzata adibita a fermata del trasporto pubblico di linea (cfr. verbale di accertamento e rilievi ff. 67 e 71). Nella consulenza tecnica cinematica a firma Ing. Capello si legge, in sintesi, che: a) il limite di velocita' della zona e' pari a 50 km/h; b) quella giornata era soleggiata con possibili fenomeni di abbagliamento; c) la visuale era ottima e l'asfalto asciutto; d) in prossimita' del luogo dell'investimento vi era una fermata del tram; e) l'esame del veicolo condotto dall'imputata rivela una vistosa compressione della parte destra del paraurti, una deformazione cilindrica nella zona anteriore destra del cofano motore, un'ampia rottura del parabrezza tale da coinvolgere circa 2/3 del cristallo con epicentro nella parte destra del mezzo (si vedano fotogrammi c.t. pagine 22-27); f) risulta difficile determinare la velocita' esatta del veicolo, potendosi tuttavia stimare, in ragione dei danni occorsi al veicolo e delle lesioni subite dalla vittima, una velocita' intorno ai 60 Km/h al momento dell'impatto e di circa 70 Km/h prima dell'investimento; g) nella specie si tratta certamente di un investimento frontale, con il pedone che, dopo aver percorso circa 3,5 mt dal margine ovest della carreggiata e trovandosi fuori dalle strisce pedonali, veniva dapprima colpito negli arti inferiori, per poi sbattere con la fronte sul vetro e venire sbalzato in avanti; h) il sinistro puo' essere ascritto, in concorso, all'odierna imputata, la quale teneva una velocita' eccessiva e, nonostante un possibile fenomeno di abbagliamento, non si avvedeva della presenza del pedone fuori dalle strisce. Dalla documentazione prodotta dalla difesa emerge che l'imputata non e' stata mai convolta in ulteriori sinistri stradali. Nella consulenza tecnica di parte a firma ing. Alberto Giulietta si evidenzia in particolare che non vi e' certezza sul punto di impatto e che la velocita' del mezzo non risulta determinabile in modo certo e obiettivo. 2.1. La qualificazione giuridica del fatto. La condotta sopra descritta va correttamente qualificata come omicidio colposo stradale ex art. 589-bis c.p.. Nell'affrontare casi di investimento ai danni di pedone simili a quello che ci occupa la giurisprudenza di legittimita' ha piu' volte affermato che la responsabilita' del conducente e' esclusa soltanto se la condotta del pedone investito si pone come eccezionale, atipica, imprevista ed imprevedibile: «In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilita' del conducente per l'investimento del pedone e' necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per il reato di omicidio stradale del conducente di un furgone, chiuso nella parte posteriore e privo di dispositivi idonei a monitorare il percorso in retromarcia, per l'investimento di un pedone avvenuto durante tale manovra, che avrebbe dovuto essere eseguita con particolare attenzione, avvalendosi anche dell'ausilio di terzo, non essendo imprevedibile la presenza di un pedone sul percorso stradale da compiere in retromarcia)» (cosi' Cassazione Pen. Sez IV n. 37622/2021). Piu' nel dettaglio, nel trattare un caso di investimento di pedone in fase di attraversamento fuori dalla strisce del tutto identico a quello in esame, con sentenza n. 20912/2021 la Suprema Corte di cassazione Sez. IV ha affermato che: «In tema di circolazione stradale, il principio dell'affidamento trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada e' responsabile anche del comportamento imprudente altrui purche' questo rientri nel limite della prevedibilita', tanto che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocita', in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in. ogni situazione (nella specie, e' stato rigettato il ricorso presentato da un automobilista condannato per la morte di un pedone, investito mentre attraversava la strada pur se fuori dalle strisce pedonali: infatti, era risultata dimostrata in sede di merito la ragionevole prevedibilita' della condotta della vittima, in ragione della vicinanza di una fermata degli autobus e del traffico pedonale conseguente, con la conseguente condotta colposa dell'automobilista che non aveva saputo tenere una condotta di guida accorta a contrastare anche le imprudenze altrui)» D'altra parte, costituisce principio altrettanto consolidato in sede di legittimita' quello per cui in tema di circolazione stradale, il principio dell'affidamento trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada e' responsabile anche del comportamento imprudente altrui purche' questo rientri nel limite della prevedibilita' (cfr., tra le molte, Cassazione Pen. Sez. 4, n. 5691 del 2 febbraio 2016 - dep. 11 febbraio 2016, Rv. 26598101; nonche' Cassazione Pen. Sez. 4, n. 27513 del 10 maggio 2017 - dep. 1° giugno 2017...., Rv. 26999701), tanto che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocita', in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione. Ora nel caso in esame l'odierna imputata, come evidenziato dal P.M., ha certamente violato la disposizione di cui all'art. 141 C. d. S , comma 2 secondo cui: «il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilita' e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile», omettendo di regolare la velocita' in un tratto di strada caratterizzato dalla presenza di una fermata del tram di linea e da parcheggi a spina di pesce sul controviale, con prevedibile presenza di pedoni fuori dalle strisce. In altre parole, all'imputata puo' essere mosso l'addebito di non aver tenuto una velocita' adeguata a compiere una improvvisa manovra di arresto, dal momento che il tratto di strada percorso si trovava in prossimita' di una fermata di tram, la cui presenza rendeva prevedibile anche un attraversamento sconsiderato da parte dei pedoni ed imponeva un'andatura di guida particolarmente moderata ed un'adeguata attenzione per evitare ogni possibile sinistro. A cio' si aggiunga che il punto d'urto con il pedone (frontale) e il tratto da questi compiuto all'interno della carreggiata (circa 3 mt) rivelano la possibilita' di avvistamento. Nella specie non ricorre alcuna aggravante (l'imputata non si trovava in stato di ebbrezza o alterazione, non viaggiava ad una velocita' superiore a 70 Km/h, non attraversava un incrocio con semaforo rosso, non circolava contromano ne' compiva una manovra di sorpasso o inversione del senso di marcia) mentre certamente e' ravvisabile l'attenuante ad effetto speciale del concorso di colpa della vittima nella causazione dell'evento (art. 589-bis comma 7 c.p.). La vittima infatti attraversava fuori dalle strisce pedonali a notevole distanza dall'incrocio semaforico, arrivando a percorrere oltre 3 metri della carreggiata centrale. 2.2. La valutazione sulla messa alla prova. Il Tribunale ritiene che nella specie ricorrano in concreto tutti gli estremi per la sospensione del processo con messa alla prova ex art. 168-bis c.p.. L'interessata, che mai prima ha usufruito della m.a.p., ha formulato la richiesta tempestivamente nel corso dell'udienza preliminare, inoltrando la relativa istanza all'U.E.P.E. di Torino per l'elaborazione del programma trattamentale. L'imputata e' persona incensurata, dotata di regolare attivita' lavorativa e mai prima d'ora coinvolta in sinistri stradali, dal che discende una valutazione prognostica ampiamente positiva circa l'astensione dalla commissione di ulteriori reati. La stessa Z. ha poi interamente risarcito il danno agli eredi della vittima, attivandosi personalmente presso la propria compagnia assicurativa (cfr. atti di quietanza prodotti all'udienza del 7 febbraio 2022). L'imputata si e' inoltre dichiarata disponibile a svolgere lavori di pubblica utilita', mediante l'espletamento di compiti di rilievo sociale anche nel settore della sicurezza stradale. Si ritiene dunque che nel caso sottoposto al giudizio ricorrano tutti gli estremi per la messa alla prova. Sennonche', per le ragioni che verranno subito meglio esplicitate, anche prendendo in considerazione la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 589-bis comma 7 c.p., i limiti edittali di pena massima del reato di omicidio colposo stradale non consentono in astratto l'adozione della messa alla prova. L'art. 168-bis codice penale prevede infatti che la m.a.p. possa essere richiesta solo per i reati puniti con pena edittale detentiva non superiore a quattro anni nel massimo. Il riferimento testuale e' dunque alla pena edittale massima prevista dalla legge. Il delitto di cui all'art. 589-bis codice penale e' punito con una pena massima di sette anni e una pena minima di due anni di reclusione. L'attenuante ad effetto speciale del concorso di cause nella verificazione dell'evento prevede una riduzione sino alla meta' della pena, dal che discende che, anche tenendo conto della suddetta diminuente nel computo della pena edittale, il delitto diventa punito con una pena da uno a sei anni, undici mesi e ventinove giorni di reclusione, dovendosi ridurre del massimo la pena minima e del minimo la pena massima. Al riguardo non e' inutile ricordare che, in termini generali, quando occorre determinare la pena massima astrattamente irrogabile in caso di circostanze attenuanti e' necessario fare riferimento alla minima riduzione operabile per le attenuanti (cfr. tra le molte Cassazione Pen. Sez. II n. 8906/2002 in tema di limiti di pena per l'adozione di misure cautelare personali ex art. 278 c.p.p.). Ove invece si tenesse conto della massima riduzione per la diminuente nel caso di specie sarebbe ammissibile la messa alla prova. 2.3. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. La disposizione di cui all'art. 168-bis comma 1 c.p., nella parte in cui stabilisce ai fini dell'ammissibilita' astratta della messa alla prova, la sola pena edittale massima senza contemplare, nell'ipotesi in cui ricorra una circostanza attenuante ad effetto speciale, la massima riduzione per siffatta diminuente e' d'ostacolo all'applicazione della messa alla prova nel caso ora in esame. Ove fosse rimossa tale preclusione - della cui legittimita' costituzionale il Tribunale dubita - si potrebbe ammettere alla m.a.p. l'odierna imputata. Da qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale che si ritiene non manifestamente infondata. 3. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Il Tribunale ritiene che nel caso in esame la preclusione astratta all'ammissione della m.a.p. discendente dal tenore letterale della disposizione di cui all'art. 168-bis c.p., sia in contrasto con il principio di uguaglianza, irragionevole e contraria al principio di proporzionalita' delle pene. Non si intende in questa sede censurare la cornice edittale del reato di omicidio colposo stradale ne' in alcun modo criticare l'entita' della risposta sanzionatoria. Il dubbio di legittimita' costituzione si fonda sulle conseguenze irragionevoli e manifestamente incoerenti del dettato normativa che precludono nel caso di specie l'ammissibilita' astratta della messa alla prova, pur ricorrendo una circostanza attenuante ad effetto speciale che nella sua massima estensione consentirebbe la percorribilita' dell'istituto. Per meglio illustrare la questione di legittimita' costituzionale che si intende sottoporre alla Corte e' indispensabile porre alcune premesse. Con la sentenza n. 36272/2016 le Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione hanno sancito il seguente principio di diritto: Ai fini «dell'individuazione dei reati ai quali e' astrattamente applicabile la disciplina dell'istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell'art. 168-bis codice penale alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato». La Corte di legittimita', dopo aver premesso che l'art. 168-bis codice penale - a differenza di altre fattispecie sostanziali e processuali - non contiene alcuna precisazione in ordine ai criteri da seguire per la quantificazione della pena edittale massima, ha anzitutto chiarito che non vi e' un criterio unitario per la determinazione della pena ai fini dell'applicazione di istituti processuali. La Corte ha poi sottolineato che la messa alla prova e' un istituto di natura ibrida, sia sostanziale che processuale, in quanto, da un lato, si configura come un rito speciale in cui l'imputato rinuncia al processo ordinario in cambio del vantaggio costituito da un trattamento sanzionatorio non detentivo; dall'altro, come una fattispecie sostanziale che persegue «scopi specialpreventivi in una fase anticipata, in cui viene «infranta» la sequenza cognizione-esecuzione della pena., in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto» (cfr. pag. 10 della sentenza indicata). La Corte di cassazione ha quindi posto l'accento sulle finalita' special-preventive che connotano la messa alla prova, ponendo in luce il dato per cui l'istituto risulta applicabile anche a reati ritenuti astrattamente gravi. Vale pena riportare testualmente alcuni passaggi dell'indicata sentenza contenuti al punto 7 del considerato in diritto, da cui in parte trovano fondamento i dubbi di legittimita' che si intendono sottoporre al vaglio della Corte delle leggi: «Sembra evidente, sulla base di un approccio sistematico alla lettura dell'art. 168-bis c.p., che la gravita' del reato non debba essere pregiudizialmente enfatizzata nel momento dell'astratto rilievo dei criteri di ammissibilita', in quanto il giudizio effettivo di ammissione del rito resta riservato alla valutazione del giudice circa l'idoneita' del programma trattamentale proposto e la prognosi di esclusione della recidiva: valutazione, questa, che si svolge in base ai parametri dell'art. 133 c.p., i quali attengono alla gravita' del reato, desunta dalla condotta, dall'entita' del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa e dalla intensita' del dolo o dal grado della colpa. Ed e' proprio questa la fase in cui assume effettivo e concreto rilievo la gravita' dell'illecito. Anticipare questa valutazione sin dai criteri astratti di ammissibilita' cui fa riferimento l'art. 168-bis c.p., equivale a restringere, in forza di una interpretazione praeter legem, l'ambito operativo della messa alla prova, utilizzando automatismi che irrigidiscono l'istituto in un'ottica di sola prospettiva premiale. Al contrario, la lettura corretta della norma amplia il perimetro di operativita' del rito, spostando sul giudice e sul suo potere discrezionale la motivata valutazione in merito alla fondatezza della richiesta dell'imputato, coerentemente con le finalita' specialpreventive della messa alla prova. La soluzione che ritiene l'irrilevanza delle circostanze risulta confermata non solo dall'interpretazione letterale dell'art. 168-bis c.p., che pone in evidenza la mancanza di ogni riferimento agli accidentalia delicti, e dalla ricostruzione della voluntas legis, ma anche da un'interpretazione logico-sistematica, la' dove si osservi che l'effetto di estendere l'ambito applicativo della messa alla prova a reati che possono presentare un maggiore disvalore trova piena giustificazione con il fatto che si tratta di un istituto che prevede, comunque, un «trattamento sanzionatorio» a contenuto afflittivo, non detentivo, che puo' condurre all'estinzione del reato. Tale carattere, infine, e' confermato dall'art. 657-bis c.p.p., in cui si prevede che nel determinare la pena da eseguire in caso di fallimento della prova (a seguito di revoca o di esito negativo della messa alla prova) venga comunque detratto il periodo corrispondente a quello della prova eseguita». La Corte di legittimita' nulla ha specificato in ordine ai criteri da seguire nel caso in cui ricorrano circostanze attenuanti ad effetti ad effetto speciale e se di esse si debba tener conto - e in che modo - nel determinare la pena base ai fini dell'art. 168-bis c.p.- Nel silenzio della legge e tenuto conto del principio di diritto e del tenore della motivazione sopra riassunta, si reputa che siffatte diminuenti possano - e debbano - essere prese in considerazione al fine di determinare la pena astrattamente applicabile in caso di messa alla prova. La Corte di cassazione ha infatti escluso che possano avere un rilievo ai sensi dell'art. 168-bis codice penale le sole circostanze aggravanti, incluse quelle ad effetto speciale e autonome, al dichiarato fine di ampliare il perimetro applicativo dell'istituto premiale della messa alla prova. La Corte di legittimita' ha inoltre chiarito che, nel silenzio della legge, occorre evitare rigidita' con riguardo all'ammissibilita' astratta dell'istituto, focalizzandosi principalmente sulla fattispecie concreta sottoposta al vaglio giudiziale e sulla ricorrenza in fatto degli estremi per la praticabilita' della messa alla prova. In applicazione di tali dettami ritiene il Tribunale che ai fini di determinare la pena edittale massima per l'ammissibilita' della messa alla prova debbano essere prese in considerazione le circostanze attenuanti ad effetto speciale. Tale opzione ermeneutica, oltre ad apparire la piu' fedele ai principi sanciti dalla Suprema Corte di legittimita', ha il pregio di espandere la portata applicativa dell'istituto, con innegabili ricadute positive in termini di riduzione dei carichi di lavoro e di contenimento dei tempi di durata dei procedimenti penali. Cio' chiarito, si osserva che, in conseguenza dell'interpretazione fornita dal diritto vivente, la sospensione del processo con messa alla prova risulta astrattamente ammissibile anche rispetto a fatti puniti con pena decisamente piu' elevata rispetto a quella dell'omicidio colposo stradale attenuato dal concorso di altre cause nella causazione dell'evento lesivo. Si pensi, ad esempio, alle lesioni dolose gravissime punite nella forma aggravata con una pena da sei a dodici anni di reclusione (artt. 582, 583 c.p.). Si consideri, ancora, il delitto di resistenza a pubblico ufficiale aggravato dal numero di piu' di cinque persone riunite e dall'impiego di armi, sanzionato con una pena edittale da tre a quindici anni di reclusione (artt. 337 e 339 c.p.). Sul punto giova poi richiamare la fattispecie di ricettazione aggravata dalla finalita' di agevolare una associazione mafiosa (artt. 648 e 416-bis legge c.p.), punita da due anni e otto mesi sino dodici anni di reclusione. In tutte le ipotesi sopra descritte, si noti procedibili con rito ordinario nella forma aggravata e sanzionate con una pena edittale sensibilmente piu' elevata di quella applicabile all'omicidio colposo stradale sia nel minimo sia nel massimo edittale, risulta astrattamente percorribile la messa alla prova, dal momento che il reato nella sua forma semplice risulta punito con pena base non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione o incluso nell'elenco di cui all'art. 550 comma 2 c.p.p.. Viceversa, per l'ipotesi di omicidio colposo stradale attenuato dal concorso di colpa della vittima e' inibita in astratto l'operativita' della messa alla prova. Tale preclusione, ad avviso di questo Tribunale, e' manifestamente irragionevole e non appare sorretta da alcuna giustificazione Non si vede infatti per quale ragione il responsabile di un fatto colposo in cui l'elemento psicologico risulta senza dubbio lieve e di modesta entita', specie in conseguenza del concorso di colpa della vittima, e la verificazione dell'evento lesivo non sia esclusiva conseguenza della condotta negligente del colpevole, non possa accedere alla messa alla prova, a differenza di un soggetto autore di reati dotati di maggiore gravita' astratta e concreta, commessi con notevole impiego di violenza e contraddistinti da un elemento psicologico intenso e talvolta intenzionale (si pensi alle violenze commesse ai danni di pubblici ufficiali da piu' di cinque persone riunite e con armi o alla ricezione di beni di provenienza illecita con la precisa finalita' di agevolare un sodalizio mafioso). Si tratta di una irragionevolezza che assume aspetti tali da non essere sorretta da alcuna giustificazione e stride con i principi costituzionali di uguaglianza e proporzionalita'. Nel caso di specie, infatti, l'astratta preclusione normativa all'ammissibilita' della messa alla prova, si ripete fondata esclusivamente sulla pena massima astrattamente applicabile, appare manifestamente incoerente con il disvalore concreto ed effettivo del fatto e palesemente ingiustificata, considerando che la m.a.p. risulta in astratto percorribile in fattispecie criminose contrassegnate da un indubbio e palese maggior disvalore e punite con una pena decisamente piu' elevata nel minimo e nel massimo edittale (come detto la resistenza a pubblico ufficiale pluriaggravata e' punita con una pena pari ad oltre il doppio di quella in astratto applicabile all'omicidio colposo stradale con l'attenuante del concorso di cause nella verificazione dell'evento). Peraltro, proprio la Corte di cassazione nella sentenza a Sezioni unite sopra richiamata pone l'accento sulla necessita' di evitare rigidi formalismi in sede di ammissibilita' astratta della m.a.p. e suggerisce di ancorare la percorribilita' dell'istituto alla concreta gravita' del fatto, valutando i parametri di cui all'art. 133 c.p.. D'altra parte, per la affine e conciata fattispecie di lesioni colpose stradali (art. 590-bis c.p.), e' percorribile la messa alla prova, anche nell'ipotesi in cui ricorrano plurime circostanze aggravanti (quali ad esempio l'eccesso di velocita', la fuga del conducente o lo stato di ebrezza), trattandosi di reato procedibile con citazione diretta a giudizio ex art. 550 comma 2 lett, e bis c.p.p.. Ora, ponendosi nel solco dei canoni ermeneutici tracciati dalla Suprema Corte di cassazione, si osserva che nel caso concreto la sussistenza dell'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 589 comma 7 codice penale determina una ridotta offensivita' della condotta, tenuto conto degli argomenti che si andranno di seguito ad esporre. Non ignora il giudice che la Corte costituzionale, con sentenza n. 88/2019, ha chiarito che l'attenuante in parola attiene all'efficacia causale e non all'offensivita' del delitto: «Si tratta di un'attenuante tutt'affatto speciale nel panorama delle circostanze del reato proprio perche' afferisce al rapporto causale retto dal generale principio dell'equivalenza delle cause (art. 41 codice penale ), che vuole che il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalita' fra l'azione od omissione e l'evento; e cio' e' vero anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui». Cionondimeno, si reputa che la diminuente in discorso comporti una sensibile attenuazione della gravita' concreta del fatto sottoposto al giudizio, posto che, anzitutto, e' innegabile che nella specie il decesso della vittima sia dovuto non solo alla condotta colpevole dell'odierna imputata (che non moderava la velocita' in modo da arrestare con prontezza la marcia) ma anche al concorso di colpa dello stesso soggetto passivo (che attraversava fuori dalle strisce pedonali a notevole distanza dall'incrocio semaforico). La verificazione dell'evento lesivo nella specie e' attribuibile non soltanto alla condotta di guida negligente dell'odierna imputata ma anche ad altri fattori causali (nella specie il fatto illecito della vittima che attraversava fuori dalle strisce) che hanno contribuito alla verificazione dell'esito mortale. In secondo luogo, l'attenuante di cui all'art. 589-bis comma 7 codice penale determina una decisa riduzione del grado della colpa addebitabile all'odierna imputata, considerata anche l'assenza di elementi aggravatori. Proseguendo nell'analisi dei criteri di cui all'art. 133 codice penale e soffermandosi piu' nel dettaglio sulla capacita' a delinquere del reo, e' indubbio che nella specie ricorrano plurimi elementi positivi da cui si trae una minima pericolosita' dell'odierna imputata e per la precisione: 1) si tratta di persona incensurata e immune da pendenze: 2) il comportamento antecedente al reato rivela che Z non era mai stata prima coinvolta in alcun incidente stradale, dal che discende l'estemporaneita' ed occasionalita' dell'illecito, frutto di una momentanea ed isolata disattenzione alla guida; 3) il comportamento contemporaneo al reato riflette altresi' una inesistente capacita' criminale, dal momento che l'imputata dopo l'impatto rimaneva sul posto sottoponendosi a tutti gli accertamenti del caso; 4) anche la condotta susseguente al reato si rivela positiva e apprezzabile, tenuto conto che Z si attivava per far ottenere agli eredi della vittima un integrale risarcimento del danno e mostrava un autentico sentimento di disagio e sofferenza per quanto accaduto, sottoponendosi ad un percorso di sostegno psicologico; 5) il carattere e le condizioni sociali e famigliari dell'interessata (dotata di regolare attivita' lavorativa) rafforzano ulteriormente il giudizio positivo sopra rassegnato. 4. Impossibilita' di interpretazioni alternative del testo della legge. Va preliminarmente evidenziato che il tenore letterale della disposizione della cui legittimita' si dubita e' chiaro e che non risultano praticabili interpretazioni alternative del testo capaci di consentire l'applicazione della messa alla prova al caso in esame. Il senso proprio delle parole rende esplicito quale sia stato l'intento del legislatore: precludere l'astratta praticabilita' della messa alla prova per i reati puniti con pena edittale massima superiore a quattro anni di reclusione. Anche considerando la riduzione per l'attenuante di cui all'art. 589-bis comma 7 c.p., la pena massima astrattamente applicabile e' pari ad anni sette meno un giorno di reclusione, il che osta all'ammissibilita' della messa alla prova. Non si danno, pertanto, interpretazioni alternative a quella esplicitata nel testo della legge che consentano di superare i dubbi di legittimita' costituzionale di cui si e' detto e meglio si dira'. L'impossibilita' di interpretazioni alternative impone dunque di esporre analiticamente i dubbi di legittimita' costituzionale che investono direttamente il testo dell'art. 168-bis comma l c.p. 5. Le norme costituzionali violate. Il Tribunale ritiene che la preclusione astratta alla percorribilita' della m.a.p. nel caso sopra ricostruito cozzi con il principio di uguaglianza e di proporzione di cui all'art. 3 Cost. Non consentire la messa alla prova in caso di omicidio colposo stradale attenuato dal concorso di colpa della vittima nella causazione dell'evento e in assenza di aggravanti si pone in antitesi al principio di uguaglianza e di proporzione, posto che per reati astrattamente e concretamente ben piu' gravi e di maggiore allarme sociale (quali le lesioni volontarie gravissime, la resistenza a pubblico ufficiale pluriaggravata ex art. 339 c.p., la ricettazione aggravata dalla finalita' di agevolare una associazione mafiosa) i limiti edittali della pena base, cosi' come ricostruiti dal diritto vivente ed in particolare dalla Suprema Corte di cassazione, consentono l'adozione astratta della m.a.p. La violazione del principio di uguaglianza trae ulteriore fondamento ove si consideri che per la analoga e collegata fattispecie di lesioni colpose stradali (art. 590-bis c.p.), anche nella forma aggravata, e' astrattamente possibile accedere alla messa alla prova. Ad avviso del Tribunale tale disparita' di trattamento non trova alcuna ragionevole giustificazione. La preclusione alla messa alla prova nel caso di specie, si ripete fondata esclusivamente sui limiti edittali della pena massima astrattamente applicabile, stride inoltre con la finalita' rieducativa della pena di' cui all'art. 27, comma 3 della Costituzione, in quanto l'odierna imputata, si ripete priva di precedenti giudiziari e di pendenze e mai prima coinvolta in incidenti stradali, verrebbe condannata ad una pena della reclusione anziche' scontare la sanzione svolgendo lavori di pubblica utilita', anche nel settore della sicurezza stradale, con un trattamento sanzionatorio alternativo che consentirebbe meglio la risocializzazione del soggetto. Di conseguenza, in caso di condanna, l'imputata non potrebbe che avvertire come ingiusta e sproporzionata la sanzione della reclusione, atteso che gli autori di altre e ben piu' gravi fattispecie criminose possono beneficiare dell'istituto della messa alla prova (si veda tra le molte Corte costituzionale sentenza n. 40/2019). In piu' occasioni, infatti la Corte costituzionale ha posto l'accento sul «volto costituzionale della pena» e sulla extrema ratio della sanzione della reclusione, che deve sempre tendere alla rieducazione del condannato. D'altra parte, la principale finalita' della messa alla prova e' proprio quella special-preventiva di adottare un trattamento sanzionatorio alternativo alla detenzione e specifico, parametrato alla tipologia e gravita' di reato commesso dall'imputato e alla sua pericolosita'. La soluzione qui propugnata avrebbe il vantaggio di consentire un ampliamento del perimetro di operativita' dell'istituto della messa alla prova, con innegabili ricadute positive in termini di deflazione del contenzioso e di riduzione della durata dei procedimenti penali. L'espansione del raggio di operativita' dell'istituto della messa alla prova e' esigenza avvertita anche nella recente legge delega n. 134/2021 di riforma del processo penale. All'art. 1, comma 22 si delega infatti il Governo all'adozione di decreti legislativi chiaramente volti ad estendere il catalogo di reati per cui e' ammissibile la messa alla prova. Nella legge delega si prevede appunto che il legislatore dovra' riformare l'istituto con l'obiettivo di: «estendere l'ambito di applicabilita' della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, oltre ai casi previsti dall'art. 550, comma 2, del codice di procedura penale, a ulteriori specifici reati, puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, da parte dell'autore, compatibili con l'istituto». Non vi e' chi non veda come il caso in esame si presti a percorsi risocializzanti e riparatori, in buona parte gia' avviati dall'odierna imputata. 6. Conclusioni sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale: il petitum. Riassumendo, l'esclusione astratta della applicazione della m.a.p, in caso di omicidio colposo stradale in cui ricorrano gli estremi del concorso di colpa della vittima e di conseguenza si ravvisi la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 589-bis comma 7 codice penale si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. - violando i principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza - e con il principio di rieducazione della pena di cui all'art. 27 Cost. Risulta violato il principio di uguaglianza e ragionevolezza nella misura in cui la messa alla prova puo' trovare applicazione per fattispecie ben piu' gravi in astratto e in concreto mentre nel caso di specie l'applicazione dell'istituto e' inibita esclusivamente dai limiti astratti della pena massima, senza considerare che ove si tenesse conto della massima estensione dovuta all'attenuante ad effetto speciale sopra citata i limiti di pena consentirebbero la praticabilita' dell'istituto. Risulta parimenti vulnerato ii principio di proporzionalita' e adeguatezza della pena, posto che la sanzione maggiormente adeguata al caso di specie e' senza dubbio quella alternativa alla detenzione attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilita', anche nel settore della sicurezza stradale. Non resta che esplicitare la questione di legittimita' costituzionale che si intende sollevare e sottoporre al vaglio della Corte: si chiede alla Corte costituzionale di valutare se l'art. 168-bis comma l c.p., codice penale risulti in contrasto con gli articoli 3 e 27, comma 3, Cost. nella parte in cui non consente l'ammissibilita' astratta della messa alla prova in caso di omicidio colposo stradale in cui non ricorra alcun aggravante e si ravvisi l'attenuante ad effetto speciale del concorso di colpa della vittima nella causazione dell'evento di cui all'art. 589-bis comma 7 c.p. Per tale ragione, il processo deve essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.