Ricorso ex art. 127 della Costituzione nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (codice fiscale della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato (numero fax 06.96.51.40.00, indirizzo Pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), nei confronti della Regione siciliana, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della legge regionale 10 agosto 2022, n. 16, recante «Modifiche alla legge regionale 25 maggio 2022, n. 13 e alla legge regionale 25 maggio 2022, n. 14. Variazioni al bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2022/2024», pubblicata nel B.U.R. Sicilia n. 38 del 13 agosto 2022: art. 12; art. 13, comma 11; art. 13, commi 20, 21 e 57; art. 13, comma 43; art. 13, comma 71; art. 13, comma 92; art. 13, comma 108; art. 20; in virtu' della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 11 ottobre 2022. La Regione siciliana ha emanato la legge regionale in epigrafe indicata, la quale e' censurabile relativamente a molteplici disposizioni che eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione siciliana dal proprio statuto speciale (R.D. legislativo 15 maggio 1946, n. 455, cui e' stato attribuito valore di legge costituzionale con la legge costituzionale n. 2/1948), nonche' con svariate disposizioni della stessa Costituzione repubblicana, e con diverse norme statali, costituenti parametri interposti di costituzionalita'. Il Consiglio dei ministri ha pertanto ritenuto di dovere impugnare le anzidette disposizioni della legge regionale de qua, ed a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso. 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con gli articoli 81, 97, secondo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, nonche' con l'art. 17 della legge n. 196/2009 (quale norma statale interposta). 1.1 L'art. 12 della legge regionale Sicilia n. 16/2022 ha apportato modifiche alle modalita' di copertura finanziaria indicate dall'art. 3 della legge regionale Sicilia n. 13/2022, a fronte dell'incremento dei fondi per il trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, nonche' dell'integrazione delle risorse, gia' stanziate per il rinnovo del CCRL 2019-2021, da destinare alla revisione del sistema di classificazione del personale. Esso cosi' testualmente dispone: «Art. 12 (Modifiche all'art. 3 della legge regionale 25 maggio 2022, n. 13). - 1. All'art. 3 della legge regionale 25 maggio 2022, n. 13 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1 le parole «si provvede a valere sui risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4.» sono sostituite dalle parole «si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate di cui al Titolo 1, Tipologia 103, capitolo 1026.»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Al fine di recepire la normativa statale in materia di revisione del sistema di classificazione professionale da applicare al personale dell'Amministrazione regionale, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 1, comma 612, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 e successive modificazioni e dal punto 2, lettera e), dell'Accordo Stato-regione sottoscritto in data 14 gennaio 2021, le risorse finanziarie per i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro relativi al triennio 2019-2021, stanziate con legge regionale 15 aprile 2021, n. 10 e dall'art. 14 della legge regionale 27 dicembre 2021, n. 35, sono integrate, a decorrere dall'anno 2022, di un importo pari a euro 3.300.000,00 comprensivo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione e dell'IRAP, da destinare al rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale. Alla conseguente copertura dell'onere, pari ad euro 3.300.000,00, a decorrere dall'anno 2022 si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate di cui al Titolo 1, Tipologia 103, capitolo 1026, per gli importi di euro 3.300.000,00 nell'anno 2022, di euro 2.988.040,94 nell'anno 2023 e di euro 3.300.000,00 nell'anno 2024 e mediante riduzione della Missione 20, Programma 1, capitolo 215744 per l'importo di euro 311.959,06 nell'anno 2023 (Missione 1, Programma 10, capitolo 212017).»; c) dopo il comma 4 e' inserito il seguente: «4-bis. Le somme corrispondenti ai risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4, pari a complessivi euro 4.385.134,00 per ciascun anno del triennio 2022, 2023 e 2024, affluiscono a beneficio del bilancio regionale e sono iscritte in un apposito capitolo del dipartimento regionale del bilancio e del tesoro, non utilizzabili ai fini della gestione della spesa (Missione 20, Programma 3).». 1.2 In via preliminare, occorre rammentare che la copertura finanziaria oggetto di modifica (portata dall'art. 3 della legge regionale Sicilia n. 13/2022) e' gia' stata impugnata avanti codesta Corte costituzionale (cfr. ricorso iscritto n. 48/2022), in quanto indebitamente assicurata con i risparmi di natura strutturale derivanti dalle riduzioni di spesa del trattamento accessorio, quali indicati ai commi 3 e 4 dello stesso articolo, gia' finalizzati a dare attuazione al punto 2), lettere d) ed e), dell'Accordo Stato-Regione siciliana del 14 gennaio 2021, ed in quanto tali resi indisponibili per altre finalita' o diversi utilizzi. Anche la diversa copertura finanziaria, definita con l'art. 12 della legge regionale n. 16/2022, e' affetta da consimili vizi di costituzionalita', in quanto la stessa e' assicurata mediante l'utilizzo delle maggiori entrate - di natura tributaria - di cui al Titolo 1, Tipologia 103, capitolo 1026. Occorre in effetti evidenziare che le predette entrate non rivestono il necessario carattere di certezza e stabilita', tale da garantire la copertura degli oneri derivanti dalle spese di personale di natura strutturale e incomprimibile nel tempo indicate nella norma regionale, in quanto trattasi di ritenute sugli interessi e redditi di capitale di cui la Regione siciliana aggiorna la quantificazione in relazione all'andamento del gettito comunicato dall'Istituto cassiere, e che pertanto non assume natura permanente e stabile anche per il futuro, essendo correlato a future variabili dei mercati finanziari non prevedibile e consolidabili nel tempo. 1.3 In proposito, occorre ricordare che l'art. 17, comma 1, lettera c), della legge n. 196/2009 (legge di contabilita' e finanza pubblica), consente la copertura delle maggiori spese mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate: cosa che l'odierna norma regionale all'evidenza non prevede, quantomeno con il dovuto grado di certezza e prevedibilita'. Parimenti, il comma 1-bis del citato art. 17 della legge n. 196/2009 prevede espressamente che le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente non possono essere utilizzate per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate, e sono finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. In relazione a tali principi, il consolidato indirizzo della Corte costituzionale e' nel senso che la copertura finanziaria di una spesa e l'equilibrio del bilancio non possono essere assicurati solamente dall'armonia numerica degli stanziamenti in parte entrata e spesa (ex multis, cfr. sentenze n. 197 e n. 6 del 2019), ma devono fondarsi anche sulla ragionevolezza dei presupposti giuridici ed economici che ne sorreggono l'iscrizione in bilancio. In particolare, con la sentenza n. 197/2019, la Corte ha ricordato che l'art. 81, terzo comma, della Costituzione, pone il principio fondamentale della copertura delle spese richiedendo la contestualita', tanto dei presupposti che giustificano le previsioni di spesa, quanto di quelli posti a fondamento delle previsioni di entrata necessarie per la copertura finanziaria delle prime. E' costante, infatti, l'orientamento secondo cui le risorse stanziate in entrata devono essere congrue e attendibili, poiche' dalla loro effettiva realizzazione dipende la tutela dell'equilibrio di bilancio, il cui canone costituzionale (art. 81, terzo comma, della Costituzione) «opera direttamente, a prescindere dall'esistenza di norme interposte» (cfr. sentenza n. 26/2013). Piu' di recente, la sentenza costituzionale n. 155/2022 ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 12 della legge regionale Sicilia n. 22/2021 per violazione dell'art. 81 della Costituzione, precisando che «devono essere dichiarate incostituzionali quelle leggi in cui l'individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria e' stata effettuata dal legislatore regionale in modo generico e risulta priva di quella chiarezza finanziaria minima richiesta dalla costante giurisprudenza di questa Corte in riferimento all'art. 81 della Costituzione (ex multis, sentenza n. 227/2019)». Tale regola, ha argomentato la Corte, trova applicazione anche per la Regione siciliana che, con l'art. 7, comma 8, della legge regionale n. 47/1977, e con l'art. 4, comma 8, del D.P. 17 marzo 2004 («Testo coordinato delle norme in materia di bilancio e contabilita' applicabili alla Regione siciliana»), ha recepito i contenuti del decreto legislativo n. 118/2011 («disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi»). In effetti, e' proprio la correlazione tra la parte dell'entrata e quella della spesa a rendere indefettibile l'indicazione dei mezzi necessari per fronteggiare le spese di esercizio e assicurare «una visione globale del bilancio, nel quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate [cosi' da assicurare] il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senta pretendere di spezzarne l'unita'» (cfr. sentenza n. 1/1966). La copertura finanziaria delle spese deve dunque necessariamente avere un fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe sufficiente inserire qualsiasi numero nella parte attiva del bilancio per realizzare nuove o maggiori spese. Tanto premesso, l'art. 12 della legge regionale, in parola si pone in contrasto con l'obbligo di copertura finanziaria delle norme (anche regionali) che comportino nuovi o maggiori oneri a carico dei bilanci pubblici, e quindi viola l'art. 81, terzo comma, della Costituzione (a mente del quale - giova ricordare - «ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte»), e con le sue norme di attuazione. 1.4 Il comma 4-bis dell'art. 3 della legge regionale Sicilia n. 13/2022 (introdotto dall'art. 12 qui impugnato) prevede poi che le somme corrispondenti ai risparmi di spesa di cui ai commi 3 e 4 del medesimo art. 3, derivanti dalla riduzione del fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione, parte variabile, e di risultato del personale dell'area della dirigenza dell'amministrazione regionale e del fondo risorse decentrate del personale del comparto non dirigenziale della medesima amministrazione, pari a complessivi euro 4.385.134,00 per ciascun anno del triennio 2022-2024, affluiscano a beneficio del bilancio regionale mediante iscrizione in apposito capitolo del dipartimento regionale del bilancio e del tesoro e non siano utilizzabili ai fini della gestione della spesa. Sul punto, tale sostanziale «congelamento» dei predetti risparmi di spesa, si pone in contrasto con il perseguimento delle finalita' contemplate nel citato Accordo Stato - Regione siciliana del 14 gennaio 2021, il quale subordina il raggiungimento dell'obiettivo di risanamento ad una serie di interventi che prevedono l'obbligo per la regione di adottare specifici impegni di contenimento e di riqualificazione della spesa regionale mediante la riduzione strutturale di diverse componenti della spesa corrente, ivi incluse le spese di personale. In particolare, tra le misure indicate nel piano e' ricompresa anche la riduzione del trattamento economico accessorio dei dipendenti regionali, compresi quelli di livello dirigenziale. Pertanto la norma regionale in esame, prevedendo il «congelamento» dei sopracitati risparmi di spesa derivanti dalle riduzioni di spesa del trattamento accessorio di cui al punto 2), lettere d) ed e), dell'Accordo Stato-regione, sottrae di fatto gli stessi dal concorso alla riduzione del disavanzo finanziario, generando una economia di bilancio utilizzabile in futuro con successive previsioni normative regionali, che potrebbero determinare un utilizzo diverso di tali risparmi temporaneamente congelati, ove non anche un loro ritorno nell'ambito delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale, in palese contrasto con i contenuti del citato Accordo del 14 gennaio 2021. Per completezza di informazione, si evidenzia che, successivamente alla sottoscrizione dell'Accordo, la Regione siciliana ha legiferato norme in materia di incremento del trattamento accessorio del personale in palese contrasto con la finalita' dell'Accordo stesso di pervenire al contenimento di tale spesa, le quali sono state impugnate e tutte dichiarate incostituzionali dalla Corte con le seguenti pronunce: sentenza n. 190/2022, pronunciatasi su disposizioni della legge regionale Sicilia n. 9/2021 e della legge regionale Sicilia n. 29/2021; sentenza n. 200/2022, pronunciatasi sulle LL.RR. Sicilia n. 28/2021 e n. 1/2022; 1.5 D'altro canto, codesta Corte ha reiteratamente chiarito che gli interventi finalizzati al contenimento della spesa pubblica costituiscono principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio, rilevando altresi' che «la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto stabilita' interno (data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale» (cfr. sentenza n. 69/2011, che richiama la sentenza n. 169/2007). Cio' posto, la disposizione in esame assume carattere manifestatamente contraddittorio, laddove da un lato sottrae i risparmi derivanti dalla riduzione del trattamento accessorio del personale al concorso del ripiano del disavanzo, e mantiene di fatto tali risorse nella disponibilita' futura del bilancio regionale, pervenendo cosi' a porsi in violazione, oltre che con il gia' richiamato art. 81 della Costituzione, anche con l'art. 97, secondo comma, della Costituzione, e con l'art. 119, primo comma, della Costituzione (in punto di equilibrio dei bilanci pubblici e di sostenibilita' del debito pubblico). 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 11, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con l'art. 97, secondo e quarto comma, della Costituzione e con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nonche' con l'art. 19, commi 2 e 5, del decreto legislativo n. 175/2016 (quali norme statali interposte). La norma regionale indicata in epigrafe (art. 13, comma 1) prevede che «le disposizioni di cui all'art. 12, comma 15, della legge regionale n. 13/2022 non si applicano alle procedure discendenti dall'applicazione del comma 17 dell'art. 3 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 e successive modificazioni». Essa in sostanza dispone che il divieto di procedere a nuove assunzioni, promozioni e modifiche della pianta organica in societa' partecipate, in Irfis - Finsicilia S.p.a., ed in enti sottoposti a controllo e vigilanza della Regione (appunto disposto dall'art. 12, comma 15, della legge regionale Sicilia n. 13/2022), non si applichi alle procedure discendenti dall'attuazione del comma 17 dell'art. 3 della legge regionale Sicilia n. 27/2016, secondo cui la Regione siciliana adotta le iniziative necessarie per l'assunzione con rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso apposito ente regionale o societa' partecipata, per i soggetti titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, che alla data del 31 dicembre 2018 risultino ancora titolari di siffatti contratti a tempo determinato con la regione, con gli enti sottoposti a vigilanza e tutela della stessa e con gli enti del settore sanitario o con gli enti pubblici territoriali della regione. In pratica, la norma de qua fa salve le stabilizzazioni gia' previste dalla legge regionale n. 27/2016, consentendo de facto, e fra l'altro, la stabilizzazione - anche presso societa' a partecipazione regionale - di personale precario della regione e di altri enti regionali. Essa si pone pertanto in frontale contrasto con l'art. 19, commi 2 e 5, del decreto legislativo n. 175/2016, e quindi determina la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, con riferimento al settore dell'ordinamento civile (ambito di esclusiva competenza legislativa statale), nonche' dei principi costituzionali di buon andamento, imparzialita' e selettivita' della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97, commi secondo e quarto, della Costituzione. 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 20, 21 e 57, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto: con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, nonche' con l'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001 (quale norma statale interposta); con l'art. 81 della Costituzione e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nonche' con l'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009, e con l'art. 8-sexies del decreto legislativo n. 502/1992 (quali norme statali interposte). 3.1 L'art. 13, comma 20, della legge regionale Sicilia n. 16/2022 autorizza, per l'esercizio finanziario 2022, la spesa di «500 migliaia di euro» al fine di assicurare agli operatori impegnati nell'emergenza COVID-19 presso l'Azienda ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo il riconoscimento dell'indennita' di cui all'art. 5, comma 8, della legge regionale Sicilia n. 9/2020, prevedendone la copertura con le disponibilita' di cui al comma 9 del medesimo art. 5. Il comma 21 dell'art. 13 estende poi il beneficio previsto dall'art. 5, comma 8, della legge regionale n. 9/2020, al personale dipendente dalla Societa' servizi ausiliari S.p.a., impegnato nei servizi ausiliari presso le aziende sanitarie afferenti pazienti COVID, individuandone la copertura nelle disposizioni di cui al comma 9 della medesima precedente legge regionale n. 9/2020. Il successivo comma 57 dell'art. 13 dispone infine come segue: «Al fine di garantire il riconoscimento del beneficio di cui al comma 8 dell'art. 5 della legge regionale n. 9/2020, agli operatori sanitari che hanno prestato servizio in costanza dell'emergenza pandemica presso l'Ospedale Buccheri La Ferla-Fatebenefratelli e presso l'Ismett di Palermo, e' autorizzata, per l'esercizio finanziario 2022, la spesa di 600 migliaia di euro, di cui 150 migliaia per gli operatori dell'Ospedale Buccheri La Ferla - Fatebenefratelli e 450 migliaia per quelli dell'Ismett (Missione 12, Programma 5)». Occorre premettere che il riconoscimento della indennita' di cui al citato art. 5, comma 8, della legge regionale Sicilia n. 9/2020, era ab origine previsto per euro 1.000,00/mese, e per il periodo che decorre dal 1° marzo 2020 e fino al termine dello stato d'emergenza sanitaria, e diretto agli operatori sanitari di ruolo con afferenza COVID del S.S.R. e di emergenza/urgenza, SEUS/118, autisti soccorritori, infermieri, medici e medici 118 EST, impegnati nell'emergenza COVID, e gli oneri derivanti sono coperti ai sensi del comma 9 del citato art. 5, anche attraverso l'utilizzo delle risorse extraregionali non impegnate. Quindi, i commi 13, 20 e 57 dell'art. 13 della legge regionale n. 16/2022 qui in discorso, nell'individuare in maniera puntuale i «nuovi» destinatari della stessa, prefigura una nuova fattispecie rispetto a quella disciplinata dal citato comma 8 dell'art. 5 della legge regionale Sicilia n. 9/2020, con necessita' di nuova copertura, appunto anche attraverso l'utilizzo delle risorse extraregionali non impegnate. 3.2 Sempre in via preliminare sul meccanismo di cui ai commi 8 e 9 dell'art. 5 della precedente legge regionale n. 9/2022, che le disposizioni in esame mirano ad estendere agli ulteriori soggetti ivi indicati, occorre piu' dettagliatamente precisare quanto segue. L'art. 5, comma 8, della legge regionale Sicilia n. 9/2020, ha riconosciuto al personale del S.S.R. coinvolto nella gestione della pandemia COVID-19, assunto a tempo indeterminato o a tempo determinato anche con forme flessibili, e, con esclusione di quello reclutato in deroga, mediante avvisi legati all'emergenza, un riconoscimento economico mensile di euro 1000,00 per il periodo che decorre dal 1° marzo 2020 e genericamente fino al termine dello stato d'emergenza sanitaria, in aggiunta al sistema premiante aggiuntivo ordinario. Il successivo comma 9 ha previsto che agli oneri di cui al precedente comma si provvede con il «fondo sanitario regionale», come integrato dalle risorse nazionali per l'emergenza COVID-19, e con le risorse extraregionali liberate, previa riprogrammazione, ai sensi della vigente regolamentazione comunitaria. La legge regionale n. 9/2020 e' stata in effetti emanata anteriormente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 34/2020, il quale - merita ricordare - ha esteso la finalizzazione delle risorse di cui al all'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020 (1) , oltre che alla remunerazione del lavoro straordinario, prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente nonche', per la restante parte, ai relativi fondi incentivanti [art. 2, comma 6, lettera a)], consentendo altresi' alle regioni ed alle province autonome di incrementare, fino al doppio delle risorse ivi previste, con proprie risorse disponibili a legislazione vigente, fermo restando l'equilibrio economico sanitario della regione e provincia autonoma [art. 2, comma 6, lettera b)]. L'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, per l'anno 2020, ha quindi previsto, in deroga all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, un finanziamento aggiuntivo in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, da destinare prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale direttamente impiegato nelle attivita' alla emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, nonche', per la restante parte, ai relativi fondi incentivanti, consentendo altresi' alle regioni ed alle province autonome di incrementare, fino al doppio delle risorse ivi previste, con proprie risorse disponibili a legislazione vigente, fermo restando l'equilibrio economico sanitario della regione e provincia autonoma. 3.3 Tanto premesso, occorre evidenziare che il beneficio mensile previsto dal primo periodo del comma 8 dell'art. 5 della legge regionale n. 9/2020 non e' contemplato dai decreti legge sopra ricordati (ne' dal n. 34/2020, ne' dal n. 18/2020), ne', in effetti, risulta compatibile con l'attuale sistema di determinazione dei trattamenti economici previsto dalla contrattazione collettiva, a cui e' riservata la disciplina dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici contrattualizzati ai sensi dell'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001, e che non contempla la possibilita' di erogare benefici al di fuori della cornice definita dalla stessa contrattazione nazionale e da quella integrativa, quest'ultima a valere sui fondi per il trattamento accessorio. Ne consegue che il legislatore regionale - con le norme del 2022 in questione - ha introdotto criteri propri con riferimento ai nuovi destinatari del beneficio (gli operatori prestanti servizio presso la Societa' servizi ausiliari S.p.a., presso l'Ospedale Buccheri La Ferla - Fatebenefratelli e presso l'Ismett di Palermo), appunto non presi in considerazione dal citato decreto-legge n. 18/2020, e cio' in quanto le disposizioni statali sono state indirizzate al solo personale dipendente del Servizio sanitario nazionale ovvero al personale contrattualizzato. Le norme regionali in esame sono pertanto incompatibili con l'attuale sistema di determinazione dei trattamenti economici previsto dalla contrattazione collettiva, a cui - si ripete - e' riservata in via esclusiva la disciplina dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici contrattualizzati ai sensi dell'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001. In conclusione, dunque, le norme regionali impugnate con il presente motivo di ricorso, si pongono anzitutto in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, considerata la riserva esclusiva dello Stato sulla materia dell'ordinamento civile, e quindi sui rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile e dai contratti collettivi di categoria. 3.4 In seconda e concorrente battuta, le medesime norme regionali non risultano coerenti neppure con la programmazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, cui la Regione siciliana e' tuttora sottoposta, ed in base al quale - si rammenta - essa non puo' erogare livelli ulteriori di assistenza rispetto a quelli previsti dalla normativa statale. Al riguardo, l'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009, in merito alla cogenza degli interventi individuati dai piani di rientro dal disavanzo sanitario regionale, che sono vincolanti per le regioni destinatarie (quale la Regione siciliana), sancisce che le regioni medesime sono obbligate a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del suddetto Piano. D'altro canto, le norme regionali in questione dispongono ancora la corresponsione del beneficio di che trattasi al perdurare dello stato di emergenza, che - si rammenta - e' formalmente cessato sin dal marzo 2022. Esse hanno in sostanza l'effetto di estendere il ristoro di cui al citato art. 5, comma 8, della legge regionale Sicilia n. 9/2020 oltre la fine dello stato di emergenza, e senza indicazione di alcun termine finale di applicazione. Ed invero, i riflessi finanziari di queste norme - verosimilmente superiori a quelli consentiti dalla legislazione statale - si pongono anche in contrasto con l'art. 81 della Costituzione, nonche' con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, poiche' le vigenti disposizioni in materia di piani di rientro dal disavanzo sanitario regionale si configurano quali «principi di coordinamento della finanza pubblica». 3.5 In aggiunta, vale anche considerare che il comma 57 dell'art. 13 della legge regionale n. 16/2022 prevede l'estensione del beneficio anche agli operatori sanitari che hanno prestato servizio presso le strutture sanitarie private «accreditate» con il S.S.R. ivi indicate. Orbene, in base alla legislazione nazionale, i rapporti del Servizio sanitario nazionale con gli erogatori privati «accreditati» sono regolati da appositi accordi contrattuali, ai sensi dell'art. 8-quinquies del decreto legislativo n. 502/1992, ed i predetti accordi remunerano le prestazioni rese dai privati accreditati attraverso la corresponsione di tariffe omnicomprensive, ai sensi dell'art. 8-sexies del medesimo decreto legislativo n. 502/1992: (2) non sono pertanto remunerabili i singoli fattori produttivi delle imprese sanitarie che vengano a convenzionarsi con il S.S.R., ivi compreso il costo del personale. Anche per tale profilo, dunque, le norme in questione si pongono in ulteriore contrasto con l'art. 81 e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e con l'art. 8-sexies del decreto legislativo n. 502/1992, quale norma statale interposta. 4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 43, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con gli articoli 1, 3, 5 e 114 della Costituzione, in relazione agli articoli 14, primo comma, lettera o), e 15 dello statuto speciale della Regione siciliana, approvato con R.D.L. n. 455/1946, e convertito con legge costituzionale n. 2/1948, ed all'art. 1, commi 1 e 145, della legge n. 56/2014. 4.1 L'art. 13, comma 43, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, stabilisce quanto segue: alla legge regionale 4 agosto 2015, n. 15 e successive modificazioni sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 2 dell'art. 6 e al comma 7 dell'art. 14-bis le parole «nel turno elettorale ordinario da svolgersi nell'anno 2022» sono sostituite dalle parole «nel turno elettorale ordinario da svolgersi nell'anno 2023»; b) al comma 1 dell'art. 51 le parole «e comunque non oltre il 31 agosto 2022» sono sostituite dalle parole «e comunque non oltre il 3 1 agosto 2023». Tale norma, in sostanza, rinvia al 2023 l'elezione dei presidenti dei liberi consorzi comunali e dei consigli metropolitani, e proroga al 31 agosto 2023 le funzioni degli attuali commissari straordinari che svolgono le funzioni di presidente dei liberi consorzi comunali, in attesa delle elezioni di secondo livello previste in origine dalla legge regionale Sicilia n. 15/2015 («Disposizioni in materia di liberi consorzi comunali e citta' metropolitane»), e da allora mai indette in quanto sempre rinviate. In particolare, la lettera a) del citato comma 43, intervenendo sull'art. 6, comma 2, della citata legge regionale n. 15/2015, stabilisce che, in sede di prima applicazione (originariamente prevista per il 2015 ma, come detto, mai realizzatasi), il Presidente della regione fissa la data delle elezioni dei presidenti dei liberi consorzi comunali entro sessanta giorni dall'ultima proclamazione degli eletti nei comuni interessati dal rinnovo degli organi nel turno elettorale del 2023 (a seguito della novella, il previgente termine riferito al 2022 era gia' stato prorogato dall'art. 1 della legge regionale n. 31/2021). Analogamente, la lettera a) del citato comma 43 proroga oggi al 2023 l'elezione dei consigli metropolitani, la cui indizione spetta ai rispettivi sindaci metropolitani, ai sensi dell'art. 14-bis, comma 7, della legge regionale n. 15/2015. 4.2 Al riguardo, le elezioni per il rinnovo dei consigli comunali e dei sindaci dei Comuni di Palermo e Messina si sono svolte da ultimo il 12 giugno 2022. Come detto, tuttavia, ad esse non sono seguite quelle dei consigli metropolitani delle rispettive citta' metropolitane. La disposizione previgente prevedeva (art. 1, comma 1, lettera a), della citata legge regionale Sicilia n. 31 /2021) che, in sede di prima applicazione, l'elezione del consiglio metropolitano si sarebbe dovuta svolgere entro sessanta giorni dall'ultima proclamazione degli eletti nei comuni interessati dal rinnovo degli organi nel turno elettorale ordinario da svolgersi nel 2022. Come detto, tale termine, gia' prorogato costantemente dal 2015, e' stato di nuovo disatteso, in quanto la norma regionale qui impugnata lo ha ulteriormente rimandato al 2023. Dal canto suo, la lettera b) del comma 43 in argomento novella il comma 1 dell'art. 51 della legge regionale n. 15/2015, prevedendo che, fino al 31 agosto 2023, le funzioni di presidente del libero Consorzio comunale continuano ad essere svolte da un commissario straordinario. In sintesi, dal 2015 ad oggi, la regione ha rinviato per ben undici volte le elezioni degli organi dei liberi consorzi comunali e delle citta' metropolitane, prorogando contemporaneamente la gestione commissariale di tali enti di area vasta: con legge regionale n. 5/2016 (art. 13) al 30 settembre 2016; con legge regionale n. 15/2016 [art. 1, comma 1, lettera c)] al 30 novembre 2016; con legge regionale n. 23/2016 [art. 1 comma 1, lettera d)] al 30 dicembre 2017; con legge regionale n. 17/2017 (art. 7, comma 1, lettera e)] al 30 giugno 2018; con legge regionale n. 7/2018 [art. 1, comma 1, lettera b)] al 31 dicembre 2018; con legge regionale n. 23/2018 (art. 9) al 31 luglio 2019; con legge regionale n. 6/2020 [art. 1, comma 1, lettera e)] al 15 novembre 2020; con legge regionale n. 11/2020 [art. 2, comma 1, lettera c)] al 31 gennaio 2021; con legge regionale n. 34/2020 [art. 1, comma 2, lettera b)] al 30 aprile 2021; con legge regionale n. 13/2021 [art. 2, comma 1, lettera c)] al 31 gennaio 2022; con legge regionale n. 31/2021 [art. 1, comma 1, lettera b)] al 31 agosto 2022. Mentre le proroghe disposte con le LL.RR. nn. 11/2020, 34/2020 e 13/2021 erano state motivate dall'emergenza epidemiologica legata alla pandemia da COVID-19, la proroga disposta con la legge regionale n. 31/2021 prevedeva espressamente che il rinvio delle elezioni degli organi degli enti di area vasta avvenisse nelle more dell'insediamento degli organi dei liberi Consorzi comunali e dei consigli metropolitani, nonche' dell'approvazione di una legge regionale di riordino della materia. 4.3 Il reiterato rinvio delle elezioni e le conseguenti proroghe dei commissariamenti violano i principi di democraticita' di cui all'art. 1, primo comma, della Costituzione, in quanto i referendum e le elezioni (ancorche' indirette) rappresentano il momento piu' alto di manifestazione della sovranita' popolare (cfr. sentenza costituzionale n. 1/2014), e contrastano altresi' con gli articoli 5 e 114 della Costituzione, in quanto l'autonomia e la rappresentativita' degli enti de quibus sono svuotate da un commissariamento che di fatto dura sine die. Esse si pongono inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 della Costituzione. La situazione di eccezionalita' che poteva giustificare, nell'immediatezza dell'entrata in vigore, della disciplina di riforma la proroga originariamente disposta nel 2016, non puo' infatti porsi come plausibile ragione giustificativa delle successive 10 proroghe che si sono susseguite in un arco temporale di sei anni: cio' che stabilizza l'eccezionalita' oltre ogni ragionevole limite. Il legislatore siciliano non ha tenuto conto della giurisprudenza di codesta Corte (cfr. sentenza n. 168/2018), secondo cui il novellato art. 114 della Costituzione, nel richiamare al proprio interno, per la prima volta, l'ente territoriale «citta' metropolitana», ha imposto alla Repubblica il dovere di istituirlo concretamente. Pertanto, la proroga del commissariamento di tali enti, una volta ancora disposta con la previsione regionale qui impugnata, si pone in palese contrasto anche con l'art. 114 della Costituzione. 4.4 Ne', del resto, il nuovo ente potrebbe avere disciplina e struttura diversificate da regione a regione, nel presupposto di livelli di governo di disciplina uniforme, con riferimento agli aspetti essenziali (cfr. sentenza n. 50/2015). La Regione siciliana, pur avendo dato apparente seguito, con la legge regionale n. 15/2015, all'obbligo di riordino delle circoscrizioni provinciali, ha in realta' finora rinviato le elezioni degli organi provinciali (rectius, «liberi consorzi comunali»), ed ha pertanto disatteso la legge statale n. 56/2014 (c.d. «legge Del Rio»), ponendosi al di fuori della cornice normativa di quest'ultima, le cui disposizioni valgono come principi di grande riforma economica e sociale (art. 1, commi 5 e 145), al cui rispetto anche le regioni a statuto speciale sono tenute (cfr. sentenze n. 168/2018 e n. 160/2021). A tali principi anche la Regione siciliana soggiace, posto che le disposizioni statutarie di cui all'art. 14 trovano il loro limite nelle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, secondo quanto espressamente statuito dalla Corte costituzionale (per tutte, cfr. sentenza n. 168/2018). Il continuo protrarsi dei commissariamenti degli enti di area vasta determina in conclusione una derivazione e dipendenza degli stessi dall'ente regionale, in dispregio della loro autonomia e del principio di riforma sancito dalla richiamata legge n. 56/2014, che concepisce gli enti di area vasta come espressione del livello di governo inferiore (comunale) e non superiore, come di fatto si e' realizzato. 5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 71, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con l'art. 43 dello statuto speciale della Regione siciliana, approvato con R.D.L. n. 455/1946 e convertito con legge costituzionale n. 2/1948, con l'art. 116 della Costituzione, e con l'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, in relazione agli articoli 68 e 69 del regio decreto n. 773/1931 («testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza») e agli articoli 116-151 del regio decreto n. 635/1940 («Regolamento per l'esecuzione del TULPS»), quali norme statali interposte. 5.1 L'art. 13, comma 71, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, dispone come segue: «Trovano applicazione nella regione fino al 31 dicembre 2022, in attuazione del comma 1 dell'art. 10 del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, le disposizioni di cui all'art. 38-bis del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 e successive modificazioni». Secondo tale disposizione, si prevede che anche in Sicilia vengano applicate, fino al 31 dicembre 2022, alcune norme di semplificazione, emanate durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19, in materia di attivita' di intrattenimento e culturali. In particolare, secondo il richiamato art. 38-bis, comma 1, del decreto-legge n. 76/2020, «fuori dei casi di cui agli articoli 142 e 143 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, al fine di far fronte alle ricadute economiche negative per il settore dell'industria culturale conseguenti alle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2021, per la realizzazione di spettacoli dal vivo che comprendono attivita' culturali quali il teatro, la musica, la danza e il musical, che si svolgono in un orario compreso tra le ore 8 e le ore 23, destinati ad un massimo di 1.000 partecipanti, ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, richiesto per l'organizzazione di spettacoli dal vivo, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e' sostituito dalla segnalazione certificata di inizio attivita' di cui all'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 24 1, presentata dall'interessato allo sportello unico per le attivita' produttive o ufficio analogo, fermo restando il rispetto delle disposizioni e delle linee guida adottate per la prevenzione e il contrasto della diffusione del contagio da COVID-19 e con esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo in oggetto». Sono tuttavia fatti salvi i casi - espressamente menzionati nella clausola di esclusione posta nell'incipit del citato art. 38-bis - in cui occorra il parere della commissione provinciale di vigilanza per i pubblici spettacoli, nonche' sia previsto che la SCIA possa essere utilizzata a condizione che il rilascio dell'atto amministrativo dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale. L'efficacia temporale dell'art. 38-bis del decreto-legge n. 76/2020, originariamente prevista fino al 31 dicembre 2021, e' stata poi prorogata alla medesima data del 2022 dall'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 24/2022. 5.2 Nella Regione siciliana le autorizzazioni in materia di pubblici spettacoli, di cui agli articoli 68 e 69 del regio decreto n. 773/1931 («Testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza», c.d. TULPS) e agli articoli 116-151 del regio decreto n. 635/1940 (Regolamento per l'esecuzione del TULPS), sono - ancora - di competenza dei questori. Cio' perche' la regione non ha portato a compimento il recepimento, nel proprio ordinamento ad autonomia speciale, dell'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, nella parte in cui - primo comma, nn. 5) e 6) - sono state attribuite ai comuni le funzioni di rilascio delle licenze ai sensi dei richiamati articoli 68 e 69 del TULPS. Con il citato art. 19, infatti, e' stato realizzato un significativo trasferimento ai comuni di specifiche funzioni in materia di polizia amministrativa, tra le quali, come anticipato, quelle concernenti: la concessione della licenza per rappresentazioni teatrali o cinematografiche, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, altri simili spettacoli o trattenimenti, per aperture di esercizio di circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione, di cui all'art. 68 del TULPS; la licenza per pubblici trattenimenti, esposizioni di rarita', persone, animali, gabinetti ottici ed altri oggetti di curiosita' o per dare audizioni all'aperto di cui all'art. 69 del TULPS. Piu' recentemente il legislatore statale, con il decreto-legge n. 91/2013, ha modificato sia l'art. 68 che l'art. 69 del TULPS, prevedendo, a determinate condizioni modali e temporali (eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio), la sostituzione della licenza del sindaco con la SCIA di cui all'art. 19 della legge n. 241/1990. Quest'ultima disposizione, tuttavia, prevede - al comma 1 - che la SCIA non si applichi, tra l'altro, agli atti «rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze ( ... )». Tale clausola di esclusione e' coerente, dal punto di vista logico-sistematico, sia con il vasto programma di trasferimento e delegazione delle funzioni amministrative avviato con il menzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 (e proseguito fino agli anni duemila), che con le piu' recenti misure di semplificazione, perche' il legislatore statale ha prima trasferito o delegato funzioni statali agli enti locali, poi ne ha accelerato l'iter procedurale con strumenti «anticipativi» e «speditivi» come la SCIA. Allo stesso modo si e' proceduto con le licenze di cui agli articoli 68 e 69 TULPS, che prima [art. 19, comma 1, nn. 5) e 6), del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977] sono state conferite ai comuni; quindi, sono state semplificate (con il decreto-legge n. 91/2013 e, da ultimo, con il decreto-legge n. 76/2020) con il meccanismo procedurale della SCIA. Riguardo alle licenze di pubblica sicurezza rimaste nell'alveo di competenza statale (e segnatamente delle autorita' di P.S.), invece, il legislatore ha mantenuto saldo il disposto negativo di cui al comma 1 dell'art. 19 della legge n. 241/1990, e non ne ha previsto la «surrogabilita'» con la SCIA. Cio' anche con l'ultima manovra «di sistema», operata con il decreto legislativo n. 222/2016 (c.d. «decreto SCIA 2», adottato nel solco tracciato dalla legge di riforma della pubblica amministrazione n. 124/2015), che ha previsto la SCIA come regime amministrativo tipico per numerose tipologie di attivita' economiche (esercizi di vicinato, strutture ricettive, stabilimenti balneari), devolute alla competenza dei comuni, ovvero per attivita' che non rivestono profili di diretto e primario interesse per l'Amministrazione dell'interno. 5.3 Diverso e' stato il percorso normativo seguito dalla Regione siciliana, con circoscritto riferimento alla materia degli spettacoli e dei trattenimenti: il ricostruito assetto normativo nazionale in subiecta materia, caratterizzato dalla licenza del sindaco (cui corrisponde, simmetricamente, il parere di agibilita' statica e dinamica del locale di pubblico spettacolo / trattenimento reso dalla Commissione comunale di vigilanza ex art. 80 del TULPS, sotto il profilo dell'incolumita' pubblica e della sicurezza) e, a determinate condizioni, dalla SCIA presentata presso lo sportello unico per le attivita' produttive - SUAP, in detta regione non e' stato ancora perfezionato in mancanza delle necessarie norme attuative del relativo statuto speciale. L'art. 22 della legge regionale Sicilia n. 1/1979, in materia di attribuzione ai comuni di funzioni amministrative regionali, stabilisce, infatti che «ai comuni sono attribuite le funzioni di polizia amministrativa di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 733, e successive modiche. L'esercizio delle stesse funzioni sara' determinato sulla base delle relative norme di attuazione dello statuto». Tale ultimo intervento normativo non e' stato ancora posto in essere, sicche' in Sicilia le licenze per i pubblici spettacoli sono ancora di competenza del questore. Siffatta conclusione e' stata convalidata anche dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, che, nella pronuncia n. 236/1989, ha statuito che l'art. 22 della legge regionale n. 1/1979, nell'attribuire ai comuni siciliani le funzioni di polizia amministrativa contemplate nel TULPS, precisa che l'esercizio di tali funzioni sara' determinato sulla base delle relative norme di attuazione dello statuto, e che, in mancanza di dette norme attuative, l'esercizio delle funzioni in questione continua a rimanere nella competenza dell'Autorita' di P.S. Tale orientamento e' stato confermato dal Consiglio di Stato, che, in un parere (n. 1510/2002) reso su richiesta del Ministero dell'interno, ha ribadito che, ai fini del trasferimento delle funzioni di polizia amministrativa alla Regione siciliana e alle province e ai comuni della stessa regione, non siano ammissibili procedure diverse da quella prevista dall'art. 43 dello statuto speciale. Il trasferimento delle funzioni di polizia amministrativa contemplate dal TULPS (tra cui le licenze ex articoli 68 e 69) ai comuni siciliani, dunque, assume valore pregiudiziale sia rispetto al loro esercizio in concreto che, a fortiori, per la loro semplificazione. La Regione siciliana, pertanto, ha recepito con la disposizione legislativa qui in discorso una norma statale di semplificazione (appunto l'art. 38-bis del decreto-legge n. 76/2020), senza aver preliminarmente attuato la trasposizione delle predette funzioni di polizia amministrativa ai comuni. 5.4 Alla luce di tanto, l'art. 13, comma 71, della legge regionale n. 16/2022, che recepisce le previsioni procedurali e temporali di cui agli articoli 38-bis del decreto-legge n. 76/2020, e 10 del decreto-legge n. 24/2022, e' in contrasto con le previsioni statutarie (art. 43 dello statuto regionale) e costituzionali (art. 116 della Costituzione, e legge costituzionale n. 2/1948), nonche' lesiva delle competenze statali in materia di ordine e sicurezza pubblica di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione. Difatti, dall'asseverazione - normativa e giurisprudenziale - per cui, in mancanza delle necessarie norme di attuazione, le autorizzazioni di cui agli articoli 68 e 69 del TULPS permangono formalmente e sostanzialmente in capo al questore, discende la logica conseguenza dell'inapplicabilita' di quanto previsto dalla disposizione regionale sotto esame, ovvero la sostituzione della licenza questorile con la SCIA di cui all'art. 19 della legge n. 241/1990, atteso che tale norma, come detto, esclude esplicitamente dal proprio ambito di applicazione gli atti rilasciati dall'Amministrazione della P.S. 6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 92, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con l'art. 81 della Costituzione e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009 (quale norma statale interposta) 6.1 Il comma 92 dell'art. 13 della legge regionale Sicilia n. 16/2022 prevede che, «relativamente alle forme di ristoro da riconoscere ai centri di riabilitazione di cui all'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni ed ai centri diurni per i soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico, destinatari di apposito budget per l'anno 2020, che hanno temporaneamente sospeso l'attivita' a causa dell'emergenza da COVID-19 e che non abbiano attivato le procedure di cassa integrazione per i propri dipendenti, si applicano le disposizioni di cui all'art. 48 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificata dall'art. 109 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77». Sono dunque riconosciuti ristori ai centri di riabilitazione ed ai centri diurni per i soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico, destinatari di apposito budget per l'anno 2020, che hanno temporaneamente sospeso l'attivita' a causa dell'emergenza da COVID-19, e che non abbiano attivato le procedure di cassa integrazione per i propri dipendenti, stabilendo, al riguardo, che si applicano le disposizioni di cui all'art. 48 del decreto-legge n. 18/2020. Le norme statali ivi richiamate (DD.LL. n. 18/2020 e n. 34/2020) sono tuttavia norme adottate in periodo emergenziale, che esaurivano i loro effetti limitatamente a tale periodo. Il comma in esame e' invece in vigore per l'anno 2022, al di fuori del periodo emergenziale (cessato a marzo 2022), e non coperto dalla legislazione vigente. Pertanto, quanto disposto dall'articolo in esame non risulta coerente con la programmazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione siciliana, ne' con la legislazione vigente. La disposizione si pone dunque in contrasto con l'art. 81 e art. 117, terzo comma, della Costituzione, poiche', come detto in precedenza, le vigenti disposizioni in materia di Piano di rientro dal disavanzo sanitario si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica. 6.2 Secondo il disposto dell'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009, gli interventi individuati dal Piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano. Come anche da ultimo e' stato rilevato dalla giurisprudenza di codesta Corte con la sentenza n. 190/2022, resa proprio in sede di impugnazione di una legge della Regione siciliana, «l'art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», stabilisce altresi' che gli interventi individuati dal piano di rientro sono assolutamente obbligatori. Ne consegue che l'effettuazione di altre spese, in una condizione di risorse contingentate, pone anche il problema della congruita' della copertura della spesa «necessaria» (art. 81, terzo comma, della Costituzione), posto che un impiego di risorse per prestazioni «non essenziali» verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali». La norma in esame incorre dunque nella violazione denunciata in quanto e' precluso alle regioni sottoposte a piano di rientro erogare prestazioni «non obbligatorie» (da ultimo, in questo senso, cfr. sentenza n. 161/2022). 7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 108, della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con gli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione, con l'art. 14, comma 1, lettera f), dello statuto della Regione siciliana, in relazione all'art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge n. 1150/1942, nonche' all'art. 10 della legge n. 104/1992 (quali norme statali interposte), e con l'art. 14, lettera n), dello statuto della Regione siciliana, e con l'art. 117, primo comma, e secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli articoli 135, 143, 145 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004), ed agli articoli 3, 5, lettera d), e 6, lettere D ed E, della «Convenzione europea del paesaggio», cui e' stata data esecuzione con legge n. 14/2006 (quali norme statali interposte). 7.1 L'art. 13, comma 108, della legge regionale Sicilia n. 16/2022 prevede quanto segue: «Nelle more della formazione ed approvazione dei PUG, i titoli abilitativi regolarmente rilasciati in deroga agli strumenti urbanistici in forza dell'art. 10 della legge n. 104/ 1992 e successive modificazioni e/o di altre disposizioni determinano la modifica permanente della programmazione urbanistica purche' gli immobili siano stati gia' realizzati ed i titoli rilasciati almeno diciotto mesi prima della data di entrata in vigore della legge regionale 3 febbraio 2021, n. 2. In sede di formazione ed approvazione del nuovo PUG si deve tenere conto della destinazione urbanistica impressa all'area dal titolo edilizio di cui al presente comma. E' altresi' consentito per i sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, entro i limiti e con le modalita' di cui all'art. 47 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 e successive modificazioni, il cambio di destinazione urbanistica per usi non residenziali e/ o commerciali su richiesta degli aventi titolo». L'art. 10, comma 6, della legge n. 104/1992, stabilisce che «l'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunita' alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 43 1, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area». La prima parte del citato comma 108 dell'art. 13 si pone dunque in evidente contrasto con quanto previsto dalla ripetuta norma nazionale, di cui il legislatore regionale predica la conforme attuazione («in forza dell'art. 10 della legge n. 104/ 1992 e successive modificazioni»), in realta' compendiandone invece una surrettizia violazione: essa rende infatti «permanente» il cambio d'uso che la legge nazionale, invece, prevede come destinato a cessare in caso di venir meno dell'uso effettivo prima del ventesimo anno. L'ultimo periodo del medesimo comma 108 stabilisce poi che gli immobili destinati, in deroga agli strumenti urbanistici, all'uso da parte delle comunita' alloggio ed ai centri socio-riabilitativi, possano essere destinati a usi non residenziali e/o commerciali, su richiesta degli «aventi titolo», entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge regionale n. 16/2022. Al riguardo, la disposizione di cui all'art. 10, comma 6, della legge n. 104/1992 (3) , persegue la finalita' di soddisfare le esigenze abitative e riabilitative dei soggetti con disabilita'. In contrasto con lo scopo e con la ratio di tale previsione, l'art. 13, comma 108, della legge regionale n. 16/2022 appare distorcere il dato della norma nazionale, piegando l'effetto di variante agli strumenti urbanistici a finalita' che risultano estranee alle necessita' di tutela delle persone con disabilita'. Si stabilizza, infatti, l'effetto di variante, che in base alla norma nazionale e' legato all'uso effettivo dell'immobile da parte delle comunita' - alloggio e dei centri socio-riabilitativi, e inoltre si consente, una volta ottenuto tale effetto, di destinare l'immobile a usi non residenziali, e quindi slegati dalle attivita' proprie di tali comunita' e centri. Per di piu', tale effetto, del tutto privo di giustificazione, si produce solo nel caso in cui le istanze siano presentate entro il ristretto termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge regionale: previsione, quest'ultima, anch'essa difficilmente spiegabile. 7.2 Alla luce di tanto, risulta chiaro che la disposizione citata sia in contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto sacrifica l'esigenza di ordinato assetto del territorio, connaturata alla pianificazione urbanistica, non piu' in vista dell'interesse costituzionale primario alla tutela della salute e delle necessita' esistenziali delle persone con disabilita', bensi' per la mera soddisfazione di interessi privati, neppure evincibili dal dettato normativo. Il sacrificio delle esigenze urbanistiche - alle quali e' connaturata anche la considerazione di profili di interesse culturale e paesaggistico - e' quindi privo di giustificazione. Di conseguenza, la previsione normativa si pone in contrasto (anche) con il principio di proporzionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione, che deve sorreggere ogni valutazione concernente il contemperamento di opposti interessi, anche in sede legislativa. In proposito, occorre tenere presente che codesta Corte costituzionale ha piu' volte affermato che dall'art. 3 della Costituzione si desume un canone di razionalita' della legge ordinaria, rintracciato nell'esigenza di conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita' ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l'eventuale manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della stessa (cfr., ex multis, sentenze costituzionali n. 87 del 2012, n. 421 del 1991, n. 46 del 1993, n. 81 del 1992). Da cio' la violazione del combinato disposto degli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. 7.3 Sotto concorrente profilo, il comma 108 dell'art. 13 si pone in contrasto anche l'art. 14, primo comma, lettera f), dello statuto della Regione siciliana, il quale attribuisce la materia dell'urbanistica alla competenza legislativa esclusiva regionale, ma pur sempre «senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano», e comunque con il limite delle norme statali di grande riforma economico-sociale. Al riguardo, costituisce dunque parametro interposto l'art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge n. 1150/1942 (c.d. «legge urbanistica»), a mente dei quali, rispettivamente, «in tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densita' edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonche' rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi», e «i limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima». Tali previsioni relative alla «zonizzazione» dei territori comunali, con l'individuazione della relativa disciplina d'uso e dei relativi limiti di edificazione, tuttora vigenti, costituiscono in effetti norme di grande riforma economico- sociale, rappresentando dunque preciso limite alla legislazione regionale in materia urbanistica, nella specie ed in concreto non rispettato dall'impugnato comma 108 dell'art. 13 della legge regionale n. 16/2022. 7.4 Sotto ulteriore concorrente profilo, va rimarcato che l'art. 10 della legge n. 104/1992 fa espressamente salva la applicazione della disciplina in materia del paesaggio, che, invece, la disposizione regionale non prevede. Pertanto, la deroga introdotta dalla norma regionale determina anche un abbassamento della tutela paesaggistica assicurata dall'art. 9 della Costituzione, dalla «Convenzione europea del paesaggio», cui e' stata data esecuzione con legge n. 14/2006, e dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004). Tale abbassamento della tutela paesaggistica, pertanto, determina la violazione dell'art. 14, comma 1, lettera n), dello statuto regionale, e dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione del quale rappresentano parametri interposti gli articoli 135, 143, 145 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonche' - ancora - dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali ed in particolare dall'art. 3, dell'art. 5, lettera d), e dell'art. 6, lettere D ed E, della «Convenzione europea del paesaggio», cui e' stata data esecuzione con legge n. 14/2006 (4) Codesta Corte ha al riguardo gia' avuto occasione di affermare che, in attesa della sua approvazione, e' necessario salvaguardare la complessiva efficacia del piano paesaggistico, ponendola al riparo dalla pluralita' e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali (cfr. sentenza n. 182/2006, sentenza n. 74/2021, sentenza n. 219/2021, e sentenza n. 135/2022). 8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1, lettera l), della legge regionale Sicilia n. 16/2022, per contrasto con l'art. 81 della Costituzione e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009 (quale norma statale interposta). 8.1 L'art. 20 della legge regionale n. 16/2022 ha previsto «ulteriori modifiche alla legge regionale 25 maggio 2022, n. 13». Segnatamente, al comma 1, lettera l), si prevede quanto segue: «l) al comma 73 dell'art. 13 sono apportate le seguenti modifiche: 1) le parole «contributo di euro 300» sono sostituite dalle parole «contributo una tantum dell'importo massimo di euro 300 per l'anno 2022»; 2) le parole «P istituita la Banca dei capelli' con la funzione di radicare la cultura della donazione.» sono soppresse; 3) le parole «in via sperimentale,» sono soppresse; 4) le parole «Per gli anni successivi l'entita' degli stanziamenti e' determinata annualmente con legge di bilancio ai sensi dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 20 11, n. 118 e successive modificazioni.» sono soppresse». Il testo aggiornato dell'art. 13, comma 73, della legge regionale Sicilia n. 13/2022, viene in definitiva ad essere il seguente: «73. La regione eroga un contributo una tantum dell'importo massimo di euro 300 per l'anno 2022 per l'acquisto di una parrucca, quale presidio necessario al benessere della persona ammalata, in favore delle donne residenti in Sicilia, colpite dallo stato patologico della perdita dei capelli in conseguenza della sottoposizione a trattamenti chemioterapici o affette da alopecia conseguente ad altre patologie. Con delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per la salute, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, sono stabiliti i criteri, i requisiti e le modalita' per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma. E' previsto, per la facilitazione della procedura di erogazione del contributo, il coinvolgimento e la collaborazione delle associazioni di donne e delle associazioni di volontariato che promuovono l'assistenza e il sostegno dei malati oncologici o affette da alopecia presenti nel territorio regionale e assumano la disponibilita' a farsi carico, nell'ambito delle attivita' di informazione e sostegno alle donne, degli adempimenti necessari ai fini dell'inoltro della istanza. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata, per l'esercizio finanziario 2022, la spesa di euro 309.864,60». 8.2 Occorre rimarcare che la Regione siciliana e' tuttora assoggettata al rispetto del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, approvato ai sensi dell'art. 2, comma 80, della legge n. 191 /2009, ed essa non puo' pertanto erogare livelli di assistenza sanitaria ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa statale. La disposizione legislativa regionale in discorso - che nel complesso prevede un intervento (rimodulato) di assistenza a donne assoggettate agli interventi terapeutici invasivi cola' individuati, o a patologia specifica, del tutto eccentrico rispetto ai livelli di assistenza definiti a livello statale, ed appositamente finanziato con risorse regionali - si pone dunque in contrasto con l'art. 81 della Costituzione, e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Si ribadisce al riguardo quanto disposto dall'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009 in merito alla cogenza degli interventi individuati dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che sono vincolanti per la Regione siciliana, la quale e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del suddetto Piano. (1) Articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020 - "Finanziamento aggiuntivo per incentivi in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale": "Per l'anno 2020, allo scopo di incrementare le risorse da destinare prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale direttamente impiegato nelle attivita' di contrasto alla emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, i fondi contrattuali per le condizioni di lavoro della dirigenza medica e sanitaria dell'area della sanita' e i fondi contrattuali per le condizioni di lavoro e incarichi del personale del comparto sanita', nonche', per la restante parte, i relativi fondi incentivanti sono complessivamente incrementati, per ogni regione e provincia autonoma, in deroga all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 e ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa di personale, dell'importo indicato per ciascuna di esse nella tabella A allegata al presente decreto". (2) Art. 8-sexies del decreto legislativo n. 502/1992-"Remunerazione": "Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'art. 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attivita' svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento". (3) Articolo 10, comma 6, della legge n. 104/1992: «L'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunita' alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area». (4) Convenzione europea del paesaggio - legge n. 14/2006: Articolo 3: "La presente Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo". Articolo 5, lettera d): "Ogni Parte si impegna a: ( ... ) d) integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonche' nelle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio". Articolo 6 ("Misure specifiche"), lettere D) ed E): "D) Obiettivi di qualita' paesaggistica: Ogni Parte si impegna a stabilire degli obiettivi di qualita' paesaggistica riguardanti i paesaggi individuati e valutati, previa consultazione pubblica, conformemente all'art. 5.c. E) Applicazione: Per attuare le politiche del paesaggio, ogni Parte si impegna ad attivare gli strumenti di intervento volti alla salvaguardia, alla gestione e/o alla pianificazione dei paesaggi".