ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma
61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225  (Proroga  di  termini
previsti da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in
materia tributaria e di  sostegno  alle  imprese  e  alle  famiglie),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,  n.  10,
comma  aggiunto  dalla  detta  legge  di  conversione,  promossi  dal
Tribunale di Catania con ordinanza del 5 gennaio 2012 e dal Tribunale
di Cassino con ordinanza dell'11 gennaio 2012, iscritte ai numeri 106
e 116  del  registro  ordinanze  2012  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 23  e  24,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2012. 
    Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre  2012  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  ordinario   di   Catania,   sezione
distaccata di Paterno', con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  ha
sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma,
102, primo comma, 111, primo e secondo comma,  e  117,  primo  comma,
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 2, comma 61,  secondo  periodo,  del  decreto-legge  29
dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative e di  interventi  urgenti  in  materia  tributaria  e  di
sostegno alle imprese e alle famiglie) convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, comma aggiunto dalla detta legge
di conversione; 
    che, come il rimettente premette, nel giudizio a quo - che ha  ad
oggetto una controversia relativa ad un contratto di  conto  corrente
bancario - e' applicabile il citato art. 2, comma 61, secondo periodo
e, in base al meccanismo  della  «compensazione  impropria»,  occorre
verificare la non spettanza degli interessi versati  dal  correntista
con risultato diverso a seconda del ricalcolo  del  saldo  a  partire
dall'apertura del conto o fino all'entrata in vigore  del  cosiddetto
decreto «Milleproroghe»; 
    che il detto art. 2, comma 61, secondo periodo, dispone: «In ogni
caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia'  versati  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto»; 
    che, in punto di  rilevanza,  il  rimettente  osserva  come,  nel
giudizio a quo, nel  quale  si  controverte,  come  detto,  di  conti
correnti bancari, la disposizione censurata elida in radice,  proprio
nei rapporti di conto corrente bancario, il diritto  di  ripetizione,
ai sensi dell'art. 2033 del codice civile,  delle  somme  versate  in
data anteriore all'entrata in vigore della legge di  conversione  del
detto decreto; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza, il rimettente assume
la violazione degli artt. 3, 24, primo e secondo  comma,  102,  primo
comma, 111, primo e secondo comma  e  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 6 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata  a  Roma
il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con  legge  4  agosto
1955, n. 848; 
    che il giudice a quo evidenzia come, mentre  il  citato  art.  2,
comma 61, primo periodo,  specifica,  nell'ambito  dei  contratti  di
conto corrente bancario, il momento dal quale decorre il  termine  di
prescrizione dell'azione di  ripetizione  dell'indebito,  il  secondo
periodo  del  medesimo  comma  prevede  il  diritto  di  ripetizione,
sottoposto al termine estintivo di cui al primo periodo, soltanto per
i  versamenti  successivi  all'entrata  in  vigore  della  legge   di
conversione; 
    che,  alla   luce   del   costante   orientamento   della   Corte
costituzionale in base al quale la norma di interpretazione autentica
e' quella che impone una scelta «tra le possibili varianti  di  senso
del testo originario, con cio' vincolando un significato  ascrivibile
alla norma anteriore» (sono richiamate le sentenze n. 362 del 2008  e
n. 525 del 2000), il Tribunale rimettente evidenzia come  il  secondo
periodo  del  comma  61  non  sia  annoverabile  tra  le   norme   di
interpretazione autentica, in quanto non  diretto  ad  imporre  alcun
significato all'art. 2935 cod. civ. tra quelli ad esso ascrivibili; 
    che, ad avviso del giudice a quo, il secondo periodo del comma 61
sancisce, in via automatica - senza la necessita' di un'eccezione  di
parte  -  e  retroattiva,  la  perdita  del  diritto  maturato   alla
ripetizione di  somme  versate  nel  corso  dei  contratti  di  conto
corrente  bancario  sino  all'entrata  in  vigore  della   legge   di
conversione del d.l.; 
    che il rimettente assume il contrasto di detta norma con l'art. 3
Cost., in quanto la disposizione censurata lederebbe, con la  propria
efficacia retroattiva, il canone generale di ragionevolezza, data  la
esclusione, con riferimento  al  solo  contratto  di  conto  corrente
bancario, di ogni azione restitutoria, tra cui quella concernente  il
diritto  alla  ripetizione  dell'indebito   maturato   in   capo   al
correntista sino all'entrata in vigore della  legge  di  conversione,
senza  effettuare  alcuna  distinzione  in  ordine  alla  natura  dei
versamenti e alla parte che li abbia effettuati, mentre  l'esclusione
colpirebbe anche le fattispecie in cui l'indebita percezione di somme
ad opera dell'istituto di credito sia stata dovuta all'esecuzione  di
clausole nulle per violazione di norme imperative; 
    che, in particolare, irragionevolmente e senza la  necessita'  di
risolvere contrasti giurisprudenziali sulla astratta configurabilita'
del diritto alla ripetizione di  somme  indebitamente  versate  nello
svolgimento del rapporto di conto corrente bancario,  il  legislatore
sarebbe intervenuto a discriminare, retroattivamente e  limitatamente
ad una singola fattispecie negoziale, la legittimita' o  meno  di  un
dato comportamento - il trattenimento di somme versate in carenza  di
causa originaria o sopravvenuta -  a  seconda  che  quest'ultimo  sia
stato integrato prima o dopo un dato termine, indicato nella  entrata
in  vigore  della  legge  di  conversione  del  d.l.  (pertanto,  non
individuabile con esattezza ex ante, tenuto conto dei sessanta giorni
per la conversione ai sensi dell'art. 77, terzo comma, Cost.); 
    che, inoltre, ad avviso del rimettente, la disposizione censurata
- la quale altera i rapporti  pregressi  in  relazione  ad  una  sola
tipologia contrattuale e discrimina retroattivamente,  attraverso  un
riferimento temporale variabile nell'ambito dei  sessanta  giorni  di
cui all'art. 77, terzo comma, Cost., una condotta  legittima  da  una
condotta illegittima - violerebbe l'affidamento dei consociati  nella
stabilita' della disciplina giuridica della fattispecie, ingenerando,
anche  dinanzi  ai  medesimi  presupposti  e  requisiti  fattuali   e
giuridici, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra chi  abbia
versato importi privi di causa  prima  del  detto  «non  individuato»
termine e chi li abbia effettuati dopo; 
    che, in ordine  all'assunta  violazione  dell'art.  24,  primo  e
secondo comma, Cost., il  rimettente  rimarca  come  la  disposizione
censurata, nel discriminare retroattivamente le condotte di chi abbia
versato  importi  privi  di  causa  prima  o  dopo  il   detto   «non
individuato» termine, renderebbe privo di effettivita' il diritto dei
cittadini di agire in giudizio  a  tutela  delle  proprie  situazioni
giuridiche soggettive ormai consolidate; 
    che il rimettente deduce, altresi', il contrasto con  l'art.  102
Cost., in quanto la norma censurata inciderebbe  negativamente  sulle
attribuzioni  costituzionali  dell'autorita'  giudiziaria,  definendo
sostanzialmente, con atto legislativo, l'esito di giudizi in corso; 
    che, quanto all'assunta  violazione  degli  artt.  111,  primo  e
secondo comma, e 117, primo comma, Cost.,  in  relazione  all'art.  6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle  liberta'  fondamentali,  il  giudice  a   quo   osserva   come
l'applicabilita' della norma  ai  giudizi  in  corso  vulnererebbe  i
principi del giusto processo e della parita' delle  parti,  incidendo
su  una  determinata  tipologia  di  controversie  gia'  pendenti,  a
vantaggio di una delle parti del giudizio, in  mancanza  di  «ragioni
imperative d'interesse  generale»  (e'  richiamato  il  provvedimento
CEDU, Grande Camera,  del  29  marzo  2006,  n.  36813,  Scordino  c.
Italia); 
    che il Tribunale ordinario di Cassino, con  l'ordinanza  indicata
in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e  102,
Cost., questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
61, del d.l. n. 225 del 2010, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge  n.  10  del  2011,  comma  aggiunto  dalla  detta   legge   di
conversione; 
    che il rimettente premette di essere  investito  di  un  giudizio
promosso da una societa' nei confronti della  Banca  di  Roma  s.p.a.
avente ad oggetto la domanda di  accertamento  della  nullita'  delle
clausole  -  di  capitalizzazione  trimestrale  degli  interessi,  di
calcolo degli  interessi  passivi,  in  riferimento  alle  condizioni
d'uso, di applicazione di commissioni a titolo di «massimo  scoperto»
- relative ad un contratto di conto corrente, sottoscritto in data 20
dicembre 1990 ed estinto il 19 settembre 2006, nonche' la domanda  di
accertamento del  diritto  della  societa'  stessa  alla  ripetizione
dell'indebito versato; 
    che, nel costituirsi, la convenuta aveva chiesto il rigetto delle
domande; 
    che, nel corso del  giudizio,  veniva  espletata  una  consulenza
tecnica con esito favorevole alle prospettazioni della societa'; 
    che, all'udienza di  precisazione  delle  conclusioni,  la  banca
aveva eccepito la  prescrizione  dei  diritti  invocati  dall'attrice
sulla base dell'entrata in vigore, nelle more del giudizio, dell'art.
2, comma 61, del d.l. n. 225 del 2010, convertito dalla legge  n.  10
del 2011; 
    che  il  detto  art.  2,  comma  61,  dispone:  «In  ordine  alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente  l'articolo  2935  del
codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai
diritti nascenti dall'annotazione in conto  inizia  a  decorrere  dal
giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non  si  fa  luogo  alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto»; 
    che, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva  come  dalla
sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale  dipenda  ogni
valutazione in  merito  alla  tempestiva  eccezione  di  prescrizione
dell'azione, proposta dalla societa'; 
    che, in particolare, se il primo periodo della norma censurata si
interpretasse nel senso che la  prescrizione  decennale  decorre  non
dalla data di estinzione del  rapporto  di  conto  corrente,  ma  dal
giorno di ogni singola annotazione in conto, la  conseguenza  sarebbe
l'estinzione  per  prescrizione   del   diritto   dell'attrice   alla
restituzione degli importi versati; 
    che, al riguardo, il rimettente pone in  evidenza  la  natura  di
norma di interpretazione autentica, con applicazione retroattiva, del
citato art. 2, comma 61, primo periodo; 
    che, ad avviso del giudice a quo, se  il  secondo  periodo  della
norma censurata si interpretasse  nel  senso  che,  nelle  operazioni
bancarie regolate in conto corrente, ciascuna delle  parti  puo'  non
restituire  gli  importi  gia'  versati,  anche  se  non  dovuti,  la
conseguenza sarebbe il rigetto totale della domanda  di  ripetizione,
in quanto il rapporto bancario in  conto  corrente  e'  stato  chiuso
consensualmente dalle parti in data 19 settembre 2006 ed i versamenti
sono tutti precedenti alla data di entrata in vigore della  legge  n.
10 del 2011; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza, il rimettente assume
la violazione degli artt. 3, 24, e 102 Cost.; 
    che, in ordine alla violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo
del  principio  di  ragionevolezza,  diversamente   dal   consolidato
orientamento giurisprudenziale di questa  Corte  -  secondo  cui  una
legge interpretativa puo' essere adottata dal  legislatore  solo  nel
caso in cui esistano dubbi sulla portata di attuazione della norma di
riferimento o contrasti giurisprudenziali, ovvero  quando  la  scelta
imposta dalla legge rientri tra le probabili varianti  di  senso  del
testo originario, con cio' vincolando un significato ascrivibile alla
norma  anteriore  -   la   disposizione   censurata   sarebbe   stata
irragionevolmente  emanata   in   mancanza   di   alcuna   incertezza
interpretativa in tema di decorrenza della  prescrizione  dell'azione
di ripetizione nei contratti di conto corrente bancario; 
    che, infatti, la Corte di cassazione, con  la  sentenza,  resa  a
sezioni unite civili, il 2 dicembre 2010, n.  24418,  in  conformita'
all'indirizzo prevalente della stessa giurisprudenza di  legittimita'
e di quella di merito, ha individuato il dies  a  quo  di  decorrenza
della prescrizione dell'azione  di  ripetizione  dell'indebito  nella
data di chiusura del conto; 
    che, con riguardo alla  dedotta  violazione  dell'art.  3  Cost.,
sotto il profilo del principio di uguaglianza, il  rimettente  assume
che, se la norma censurata si applicasse anche per il passato  ed  ai
giudizi  in  corso,  si  avrebbe  una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento; 
    che, quanto all'assunto contrasto con l'art. 24 Cost., il giudice
a quo ritiene che, se la norma censurata si applicasse anche  per  il
passato e ai giudizi in corso,  rendendo  retroattivamente  legittimo
cio' che era illegittimo, si lederebbe  non  solo  l'affidamento  dei
consociati  nella  stabilita'  della   disciplina   giuridica   delle
fattispecie, ma si renderebbe privo di effettivita'  il  diritto  dei
cittadini di agire in giudizio  a  tutela  delle  proprie  situazioni
giuridiche soggettive; 
    che, in ordine alla prospettata violazione dell'art.  102  Cost.,
il  rimettente   ritiene   che   la   norma   censurata   inciderebbe
negativamente  sulle   attribuzioni   costituzionali   dell'autorita'
giudiziaria,   travolgendo   gli   effetti   di   pronunce   divenute
irrevocabili  e  definendo,  sostanzialmente  con  atto  legislativo,
l'esito dei giudizi in corso. 
    Considerato  che  il  Tribunale  ordinario  di  Catania,  sezione
distaccata di Paterno', e il Tribunale ordinario di Cassino sollevano
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 2,  comma  61,
del decreto-legge 29  dicembre  2010,  n.  225  (Proroga  di  termini
previsti da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in
materia tributaria e di  sostegno  alle  imprese  e  alle  famiglie),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,  n.  10,
comma aggiunto in sede di conversione, prospettando,  nel  complesso,
la violazione degli articoli 3, 24, 102, 111, primo e secondo  comma,
e 117, primo comma, della Costituzione; 
    che, pertanto,  i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per  essere
definiti con unica pronuncia; 
    che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa  Corte,
con  sentenza  n.  78  del  2012,  ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale di detto art. 2, comma 61; 
    che, per effetto di tale sentenza, la questione  di  legittimita'
costituzionale  della  medesima  norma,   sollevata   dagli   odierni
rimettenti, e' divenuta priva di oggetto  e,  pertanto,  deve  essere
dichiarata manifestamente inammissibile; 
    che a tale conclusione si giunge sul rilievo che la questione  in
esame riguarda la  stessa  norma  della  quale  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale con la richiamata sentenza n. 78  del
2012, sicche', in forza dell'efficacia ex tunc di tale pronuncia,  e'
preclusa al giudice a quo  una  nuova  valutazione  della  perdurante
rilevanza della questione  stessa,  unica  valutazione  che  potrebbe
giustificare la restituzione degli atti  al  giudice  rimettente  (da
ultimo, ordinanze nn. 146 e 76 del 2012; nn. 312, 85,  55  e  19  del
2011; nn. 298 e 222 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.