ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma
4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.  248  (Proroga  di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative  e  disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo  1
della legge 28 febbraio 2008, n. 31, promossi dal Tribunale di  Lucca
con due ordinanze del 14 aprile 2011, iscritte ai numeri  232  e  240
del registro ordinanze 2011 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 47 e n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale  (INPS),  in  proprio  e  quale  mandatario  della
Societa'  di  cartolarizzazione  dei  crediti  INPS-S.C.C.I.  s.p.a.,
nonche' gli atti di intervento della Lega Nazionale delle Cooperative
e   Mutue,   della   Confederazione   Cooperative   Italiane,   della
Associazione Generale  Cooperative  Italiane  e  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  26  febbraio  2013  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    uditi gli avvocati Livia Salvini e Angelo Pandolfo  per  la  Lega
Nazionale  delle  Cooperative  e   Mutue,   per   la   Confederazione
Cooperative Italiane  e  per  la  Associazione  Generale  Cooperative
Italiane, Antonino Sgroi per l'INPS in  proprio  e  quale  mandatario
della Societa' di cartolarizzazione dei crediti INPS-S.C.C.I. s.p.a e
l'avvocato dello  Stato  Vittorio  Cesaroni  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale di Lucca, in funzione di giudice del lavoro, con
due ordinanze emesse il 14 aprile 2011 (r.o. n. 232 del 2011  e  r.o.
n. 240 del 2011), ha sollevato, in riferimento all'articolo 39  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.  248  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e  disposizioni  urgenti
in materia finanziaria) convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge 28 febbraio 2008, n. 31. 
    2.- Nell'ordinanza r.o. n. 232 del 2011, il  rimettente  premette
di essere chiamato a pronunciarsi su un  ricorso  in  opposizione  ad
iscrizione a ruolo di credito previdenziale, ai  sensi  dell'art.  24
del decreto legislativo 26  febbraio  1999,  n.  46  (Riordino  della
disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo  1
della legge 28 settembre 1998, n.  337),  proposto  da  una  societa'
cooperativa nei confronti dell'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale (INPS) e  della  s.p.a.  Societa'  di  cartolarizzazione  dei
crediti INPS-S.C.C.I. 
    Il Tribunale espone che la cartella esattoriale opposta  ha  come
oggetto i contributi previdenziali richiesti dall'INPS alla  societa'
cooperativa  ricorrente,   in   relazione   al   maggior   imponibile
retributivo e contributivo determinato ai sensi dell'art. 7, comma 4,
del d.l. n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 31 del 2008. Infatti, ad avviso del  detto  Istituto,  l'opponente
avrebbe dovuto fare applicazione, quanto al trattamento retributivo e
normativo  (e,  quindi,  previdenziale),  del  contratto   collettivo
nazionale  di  lavoro  AGCI,  ANST-LEGACOOP,  CONFCOOPERATIVE  (parte
datoriale)  -  FILT-CGIL,  FIT-CISL  e  UIL  TRASPORTI   (parte   dei
lavoratori), anziche' del diverso contratto collettivo  nazionale  di
lavoro UNCI (parte datoriale) - CONFSAL (parte dei lavoratori),  come
da verbale di accertamento. 
    Il giudice a quo riporta il contenuto del citato art. 7, comma 4,
ai sensi del quale: «Fino alla completa attuazione della normativa in
materia di socio lavoratore di societa' cooperative, in  presenza  di
una pluralita' di contratti collettivi della medesima  categoria,  le
societa' cooperative che svolgono attivita' ricomprese nell'ambito di
applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri  soci
lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge  3  aprile
2001, n. 142, i trattamenti economici  complessivi  non  inferiori  a
quelli   dettati   dai   contratti   collettivi    stipulati    dalle
organizzazioni   datoriali   e   sindacali   comparativamente    piu'
rappresentative a livello nazionale nella categoria». 
    2.1.- In punto di rilevanza, il rimettente osserva che la pretesa
contributiva   dell'ente   previdenziale,   oggetto   del    giudizio
principale, si fonda sull'applicazione  dell'art.  7,  comma  4,  ora
trascritto, sicche' «dall'eventuale accoglimento della  questione  di
costituzionalita' discenderebbe un mutamento nel quadro normativo  di
riferimento». 
    2.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
dubita   della   legittimita'   costituzionale   della   disposizione
censurata, in riferimento all'art. 39 Cost. 
    Ad  avviso  del  rimettente,  detta  disposizione   attribuirebbe
efficacia erga omnes a contratti collettivi di tipo "normativo" e non
semplicemente ad "accordi  gestionali"  (e'  richiamata  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 268 del 1994). E', altresi', citata  la
sentenza n. 106 del 1962 della medesima Corte, secondo cui «L'art. 39
pone due principi, che possono intitolarsi alla liberta' sindacale  e
alla autonomia collettiva professionale. Col primo si garantiscono la
liberta' dei cittadini di organizzarsi in  sindacati  e  la  liberta'
delle associazioni che ne derivano; con l'altro  si  garantisce  alle
associazioni sindacali di  regolare  i  conflitti  di  interessi  che
sorgono tra le contrapposte categorie mediante il contratto, al quale
poi si riconosce efficacia obbligatoria erga omnes, una volta che sia
stipulato in conformita' di una determinata procedura e  da  soggetti
forniti di determinati requisiti. Una legge,  la  quale  cercasse  di
conseguire questo medesimo risultato della dilatazione ed estensione,
che e' una tendenza propria della natura del contratto collettivo,  a
tutti gli appartenenti alla categoria  alla  quale  il  contratto  si
riferisce, in  maniera  diversa  da  quella  stabilita  dal  precetto
costituzionale, sarebbe palesemente illegittima». 
    Inoltre  -  prosegue  il  giudicante  -  l'attribuzione  di  tale
efficacia obbligatoria erga  omnes,  al  di  fuori  delle  condizioni
previste dall'art. 39 Cost., prescinderebbe da qualsiasi  valutazione
in ordine  al  rispetto  o  meno,  da  parte  del  diverso  contratto
collettivo  nazionale  di  lavoro  applicato,  dei  precetti  di  cui
all'art. 36 Cost.  Infine,  la  disposizione,  pur  avendo  carattere
apparentemente transitorio, non  individuerebbe,  in  realta',  alcun
limite temporale preciso di efficacia. 
    In questo quadro,  e'  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale in esame. 
    3.- Nell'ordinanza r.o. n. 240 del 2011, il Tribunale premette di
essere investito di un ricorso in opposizione ad iscrizione  a  ruolo
di credito previdenziale, ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 46  del
1999, proposto da una  societa'  cooperativa  a  r.l.  nei  confronti
dell'INPS e della s.p.a. Societa' di  Cartolarizzazione  dei  Crediti
INPS-S.C.C.I. 
    Il rimettente espone che la cartella esattoriale  opposta  ha  ad
oggetto i contributi previdenziali richiesti dall'INPS alla  societa'
cooperativa  ricorrente,   in   relazione   al   maggior   imponibile
retributivo e contributivo determinato, ai sensi dell'art.  7,  comma
4, del d.l. n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31  del  2008;
che, ad  avviso  dell'ente  previdenziale,  la  societa'  cooperativa
opponente avrebbe dovuto fare  applicazione,  quanto  al  trattamento
retributivo e normativo  (e,  per  conseguenza,  previdenziale),  del
contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro   AGCI,   ANST-LEGACOOP,
CONFCOOPERATIVE  (parte  datoriale)  -  FILT-CGIL,  FIT-CISL  e   UIL
TRASPORTI (parte dei  lavoratori),  anziche'  del  diverso  contratto
collettivo nazionale di  lavoro  UNCI  (parte  datoriale)  -  CONFSAL
(parte dei lavoratori). 
    3.1.- In punto di rilevanza e di non manifesta  infondatezza,  il
giudice a quo svolge le stesse argomentazioni di cui  alla  ordinanza
di rimessione r.o. n. 232 del 2011. 
    4.- Nel giudizio di cui all'ordinanza di rimessione r.o.  n.  232
del 2011, con memoria depositata in data  29  novembre  2011,  si  e'
costituito in  giudizio  l'INPS,  in  proprio  e  nella  qualita'  di
mandatario della s.p.a. Societa'  di  Cartolarizzazione  dei  Crediti
INPS-S.C.C.I., chiedendo che la sollevata questione  di  legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile e, comunque, non fondata. 
    Preliminarmente,  l'Istituto  deduce   l'inammissibilita'   della
questione, non  avendo  il  rimettente  verificato  -  nonostante  la
contestazione della stessa societa' ricorrente in opposizione  -  se,
in considerazione della  concreta  attivita'  svolta  dalla  societa'
cooperativa,  fosse  possibile  una   concorrente   applicazione   di
contratti  collettivi  con  riferimento  ai   contratti   di   lavoro
subordinato stipulati con i propri soci,  disciplinanti  la  medesima
attivita',  come  affermato  dall'INPS,  ovvero   fosse   applicabile
soltanto uno dei contratti, senza alcuna predicabile  concorrenza  di
disciplina pattizia,  come  ritenuto  dalla  cooperativa  stessa.  In
particolare,  ad  avviso  dell'INPS,  la  prospettata  questione   di
legittimita'   costituzionale   potrebbe   essere    logicamente    e
giuridicamente rilevante solo dopo avere chiarito l'esistenza o  meno
di una disciplina concorrente. 
    Altro  motivo  di  inammissibilita'  della   questione,   sarebbe
costituito dalla non pertinenza dell'art. 7, comma 4, del d.l. n. 248
del 2007, convertito dalla legge n. 31 del  2008,  rispetto  ai  vizi
denunciati dal rimettente. 
    Al    riguardo,    la     controversia     sarebbe     incentrata
sull'individuazione  della  disciplina  legislativa  applicabile  per
l'accertamento  della  misura   della   contribuzione   previdenziale
obbligatoria che la societa' cooperativa  deve  versare  all'INPS  in
favore dei propri soci  lavoratori,  con  i  quali  ha  stipulato  un
contratto di lavoro  subordinato.  Tale  disciplina,  in  virtu'  del
richiamo operato dall'art. 4, comma 1, della legge 3 aprile 2001,  n.
142 (Revisione della legislazione in  materia  cooperativistica,  con
particolare riferimento alla posizione  del  socio  lavoratore)  alle
normative vigenti, con riferimento alla contribuzione previdenziale e
assicurativa, sarebbe, nell'ipotesi di stipula di rapporti di  lavoro
subordinato, l'art. 1  del  decreto-legge  9  ottobre  1989,  n.  338
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  evasione  contributiva,   di
fiscalizzazione degli  oneri  sociali,  di  sgravi  contributivi  nel
Mezzogiorno  e  di  finanziamento  dei  patronati),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389. 
    Nel merito, l'ente previdenziale deduce la non  fondatezza  della
questione sulla base delle seguenti argomentazioni. 
    In  primo  luogo,  esso  sottolinea  come  il  legislatore  abbia
implicitamente previsto  un'efficacia  temporalmente  limitata  della
disposizione censurata, pur  senza  l'individuazione  di  un  termine
certo. Inoltre, lo stesso legislatore  non  avrebbe  previsto  alcuna
efficacia erga omnes di una  contrattazione  collettiva  rispetto  ad
un'altra, essendosi limitato a prevedere - con  riferimento  ai  soli
aspetti retributivi e al fine di garantire il diritto inviolabile del
lavoratore  ad  una  retribuzione  proporzionata  alla   qualita'   e
quantita' del  proprio  lavoro  ed,  in  ogni  caso,  sufficiente  ad
assicurare al lavoratore e alla sua famiglia  un'esistenza  libera  e
dignitosa - che, a parita' di  attivita'  lavorativa  esercitata,  la
contrattazione  collettiva,  che  assicura  una   retribuzione   piu'
elevata, sottoscritta dalle organizzazioni sindacali comparativamente
piu' rappresentative a livello nazionale  nella  categoria  economica
dove opera il datore di lavoro, costituisca parametro retributivo non
derogabile verso il basso. 
    5.- Nel giudizio di cui all'ordinanza di rimessione r.o.  n.  240
del 2011, con memoria depositata in data  12  dicembre  2011,  si  e'
costituito l'INPS, in proprio e nella qualita'  di  mandatario  della
s.p.a.  Societa'  di  Cartolarizzazione  dei  Crediti  INPS-S.C.C.I.,
chiedendo che la sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
sia dichiarata inammissibile o, comunque,  non  fondata,  sulla  base
delle medesime argomentazioni di cui  alla  memoria  di  costituzione
depositata dall'Istituto, in proprio e nella  qualita',  in  data  29
novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, cui si fa rinvio. 
    6.- In quest'ultimo giudizio, con  atto  depositato  in  data  29
novembre 2011,  e'  intervenuta  (ad  opponendum)  la  Confederazione
Cooperative  italiane  ("Confcooperative"  o  "L'Associazione"),   in
persona del legale  rappresentante  pro  tempore,  chiedendo  che  la
sollevata questione di  legittimita'  costituzionale  sia  dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata. 
    7.-  In  data  5  febbraio  2013,  la  detta  Confederazione   ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le  conclusioni
di cui all'atto di intervento del 29 novembre 2011. 
    8.- Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011,  con  atto  depositato  in
data  13  dicembre   2011   e'   intervenuta   (ad   opponendum)   la
Confederazione    Cooperative    italiane    ("Confcooperative"     o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro  tempore,
chiedendo che la sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
sia dichiarata inammissibile o,  comunque,  non  fondata  sulla  base
delle  medesime  argomentazioni  di  cui   all'atto   di   intervento
depositato in data 29 novembre 2011, nel giudizio  r.o.  n.  232  del
2011. 
    9.- In  data  5  febbraio  2013,  la  Confederazione  Cooperative
italiane, in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le  conclusioni
di cui all'atto di intervento del 13 dicembre 2011. 
    10.- Nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, con  atto  depositato  in
data 29 novembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum)  la
Lega   Nazionale   delle   Cooperative   e    Mutue    (Legacoop    o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro  tempore,
chiedendo che la sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
sia dichiarata inammissibile o, comunque,  non  fondata,  sulla  base
delle medesime argomentazioni di cui  all'atto  di  intervento  della
Confederazione Cooperative italiane del 29 novembre 2011. 
    11.- In data 5 febbraio 2013, la Lega Nazionale delle Cooperative
e Mutue,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le  conclusioni
di cui all'atto di intervento del 29 novembre 2011. 
    12.- Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con  atto  depositato  in
data 13 dicembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum)  la
Lega   Nazionale   delle   Cooperative   e    Mutue    (Legacoop    o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro  tempore,
chiedendo che la sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
sia dichiarata inammissibile o, comunque,  non  fondata,  sulla  base
delle  medesime  argomentazioni  di  cui   all'atto   di   intervento
depositato dalla  Confederazione  Cooperative  italiane  in  data  29
novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2011. 
    13.- In data 5 febbraio 2013 la Lega Nazionale delle  Cooperative
e Mutue,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le  conclusioni
di cui all'atto di intervento del 13 dicembre 2011. 
    14.- Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con  atto  depositato  in
data 13 dicembre 2011, e' intervenuta in giudizio (ad opponendum)  la
Associazione   Generale   Cooperative    Italiane    ("A.G.C.I."    o
"L'Associazione"), in persona del legale rappresentante pro  tempore,
chiedendo che la sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
sia dichiarata inammissibile o, comunque,  non  fondata,  sulla  base
delle  medesime  argomentazioni  di  cui   all'atto   di   intervento
depositato dalla  Confederazione  Cooperative  italiane  in  data  29
novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2015. 
    15.- In data 5 febbraio 2013 la Associazione Generale Cooperative
Italiane, in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  ha
depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce le  conclusioni
di cui all'atto di intervento del 13 dicembre 2011. 
    16.- Nel giudizio r.o. n. 232 del 2011, con  atto  depositato  in
data 29 novembre 2011, e' intervenuto il Presidente del Consiglio del
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  sollevata   questione   di   legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata. 
    In primo luogo, la difesa erariale pone in evidenza come, ai fini
della determinazione  degli  imponibili  contributivi,  la  norma  da
applicare  sia  l'art.  1,  comma  1,  del  d.l.  n.  338  del  1989,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 389 del  1989  (nonche'
la successiva norma interpretativa dettata  dall'art.  2,  comma  25,
della  legge  28  dicembre  1995,  n.   549   recante:   «Misure   di
razionalizzazione della finanza pubblica»). In base a tale normativa,
la retribuzione da assumere  come  base  di  calcolo  dei  contributi
previdenziali ed assistenziali sarebbe quella stabilita dai contratti
collettivi  nazionali  di  lavoro  stipulati   dalle   organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative su base nazionale di categoria. 
    Il Presidente del Consiglio rileva come tale previsione  risponda
alla necessita' di garantire una minore disparita'  nell'assolvimento
degli  obblighi  contributivi  tra  datori  di  lavoro   nonche'   la
sostenibilita' finanziaria dell'Ente previdenziale. 
    Diversamente,  la  norma  censurata  -   attinente   al   profilo
dell'obbligazione retributiva e  non  a  quello  della  contribuzione
previdenziale dovuta - prevede, nel solo settore della cooperazione e
per un periodo transitorio, una specifica e piu' incisiva tutela  dei
lavoratori della categoria sotto il profilo retributivo. 
    La difesa dello Stato osserva come l'art. 3 della  legge  n.  142
del  2001  abbia  introdotto  nell'ordinamento  cooperativistico   il
principio dell'equa retribuzione del lavoro svolto in relazione  alla
quantita'  e  qualita'  del  lavoro  stesso.  Risulterebbe  evidente,
dunque, il  collegamento  della  norma  richiamata  con  il  disposto
dell'art. 36  Cost.,  relativo  ad  una  retribuzione  sufficiente  e
proporzionata. 
    La  difesa  erariale  ritiene   che,   diversamente   da   quanto
prospettato nell'ordinanza di rimessione,  la  norma  denunciata  non
contrasti con l'art. 39 Cost. 
    Il Presidente del Consiglio dei  ministri  rileva  come,  in  una
fattispecie analoga a quella in esame, la Corte costituzionale,  dopo
avere evidenziato la mancata attuazione dell'art. 39  Cost.  -  e  la
mancata applicabilita' del procedimento e delle  forme  dallo  stesso
previsti - ha escluso la illegittimita' di quelle leggi  transitorie,
provvisorie ed eccezionali che,  al  fine  di  «tutelare  l'interesse
pubblico alla parita' di trattamento dei  lavoratori»,  collegano  il
regime dei contratti di diritto comune  a  quello  dei  contratti  ad
efficacia generale (sentenza n. 106 del 1962). 
    Ad  avviso  dell'interveniente,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale sarebbe non fondata in quanto  il  censurato  art.  7,
comma 4, avrebbe: 1)  lo  scopo  di  garantire  la  "invarianza"  del
trattamento economico  complessivo  minimo  dei  lavoratori  mediante
l'adozione  di  un  medesimo  parametro  di  riferimento;  2)  natura
dichiaratamente transitoria, in  vista  di  una  completa  attuazione
della  normativa  in  materia  di  socio   lavoratore   di   societa'
cooperative (solo in ragione  della  complessita'  della  fattispecie
giuridica  da  ultimo  menzionata,  non   sarebbe   stato   possibile
specificare  alcun  limite  temporale  preciso  di  efficacia   della
disposizione in oggetto). 
    Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che  non
possa  essere  condivisa  la  tesi,   sostenuta   nell'ordinanza   di
rimessione, secondo cui la disposizione censurata avrebbe  attribuito
efficacia  erga  omnes  ai  contratti  collettivi   stipulati   dalle
organizzazioni   datoriali   e   sindacali   comparativamente    piu'
rappresentative a livello nazionale nella  categoria,  in  quanto  la
norma in questione avrebbe soltanto assunto  il  contenuto  economico
dei  contratti  in  questione  quale  parametro  di  congruita'   del
trattamento  economico,  in  conformita'  con  i   principi   sanciti
dall'art. 36 Cost. 
    17.- In data 5 febbraio 2013, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato memoria illustrativa nella quale ribadisce  le
conclusioni di cui all'atto di intervento del 29 novembre 2011. 
    18.- Nel giudizio r.o. n. 240 del 2011, con  atto  depositato  in
data 13 dicembre 2011, e' intervenuto il Presidente del Consiglio del
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata. 
    In primo luogo, la difesa erariale sottolinea l'esistenza  di  un
limite temporale di efficacia della norma censurata,  indicato  nella
«completa attuazione della normativa in materia di  socio  lavoratore
di societa' cooperative». 
    In secondo luogo, essa osserva come la sentenza n. 268 del  1994,
richiamata nella ordinanza di rimessione, si riferisca ad  un'ipotesi
opposta a quella oggetto del giudizio a quo e, cioe', all'ipotesi  in
cui la stessa  legge  prevedeva  che  un  accordo  sindacale  potesse
derogare alla legge, nella specie in materia di licenziamenti. 
    Nel merito, la difesa erariale evidenzia come la norma della  cui
legittimita' si dubita non abbia attribuito efficacia erga  omnes  ai
contratti collettivi in essa indicati. Invece, avrebbe  previsto,  in
via transitoria ed in attesa di una piu' specifica  regolamentazione,
una disciplina del rapporto  di  lavoro  dei  soci  lavoratori  delle
societa' cooperative richiamando, sotto il profilo  retributivo,  una
regolamentazione gia' prevista in contratti collettivi per  categorie
analoghe, espressamente specificando che i trattamenti economici  non
possono  essere  inferiori  a  quelli  previsti  da  tali  contratti.
Sarebbe, dunque, evidente che i contratti collettivi richiamati nella
norma censurata costituiscono solo un parametro  di  riferimento  per
commisurare una retribuzione - la cui fonte e' normativa  e  discende
dal citato art. 7 - che, nelle more di una regolamentazione  organica
ed uniforme, potrebbe non essere adeguata per il lavoratore. 
    La difesa erariale eccepisce, altresi', l'inammissibilita'  della
prospettata questione di legittimita' costituzionale,  in  quanto  il
rimettente,  nel  rilevare  che  l'applicabilita'   di   un   sistema
retributivo  piuttosto   che   un   altro   incide   sugli   obblighi
previdenziali gravanti sul datore di lavoro, non avrebbe valutato  se
il sistema retributivo applicato in concreto fosse il piu' favorevole
per il lavoratore. Cio' in aperto contrasto con la evidente finalita'
della normativa che, facendo riferimento, nei limiti  indicati,  alla
contrattazione collettiva relativa ad  attivita'  analoghe  a  quelle
poste in essere dai soci lavoratori di societa' cooperative,  avrebbe
inteso effettuare una  equiparazione  dei  vari  sistemi  retributivi
proprio in attuazione degli artt. 3 e 36 Cost. 
    19.- In data 1°ottobre 2012,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha  depositato  memoria  illustrativa  nella  quale  svolge
ulteriori argomentazioni, di tenore identico a quelle di cui all'atto
di intervento depositato dallo stesso Presidente  del  Consiglio  dei
ministri in data 29 novembre 2011, nel giudizio r.o. n. 232 del 2011. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale di Lucca, in funzione di giudice del lavoro, con
le due ordinanze  indicate  in  epigrafe,  dubita  -  in  riferimento
all'articolo   39   della   Costituzione   -    della    legittimita'
costituzionale  dell'articolo  7,  comma  4,  del  decreto-legge   31
dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative  e  disposizioni   urgenti   in   materia   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della  legge  28  febbraio
2008, n. 31. 
    2.- In entrambe le ordinanze di rimessione, il Tribunale premette
che, nei giudizi  principali,  due  societa'  cooperative,  opponenti
avverso  iscrizioni  a  ruolo  di  crediti  previdenziali  ai   sensi
dell'articolo 24 del decreto legislativo  26  febbraio  1999,  n.  46
(Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a  norma
dell'articolo 1 della legge 18 settembre 1998, n. 337), contestano la
pretesa contributiva dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) «in relazione al maggior imponibile retributivo e contributivo
determinato ai sensi  dell'art  7,  comma  4,  del  decreto-legge  31
dicembre 2007, n. 248  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge 28 febbraio 2008, n. 31». 
    3.- Ad avviso del rimettente, considerato che, come gia' chiarito
da questa Corte nella  sentenza  n.  106  del  1962,  una  legge  che
cercasse di conseguire il risultato della efficacia obbligatoria erga
omnes per  tutti  gli  appartenenti  alla  categoria  alla  quale  il
contratto collettivo  si  riferisce  in  maniera  diversa  da  quella
stabilita dall'art. 39  Cost.  sarebbe  palesemente  illegittima,  la
norma  censurata  violerebbe  il   parametro   costituzionale   sopra
indicato, in quanto: 
    a) attribuirebbe efficacia "erga omnes" a contratti collettivi di
tipo "normativo" e non  semplicemente  ad  "accordi  gestionali"  (e'
citata, al riguardo, la sentenza n. 268 del 1994); 
    b) l'attribuzione di tale efficacia obbligatoria erga  omnes,  al
di fuori  dei  requisiti  -  soggettivi  e  procedurali  -  stabiliti
dall'art.  39   Cost.,   prescinderebbe   totalmente   da   qualsiasi
valutazione in ordine al  rispetto  o  meno,  da  parte  del  diverso
contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, dei  precetti  di
cui all'art. 36 Cost.; 
    c)  avrebbe  carattere  solo  apparentemente   transitorio,   non
individuando alcun limite temporale preciso di efficacia. 
    4.- Le due ordinanze indicate in epigrafe censurano  la  medesima
disposizione  di  legge  con  argomentazioni  identiche  o  analoghe.
Pertanto, i relativi giudizi  di  legittimita'  costituzionale  vanno
riuniti per essere definiti con unica decisione. 
    5.- Gli interventi, di cui in narrativa, spiegati,  nel  giudizio
r.o. n. 232 del 2011, dalla  Confederazione  Cooperative  Italiane  e
dalla Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, e nel  giudizio  r.o.
n. 240 del 2011, dalla  Confederazione  Cooperative  Italiane,  dalla
Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, nonche' dalla  Associazione
Generale  Cooperative  Italiane,  sono  inammissibili,  dovendosi  al
riguardo confermare le considerazioni  esposte  nell'ordinanza  letta
nella pubblica udienza del 26 febbraio 2013. 
    Invero, premesso che le suddette  intervenienti  (ad  opponendum)
non risultano  essere  parti  nei  giudizi  a  quibus,  per  costante
giurisprudenza di  questa  Corte  sono  ammessi  ad  intervenire  nel
giudizio  incidentale  di  legittimita'  costituzionale   (oltre   al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale,
al Presidente della Giunta regionale), le  sole  parti  del  giudizio
principale. L'intervento di soggetti estranei a questo e' ammissibile
soltanto per i terzi titolari di un interesse  qualificato,  inerente
in modo diretto  e  immediato  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in
giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni  altro,  dalla
norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis: ordinanza  letta
all'udienza del 23 ottobre 2012, confermata con la  sentenza  n.  272
del 2012; ordinanza letta all'udienza del 23 marzo  2010,  confermata
con la sentenza n. 138 del 2010; ordinanza letta all'udienza  del  31
marzo 2009, confermata con la sentenza n. 151 del 2009;  sentenze  n.
94 del 2009, n. 96 del 2008 e n. 245 del 2007). 
    Nei giudizi, da cui traggono origine le questioni di legittimita'
costituzionale in esame, le posizioni sostanziali  dedotte  in  causa
concernono profili attinenti  a  contributi  previdenziali  richiesti
alle societa'  cooperative,  ricorrenti  in  opposizione  avverso  le
relative cartelle  esattoriali,  e  dunque  riguardano  rapporti  tra
l'ente previdenziale e le dette societa' ricorrenti, ma  non  toccano
in modo diretto ed immediato le posizioni soggettive e le prerogative
delle associazioni intervenienti. 
    Sotto altro profilo, l'ammissibilita' d'interventi  ad  opera  di
terzi, titolari di interessi soltanto analoghi a quelli  dedotti  nel
giudizio principale, contrasterebbe con il carattere incidentale  del
giudizio di legittimita' costituzionale, in  quanto  l'accesso  delle
parti al detto giudizio avverrebbe senza  la  previa  verifica  della
rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte
del giudice a quo. 
    Da quanto esposto consegue  l'inammissibilita'  degli  interventi
sopra indicati. 
    6.- La questione di  legittimita'  costituzionale,  sollevata  in
entrambe le ordinanze di rimessione, e' inammissibile. 
    In  primo   luogo,   il   ricorrente   e'   incorso   in   errore
nell'individuazione  della  norma  denunciata  (cosiddetta  aberratio
ictus), avendo sottoposto a scrutinio una disposizione non pertinente
rispetto all'oggetto delle censure. 
    Al riguardo, si deve  premettere  che,  come  risulta  dalle  due
ordinanze di rimessione, i giudizi a quibus concernono opposizioni  a
cartelle  esattoriali  aventi  ad  oggetto  i  (maggiori)  contributi
previdenziali   richiesti   dall'INPS   alle   societa'   cooperative
opponenti, in  relazione  a  rapporti  lavorativi  da  tali  societa'
instaurati con propri soci lavoratori. Nelle due cause  di  cui  alle
ordinanze,  dunque,  sono  in  discussione   i   rapporti   giuridici
previdenziali tra le due cooperative e l'INPS, ancorche' l'imponibile
contributivo  risulti  determinato  nel   quantum   con   riferimento
all'ammontare retributivo spettante ai  lavoratori,  nel  quadro  dei
rapporti di lavoro correnti tra questi ultimi e le societa'. 
    Orbene, l'art. 7, comma 4, del d.l. n. 248 del 2007,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008, cosi'  dispone:  «Fino
alla  completa  attuazione  della  normativa  in  materia  di   socio
lavoratore di societa' cooperative, in presenza di una pluralita'  di
contratti  collettivi   della   medesima   categoria,   le   societa'
cooperative  che  svolgono  attivita'   ricomprese   nell'ambito   di
applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri  soci
lavoratori, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001,
n. 142, i trattamenti economici complessivi non  inferiori  a  quelli
dettati  dai  contratti  collettivi  stipulati  dalle  organizzazioni
datoriali e sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello
nazionale nella categoria». 
    A sua volta il richiamato art. 3, comma 1, della legge  3  aprile
2001,   n.   142   (Revisione   della   legislazione    in    materia
cooperativistica, con  particolare  riferimento  alla  posizione  del
socio lavoratore), sotto la rubrica "Trattamento economico del  socio
lavoratore", stabilisce quanto segue: «Fermo restando quanto previsto
dall'art. 36  della  legge  20  maggio  1970,  n.  300,  le  societa'
cooperative sono  tenute  a  corrispondere  al  socio  lavoratore  un
trattamento  economico  complessivo  proporzionato  alla  qualita'  e
quantita' del lavoro prestato e  comunque  non  inferiore  ai  minimi
previsti, per prestazioni analoghe, dalla  contrattazione  collettiva
nazionale del  settore  o  della  categoria  affine,  ovvero,  per  i
rapporti di lavoro diversi  da  quello  subordinato,  in  assenza  di
contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per
prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo». 
    La finalita', perseguita da  entrambe  le  norme,  e'  quella  di
garantire  l'estensione   dei   minimi   di   trattamento   economico
(cosiddetto  minimale   retributivo)   agli   appartenenti   ad   una
determinata categoria, assicurando la parita' di  trattamento  tra  i
datori di lavoro e tra i lavoratori. 
    Invece,  la  normativa  pertinente  alla   determinazione   della
retribuzione  da  assumere  quale  base  di  calcolo  dei  contributi
previdenziali (e, quindi, nel quadro del rapporto  previdenziale)  si
rinviene non gia' nella norma censurata, ma nell'art. 1, comma 1, del
decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti in materia
di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali,  di
sgravi  contributivi  nel  Mezzogiorno   e   di   finanziamento   dei
patronati), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 7 dicembre 1989, n. 389, nonche' nell'art. 2,  comma  25,
della legge 28 dicembre 1995, n.  549  (Misure  di  razionalizzazione
della  finanza  pubblica),  e  nell'art.  3,  comma  4,  del  decreto
legislativo 6 novembre 2001,  n.  423  (Disposizioni  in  materia  di
contribuzione  previdenziale  ed  assistenziale   per   i   soci   di
cooperative, a norma dell'articolo 4, comma 3, della legge  3  aprile
2001, n. 142). 
    La prima norma cosi' dispone: «La retribuzione da  assumere  come
base per il calcolo dei contributi  di  previdenza  e  di  assistenza
sociale non puo'  essere  inferiore  all'importo  delle  retribuzioni
stabilito da  leggi,  regolamenti,  contratti  collettivi,  stipulati
dalle  organizzazioni  sindacali   piu'   rappresentative   su   base
nazionale, ovvero da  accordi  collettivi  o  contratti  individuali,
qualora ne derivi una retribuzione  di  importo  superiore  a  quello
previsto dal contratto collettivo». 
    L'art. 2, comma 25, della  legge  n.  549  del  1995  stabilisce:
«L'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n.  338,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, si interpreta
nel  senso  che,  in  caso  di  pluralita'  di  contratti  collettivi
intervenuti per la medesima categoria, la  retribuzione  da  assumere
come base dei contributi  previdenziali  e  assistenziali  e'  quella
stabilita dai contratti  collettivi  stipulati  dalle  organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative nella categoria». 
    Infine, l'art. 3, comma 4,  del  d.lgs.  n.  403  del  2001,  con
riferimento alla misura della contribuzione previdenziale per i  soci
lavoratori di cooperative, stabilisce che: «A decorrere dal 1°gennaio
2007, per la determinazione della retribuzione  imponibile,  ai  fini
del versamento dei contributi previdenziali ed  assistenziali,  trova
applicazione l'art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n.  338  del
1989». 
    Come il testuale tenore delle norme ora richiamate pone in  luce,
i rapporti previdenziali oggetto dei giudizi di cui alle ordinanze di
rimessione trovano una disciplina specifica  e  distinta  rispetto  a
quella dettata dall'art. 7, comma 4, qui censurata. 
    In particolare, l'art. 2, comma 25, della legge n. 549  del  1995
(norma di interpretazione autentica dell'art. 1 del d.l. n.  338  del
1989) detta una regolamentazione parallela a quella recata  dall'art.
7, comma 4, del d.l. n. 248  del  2007,  in  questa  sede  censurata.
Tuttavia, gli ambiti di operativita' delle due norme sono diversi. 
    Infatti,  la  prima  norma  -  nell'individuare  la  retribuzione
imponibile  a  fini  previdenziali  o  assistenziali,  nel  caso   di
pluralita' di contratti  intervenuti  per  la  medesima  categoria  -
attiene al rapporto previdenziale tra il datore di  lavoro  (societa'
cooperativa) e l'ente previdenziale, cioe' al  rapporto  oggetto  dei
giudizi a quibus, mentre il denunziato art. 7, comma 4,  concerne  il
rapporto di lavoro tra societa' e socio lavoratore, con  il  relativo
profilo retributivo, rapporto che  non  risulta  in  discussione  nei
detti giudizi. 
    Ne deriva che il Tribunale di Lucca ha sottoposto allo  scrutinio
di legittimita' costituzionale una norma non conferente  rispetto  al
thema decidendi demandato al suo esame (ex plurimis: sentenze n.  241
del 2012 e n. 47 del 2008; ordinanze n. 180 e n. 120 del 2011 e n. 92
del  2009),  soggetto  invece  alle  disposizioni  normative   dianzi
indicate, sulle quali l'eventuale declaratoria  d'illegittimita'  non
avrebbe incidenza. 
    Di qui l'inammissibilita' della questione. 
    Ogni altro profilo rimane assorbito.