ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promossi dal Tribunale ordinario di Modena con ordinanza del 4 giugno 2012, dal Tribunale ordinario di Vercelli con ordinanza del 25 settembre 2012 e dal Tribunale ordinario di Torino con ordinanza del 12 dicembre 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 202 e 287 del registro ordinanze 2012 e al n. 46 del registro ordinanze 2013, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 40 e 51, prima serie speciale, dell'anno 2012 e n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visti gli atti di costituzione della FIOM - Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazioni Provinciali di Modena, di Vercelli e Valsesia e di Torino, della Case New Holland Italia s.p.a., della Maserati s.p.a., della Ferrari s.p.a., della Fiat Group Automobiles s.p.a., e della Abarth & C. s.p.a. ed altri, nonche' gli atti di intervento della CGIL - Confederazione Generale Italiana del Lavoro, Filcams-CGIL Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi e Filcams-CGIL di Milano e Provincia, della FNSI - Federazione nazionale della stampa italiana, della Unione Industriale della Provincia di Torino e del Presidente del Consiglio dei ministri (fuori termine nel giudizio iscritto al r.o. n. 287 del 2012); udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli; uditi gli avvocati Franco Scarpelli e Amos Andreoni per la CGIL -Confederazione Generale Italiana del Lavoro, per la Filcams-Cgil - Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi, e per Filcams-CGIL di Milano e Provincia, Bruno Del Vecchio per la FNSI - Federazione nazionale della stampa italiana, Paolo Tosi per l'Unione Industriale della Provincia di Torino, Vittorio Angiolini, Piergiovanni Alleva e Franco Focareta per la FIOM - Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazioni Provinciali di Modena, di Vercelli e Valsesia e di Torino, Roberto Nania, Raffaele De Luca Tamajo e Diego Dirutigliano per Case New Holland Italia s.p.a., Maserati s.p.a. e Ferrari s.p.a., per Fiat Group Automobiles s.p.a. e per Abarth & C. Italia s.p.a. ed altri e l'avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Nel corso di piu' giudizi civili riuniti, promossi ai sensi art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), di seguito anche Statuto dei lavoratori, nei confronti di societa' del Gruppo FIAT (Case New Holland Italia s.p.a., Maserati s.p.a. e Ferrari s.p.a.), su ricorso della FIOM (Federazione impiegati operai metalmeccanici) della Provincia di Modena - alla quale le resistenti avevano disconosciuto il diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali (e, conseguentemente, ad avvalersi delle prerogative di cui al Titolo III del predetto Statuto), in ragione della mancata sottoscrizione del contratto collettivo, applicato nelle rispettive unita' produttive, da parte di essa ricorrente, che pure aveva attivamente partecipato alla correlativa negoziazione - l'adito Tribunale ordinario di Modena, dopo aver rilevato in premessa che i diritti in contestazione risultavano effettivamente riservati alle sole organizzazioni "firmatarie" dei contratti in questione, per testuale dettato dell'articolo 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori, a suo avviso non suscettibile di interpretazione adeguatrice in senso estensivo, ha ritenuto, per cio', rilevante e, in riferimento agli artt. 2, 3 e 39 Cost., non manifestamente infondata, ed ha quindi sollevato, con l'ordinanza in epigrafe (r.o. n. 202 del 2012), questione di legittimita' costituzionale del predetto articolo 19. Secondo il rimettente, il criterio selettivo ivi dettato - nella parte, appunto, in cui legittima l'esclusione dal godimento dei diritti in azienda di un sindacato, pur effettivamente rappresentativo, per il solo fatto che non abbia sottoscritto il contratto applicato in quella unita' produttiva - si porrebbe, infatti, in contrasto con gli evocati parametri costituzionali: - per l'irragionevolezza «nell'attuale condizione di rottura dell'unita' sindacale» di una soluzione imperniata «sul dato formale della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi raccordo con la misura del consenso dei rappresentati»; - per la negativa incidenza sulla decisione dell'associazione sindacale in ordine alla sottoscrizione del contratto collettivo, che ne risulta «condizionata non solo dalla finalita' di tutela degli interessi dei lavoratori, secondo la funzione regolativa propria della contrattazione collettiva, bensi' anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III»; - per la irragionevole difformita' di trattamento, che ne consegue, «tra associazioni sindacali dotate tutte di pari capacita' rappresentativa, e tutte partecipanti nella stessa misura alle trattative volte alla stipula del contratto collettivo, e che tuttavia non godono all'interno dell'azienda delle stesse prerogative a tutela degli interessi dei lavoratori da esse rappresentati solo in ragione del dissenso espresso avverso la stipula di contratti aziendali». 1.1.- Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituita la FIOM-Federazione provinciale di Modena, sostenendo l'ammissibilita' e la fondatezza nel merito della proposta questione, facendo proprie le argomentazioni addotte dal rimettente ed affermando, in particolare, che per rappresentare efficacemente i lavoratori, e proprio per volerne essere rappresentativo, il sindacato non deve solo firmare, ma talora astenersi dal sottoscrivere il contratto collettivo. Storicamente - aggiunge la FIOM - «ormai la contrattazione collettiva ha perso il carattere acquisitivo che ha avuto per molto tempo. Oggi, non solo negli accordi gestionali delle situazioni di crisi, ma anche nei rinnovi nazionali la stessa contrattazione collettiva ha sovente un prevalente contenuto ablativo, e la forza del sindacato si manifesta non tanto nella capacita' di acquisire nuovi diritti ad ogni tornata contrattuale, come e' avvenuto per tanto tempo, quanto nella capacita' di resistere alle sempre piu' pressanti ed estese richieste di flessibilita' avanzate dalle imprese». 1.2.- Si sono costituite anche Case New Holland Italia s.p.a., Maserati s.p.a. e Ferrari s.p.a., eccependo preliminarmente l'inammissibilita' della proposta questione, sia sotto il profilo della riproposizione di questione identica a quella gia' decisa da questa Corte con la sentenza n. 244 del 1996, sia riguardo al profilo della «perplessita'» e «indecifrabilita'» della motivazione dell'ordinanza di rimessione; ed aggiungendo che, ove si tratti di richiesta demolitoria, la questione in oggetto sarebbe comunque inammissibile per difetto di rilevanza; e che «qualora poi il petitum sia di carattere additivo, l'ordinanza omette di indicare in maniera sufficientemente circostanziata il verso della pretesa addizione, ossia il contenuto normativo che sarebbe necessario aggiungere alla disposizione indubbiata». Nel merito, le societa' costituite ne deducono, «in via del tutto subordinata», l'infondatezza, sia in relazione al prospettato vizio di ragionevolezza, sia in relazione al cosidetto cambiamento di scenario sindacale, in quanto «il dato costituzionale e quello giurisprudenziale convergono nel senso che la capacita' rappresentativa del sindacato ai fini dell'attivazione della normativa di sostegno non e' un fattore esclusivamente aprioristico, bensi' una qualita' che trova la sua compiuta realizzazione nella vicenda contrattuale. Cio' vuol dire che ai fini dell'utilizzo delle misure di sostegno in azienda non e' sufficiente l'astratta testimonianza degli interessi dei lavoratori iscritti, ma anche l'assunzione di una concreta responsabilita' contrattuale». 1.3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, eccependo preliminarmente la irrilevanza, e, quindi, la inammissibilita' della questione, atteso che l'eventuale declaratoria di illegittimita' dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori determinerebbe il venir meno del criterio della sottoscrizione dei contratti quale criterio selettivo per l'accesso ai diritti di cui al Titolo III dello Statuto ma, in assenza di un diverso criterio selettivo, non darebbe titolo all'associazione sindacale ricorrente di godere di quei diritti. Nel merito, l'Autorita' intervenuta ritiene infondata la questione. Sostiene che «la previsione di particolari requisiti di rappresentativita' ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori, contenuta nelle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 19, nella sua formulazione originaria, trovava la propria ratio nell'esigenza di selezionare - attraverso puntuali indici normativi - un sindacato che, per il fatto di essere piu' rappresentativo di un altro, risultava meritevole di una speciale tutela e, conseguentemente, risultava maggiormente titolato a vedersi riconoscere le prerogative di cui allo Statuto dei lavoratori. Come gia' evidenziato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 492 del 4 dicembre 1995, tale esigenza permane anche dopo il referendum abrogativo e la finalita' della norma nella sua nuova formulazione rimane quella di garantire la suddetta selezione da operarsi sulla base dell'unico parametro della sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. Tale parametro consente di valorizzare l'effettivita' dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione alla formazione della disciplina contrattuale collettiva quale indicatore di maggiore rappresentativita' direttamente conseguibile da ogni organizzazione sindacale in base ai propri atti concreti ed oggettivamente verificabili.». 1.4.- Hanno depositato memoria ad adiuvandum la CGIL, la Filcams-Cgil e le Filcams-Cgil di Milano e Provincia, argomentando la legittimita' del proprio intervento e sostenendo la fondatezza dei proposti rilievi di costituzionalita'. 1.5.- Con successiva memoria, la Case New Holland Italia s.p.a., la Maserati s.p.a. e la Ferrari s.p.a. hanno eccepito l'inammissibilita' degli interventi ad adiuvandum di CGIL e Filcams, e ribadito, altresi', le eccezioni di inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Modena; ulteriormente, infine, argomentandone la ritenuta infondatezza in relazione a ciascuno dei parametri evocati. 1.6.- Anche la FIOM di Modena ha depositato memoria, congiuntamente, per altro, alla FIOM di Vercelli ed a quella di Torino e relativa, quindi, anche ai giudizi di cui alle successive ordinanze dei Tribunale di Vercelli e di Torino. In detto atto, le tre costituite Federazioni sottolineano, tra l'altro, come l'assetto imposto per la contrattazione collettiva dall'art. 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 - nel dare sostegno ad una contrattazione "separata", per ciascuna singola azienda - aggravi i vizi di incostituzionalita' denunciati dai rimettenti. 1.7.- Ulteriore memoria e' stata depositata dalla CGIL e da Filcams nazionale e Filcams di Milano e provincia, per ribadire il rispettivo interesse al proprio intervento ad adiuvandum anche in ragione dei numerosi segnalati casi di organizzazioni, ad esse aderenti, che, pur essendo maggioritarie in azienda per numero di aderenti, vengono escluse dalla titolarita' dei diritti sindacali sol perche' non firmatarie dei contratti ivi applicati. Con riguardo al recentissimo Accordo interconfederale del 31 maggio 2013 - che ha posto alla base, sia della titolarita' dei diritti sindacali, sia dell'obbligo a trattare, la regola della democrazia bilanciando il criterio associativo con quello elettivo, esattamente al pari di quanto gia' realizzato da tempo nel settore pubblico (artt. 42 e 43 del d.lgs. n. 165 del 2001) - gli intervenienti hanno poi sottolineato come esso sia «tuttavia limitato al solo ordinamento intersindacale facente capo a CGIL-CISL-UIL-Confindustria, con (momentanea?) esclusione del terziario e degli altri settori (bancari, assicurativi, ecc.) e soprattutto con la conferma della inefficacia di tale Accordo nei confronti delle imprese dissenzienti non associate alla Confindustria come la FIAT». 2.- Ha dubitato della legittimita' costituzionale dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970 anche il Tribunale ordinario di Vercelli (ordinanza r.o. n. 287 del 2012), ravvisando il vulnus, ad opera della norma censurata, agli artt. 2, 3 e 39 Cost., con motivazioni sostanzialmente analoghe e, in parte, testualmente riproduttive di quelle svolte nella ordinanza del Tribunale ordinario di Modena, cui ha fatto adesivamente rinvio. 2.1.- Si e' costituita nel relativo giudizio la Fiat Group Automobiles s.p.a. svolgendo le medesime argomentazioni di cui agli atti di costituzione delle societa' convenute nel giudizio dinanzi al Tribunale ordinario di Modena, sia con riferimento all'inammissibilita' sia con riferimento all'infondatezza della questione in esame. 2.2.- Si e' costituita anche la FIOM - Federazione provinciale di Vercelli e Valsesia, anch'essa facendo proprie le motivazioni del rimettente, in particolare mettendo in rilievo che il riservare il diritto alla rappresentanza aziendale dei lavoratori ai soli sindacati firmatari di contratti collettivi applicabili all'unita' produttiva «puo' divenire un premio o un privilegio distribuito o negato a misura del solo interesse e degli scopi datoriali, e dunque privo di ogni ragionevole giustificazione di tutela collettiva, piuttosto che essere, come dovrebbe anche secondo lo spirito originario e la lettura sistematica dell'art. 19 entro la trama della l. n. 300 del 1970 data dalla giurisprudenza costituzionale, una funzione rappresentativa, la quale giovi ai lavoratori rappresentati». 2.3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, svolgendo le medesime argomentazioni di cui all'atto di intervento nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Modena. 2.4.- Ha depositato «atto di intervento e deduzioni» la FNSI (Federazione nazionale della stampa italiana), che, dopo aver premesso di essere l'unico organismo nazionale rappresentativo dei giornalisti in Italia, con conseguente legittimita' del suo intervento ad adiuvandum, ha fatto proprie le considerazioni del giudice rimettente. 2.5.- Con memoria depositata il 10 giugno 2013, FIAT Group s.p.a., premessa la inammissibilita' dell'intervento ad adiuvandum della FNSI, ha ulteriormente e diffusamente argomentato, in subordine alla eccepita inammissibilita' delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Vercelli, la non fondatezza delle stesse. Nella prospettiva della norma di riferimento - ha, tra l'altro, sostenuto - «non e' sufficiente il consenso come tale (peraltro scollegato dallo specifico processo negoziale, perche' dedotto da indici storici e presuntivi); e' anche indispensabile, beninteso al fine dell'accesso alle misure di sostegno, che il consenso venga bensi' utilizzato per sollecitare le soluzioni contrattuali le piu' favorevoli possibili agli interessi dei quali si e' portatori, ma senza sottrarsi alla dialettica con le altre parti ed al naturale esito compositivo cui e' destinata a mettere capo. Allo stesso modo non puo' essere sufficiente la mera partecipazione alle trattative che non si saldi con un concreto ed effettivo risultato contrattuale». 2.6.- Anche la FIOM Vercelli ha depositato memoria, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle svolte con riguardo al procedimento originato dalla ordinanza r.o. n. 202 del 2012. 3.- A sua volta, il Tribunale ordinario di Torino, con l'ordinanza di rimessione in data 12 dicembre 2012 (r.o. n. 46 del 2013), emessa, nel corso di piu' giudizi riuniti, tra la FIOM di Torino e varie societa' del Gruppo FIAT (Abarth & C. s.p.a. ed altre tredici), ha sollevato analoghe questioni di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 39 Cost., dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970, nella parte in cui limita la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle sole associazioni firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. Rileva anche detto giudice l'anacronismo del disposto in esame, sulla base sia del mutato contesto delle relazioni sindacali che dell'evoluzione del quadro normativo. 3.1.- Si e' costituita la FIOM - Federazione provinciale di Torino, con argomentazioni adesive alla prospettazione del giudice a quo. 3.2.- Anche la Abarth & C. s.p.a. e le altre societa' convenute nel giudizio a quo si sono costituite, svolgendo, in punto di inammissibilita' e con riferimento al merito, le medesime argomentazioni formulate dalle societa' resistenti nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Modena. 3.3.- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, reiterando le eccezioni di inammissibilita' e di infondatezza della questione gia' formulate in relazione alle precedenti ordinanze di rinvio. 3.4.- Ha depositato altresi' «atto di intervento» l'Unione industriale della Provincia di Torino che, previamente motivato il proprio interesse alla soluzione della questione sollevata dal Tribunale di Torino, ne ha eccepito la inammissibilita' e, in subordine, la non fondatezza, con prospettazione adesiva a quella delle societa' convenute nel giudizio a quo. 3.5.- In prossimita' dell'udienza, hanno depositato memoria, oltre alla FIOM di Torino, che ha ribadito le argomentazioni svolte nel precedente giudizio, anche la Abarth & C. s.p.a. e le altre societa' costituite, anche in questo caso per ulteriormente illustrare le proprie gia' formulate eccezioni di inammissibilita' e di non fondatezza della questione. 3.6.- Altra memoria e' stata depositata dalla Unione industriale della Provincia di Torino. La quale ha, a sua volta, ribadito il proprio interesse rispetto alla sollevata questione di costituzionalita'. Considerato in diritto 1.- Il Tribunale ordinario di Modena ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nel testo risultante dall'abrogazione parziale disposta - in esito al referendum indetto con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11 aprile 1995 - dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera a e parzialmente della lettera b dell'art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nonche' differimento dell'entrata in vigore dell'abrogazione medesima), nella parte in cui consente la costituzione di rappresentanze aziendali alle sole «associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva», e non anche a quelle che abbiano comunque partecipato alla relativa negoziazione, pur non avendoli poi, per propria scelta, sottoscritti. 1.1.- La rilevanza della questione e' motivata dal rimettente in ragione del fatto che, nei giudizi (riuniti) innanzi a lui pendenti, il sindacato ricorrente (FIOM) aveva denunciato il comportamento antisindacale delle controparti imprenditoriali (varie societa' del gruppo FIAT), le quali avevano disconosciuto la sua legittimazione a costituire rappresentanze sindacali, nelle rispettive unita' produttive, in conseguenza, appunto, della mancata sottoscrizione del contratto collettivo, ivi applicato, da parte di esso sindacato, che pure aveva attivamente partecipato alle trattative che ne avevano preceduto la conclusione. 1.2.- In punto di non manifesta infondatezza del cosi' proposto quesito, il Tribunale a quo, muovendo dalla considerazione che la partecipazione al negoziato e' un dato che evidenzia l'effettiva forza contrattuale e, di riflesso, la capacita' rappresentativa del sindacato, ne inferisce la «intrinseca irragionevolezza» del criterio selettivo della sottoscrizione del contratto, espresso dalla disposizione denunciata, «nel [l'attuale] momento in cui, applicato a fattispecie concrete, porta ad un risultato che contraddice il presupposto a dimostrazione del quale il criterio stesso era stato elaborato». Risultato cui, appunto, si perverrebbe nei processi a quibus, nei quali, alla luce di quel criterio, «dovrebbe riconoscersi maggior forza rappresentativa alle associazioni firmatarie del contratto [...], anziche' alla FIOM [che non lo ha sottoscritto], laddove in fatto e' incontestato il contrario». 1.3.- La soluzione di una lettura estensiva della espressione "associazioni firmatarie", nel senso della sua riferibilita' anche ad organizzazioni che abbiano comunque partecipato al processo contrattuale - cui, in analoghe controversie, altri giudici di merito sono pervenuti, in funzione di una "interpretazione adeguatrice" al dettato costituzionale della disposizione in esame - non e', preliminarmente, ritenuta condivisibile dal Tribunale rimettente, per l'univocita' del dato testuale che inevitabilmente vi si opporrebbe. Da qui la conclusione che la reductio ad legitimitatem della norma denunciata, in quella delineata direzione estensiva, non possa altrimenti avvenire che attraverso un intervento (evidentemente additivo) di questa Corte. 1.4.- Non ignora, peraltro, il rimettente la sentenza n. 244 del 1996, e la ordinanza n. 345 del 1996, di questa Corte, che hanno, rispettivamente, escluso la fondatezza, e dichiarato poi la manifesta infondatezza, di identiche questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori, in riferimento ai medesimi parametri (artt. 3 e 39 Cost.) ora nuovamente evocati. Ma ritiene che quelle pronunzie - legate ad un diverso contesto, connotato dalla unitarieta' di azione dei sindacati e dalla unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi applicati in azienda, nel quale «ragionevolmente quella sottoscrizione poteva essere assunta a criterio misuratore della forza del sindacato e della sua rappresentativita'» - vadano ora «ripensate alla luce dei mutamenti intercorsi nelle relazioni sindacali degli ultimi anni», caratterizzate dalla rottura della unita' di azione delle organizzazioni maggiormente rappresentative e dalla conclusione di contratti collettivi "separati". Lo scenario delle attuali relazioni sindacali risulterebbe, inoltre, ulteriormente, e profondamente, alterato dal nuovo sistema contrattuale, definito «autoconcluso ed autosufficiente», instaurato dalle societa' del Gruppo FIAT, le quali, uscite dal sistema confindustriale e recedute dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i metalmeccanici, hanno stipulato, nelle rispettive aziende, un separato contratto collettivo specifico di primo livello, sottoscritto appunto solo da associazioni sindacali diverse dalla ricorrente. Sarebbe mutato anche il quadro normativo di riferimento, in ragione della copiosa legislazione che ha elevato la contrattazione collettiva a fonte integrativa, suppletiva o derogatoria, della propria disciplina, in correlazione, sempre, ad un parametro di effettiva, e comparativamente maggiore, rappresentativita' dei sindacati stipulanti. Ed, appunto, alla luce di tali nuovi dati di sistema e di contesto, il criterio selettivo di cui alla lettera b) del primo comma del denunciato art. 19 verrebbe ora a «tradire la ratio stessa della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire una finalita' promozionale e incentivante all'attivita' del sindacato quale portatore di interesse del maggior numero di lavoratori, che trova una diretta copertura costituzionale nel principio solidaristico espresso dall'art. 2 Cost., nonche' nello stesso principio di uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione». Si porrebbe, inoltre, quel criterio, in insanabile contrasto con il precetto dell'art. 39 Cost., incidendo negativamente sulla liberta' di azione del sindacato, la cui decisione di sottoscrivere o no un contratto collettivo ne risulterebbe inevitabilmente «condizionata non solo dalla finalita' di tutela degli interessi dei lavoratori, secondo la funzione regolativa propria della contrattazione collettiva, bensi' anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III, facenti capo direttamente all'associazione sindacale, potendo le due esigenze, come nella fattispecie in esame, entrare in conflitto, e dovendosi inoltre valutare la necessita', ai fini della sottoscrizione, del consenso e della collaborazione di parte datoriale». Con l'ulteriore conseguenza che, «in ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell'unita' produttiva alcuna rappresentanza sindacale». 2.- Sostanzialmente la stessa questione, con coincidenti argomentazioni, e' stata sollevata anche dal Tribunale ordinario di Vercelli e dal Tribunale ordinario di Torino. 3.- I giudizi promossi da dette tre ordinanze, avendo il medesimo oggetto, vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 4.- In via preliminare, deve essere confermata l'ordinanza adottata nel corso dell'udienza pubblica, ed allegata alla presente sentenza, con la quale sono stati dichiarati inammissibili gli interventi adesivi spiegati dalla CGIL, FILCAMS di Milano e Provincia e dalla Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) nei giudizi di cui, rispettivamente, all'ordinanza del Tribunale ordinario di Modena ed a quella del Tribunale ordinario di Vercelli, nonche' l'intervento ad opponendum dell'Associazione Unione industriale della Provincia di Torino, nel giudizio relativo all'ordinanza del Tribunale di detta citta'. 5.- E' ancora preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilita' della questione formulate da tutte le societa' resistenti nei giudizi a quibus e dal Presidente del Consiglio. 5.1.- Ad avviso delle predette resistenti, l'odierna questione sarebbe, infatti, inammissibile perche' identica a quella gia' decisa, nel senso della non fondatezza, con la sentenza di questa Corte n. 244 del 1996; ovvero per incertezza e perplessita' del petitum che comunque, se additivo, «omette[rebbe] di indicare in maniera sufficientemente circostanziata il "verso" della pretesa addizione» e, se demolitorio, renderebbe la questione stessa priva di rilevanza. Argomento, quest'ultimo, fatto valere anche dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale «l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), dello Statuto dei lavoratori determinerebbe il venir meno del criterio della sottoscrizione dei contratti quale criterio selettivo per l'accesso ai diritti di cui al Titolo III dello Statuto ma, in assenza di un diverso criterio selettivo, non darebbe titolo all'associazione sindacale di godere di quei diritti». Con riguardo, poi, alle sole ordinanze dei Tribunali ordinari di Vercelli e di Torino, le societa' resistenti nei rispettivi processi promossi ai sensi dell'art. 28 della citata legge n. 300 del 1970 hanno ulteriormente eccepito il «difetto di motivazione in punto di (pretesa) non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sotto i profili enunciati», per essersi detti giudici limitati a motivare per relationem all'ordinanza del Tribunale ordinario di Modena. 5.2.- Nessuna delle prospettate eccezioni puo' essere accolta. In primo luogo, non e' esatto che l'esistenza di una precedente pronuncia di non fondatezza (ed anche di manifesta infondatezza) di una questione (ove pur) identica a quella riproposta dal giudice a quo sia, come si eccepisce, ostativa all'ammissibilita' di quest'ultima, potendo un tal precedente unicamente, invece, rilevare nella successiva fase di esame del merito della questione stessa, alla luce degli eventuali nuovi profili argomentativi a suo supporto offerti dal rimettente. Non e' poi sostenibile che il petitum della odierna questione sia incerto o perplesso, poiche' cio' che i giudici a quibus chiedono ora a questa Corte - in ragione della prospettata incostituzionalita' dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970 - non e' una decisione demolitoria, che effettivamente darebbe luogo ad un vuoto normativo colmabile solo dal legislatore, bensi', inequivocabilmente, una pronuncia additiva che consenta (cio' che, appunto, altri giudici di merito hanno ritenuto di poter direttamente desumere in via di interpretazione sistematica, evolutiva o, comunque, costituzionalmente adeguata della norma stessa) di estendere la legittimazione alla costituzione di rappresentanze aziendali anche ai sindacati che abbiano attivamente partecipato alle trattative per la stipula di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, ancorche' non li abbiano poi sottoscritti (per ritenuta loro non idoneita' a soddisfare gli interessi dei lavoratori). E, in tal senso, il "verso" della addictio richiesta - e che, in relazione ai parametri evocati, si prospetta come obbligata - si sottrae, evidentemente, anche alla eccezione di non sufficientemente circostanziata sua indicazione. L'inammissibilita' non puo' essere, infine, riferita neppure alle sole ordinanze dei Tribunali di Vercelli e di Torino. Le quali, lungi dall'essere motivate solo per relationem alla precedente ordinanza del Tribunale di Modena, nel condividerne il petitum, richiamano puntualmente, e sviluppano anche ulteriormente, le argomentazioni che lo sorreggono. 6.- Nel merito, le questioni sono fondate. 6.1.- L'articolo 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori e' stato ripetutamente sottoposto all'esame di questa Corte. Le prime pronunce hanno riguardato la versione originaria di detto articolo, anteriore al referendum del 1995, ossia quella per la quale «Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unita' produttiva». I dubbi di legittimita' costituzionale investivano, in quel contesto, la mancata attribuzione ad ogni associazione sindacale esistente nel luogo di lavoro della possibilita' di costituire rappresentanze sindacali aziendali. Nell'affermare la razionalita' del disegno statutario, con i due livelli di protezione accordata alle organizzazioni sindacali (liberta' di associazione, da un lato, e selezione dei soggetti collettivi fondata sul principio della loro effettiva rappresentativita', dall'altro), la Corte si e' soffermata anche sul criterio della "maggiore rappresentativita'", che pur conducendo a privilegiare le confederazioni "storiche", non precludeva rappresentanze aziendali nell'ambito delle associazioni sindacali non affiliate alle confederazioni maggiormente rappresentative, purche' si dimostrassero capaci di esprimere, attraverso la firma di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unita' produttiva, un grado di rappresentativita' idoneo a tradursi in effettivo potere contrattuale a livello extra-aziendale (sentenze n. 334 del 1988 e n. 54 del 1974). 6.2.- A partire dalla seconda meta' degli anni ottanta si e' sviluppato, pero', un dibattito critico in vista di una esigenza di revisione del meccanismo selettivo della "maggiore rappresentativita'" previsto ai fini della costituzione delle rappresentanze nei luoghi di lavoro. Ed e' stata proprio questa Corte a segnalare, con un monito al legislatore, l'ormai ineludibile esigenza di elaborare nuove regole che conducessero a un ampliamento della cerchia dei soggetti chiamati ad avere accesso al sostegno privilegiato offerto dal Titolo III dello Statuto dei lavoratori, oltre ai sindacati maggiormente rappresentativi (sentenza n. 30 del 1990). L'invito al legislatore e' stato ribadito nella sentenza n. 1 del 1994, che ha dato ingresso ai due quesiti referendari che in quell'occasione la Corte era chiamata ad esaminare: il primo, "massimalista", volto ad ottenere «l'abrogazione di tutti i criteri di maggiore rappresentativita' adottati dall'art. 19, nelle lettere a e b», e il secondo, "minimalista", mirante all'abrogazione dell'indice presuntivo di rappresentativita' previsto dalla lettera a) e all'abbassamento al livello aziendale della soglia minima di verifica della rappresentativita' effettiva prevista dalla lettera b). In quella decisione, nella consapevolezza dei profili di criticita' che avrebbero potuto annidarsi nel testo risultante dall'eventuale conformazione referendaria, nuovamente, questa Corte sottolineo' che, comunque «il legislatore potra' intervenire dettando una disciplina sostanzialmente diversa da quella abrogata, improntata a modelli di rappresentativita' sindacale compatibili con le norme costituzionali e in pari tempo consoni alle trasformazioni sopravvenute nel sistema produttivo e alle nuove spinte aggregative degli interessi collettivi dei lavoratori». 6.3.- Come e' noto, in occasione del referendum indetto con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995 e tenutosi l'11 giugno 1995, ottenne il quorum solo "il quesito minimalista", dando luogo all'attuale art. 19, che attribuisce il potere di costituire rappresentanze aziendali alle sole associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva di qualunque livello essi siano, dunque anche di livello aziendale. Nel commentare la normativa "di risulta", non si manco' di sottolineare come questa - pur coerente con la ratio referendaria di allargare il piu' possibile le maglie dell'agere sindacale anche a soggetti nuovi che fossero realmente presenti ed attivi nel panorama sindacale - rischiasse, pero', nella sua accezione letterale, di prestare il fianco ad una applicazione sbilanciata: per un verso, in eccesso, ove l'espressione «associazioni firmatarie» fosse intesa nel senso della sufficienza di una sottoscrizione, anche meramente adesiva, del contratto a fondare la titolarita' dei diritti sindacali in azienda (con virtuale apertura a sindacati di comodo); e, per altro verso, in difetto, ove interpretata, quella espressione, come ostativa al riconoscimento dei diritti in questione nei confronti delle associazioni che, pur connotate da una azione sindacale sorretta da ampio consenso dei lavoratori, avessero ritenuto di non sottoscrivere il contratto applicato in azienda. E cio' con il risultato, nell'un caso e nell'altro, di una alterazione assiologica e funzionale della norma stessa, quanto al profilo del collegamento, non certamente rescisso dall'intervento referendario, tra titolarita' dei diritti sindacali ed effettiva rappresentativita' del soggetto che ne pretende l'attribuzione. 6.4.- Le pronunzie di questa Corte, nel quinquennio successivo al referendum - sentenza n. 244 del 1996, ordinanze n. 345 del 1996, n. 148 del 1997 e n. 76 del 1998 - hanno fornito indicazioni, per quanto in concreto sottoposto al suo esame, solo con riguardo al primo dei due sottolineati punti critici. E, per questo aspetto, l'art. 19, «pur nella versione risultante dalla prova referendaria», ha superato il vaglio di costituzionalita' sulla base di una esegesi costituzionalmente orientata, che ha condotto ad una sentenza interpretativa di rigetto. In virtu' della quale, dalla premessa che «la rappresentativita' del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro espresso in forma pattizia», bensi' dalla «capacita' del sindacato di imporsi al datore di lavoro come controparte contrattuale», la Corte ha inferito che «Non e' percio' sufficiente la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto», e che «nemmeno e' sufficiente la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale di un contratto nazionale o provinciale gia' applicato nella stessa unita' produttiva» (sentenza n. 244 del 1996). In questi termini, la Corte ha ritenuto che l'indice selettivo di cui alla lettera b), del primo comma, dell'art. 19 dello Statuto dei lavoratori «si giustifica, in linea storico-sociologica e quindi di razionalita' pratica, per la corrispondenza di tale criterio allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e, di riflesso, della sua rappresentativita', tipicamente proprio dell'ordinamento sindacale». 6.5.- Nell'attuale mutato scenario delle relazioni sindacali e delle strategie imprenditoriali, quale diffusamente descritto ed analizzato dai giudici a quibus, l'altro (speculare) profilo di contraddizione (per sbilanciamento in difetto) - teoricamente, per quanto detto, gia' presente nel sistema della lettera b) del primo comma, dell'art. 19, ma di fatto sin qui oscurato dalla esperienza pratica di una perdurante presenza in azienda dei sindacati confederali - viene invece ora compiutamente ad emersione. E si riflette nella concretezza di fattispecie in cui, come denunciato dai rimettenti, dalla mancata sottoscrizione del contratto collettivo e' derivata la negazione di una rappresentativita' che esiste, invece, nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all'unita' produttiva. In questa nuova prospettiva si richiede, appunto, una rilettura dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori, che ne riallinei il contenuto precettivo alla ratio che lo sottende. 6.6.- L'aporia indotta dalla esclusione dal godimento dei diritti in azienda del sindacato non firmatario di alcun contratto collettivo, ma dotato dell'effettivo consenso da parte dei lavoratori, che ne permette e al tempo stesso rende non eludibile l'accesso alle trattative, era gia' stata del resto rilevata; e dalle riflessioni svolte in proposito era scaturita anche la sollecitazione ad una interpretazione adeguatrice della norma in questione, alla stregua della quale, superandosi lo scoglio del suo tenore letterale, che fa espresso riferimento ai sindacati "firmatari", si ritenesse condizione necessaria e sufficiente, per soddisfare il requisito previsto dall'art. 19, quella di aver effettivamente partecipato alle trattative, indipendentemente dalla sottoscrizione del contratto. Interpretazione di cui si e' sostenuta la coerenza con la richiamata giurisprudenza costituzionale in materia di irrilevanza, ai fini dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori, della mera sottoscrizione del contratto collettivo non preceduta dalla effettiva partecipazione alle trattative. I Tribunali rimettenti, a differenza di quanto ritenuto da altri giudici di merito, hanno escluso, pero', la possibilita' della richiamata interpretazione adeguatrice, reputata incompatibile con il testo dell'art. 19, e percio' hanno sollevato le questioni di legittimita' costituzionale all'odierno esame, al fine di conseguire, attraverso una pronuncia additiva, quel medesimo risultato di estensione della titolarita' dei diritti sindacali, sulla base della nozione di "effettivita' dell'azione sindacale", alle organizzazioni che abbiano partecipato alle trattative, ancorche' non firmatarie del contratto. 7.- La Corte giudica corretta questa opzione ermeneutica, risultando effettivamente univoco e non suscettibile di una diversa lettura l'art. 19, tale, dunque, da non consentire l'applicazione di criteri estranei alla sua formulazione letterale. Ma alla luce di una siffatta testuale interpretazione la disposizione in oggetto non sfugge alle censure sollevate dai rimettenti. Infatti, nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentativita' e, per una sorta di eterogenesi dei fini, si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, si' da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell'accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli artt. 2, 3 e 39 Cost. Risulta, in primo luogo, violato l'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della irragionevolezza intrinseca di quel criterio, e della disparita' di trattamento che e' suscettibile di ingenerare tra sindacati. Questi ultimi infatti nell'esercizio della loro funzione di autotutela dell'interesse collettivo - che, in quanto tale, reclama la garanzia di cui all'art. 2 Cost. - sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non gia' del rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentativita' e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensi' del rapporto con l'azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa. E se, come appena dimostrato, il modello disegnato dall'art. 19, che prevede la stipulazione del contratto collettivo quale unica premessa per il conseguimento dei diritti sindacali, condiziona il beneficio esclusivamente ad un atteggiamento consonante con l'impresa, o quanto meno presupponente il suo assenso alla fruizione della partecipazione sindacale, risulta evidente anche il vulnus all'art. 39, primo e quarto comma, Cost., per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della liberta' di azione della organizzazione sindacale. La quale, se trova, a monte, in ragione di una sua acquisita rappresentativita', la tutela dell'art. 28 dello Statuto nell'ipotesi di un eventuale, non giustificato, suo negato accesso al tavolo delle trattative, si scontra poi, a valle, con l'effetto legale di estromissione dalle prerogative sindacali che la disposizione denunciata automaticamente collega alla sua decisione di non sottoscrivere il contratto. Cio' che si traduce, per un verso, in una forma impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente incide, condizionandola, sulla liberta' del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute piu' appropriate per i suoi rappresentati; mentre, per l'altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum. 8.- Va, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970, nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda. 9.- L'intervento additivo cosi' operato dalla Corte, in coerenza con il petitum dei giudici a quibus e nei limiti di rilevanza della questione sollevata, non affronta il piu' generale problema della mancata attuazione complessiva dell'art. 39 Cost., ne' individua - e non potrebbe farlo - un criterio selettivo della rappresentativita' sindacale ai fini del riconoscimento della tutela privilegiata di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori in azienda nel caso di mancanza di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva per carenza di attivita' negoziale ovvero per impossibilita' di pervenire ad un accordo aziendale. Ad una tale evenienza puo' astrattamente darsi risposta attraverso una molteplicita' di soluzioni. Queste potrebbero consistere, tra l'altro, nella valorizzazione dell'indice di rappresentativita' costituito dal numero degli iscritti, o ancora nella introduzione di un obbligo a trattare con le organizzazioni sindacali che superino una determinata soglia di sbarramento, o nell'attribuzione al requisito previsto dall'art. 19 dello Statuto dei lavoratori del carattere di rinvio generale al sistema contrattuale e non al singolo contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva vigente, oppure al riconoscimento del diritto di ciascun lavoratore ad eleggere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Compete al legislatore l'opzione tra queste od altre soluzioni.