ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 175, 178,
comma 1, lettera c), 179, 603 e 604 del codice di  procedura  penale,
promosso dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento  penale  a
carico di S.B.C. con ordinanza del 7 febbraio 2013, iscritta al n. 70
del registro ordinanze 2013 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  S.B.C.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Giuseppe Frigo; 
    uditi l'avvocato Alessandro Sarti per S.B.C. e  l'avvocato  dello
Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che,  con  ordinanza  del  7  febbraio  2013,  la  Corte
d'appello di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,  24,
111   e   117   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 175, 178, comma 1, lettera c), 179  e  604
del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono  che
la  mancata  conoscenza  del  procedimento,  da  parte  dell'imputato
restituito  nel  termine  per  proporre  impugnazione,  determini  la
nullita' della sentenza appellata, ovvero del  decreto  di  rinvio  a
giudizio o di citazione a giudizio con  nullita'  derivata  di  detta
sentenza, e imponga conseguentemente la trasmissione  degli  atti  al
giudice di primo grado; 
    che, «in aggiunta  o  in  alternativa»,  la  Corte  bolognese  ha
sollevato,  in  riferimento  ai  medesimi  parametri,  questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 175 e 603  cod.  proc.  pen.,
nella parte  in  cui  non  consentono  all'imputato,  restituito  nel
termine per non aver avuto conoscenza del procedimento, di esercitare
in modo pieno, in grado di appello, le facolta'  di  cui  agli  artt.
438, 444, 468, 491 e 555 cod. proc. pen.; 
    che  la  Corte   rimettente   riferisce   di   essere   investita
dell'appello avverso la sentenza  del  Tribunale  di  Ravenna  del  9
giugno 2006, che aveva condannato l'imputato, dichiarato irreperibile
e giudicato in contumacia, alla pena di otto anni di  reclusione  per
fatti di violenza sessuale continuata  ai  danni  di  due  straniere,
induzione,   avviamento,   favoreggiamento   e   sfruttamento   della
prostituzione  di  entrambe  e  costrizione  di  una   di   esse   ad
interrompere la gravidanza; 
    che l'imputato era stato  restituito  nel  termine  per  proporre
impugnazione ai sensi dell'art. 175, comma 2,  cod.  proc.  pen.,  in
quanto non aveva avuto conoscenza ne' del procedimento promosso a suo
carico, ne' del provvedimento di condanna; 
    che  il  difensore  appellante   -   eccependo   l'illegittimita'
costituzionale, in parte qua, del citato  art.  175,  comma  2,  cod.
proc. pen. - aveva chiesto  che  fosse  dichiarata  la  nullita'  del
procedimento di primo grado, ovvero che l'imputato fosse  rimesso  in
termini  per  esercitare  un  complesso  di  facolta',  precluse  nel
giudizio di appello: in specie,  quelle  di  eccepire  l'incompetenza
territoriale, di chiedere l'applicazione della  pena  o  il  giudizio
abbreviato, di indicare testimoni al di  fuori  dei  limiti  previsti
dall'art. 603 cod. proc. pen.; 
    che, allo stato - secondo il giudice a quo  -  nessuna  di  dette
richieste potrebbe essere accolta: non la prima, per il principio  di
tassativita' delle nullita' (art. 177 cod.  proc.  pen.),  posto  che
l'art. 179 cod. proc. pen. non contempla fra le ipotesi  di  nullita'
assoluta anche la mancata conoscenza effettiva  del  procedimento  da
parte dell'imputato; non le  altre,  stante  il  preciso  sistema  di
decadenze  stabilito  dalla   legge   processuale,   che   renderebbe
impraticabile una interpretazione "adeguatrice"; 
    che, ad avviso della Corte felsinea, siffatto regime si  porrebbe
in contrasto con plurimi parametri costituzionali; 
    che risulterebbe violato, anzitutto, l'art. 3 Cost., sia sotto il
profilo della irragionevole equiparazione di situazioni difformi, che
sotto  quello  dell'irragionevole  disparita'   di   trattamento   di
situazioni analoghe; 
    che,  da  un  lato,  infatti,   sussisterebbe   una   sostanziale
diversita' tra la posizione di chi non  abbia  avuto  conoscenza  del
procedimento e non abbia volontariamente rinunciato  a  comparire,  e
quella  di  chi  non  abbia  avuto  effettiva  conoscenza  del   solo
provvedimento di condanna e non abbia  volontariamente  rinunciato  a
proporre impugnazione: situazioni che, per converso,  il  legislatore
parifica, prevedendo in entrambi i casi la restituzione  nel  termine
dell'imputato al solo fine di proporre impugnazione; 
    che,  dall'altro  lato,  sarebbe  ravvisabile   una   sostanziale
analogia tra la posizione dell'imputato che non sia stato citato  per
il giudizio o per l'udienza preliminare e  quella  dell'imputato  che
non abbia avuto effettiva conoscenza di  detta  citazione,  rimanendo
cosi'  ignaro  del  procedimento  a  suo  carico:  posizioni  che  il
legislatore tratta invece in modo differenziato, includendo  solo  il
primo caso tra le ipotesi di nullita' assoluta; 
    che sarebbe violato anche l'art. 24 Cost.,  giacche'  l'imputato,
restituito  nel  termine  per   non   aver   avuto   conoscenza   del
procedimento, si vedrebbe irragionevolmente privato di una  serie  di
facolta', non solo istruttorie, riconosciute a chi e' stato posto  in
grado di  parteciparvi  consapevolmente  sin  dall'inizio,  quali  la
possibilita' di richiedere riti alternativi o di proporre determinate
eccezioni preliminari; 
    che l'art. 111, terzo comma,  Cost.  garantisce,  altresi',  alla
persona accusata di un reato il diritto ad essere informata nel  piu'
breve tempo possibile dell'accusa elevata a suo carico,  di  disporre
del tempo e delle  condizioni  per  preparare  la  sua  difesa  e  di
ottenere l'acquisizione di ogni mezzo di prova a suo favore:  diritti
che apparirebbero parimenti compromessi o  affievoliti,  rispetto  al
soggetto in questione, dalle preclusioni maturate in primo  grado,  a
fronte delle non altrettanto ampie previsioni degli artt. 603  e  604
cod. proc. pen.; 
    che sarebbe violato, infine, l'art. 117, primo comma,  Cost.,  in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848, il quale, nell'interpretazione  fornitane  dalla
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,  impone  che  siano  previsti
strumenti preventivi o ripristinatori per evitare processi  penali  a
carico di contumaci inconsapevoli, ovvero per assicurare in un  nuovo
giudizio, anche mediante la produzione di nuove prove, il diritto  di
difesa che non fosse stato  possibile  esercitare  personalmente  nel
processo contumaciale gia' concluso; 
    che,  su  tali  premesse,  la  Corte  rimettente   dubita   della
legittimita' costituzionale degli artt. 175, 178,  comma  1,  lettera
c), 179 e 604 cod. proc. pen., nella parte  in  cui  -  nel  caso  di
restituzione nel termine dell'imputato  per  mancata  conoscenza  del
procedimento - non prevedono la  nullita'  della  sentenza  di  primo
grado, ovvero del decreto di rinvio  a  giudizio  o  di  citazione  a
giudizio, con nullita' derivata di detta sentenza, e  la  conseguente
trasmissione degli atti al primo giudice; 
    che pure in un quadro costituzionale e ordinamentale nel quale il
doppio grado di giudizio di  merito  non  rappresenta  una  soluzione
obbligata, il rimedio della nullita' risulterebbe, infatti,  adeguato
in rapporto  all'esigenza  di  permettere  al  contumace  rimesso  in
termini di avvalersi  di  tutte  le  facolta'  difensive  non  potute
esercitare in primo grado; ne', d'altra parte, la pronuncia  additiva
invocata comporterebbe scelte discrezionali  di  esclusiva  spettanza
del legislatore, trattandosi semplicemente di aggiungere al  catalogo
delle cause di nullita' una ulteriore e precisa ipotesi; 
    che, «in aggiunta o in alternativa», il giudice a quo ritiene  in
contrasto con le medesime norme costituzionali gli artt.  175  e  603
cod. proc. pen., nella parte  in  cui  non  consentono  all'imputato,
restituito  nel  termine  per   non   aver   avuto   conoscenza   del
procedimento, di esercitare in modo pieno, in grado  di  appello,  le
facolta' previste dagli artt. 438, 444, 468, 491  e  555  cod.  proc.
pen.; 
    che,  anche  in  questo   caso,   l'auspicata   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale non comporterebbe  -  ad  avviso  della
Corte rimettente - scelte discrezionali di  esclusiva  spettanza  del
legislatore,   «essendo   univocamente    determinato    l'intervento
"additivo" prospettabile»; 
    che si e' costituito S.B.C., imputato  nel  processo  a  quo,  il
quale  ha  chiesto  che  entrambe   le   questioni   siano   accolte,
ripercorrendo e ampliando  gli  argomenti  addotti  a  loro  sostegno
dall'ordinanza di rimessione; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili per difetto
di motivazione sulla rilevanza o, comunque, infondate nel merito. 
    Ritenuto  che  la  Corte  d'appello  di  Bologna   dubita   della
legittimita' costituzionale degli artt. 175, 178,  comma  1,  lettera
c), 179  e  604  del  codice  di  procedura  penale,  deducendone  il
contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117  della  Costituzione,  nella
parte  in  cui  non  prevedono  che   la   mancata   conoscenza   del
procedimento, da  parte  dell'imputato  restituito  nel  termine  per
proporre  impugnazione,  determini   la   nullita'   della   sentenza
appellata, ovvero del decreto di rinvio a giudizio o di  citazione  a
giudizio  con  nullita'  derivata  di  detta  sentenza,   e   imponga
conseguentemente la trasmissione  degli  atti  al  giudice  di  primo
grado; 
    che, «in aggiunta o in alternativa», la Corte rimettente  solleva
questione di legittimita' costituzionale, in riferimento ai  medesimi
parametri, degli artt. 175 e 603 cod. proc. pen., nella parte in  cui
non consentono all'imputato, restituito  nel  termine  per  non  aver
avuto conoscenza del procedimento, di avvalersi  in  modo  pieno,  in
grado di appello, delle facolta' previste dagli artt. 438, 444,  468,
491 e 555 cod. proc. pen.; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  intervenuta
la legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene
detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema  sanzionatorio.
Disposizioni in materia di sospensione  del  procedimento  con  messa
alla prova e nei  confronti  degli  irreperibili),  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, serie generale,  n.  100  del  2
maggio 2014, la quale ha modificato in modo particolarmente  incisivo
la disciplina del processo penale senza la presenza dell'imputato; 
    che, per un verso, la nuova legge ha introdotto meccanismi intesi
ad  evitare,  in  via  preventiva,  che  si  celebrino  processi  nei
confronti di soggetti inconsapevoli; 
    che,  in  questa  prospettiva,   viene   segnatamente   soppresso
l'istituto del processo in contumacia; si consente  di  procedere  in
assenza dell'imputato solo quando l'avviso dell'udienza gli sia stato
notificato personalmente, o risulti comunque con certezza che egli e'
a conoscenza del procedimento o si e'  volontariamente  sottratto  ad
essa (art. 420-bis cod. proc.  pen.,  come  sostituito  dall'art.  9,
comma 2, della legge n. 67 del 2014); si  prevede,  infine,  che  nel
caso  di  irreperibilita'  dell'imputato  il  processo  debba  essere
sospeso (art. 420-quater cod. proc. pen., come  sostituito  dall'art.
9, comma 3, della nuova legge); 
    che, sul piano dei rimedi  restitutori,  la  novella  legislativa
stabilisce, per quanto qui piu' interessa, che il giudice di  appello
debba dichiarare la nullita' della sentenza  appellata,  trasmettendo
gli atti al giudice di primo grado, tanto nel caso in cui consti  che
il processo avrebbe dovuto essere sospeso ai sensi  del  citato  art.
420-quater cod. proc. pen., quanto nel caso in cui  l'imputato  provi
che la sua assenza  e'  stata  dovuta  «ad  una  incolpevole  mancata
conoscenza della celebrazione del processo di primo  grado»:  ipotesi
nelle quali e' possibile, altresi', la restituzione dell'imputato nel
termine per formulare  le  richieste  di  giudizio  abbreviato  e  di
applicazione della pena (comma 5-bis dell'art. 604 cod.  proc.  pen.,
aggiunto dall'art. 11, comma 3, della legge n. 67 del 2014); 
    che, correlativamente, il comma 4 dell'art. 603 cod. proc.  pen.,
che stabiliva  le  condizioni  per  la  rinnovazione  dell'istruzione
dibattimentale in appello a favore dell'imputato contumace  in  primo
grado, e' stato abrogato (art. 11, comma 2, della  legge  n.  67  del
2014); 
    che, nell'ipotesi di condanna con sentenza divenuta irrevocabile,
il condannato nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta
la  durata  del  processo  puo'  chiedere,  inoltre,  alla  Corte  di
cassazione  la  «rescissione  del  giudicato»,  qualora  provi   «che
l'assenza e' stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della
celebrazione del processo»: richiesta il cui accoglimento comporta la
revoca della sentenza e la trasmissione  degli  atti  al  giudice  di
primo grado,  con  possibile  restituzione  dell'imputato,  anche  in
questo caso, nel termine per la  richiesta  dei  riti  alternativi  a
carattere  "premiale"  (art.  625-ter  cod.  proc.   pen.,   aggiunto
dall'art. 11, comma 5, della nuova legge); 
    che, a fronte di siffatte modifiche,  e'  stato  soppresso  anche
l'istituto della restituzione dell'imputato nel termine per  proporre
impugnazione avverso la sentenza contumaciale, rimanendo l'art.  175,
comma 2, cod. proc. pen. riferito al solo  «imputato  condannato  con
decreto penale» (art. 11, comma 6, della legge n. 67 del 2014); 
    che, in  questo  modo,  tre  delle  cinque  norme  censurate  dal
rimettente (artt. 175, 603 e 604 cod. proc. pen.) sono state  oggetto
di rilevanti  interventi  modificativi  ed  e'  radicalmente  mutato,
altresi', il panorama normativo di riferimento; 
    che, pertanto - a prescindere da ogni ulteriore rilievo in ordine
all'ammissibilita'  delle  questioni  (particolarmente   per   quanto
attiene alla loro prospettazione in forma ancipite e al fatto che  il
giudice a quo non abbia preso specificamente in esame, anche solo per
contestarne  la  validita',   l'interpretazione   "costituzionalmente
orientata" della normativa censurata, prospettata in  alcune  recenti
pronunce della Corte di cassazione) -  va  disposta  la  restituzione
degli atti alla Corte rimettente per un nuovo esame  della  rilevanza
delle questioni alla luce dello ius superveniens.