ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli  artt.  11,  12,
13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 39 e 41  della  legge  della  Regione
Toscana 28 settembre 2012, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia  di
commercio per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201
e del decreto-legge 24 gennaio  2012,  n.  1.  Modifiche  alla  legge
regionale n. 28 del 2005 e alla legge regionale  n.  1  del  2005)  e
degli artt. 2, 3, 5, comma 2, 6, 16 e 18 della  legge  della  Regione
Toscana 5 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni in materia di commercio in
sede fissa e di distribuzione di  carburanti.  Modifiche  alla  legge
regionale n. 28 del 2005 e alla legge  regionale  n.  52  del  2012),
promossi dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorsi
notificati il 27-29 novembre 2012 e il 6-10 giugno  2013,  depositati
in cancelleria il 6 dicembre 2012 e  l'11  giugno  2013  ed  iscritti
rispettivamente al n. 185 del registro ricorsi 2012 e al  n.  68  del
registro ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Toscana; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  15  aprile  2014  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Marcello  Cecchetti  per  la
Regione Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 27-29 novembre 2012 e depositato il
successivo 6 dicembre (reg. ric. n. 185 del 2012), il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 11, 12, 13, 14, 15, 16,
17, 18, 19, 20,  39  e  41  della  legge  della  Regione  Toscana  28
settembre 2012, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia  di  commercio
per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201  e  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1. Modifiche alla  legge  regionale
n. 28 del 2005 e alla legge regionale n. 1 del 2005)  per  violazione
degli artt. 41  e  117,  secondo  comma,  lettere  e)  ed  m),  della
Costituzione. 
    1.1.- In particolare, gli artt. 11, 12 e 19 della legge  reg.  n.
52 del 2012 - che sostituiscono rispettivamente gli artt. 17, 18 e 19
della legge della Regione Toscana 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice  del
Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree
pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di  stampa
quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti) -  stabiliscono
che l'apertura,  il  trasferimento  di  sede  e  l'ampliamento  della
superficie di vendita delle medie e grandi strutture di vendita e dei
centri commerciali sono soggetti ad autorizzazione  rilasciata  dallo
«sportello unico per  le  unita'  produttive»  (d'ora  innanzi  SUAP)
competente per territorio. 
    Ad avviso del ricorrente le disposizioni regionali di  cui  sopra
contrasterebbero con l'art. 19 della legge  7  agosto  1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso ai documenti amministrativi) e con l'art. 31, comma 2, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, che hanno abolito  i  regimi  autorizzatori  e
sancito il principio della liberta' di  apertura  di  nuovi  esercizi
commerciali, facendo salve solo specifiche  esigenze  attinenti  alla
tutela  della  salute,  dei  lavoratori,  dell'ambiente  e  dei  beni
culturali. Le citate norme statali costituirebbero espressione  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in  materia  di  «tutela
della concorrenza», al pari della disposizione  di  cui  all'art.  1,
comma 1,  lettera  b),  del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27,  secondo  cui
sono contrarie al principio  di  liberta'  di  iniziativa  economica,
sancito dall'art. 41 Cost., e al  principio  di  libera  concorrenza,
stabilito dal Trattato sull'Unione  europea,  le  norme  che  pongono
divieti e restrizioni alle attivita' economiche non  adeguati  e  non
proporzionati  alle  finalita'  pubbliche  perseguite,   nonche'   le
disposizioni  di  pianificazione  e  programmazione  territoriale   o
temporale  autoritativa  con   prevalente   finalita'   economica   o
prevalente contenuto economico, che pongono limiti non adeguati o non
proporzionati  alle  finalita'  pubbliche  dichiarate   e   che,   in
particolare, impediscono, condizionano o ritardano l'avvio  di  nuove
attivita' economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici. 
    Secondo   l'Avvocatura   generale   dello   Stato    le    citate
autorizzazioni  del  SUAP,  previste  dalle  disposizioni   regionali
impugnate, renderebbero piu' difficoltosi l'avvio e le  modificazioni
all'esercizio  di  attivita'  commerciali,  imponendo  ostacoli   non
proporzionati alla libera iniziativa economica  e  alla  concorrenza,
con conseguente violazione degli  artt.  41  e  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost. 
    Il  ricorrente  ha  rimarcato,  inoltre,  che  il  principio   di
liberalizzazione ha un ambito applicativo esteso alla  totalita'  dei
cittadini, cosi' da costituire, in  conformita'  alla  giurisprudenza
costituzionale (sentenza n. 164 del 2012), livello  essenziale  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali,  di  tal  che  le
disposizioni regionali impugnate dovrebbero considerarsi lesive anche
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    1.2.- In relazione agli artt. 13,  14,  15  e  16  dell'impugnata
legge reg. n. 52 del  2012,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
osservato che tali disposizioni -  introducendo  rispettivamente  gli
artt. 18-ter, 18-quater, 18-quinquies, 18-sexies nella legge reg.  n.
28  del  2005  -  hanno  stabilito  una  procedura  per  il  rilascio
dell'autorizzazione alle grandi strutture particolarmente complessa e
onerosa, sia per la copiosita' dei documenti  richiesti  sia  per  la
pluralita' delle fasi procedimentali con il  coinvolgimento  di  vari
enti locali. Una simile  disciplina  avrebbe,  quindi,  l'effetto  di
ritardare l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, con  conseguente
lesione delle gia' citate disposizioni legislative statali (art.  31,
comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 e art. 1 del d.l. n. 1  del  2012),
espressione della potesta' legislativa statale di cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. Inoltre sussisterebbe contrasto  con
l'art. 7 del d.P.R. 7 settembre 2010,  n.  160  (Regolamento  per  la
semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico
per le attivita' produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), che prevede un unico procedimento
per presentare istanze di inizio d'attivita' al SUAP. 
    Le norme regionali in esame, infine,  si  dovrebbero  considerare
lesive anche dell'art. 41 Cost. 
    1.3.- In relazione agli artt. 17 e 18 della legge reg. n. 52  del
2012  -  che  inseriscono  rispettivamente  gli  artt.  18-septies  e
18-octies nella legge reg. n. 28 del 2005 - il ricorrente osserva che
esse    introducono    molteplici    requisiti    obbligatori     per
l'autorizzazione all'esercizio di grandi strutture di  vendita.  Tali
requisiti,  pur  apparentemente  motivati  con  ragioni   di   tutela
dell'ambiente, della  salute  e  dei  lavoratori,  sono  tuttavia  di
qualita'  e   quantita'   tali   da   risultare   ingiustificatamente
restrittivi della concorrenza e da  limitare  l'accesso  al  mercato,
aggravando eccessivamente il costo  degli  investimenti  necessari  e
favorendo, cosi', il mantenimento degli assetti di mercato esistenti.
Cio' determinerebbe, pertanto, una violazione dei  citati  artt.  31,
comma 2, del d.l. n. 201 del 2011  e  1  del  d.l.  n.  1  del  2012,
esplicazione della potesta' legislativa statale di cui all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  oltre  ad  essere   fortemente
limitative della libera iniziativa economica  tutelata  dall'art.  41
Cost. 
    Riguardo, piu' specificamente, all'art.  18-septies  della  legge
reg. n. 28 del 2005, introdotto dall'art. 17 della legge reg.  n.  52
del 2012, tale disposizione  imporrebbe  altresi'  l'obbligo  per  il
privato di apprestare un servizio di trasporto privato, a tariffe  di
servizio pubblico,  cosi'  da  potersi  tradurre  in  un  affidamento
diretto del servizio di trasporto al di fuori delle modalita' in  cui
e' consentito dalla legislazione statale vigente. 
    1.4.- Per quanto concerne l'art. 20 della legge reg.  n.  52  del
2012 - che introduce l'art. 19-quinquies nella legge reg. n.  28  del
2005 - esso prevede una nuova tipologia di struttura  di  vendita  in
forma  aggregata,  introducendo  di  fatto,  a  posteriori   rispetto
all'istanza di autorizzazione, limitazioni alle distanze  minime  tra
esercizi commerciali, da considerarsi vietate ai sensi dell'art.  34,
comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214  del
2011 e dell'art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, convertito dalla legge  n.
27 del 2012, che, nel recepire le  prescrizioni  della  direttiva  12
dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), abrogano le norme
che pongono divieti  e  restrizioni  alle  attivita'  economiche  non
adeguati e non proporzionati  alle  finalita'  pubbliche  perseguite,
vietando in particolare l'imposizione di distanze minime tra le  sedi
di esercizio di un'attivita' economica. La  disciplina  regionale  in
esame violerebbe, quindi, ancora una volta l'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. 
    1.5. - L'art. 39 dell'impugnata legge regionale - che sostituisce
l'art. 54 della legge reg. n. 28 del 2005 - prevede  la  presenza  di
impianti fotovoltaici o capacita' complessive dei serbatoi dell'acqua
piovana, che il ricorrente  considera  sproporzionati  rispetto  alla
finalita'  perseguita,  con  lesione   della   potesta'   legislativa
esclusiva nella materia della «tutela della concorrenza». 
    1.6.- Riguardo all'art. 41 della legge reg. n. 52 del  2012-  che
sostituisce l'art. 56 della legge reg. n. 28 del 2005 -  l'Avvocatura
generale  osserva  che  la  limitazione,   contenuta   nella   citata
disposizione, all'esercizio della vendita al  dettaglio,  presso  gli
impianti di distribuzione  del  carburante,  ad  una  superficie  non
superiore  a  quella  degli  esercizi  di  vicinato,  introduce   una
restrizione quantitativa allo svolgimento di  attivita'  commerciali,
non giustificata da alcun interesse generale, con conseguente lesione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    2.- Con atto depositato in cancelleria il 27 dicembre 2012 si  e'
costituita la Regione Toscana chiedendo che  le  questioni  sollevate
siano dichiarate inammissibili o infondate. 
    2.1.- In particolare, la resistente ha  osservato,  in  relazione
agli artt. 11, 12 e 19 della legge reg. n. 52 del 2012  in  punto  di
autorizzazione del SUAP competente per territorio, che si  tratta  di
disposizioni  emanate  nell'ambito   della   competenza   legislativa
regionale  residuale  del  commercio,  orientato  alla  garanzia   di
interessi costituzionalmente rilevanti, quale la tutela della salute,
dei lavoratori, dell'ambiente (anche urbano) e dei beni culturali, di
tal che essi non  violano  i  parametri  costituzionali  dedotti  dal
ricorrente. 
    2.2.- In relazione agli artt. 13, 14,  15  e  16  della  medesima
legge, la Regione ha rilevato come le procedure e  i  tempi  previsti
per il rilascio delle autorizzazioni non si  possano  in  alcun  modo
ritenere sproporzionate e onerose e, come tali, non violano in  alcun
modo i principi stabiliti nelle  norme  statali  pro  concorrenziali,
dovendosi viceversa considerare come  tale  disciplina  armonizzi  la
celerita'  del  procedimento  con  la  necessita'  di  rispettare  le
competenze proprie degli enti pubblici coinvolti. 
    2.3.- Quanto agli artt. 17 e 18 della impugnata legge  regionale,
la difesa  della  Toscana  ha  osservato  che  la  maggioranza  degli
elementi di qualita' richiesti per l'apertura delle grandi  strutture
di vendita erano gia'  previsti  dal  decreto  del  Presidente  della
Giunta regionale 1° aprile 2009, n. 15/R (Regolamento  di  attuazione
della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 «Codice  del  commercio.
Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche,
somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa  quotidiana
e periodica e distribuzione di carburanti») e che tali requisiti  non
avevano mai ostacolato l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, con
la conseguenza che neppure in questo caso puo' ritenersi  sussistente
alcuna violazione costituzionale. 
    2.4.- In ordine all'art. 20 della legge  reg.  n.  52  del  2012,
relativo alla disciplina della tipologia delle strutture  di  vendita
in forma aggregata, la Regione ha negato che si tratti di  disciplina
che introduce distanze tra gli esercizi commerciali,  trattandosi  di
disposizioni volte a ridurre l'impatto che tali strutture hanno sulla
viabilita' e sul consumo  del  territorio,  senza  alcuna  violazione
delle norme statali a tutela della concorrenza. 
    2.5.- In relazione all'impugnato art.  39  sulle  caratteristiche
dei nuovi impianti di distribuzione dei carburanti, la resistente  ha
osservato che si tratta di prescrizioni del  tutto  proporzionate  e,
quindi, tali da non determinare  alcuna  lesione  all'interesse  alla
concorrenza. 
    2.6.- Con riferimento, infine, all'art.  41  della  citata  legge
reg. n.  52  del  2012,  la  difesa  regionale  ha  ribadito  che  la
disciplina riguardante la vendita al dettaglio negli impianti per  la
distribuzione di  carburanti,  attiene  alla  competenza  legislativa
residuale in materia di commercio. 
    2.7.- Piu' in generale, la difesa della  Regione  ha  evidenziato
come l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.  non  costituisca
titolo idoneo a limitare  le  prerogative  legislative  regionali  in
materia di commercio e, nella fattispecie in  esame,  la  Regione  ha
disciplinato tale materia non ponendo ulteriori limiti per  l'accesso
al mercato, ma si e' limitata  a  regolamentare  aspetti  di  propria
competenza inerenti appunto il commercio in relazione a requisiti  da
sempre esistenti nella disciplina regionale. 
    3.- Con memoria integrativa depositata il 12  novembre  2013,  la
Regione  Toscana  ha  osservato  che,  a  seguito   dell'impugnazione
statale, e' stata approvata la legge regionale 5 aprile 2013,  n.  13
(Disposizioni  in  materia  di  commercio  in   sede   fissa   e   di
distribuzione di carburanti. Modifiche alla legge regionale n. 28 del
2005 e alla legge regionale n. 52 del 2012), con la quale, ad  avviso
della resistente, la medesima Regione si e' parzialmente adeguata  ai
rilievi mossi nel ricorso. 
    3.1.- In particolare, si e' prevista la segnalazione  certificata
di inizio attivita' (d'ora innanzi SCIA)  in  caso  di  modifica  del
settore merceologico che non implichi  interventi  edilizi  e  si  e'
invece mantenuto il regime autorizzatorio per  gli  altri  casi,  che
richiedano, per le grandi e medie strutture di vendita e per i centri
commerciali, interventi edilizi  non  assentibili  mediante  semplice
segnalazione certificata ai  sensi  della  legislazione  statale.  La
difesa regionale  ha  rimarcato  che  questa  Corte  con  la  recente
sentenza n. 251 del 2013 ha ritenuto  non  fondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale delle norme della Regione Veneto  che  si
limitano, analogamente a quanto  avviene  per  quelle  della  Regione
Toscana impugnate in  questa  sede,  a  distinguere  i  casi  in  cui
un'attivita' commerciale puo' essere avviata o modificata sulla  base
di una SCIA, da quelli in cui e' invece necessaria un'autorizzazione,
tenendo conto delle dimensioni  dell'esercizio  di  vendita  e  della
tipologia della variazione da effettuare. 
    3.2.-  In  ordine  alla  disciplina  regionale   dell'istruttoria
davanti al SUAP, la resistente ha ritenuto  di  avere  legittimamente
esercitato le proprie competenze in materia di commercio a tutela  di
interessi  costituzionalmente  garantiti,  giacche',  come  precisato
nella sentenza n. 200 del 2012, le disposizioni statali in materia di
liberalizzazione  introducono  disposizioni  di  principio  che,  per
ottenere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi,
da parte sia  del  legislatore  statale,  sia  di  quello  regionale,
ciascuno nel proprio ambito di competenze. 
    3.3.- Quanto ai requisiti obbligatori previsti per  le  grandi  e
medie strutture di  vendita  ai  fini  dell'esercizio  dell'attivita'
commerciale,  si  e'  ribadito  come  gli  stessi,  ridotti  rispetto
all'originaria previsione della legge reg.  n.  52  del  2012,  siano
proporzionati e adeguati alla salvaguardia degli  interessi  pubblici
tutelati dalla stessa legge nazionale e connessi  alla  tutela  della
salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali. 
    3.4.- In relazione alla disciplina applicabile agli  esercizi  di
vendita che si collocano a distanza  ravvicinata  rispetto  ad  altri
preesistenti, la ratio della previsione, ad avviso della Regione,  e'
quella di evitare che, attraverso la parcellizzazione dell'offerta in
esercizi ravvicinati, si eludano i requisiti previsti per le grandi e
medie strutture di vendita. 
    3.5.- In relazione alle disposizioni di  cui  all'art.  39  della
legge regionale impugnata, il requisito di cui all'art. 54, comma  2,
lettera d), della legge reg. n. 28 del 2005, e' stato eliminato dalla
legge reg.  n.  13  del  2013.  Analogamente  e'  stata  abrogata  da
quest'ultima legge anche la disposizione di  cui  all'art.  56  della
legge reg. n. 28 del 2005 (come sostituito dall'art  41  della  legge
reg.  n.  52  del  2012),  che  richiedeva  negli  impianti  per   la
distribuzione di carburanti, l'esercizio dell'attivita' di vendita al
dettaglio con superficie di vendita  non  superiore  a  quella  degli
esercizi di vicinato. In entrambi i casi, pertanto,  dovrebbe  essere
dichiarata  cessata  la  materia  del  contendere.  E'  stato  invece
mantenuto il requisito di cui all'art. 54, comma 2, lettera c), della
legge  reg.  n.  28  del   2005,   come   modificato   dall'art.   39
dell'impugnata legge reg. n. 52 del 2012 - che prevede  che  i  nuovi
impianti di distribuzione dei carburanti  siano  dotati  di  impianto
fotovoltaico o sistema di cogenerazione a gas ad alto  rendimento  di
potenza installata  minima  pari  a  dodici  chilowatt  -  in  quanto
ritenuto non lesivo della  concorrenza  giacche'  proporzionato  agli
interessi ambientali in tal modo tutelati. 
    3.6.- Alla luce delle ulteriori argomentazioni  di  cui  sopra  e
delle modifiche apportate dalla citata legge reg. n. 13 del 2013 alle
disposizioni  impugnate,  la  resistente  ha  ritenuto  infondate  le
censure per le quali non e' cessata la materia del contendere. 
    4.- Con ricorso notificato il 6-10 giugno 2013  e  depositato  il
successivo 11 giugno (reg. ric. n. 68 del 2013),  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 2, 3, 5 comma 2, 6,  16
e 18 della legge reg. Toscana n. 13 del 2013,  per  violazione  degli
artt. 41, 117, primo e secondo comma, lettere e), l) ed m), Cost. 
    Con la citata legge reg. n.  13  del  2013,  invero,  sono  state
emendate alcune modifiche apportate alla legge reg. n. 28  del  2005,
con la legge reg. n. 52 del 2012 gia' censurata dallo  Stato  con  il
precedente ricorso n. 185 del 2012. L'Avvocatura generale dello Stato
ha ritenuto, tuttavia, che anche la nuova legge regionale incorra  in
analoghe violazioni. 
    4.1.- Segnatamente viene evidenziato che  l'art.  2  della  legge
reg. n. 13 del 2013 ha  integralmente  sostituito  l'art.  18-septies
della legge reg. n. 28 del 2005,  operando  una  distinzione  tra  le
grandi strutture di vendita a  seconda  che  abbiano  una  superficie
minore o maggiore di quattromila metri quadri, introducendo solo  per
queste ultime delle prescrizioni ulteriori, quali un progetto per  la
raccolta di almeno  il  cinquanta  per  cento  dell'acqua  meteorica,
l'assicurazione di servizi di trasporto pubblico per il  collegamento
dell'area dove e'  insediata  la  struttura  e  la  realizzazione  di
appositi  spazi  per  i  bambini.  Gia'  sotto  questo  profilo,   il
legislatore  regionale   avrebbe   determinato   una   ingiustificata
limitazione al principio della parita' concorrenziale,  operando  una
discriminazione tra operatori economici sulla base  della  superficie
di vendita. Peraltro, la norma impugnata subordina, in  generale,  il
rilascio  dell'autorizzazione  commerciale,  per  tutte   le   grandi
strutture di vendita, al possesso di numerosi  requisiti  obbligatori
estranei all'attivita' del commercio,  quali  la  collaborazione  con
associazioni di volontariato sociale, la limitazione della produzione
di rifiuti, la realizzazione di apposite aree di  servizio  destinate
alla  raccolta  differenziata  e  allo  stoccaggio  dei  rifiuti,  la
gestione di rifiuti da apparecchiature elettriche. Ai sensi dell'art.
31, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 e secondo i principi  affermati
dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 299 del  2012  e  n.
430 del 2007), qualunque deroga al principio  di  libera  prestazione
dei servizi deve corrispondere a motivi di  interesse  generale,  non
avere valenza discriminatoria  ed  essere  improntata  a  criteri  di
proporzionalita'. 
    Tale disciplina assumerebbe invece una  portata  discriminatoria,
illogica  e  sproporzionata,   tale   da   incidere   sul   confronto
concorrenziale a carico delle sole grandi strutture di vendita, cosi'
da  condizionare   negativamente   la   programmazione   quantitativa
dell'offerta. Infatti, la previsione di  requisiti  cosi'  stringenti
per  il  rilascio  dell'autorizzazione  commerciale  renderebbe  piu'
gravoso  per  gli  operatori  attivi  in  Toscana   l'esercizio   del
commercio, determinando un evidente svantaggio competitivo, oltre che
ostacolare il libero esercizio dell'attivita' economica e lo sviluppo
del mercato unico europeo, con conseguente violazione degli artt. 41,
117, primo e secondo comma, lettera e), Cost. 
    4.2.-  L'art.  3  della  legge  regionale  impugnata  ha   invece
modificato l'art. 19 della legge reg. n. 28 del 2005, stabilendo  che
l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie
di vendita di un centro commerciale sono soggetti  ad  autorizzazione
rilasciata dal SUAP secondo le procedure stabilite  per  le  medie  e
grandi strutture di vendita, prevedendo che debba presentarsi la SCIA
solo per l'ipotesi di modifica del settore merceologico. Queste nuove
disposizioni, secondo la difesa dello Stato, contrasterebbero con  il
principio di semplificazione amministrativa di cui all'art. 19  della
legge n. 241 del 1990 - in base al quale ogni atto di  autorizzazione
e   licenza   per   l'esercizio   di   un'attivita'   commerciale   o
imprenditoriale e' sostituito dalla SCIA - e di cui all'art.  31  del
d.l. n. 201  del  2011  -  che  ha  abolito  i  regimi  autorizzativi
espressi, con  la  sola  esclusione  degli  interessi  pubblici  piu'
sensibili   indicati    nella    direttiva    2006/123/CE,    attuata
nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 26  marzo  2010,
n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel
mercato interno). Rimarca il ricorrente che,  a  seguito  dei  citati
interventi di liberalizzazione economica, i regimi autorizzatori  non
sarebbero  piu'  la  regola,  ma  costituirebbero  ipotesi  residuali
giustificabili solo da motivi  imperativi  di  interesse  generale  e
sempre  nel  rispetto  dei  principi   di   non   discriminazione   e
proporzionalita'. Considerato, poi,  che  la  disciplina  statale  in
materia di SCIA costituisce  un  livello  essenziale  di  prestazioni
concernenti  diritti  civili  e  sociali,  l'intervento   legislativo
regionale, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettere  e)  ed  m),
Cost., atteso che i limiti introdotti e imposti solo  agli  operatori
locali determinano una loro posizione di svantaggio,  sia  sul  piano
concorrenziale sia su quello delle prestazioni amministrative. 
    4.3.- L'art. 5, comma 2, della legge regionale impugnata modifica
l'art. 19-quater della legge reg. n.  28  del  2005,  obbligando  gli
esercizi commerciali di vendita in "outlet" a esporre il solo  prezzo
finale di vendita. La previsione  di  una  modalita'  espositiva  del
prezzo  di  vendita  esulerebbe  pero'  dalle  competenze  regionali,
incidendo sui principi di trasparenza dei prezzi e sulla  tutela  del
consumatore, quale disciplinata dall'art. 2, comma 2, lettera  c),  e
dalla Parte II, Titolo II, del decreto legislativo 6 settembre  2005,
n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7  della  legge  29
luglio 2003, n. 229). La difesa dello Stato ricorda, quindi,  che  la
disciplina contenuta nel codice del consumo attiene alla materia  del
diritto civile riservata alla competenza  esclusiva  dello  Stato  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  l),  Cost.,  come  gia'
precisato dalla sentenza n. 191 del  2012.  Inoltre,  ad  avviso  del
ricorrente,  la  disposizione  impugnata  impedisce   o   limita   la
possibilita' di confronto tra  prezzi,  cosi'  violando  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.  in  materia  di  concorrenza,  come
risulta dalle sentenze n. 68 e n. 27 del 2013 e n. 299 del 2012. 
    4.4.- L'art. 6 della legge regionale  impugnata  modifica  l'art.
19-quinquies, introdotto nella legge reg. n. 28 del 2005 dall'art. 20
della legge reg. n. 52 del 2012, prevedendo  limitazioni  concernenti
le distanze tra esercizi commerciali.  In  tal  modo  il  legislatore
regionale avrebbe violato l'art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, convertito
dalla legge n. 27 del 2012, che ha  recepito  le  prescrizioni  della
direttiva 2006/123/CE, che vieta l'imposizione di distanze minime tra
le  sedi  deputate  all'esercizio  di  un'attivita'   economica.   La
disposizione regionale impugnata si porrebbe,  quindi,  in  contrasto
con gli artt. 41, 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost. 
    4.5.- L'art. 16  della  legge  regionale  impugnata,  sostituendo
l'art. 54-bis, comma 1, della legge reg. n. 28 del  2005,  condiziona
alla  presenza  di  una  adeguata  sorveglianza  la  possibilita'  di
installare  impianti   di   distribuzione   del   carburante   dotati
esclusivamente di apparecchiature "self-service"  prepagamento  senza
la  presenza  del  gestore.  Tale  disposizione  contrasterebbe   con
l'obiettivo di liberalizzazione contenuto nell'art. 28, comma 7,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con    modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  15  luglio  2011,  n.  111,  quale
modificato e integrato dall'art. 18, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012,
convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  27  del  2012.  Il
maggiore onere, economico e  organizzativo,  imposto  agli  operatori
toscani si porrebbe in contrasto pertanto con il principio di parita'
concorrenziale, cosi' violando l'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. 
    4.6.- L'art. 18, della  legge  regionale  impugnata,  sostituendo
l'art. 84, comma 3, della legge  reg.  n.  28  del  2005,  impone  il
funzionamento contestuale della modalita' "servito" e della modalita'
"self-service"  durante  l'orario  di  apertura   dell'impianto,   in
contrasto con quanto stabilito dall'art. 28, comma 7, del citato d.l.
n. 98 del 2011. L'onere aggiuntivo, ad avviso della  difesa  statale,
determinerebbe cosi' una violazione della parita'  concorrenziale  ex
art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    5.- Con memoria depositata l'11 luglio 2013, si e' costituita  la
Regione Toscana osservando, in generale, che la legge impugnata si e'
limitata  a  correggere  errori  materiali  in  cui  il   legislatore
regionale era incorso con la precedente legge, ovvero a  disciplinare
aspetti di competenza regionale, senza precludere l'entrata di  nuovi
operatori sul  mercato,  all'esclusivo  fine  di  tutelare  interessi
costituzionalmente  garantiti,  quali  la  tutela   del   territorio,
dell'ambiente e dei beni culturali,  richiamati  dalle  stesse  leggi
statali di liberalizzazione dell'economia. 
    5.1.- In particolare, in relazione all'art. 2 della legge reg. n.
13 del 2013, la Regione ha  osservato  che  i  requisiti  obbligatori
previsti per l'ottenimento dell'autorizzazione commerciale sono stati
limitati  a  quelli  sostenuti  da  motivi  imperativi  di  interesse
generale, rappresentati dalla tutela della  salute,  dei  lavoratori,
dell'ambiente (anche urbano) e dei beni culturali. I  requisiti  piu'
stringenti,  stabiliti  per  le  grandi  strutture  di  vendita   con
superficie superiore ai quattromila metri quadri, sono poi dovuti  al
maggiore impatto sul  territorio  e  sull'ambiente,  di  tal  che  la
disciplina  regionale  deve  ritenersi  limitata  all'apposizione  di
vincoli necessari e proporzionati alla tutela di interessi pubblici. 
    5.2.- In ordine all'art. 3 della medesima legge  regionale,  esso
ha  semplicemente  esteso  ai  centri  commerciali,  che  altro   non
sarebbero che medie o grandi  strutture  di  vendita,  la  disciplina
delle autorizzazioni da parte del SUAP e della  SCIA  gia'  stabilita
per queste ultime. 
    5.3.- In merito  all'art.  5,  la  Regione  ha  evidenziato  come
l'obbligo di indicare  il  solo  prezzo  finale  negli  "outlet"  sia
finalizzato ad evitare una concorrenza  sleale  nei  confronti  degli
esercizi di vendita tradizionali, in connessione al fatto che solo  i
primi possono effettuare vendite  promozionali  in  tutti  i  periodi
dell'anno. 
    5.4.- In relazione  all'art.  6,  la  disposizione  in  punto  di
distanze tra esercizi sarebbe giustificata dall'esigenza  di  evitare
che, attraverso la realizzazione di strutture a distanza  ravvicinata
si aggirino le piu' stringenti disposizioni stabilite per  le  grandi
strutture di vendita. 
    5.5.- Riguardo all'art. 16, la difesa regionale ha rimarcato  che
la  possibilita'  di  installare  apparecchiature  "self-service"  di
distribuzione dei carburanti, con dispositivi di pre-pagamento  senza
la presenza del gestore anche al di fuori dei centri abitati, avrebbe
consentito di installare tali  impianti  nella  quasi  totalita'  del
territorio regionale con effetti negativi  sull'occupazione  e  sulle
scelte del consumatore,  di  tal  che  il  legislatore  regionale  si
sarebbe limitato a disciplinare  aspetti  del  commercio  finalizzati
alla tutela di interessi generali, quali la tutela dell'occupazione e
del consumatore e la salvaguardia dell'incolumita' pubblica. 
    5.6.- In relazione all'art. 18, la Regione ha  osservato  che  le
previsioni concernenti le modalita'  di  funzionamento  dell'impianto
durante l'orario di apertura, attengono anche  in  questo  caso  alla
disciplina del  commercio,  al  fine  di  conseguire  un  equilibrato
bilanciamento tra l'interesse  al  libero  accesso  all'attivita'  di
distribuzione  di   carburanti   e   altri   interessi   di   rilievo
costituzionale, quali la tutela dell'occupazione, del  consumatore  e
dell'incolumita' pubblica. 
    6.- Con memoria integrativa depositata il 12  novembre  2013,  la
Regione  Toscana  ha  insistito  per  l'infondatezza  delle   censure
statali. 
    6.1.- In particolare, quanto  ai  requisiti  obbligatori  per  le
grandi e medie strutture di vendita, la difesa regionale ha rimarcato
che sono state mantenute le disposizioni  legate  agli  obiettivi  di
risparmio energetico e di produzione di energia da fonti  rinnovabili
(oggetto di obblighi nazionali  dettati  da  normativa  comunitaria).
Simili previsioni, in quanto relative  alla  tutela  della  salute  e
dell'ambiente, sono consentite, ad  avviso  della  difesa  regionale,
dalla stessa disposizione statale dell'art. 31, comma 2, del d.l.  n.
201 del 2011, convertito dalla legge n. 214  del  2011.  Inoltre,  in
relazione alla previsione di requisiti aggiuntivi per le strutture di
vendita con superficie maggiore di quattromila metri quadri, essa  e'
giustificata dall'elevato impatto ambientale connesso  alla  maggiore
superficie di vendita. 
    6.2.- Quanto all'estensione  della  disciplina  prevista  per  le
grandi e medie strutture di vendita  agli  esercizi  commerciali,  la
resistente ha evidenziato che si tratta di estensione necessitata dal
fatto che i centri commerciali altro non  sono  che  grandi  e  medie
strutture di vendita a seconda delle loro dimensioni. 
    6.3.- In relazione alla previsione relativa  all'indicazione  del
solo prezzo finale di vendita dei prodotti offerti  in  "outlet",  la
resistente ha ritenuto la legittimita'  della  previsione  in  quanto
volta alla tutela del consumatore. 
    6.4.- Quanto alla disposizione in punto di distanze tra  esercizi
commerciali, la difesa regionale ha  ritenuto  infondata  la  censura
statale, in quanto la previsione  e'  giustificata  dall'esigenza  di
evitare che, attraverso la  realizzazione  di  strutture  a  distanza
ravvicinata, si aggirino le piu'  stringenti  disposizioni  stabilite
per le grandi strutture di vendita. 
    6.5.- In merito all'art. 18 della legge reg. n. 13 del 2013,  che
ha sostituito il comma 3 dell'art. 84 della  legge  reg.  n.  28  del
2005, concernente la disciplina dell'impianto con modalita' "servito"
oltre che "self-service" durante gli orari  di  apertura,  la  difesa
regionale ha rimarcato che si tratta di  intervento  regionale  nella
materia del commercio, con la finalita' di bilanciare l'interesse  al
libero accesso ed esercizio dell'attivita' di distribuzione con altri
interessi   di    rilievo    costituzionale,    quali    la    tutela
dell'occupazione,  la  tutela  del  consumatore  e  la   salvaguardia
dell'incolumita'  pubblica.  Stessa  finalita',  ritenuta   tale   da
legittimare  l'intervento  regionale,  e'  stata   ricondotta   dalla
resistente alla disposizione di cui all'art. 16 della legge  reg.  n.
13 del 2013, che ha modificato l'art. 54-bis della legge reg.  n.  28
del 2005, la  quale  ha  limitato  la  possibilita'  di  ubicare  gli
impianti dotati esclusivamente di impianti "self-service" solo  nelle
aree montane e insulari, in  considerazione  dell'incidenza  negativa
sull'occupazione di dette installazioni. 
    6.6.- La resistente ha insistito quindi per l'infondatezza  delle
censure statali sulle disposizioni regionali impugnate. 
    7.- Con memoria depositata fuori termine il 13 novembre 2013,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ha   insistito   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme censurate. 
    8.- Con istanza, alla quale ha aderito la Regione resistente,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   chiesto   il   rinvio
dell'udienza, per  valutare  la  possibilita'  di  rinunciare  almeno
parzialmente al ricorso. 
    All'esito  dell'intervenuto  rinvio,  con  atto  notificato   l'8
gennaio 2014 e depositato il successivo 14 gennaio, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha rinunciato al  ricorso  limitatamente  agli
artt. 39 e 41 della legge reg. n. 52 del 2012. 
    Con atto depositato in data  20  febbraio  2014,  la  Regione  ha
accettato la rinuncia parziale. 
    9.- Con memoria integrativa, depositata in data 24 marzo 2014, il
Presidente del Consiglio dei ministri,  dato  atto  dell'accettazione
della rinuncia al ricorso in ordine alle citate disposizioni  di  cui
agli artt. 39 e 41, ha ritenuto il medesimo improcedibile  anche  con
riferimento all'art. 17, all'art. 19, comma 1,  nella  parte  in  cui
modifica l'art. 19, comma 1, della legge  reg.  n.  28  del  2005,  e
all'art. 20 nella parte in cui  modifica  l'art.  19-quinquies  della
medesima legge reg. n. 28 del 2005,  in  quanto  si  tratterrebbe  di
disposizioni integralmente sostituite  o  abrogate  dalla  successiva
legge reg. n. 13 del 2013. 
    Il ricorrente ha quindi considerato che, per quanto  riguarda  le
disposizioni di cui alla legge reg. n. 52 del 2012,  oggetto  residuo
del ricorso fossero solo gli artt. 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19 (ad
eccezione della parte in cui modifica l'art. 19, comma 1, della legge
reg. n. 28 del 2005) e  20  (ad  eccezione  della  parte  in  cui  ha
introdotto l'art. 19-quinquies, comma 6, lettera c, della legge  reg.
n. 28 del 2005). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 29 novembre 2012  e  depositato  il
successivo 6 dicembre (reg. ric. n. 185 del 2012), il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 11, 12, 13, 14, 15, 16,
17, 18, 19, 20,  39  e  41  della  legge  della  Regione  Toscana  28
settembre 2012, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia  di  commercio
per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201  e  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1. Modifiche alla  legge  regionale
n. 28 del 2005 e alla legge regionale n. 1 del 2005)  per  violazione
degli artt. 41  e  117,  secondo  comma,  lettere  e)  ed  m),  della
Costituzione. 
    Con la legge in parola, la Regione Toscana ha adeguato il proprio
codice del commercio, adottato con la precedente  legge  regionale  7
febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di
commercio in sede  fissa,  su  aree  pubbliche,  somministrazione  di
alimenti e bevande,  vendita  di  stampa  quotidiana  e  periodica  e
distribuzione di carburanti). 
    Le modifiche sono state determinate dall'esigenza di adeguare  le
disposizioni regionali alla normativa statale sull'istituzione  dello
sportello unico per le attivita'  produttive  (d'ora  innanzi  SUAP),
disciplinato  in  particolare  dall'articolo   38,   comma   3,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2008, n. 133, e dal relativo regolamento attuativo,  d.P.R.  7
settembre 2010, n. 160 (Regolamento  per  la  semplificazione  ed  il
riordino della disciplina sullo  sportello  unico  per  le  attivita'
produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133), che ha previsto un unico  procedimento  con  un
interlocutore unitario per la presentazione di istanze alla  pubblica
amministrazione  in  relazione  ad  attivita'   imprenditoriali.   In
particolare il SUAP e' definito dal citato d.P.R.  n.  160  del  2010
come «unico punto di accesso per il richiedente in relazione a  tutte
le vicende amministrative riguardanti la  sua  attivita'  produttiva,
che fornisce una risposta unica e tempestiva in  luogo  di  tutte  le
pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento»  (art.
1, comma 1, lettera m). 
    La Regione, in sede di adeguamento del codice del  commercio,  ha
provveduto, peraltro, ad inserire anche alcune novita' di  disciplina
legate  alle  disposizioni  di  cui  all'art.  31,   comma   2,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214,  che  ha  abolito  i  regimi  autorizzatori  e
sancito il principio della liberta' di  apertura  di  nuovi  esercizi
commerciali, facendo salve  le  specifiche  esigenze  attinenti  alla
tutela  della  salute,  dei  lavoratori,  dell'ambiente  e  dei  beni
culturali, nonche' all'art. 1, comma 4, del decreto-legge 24  gennaio
2012, n. 1 (Disposizioni urgenti  per  la  concorrenza,  lo  sviluppo
delle  infrastrutture   e   la   competitivita'),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24  marzo  2012,  n.
27, secondo cui «I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e  le
Regioni si adeguano ai principi e alle regole di cui ai commi 1, 2  e
3 entro il 31 dicembre 2012, fermi  restando  i  poteri  sostituitivi
dello Stato ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione»,  principi
ai sensi dei quali «l'iniziativa economica privata e' libera  secondo
condizioni di piena concorrenza  e  pari  opportunita'  tra  tutti  i
soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi  e
i  controlli  necessari  ad  evitare  possibili  danni  alla  salute,
all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla
sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana e  possibili  contrasti
con  l'utilita'  sociale,  con  l'ordine  pubblico,  con  il  sistema
tributario e con gli  obblighi  comunitari  ed  internazionali  della
Repubblica» (art. 1, comma 2). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, tuttavia, ritenuto -
con particolare riguardo alle disposizioni  regionali  relative  alle
medie e grandi strutture di  vendita,  i  centri  commerciali  e  gli
impianti di distribuzione dei carburanti - che in tal modo la Regione
abbia introdotto procedure aggravate, previsto requisiti ulteriori  e
imposto  obblighi  tali  da  ostacolare  la  libera  concorrenza  nel
commercio,  cosi'  intervenendo  nella  materia  della  tutela  della
concorrenza,  rientrante  nella  competenza   legislativa   esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,
nonche' comprimendo la  liberta'  di  iniziativa  economica  tutelata
dall'art. 41 Cost. e, in taluni casi, alterando i livelli  essenziali
delle prestazioni, sempre di  competenza  esclusiva  dello  Stato  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    Piu' precisamente sono stati impugnati gli  artt.  11,  12  e  19
della legge reg. n. 52 del 2012, ritenendosi che i medesimi, la' dove
stabiliscono che l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento
della superficie di vendita delle medie e grandi strutture di vendita
e dei centri commerciali siano soggetti ad autorizzazione  rilasciata
dal SUAP competente  per  territorio,  avrebbero  violato,  in  primo
luogo, l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.  Le  disposizioni
in parola, infatti, avrebbero reso piu'  difficoltosi  l'avvio  e  le
modificazioni  all'esercizio  di  attivita'  commerciali  e   imposto
ostacoli all'ingresso di nuovi operatori sul mercato, cosi' da  porsi
in contrasto con la disciplina, di competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato, in materia di tutela della concorrenza. In  particolare,
sussisterebbe contrasto con quanto stabilito dall'art. 19 della legge
7 agosto 1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e
dall'art. 31, comma 2, del d.l. n.  201  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011. Le  disposizioni  statali
richiamate a parametro interposto del presente giudizio, come  detto,
hanno abolito i regimi autorizzatori e  sancito  il  principio  della
liberta' di apertura di nuovi  esercizi  commerciali,  facendo  salve
solo specifiche esigenze attinenti  alla  tutela  della  salute,  dei
lavoratori,  dell'ambiente  e  dei  beni  culturali.   Sussisterebbe,
inoltre, contrasto con quanto disposto dall'art. 1, comma 1,  lettera
b), del d.l. n. 1 del  2012,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 27 del 2012, secondo cui  sono  contrarie  al  principio  di
libera concorrenza, stabilito dal Trattato  sull'Unione  europea,  le
norme che pongono divieti e restrizioni alle attivita' economiche non
adeguati e non proporzionati  alle  finalita'  pubbliche  perseguite,
nonche'  le   disposizioni   di   pianificazione   e   programmazione
territoriale  o  temporale  autoritativa  con  prevalente   finalita'
economica o prevalente contenuto economico, che  pongono  limiti  non
adeguati o non proporzionati alle finalita'  pubbliche  dichiarate  e
che, in particolare, impediscono, condizionano o ritardano l'avvio di
nuove attivita' economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici. 
    Inoltre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritenuto che
le citate disposizioni violino  anche  l'art.  41  Cost.,  in  quanto
imporrebbero   ostacoli   sproporzionati   alla   libera   iniziativa
economica, e l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto,
limitando   il   principio   di   liberalizzazione   del   commercio,
comprimerebbero i livelli essenziali delle prestazioni in materia  di
diritti civili e sociali. 
    Analoghe violazioni degli artt. 41 e 117, secondo comma,  lettera
e), Cost. sono state ravvisate ad opera degli artt. 13, 14, 15  e  16
dell'impugnata  legge  reg.  n.  52  del  2012  -   che   introducono
rispettivamente gli artt. 18-ter, 18-quater, 18-quinquies,  18-sexies
nella legge reg. n. 28 del 2005 - la' dove stabiliscono una procedura
per il rilascio dell'autorizzazione alle grandi strutture di  vendita
particolarmente complessa  e  onerosa,  sia  per  la  copiosita'  dei
documenti richiesti sia per la pluralita' delle fasi  procedimentali,
con il coinvolgimento di vari enti locali. 
    Le medesime doglianze sono state rivolte anche contro  gli  artt.
17  e  18  della  legge  reg.  n.  52  del  2012  -  che  inseriscono
rispettivamente gli artt. 18-septies e 18-octies nella legge reg.  n.
28 del 2005 - in quanto prevedono  molteplici  requisiti  obbligatori
per l'autorizzazione all'esercizio di grandi  strutture  di  vendita,
nonche' avverso l'art. 20 che  introduce  l'art.  19-quinquies  nella
legge reg. n. 28 del 2005 - in quanto, di fatto, stabilisce  distanze
minime tra esercizi commerciali. 
    La  violazione  del  medesimo  parametro  costituzionale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.  e'  stata,  infine,
lamentata, in relazione agli artt. 39 e 41 della legge reg. n. 52 del
2012 - che, rispettivamente, sostituiscono gli artt. 54  e  56  della
legge reg. n. 28 del 2005 - in quanto  in  entrambi  i  casi  vengono
posti vincoli sproporzionati rispetto alla finalita'  perseguita:  la
prima  disposizione,  infatti,  prevede  la  presenza   di   impianti
fotovoltaici o capacita' complessive dei serbatoi per gli impianti di
distribuzione dei carburanti e la seconda  limita  l'esercizio  della
vendita al  dettaglio,  presso  gli  impianti  di  distribuzione  del
carburante, ad una superficie non superiore a quella  degli  esercizi
di vicinato. 
    2.- Successivamente alla proposizione  del  ricorso,  la  Regione
Toscana ha modificato ulteriormente il codice del  commercio  con  la
legge regionale 5 aprile 2013, n.  13  (Disposizioni  in  materia  di
commercio in sede fissa e di distribuzione di  carburanti.  Modifiche
alla legge regionale n. 28 del 2005 e alla legge regionale n. 52  del
2012). 
    Tali modifiche sono state ritenute solo parzialmente satisfattive
delle doglianze statali e  sono  state  ulteriormente  impugnate  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il  ricorso  notificato  il
6-10 giugno 2013 e depositato il successivo 11 giugno (reg.  ric.  n.
68 del 2013). 
    Piu' precisamente, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato gli artt. 2, 3, 5, comma 2, 6, 16 e 18 della legge reg.  n.
13 del 2013, per violazione degli artt.  41,  117,  primo  e  secondo
comma, lettere e), l) ed m), della Costituzione. 
    In particolare, l'art. 2 della legge  reg.  13  del  2013  -  che
sostituisce l'art. 18-septies della legge  reg.  n.  28  del  2005  -
operando una distinzione tra le grandi strutture di vendita a seconda
che abbiano una superficie minore o  maggiore  di  quattromila  metri
quadri  e  introducendo  prescrizioni  che  subordinano  il  rilascio
dell'autorizzazione commerciale al  possesso  di  numerosi  requisiti
obbligatori estranei all'attivita' del commercio,  in  contrasto  con
quanto stabilito dall'art. 31, comma 2, del d.l.  n.  201  del  2011,
violerebbe  sia  l'art.  41  Cost.,  in  quanto   porrebbe   ostacoli
discriminatori e sproporzionati alla libera intrapresa economica, sia
l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto ostacolerebbe la formazione
di un mercato unico europeo, sia ancora l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., in quanto discriminerebbe in modo ingiustificato e
sproporzionato tra grandi  strutture  di  vendita  aventi  superficie
inferiore o superiore a quattromila metri quadrati  e  tra  operatori
toscani e operatori di altre Regioni, cosi' limitando la concorrenza. 
    L'art. 3 della legge regionale n. 13  del  2013  -  che  modifica
l'art. 19 della legge reg. n. 28 del 2005 - stabilisce,  invece,  che
le strutture di vendita di un centro  commerciale  sono  soggette  ad
autorizzazione rilasciata dal SUAP secondo le procedure stabilite per
le  medie  e  grandi  strutture  di  vendita,  prevedendo  che  debba
presentarsi la SCIA  solo  per  l'ipotesi  di  modifica  del  settore
merceologico. Tale disposizione violerebbe l'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., in quanto  introdurrebbe  previsioni  contrastanti
con il principio di semplificazione amministrativa di cui all'art. 19
della legge n. 241  del  1990  -  in  base  al  quale  ogni  atto  di
autorizzazione e licenza per l'esercizio di un'attivita'  commerciale
o imprenditoriale e' sostituito dalla SCIA - e di cui all'art. 31 del
d.l. n. 201  del  2011  -  che  ha  abolito  i  regimi  autorizzativi
espressi, con la sola esclusione  di  quelli  posti  a  tutela  degli
interessi  pubblici  piu'  sensibili  indicati  nella  direttiva   12
dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio  relativa  ai  servizi  nel   mercato   interno),   attuata
nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 26  marzo  2010,
n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel
mercato interno). In  questo  modo,  infatti,  sono  stati  stabiliti
limiti validi per  i  soli  operatori  locali  con  loro  conseguente
svantaggio  concorrenziale.  Sarebbe  altresi'  violato  l'art.  117,
secondo comma, lettera  m),  Cost.,  in  quanto  la  norma  impugnata
introdurrebbe   previsioni   contrastanti   con   il   principio   di
semplificazione amministrativa di cui all'art. 19 della legge n.  241
del 1990 e all'art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, che  costituisce  un
livello  essenziale  di  prestazioni  concernenti  diritti  civili  e
sociali. 
    L'art. 5, comma 2, della legge reg. n. 13 del 2013 - che modifica
l'art. 19-quater della legge reg. n. 28 del 2005 - la'  dove  obbliga
gli esercizi commerciali di vendita in "outlet", a  esporre  il  solo
prezzo finale di  vendita,  violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., in quanto ostacolerebbe la  concorrenza  limitando
la possibilita' di confronto tra prezzi, e l'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., in quanto inciderebbe sui principi di  trasparenza
dei  prezzi  e  sulla  tutela  del  consumatore,  quale  disciplinata
dall'art. 2, comma 2, lettera c), e dalla Parte II,  Titolo  II,  del
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del  consumo,  a
norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229),  attinente
alla materia del diritto civile riservata alla  competenza  esclusiva
dello Stato. 
    L'art. 6 della legge reg. n. 13 del 2013 -  che  modifica  l'art.
19-quinquies, introdotto nella legge reg. n. 28 del 2005 dall'art. 20
della legge reg. n. 52 del 2012 -  la'  dove  stabilisce  limitazioni
concernenti le distanze  tra  esercizi  commerciali,  violerebbe  sia
l'art. 41 Cost., in quanto determinerebbe  restrizioni  in  contrasto
con l'art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, convertito dalla legge n. 27 del
2012, che ha recepito le prescrizioni  della  direttiva  2006/123/CE,
sia  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in   quanto   introdurrebbe
limitazioni in contrasto con  l'art.  1  del  d.l.  n.  1  del  2012,
convertito  dalla  legge  n.  27  del  2012,  che  ha   recepito   le
prescrizioni dalla direttiva  2006/123/CE,  sia  ancora  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost., in quanto introdurrebbe obblighi in
contrasto con l'art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, convertito dalla legge
n. 27  del  2012,  che  ha  recepito  le  prescrizioni  della  citata
direttiva 2006/123/CE. 
    L'art. 16 della legge reg. n.  13  del  2013  -  che  sostituisce
l'art.  54-bis,  comma  1,  della  legge  reg.  n.   28   del   2005,
condizionando  alla  presenza  di  una   adeguata   sorveglianza   la
possibilita' di installare impianti di distribuzione  del  carburante
dotati   esclusivamente   di   apparecchiature   "self-service"   con
prepagamento senza la presenza del gestore, si porrebbe in  contrasto
con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  in  quanto,
attribuendo ai soli operatori toscani  maggiori  oneri,  economici  e
organizzativi,  contrastanti  con  l'obiettivo  di   liberalizzazione
contenuto nell'art. 28, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.
98  (Disposizioni  urgenti  per  la   stabilizzazione   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1 comma 1,  della  legge  15
luglio 2011, n. 111, come modificato e integrato dall'art. 18,  comma
1, del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 27 del 2012, lederebbe il principio di parita' concorrenziale. 
    Infine, l'art.  18  della  legge  reg.  n.  13  del  2013  -  che
sostituisce l'art. 84, comma 3, della legge  reg.  n.  28  del  2005,
prescrivendo il funzionamento contestuale della modalita' "servito" e
della  modalita'  "self-service"   durante   l'orario   di   apertura
dell'impianto - violerebbe l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., in quanto imponendo oneri aggiuntivi in contrasto  con  quanto
stabilito dall'art. 28, comma 7, del citato  d.l.  n.  98  del  2011,
lederebbe la parita' concorrenziale. 
    3.- Preliminarmente, in considerazione della omogeneita' e  della
connessione delle questioni sollevate nei due  ricorsi,  deve  essere
disposta la riunione dei giudizi, al fine di definirli  con  un'unica
pronuncia. 
    4.- Quanto alle questioni di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 39 e 41 della legge reg. n. 52 del  2012,  risulta  intervenuta
rinuncia all'impugnazione da parte del ricorrente, seguita da rituale
accettazione da parte della Regione resistente, di tal che i relativi
giudizi devono essere dichiarati estinti per  tale  causa,  ai  sensi
dell'art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale. 
    5.- Sempre in via preliminare deve osservarsi che, contrariamente
a quanto dedotto dall'Avvocatura generale dello Stato  nella  memoria
integrativa  depositata  in  data  24  marzo  2014,  in  ordine  alle
questioni relative agli artt. 17, 19 e 20 della legge reg. n. 52  del
2012, le modifiche intervenute ad opera della successiva  legge  reg.
n. 13 del 2013  non  determinano  la  cessazione  della  materia  del
contendere. 
    Per addivenire a tale esito del  giudizio  in  caso  di  modifica
delle disposizioni impugnate occorre, infatti,  da  un  lato  che  la
nuova  disciplina  possa  ritenersi  pienamente  satisfattiva   delle
pretese del ricorrente e, dall'altro, che  le  norme  previgenti  non
abbiano ricevuto medio tempore applicazione (ex plurimis, sentenze n.
97 del 2014, n. 272, n. 266 e n. 228 del 2013). 
    Nella specie, invero, va osservato che gli artt. 17  e  18  della
legge reg. n. 52 del 2012  hanno  inserito  gli  artt.  18-septies  e
18-octies nella legge reg. n. 28 del  2005,  introducendo  molteplici
requisiti obbligatori per l'autorizzazione  all'esercizio  di  grandi
strutture di vendita e imponendo,  in  tal  caso,  l'obbligo  per  il
privato di apprestare un servizio di trasporto privato a  tariffe  di
servizio pubblico. Il menzionato art. 18-septies della legge reg.  n.
28 del 2005, quale introdotto dalla legge reg. n.  52  del  2012,  e'
stato poi modificato dall'art. 2 della legge reg.  n.  13  del  2013:
quest'ultima disposizione non ha pero'  abrogato  tutti  i  requisiti
obbligatori stabiliti per le grandi e medie strutture di vendita gia'
censurati in relazione al testo originario, e ha introdotto ulteriori
requisiti obbligatori per le  strutture  di  vendita  con  superficie
superiore a quattromila metri quadri, oggetto di  ulteriori  censure,
prospettate con il ricorso n. 68 del 2013. Da  un  lato,  quindi,  la
modifica normativa non  puo'  ritenersi  pienamente  satisfattiva  e,
dall'altro, l'oggetto delle  disposizioni  regionali,  che  prevedono
requisiti per l'esercizio  di  strutture  di  vendita,  impedisce  di
ritenere che le stesse  non  abbiano  ricevuto  applicazione  per  il
periodo di circa sei  mesi  della  loro  vigenza,  considerata  anche
l'assenza di specifiche deduzioni in proposito da parte della  stessa
Regione resistente. Ne consegue che non possono ritenersi sussistenti
i presupposti per la dichiarazione della cessazione della materia del
contendere. 
    Per quanto concerne l'art. 19 della legge reg. n.  52  del  2012,
esso ha modificato l'art.  19  della  legge  reg.  n.  28  del  2005,
prevedendo che soggetto destinatario delle istanze per l'esercizio di
un  centro   commerciale   sia   il   SUAP,   anziche'   il   Comune.
Successivamente, l'art.  3  della  legge  reg.  n.  13  del  2013  ha
introdotto nel predetto art. 19 il comma 1-bis, che prevede una  SCIA
per le modifiche di settore  merceologico,  lasciando  inalterato  il
resto della disposizione. Salvo quanto si dira' successivamente sulla
lacuna motivazionale della  censura  relativa  alle  disposizioni  in
parola,  neppure  in  questo  caso   la   modifica   puo'   ritenersi
satisfattiva  delle  doglianze  prospettate  nel  ricorso,  ne'  puo'
assumersi con certezza che la  disposizione  precedente  sia  rimasta
medio tempore inapplicata, di tal che neppure in riferimento all'art.
19 della legge reg. n. 52 del 2012 possono  ritenersi  sussistenti  i
presupposti per dichiarare cessata la materia del contendere. 
    Quanto poi all'art. 20 della medesima legge reg. n. 52 del  2012,
esso introduce l'art. 19-quinquies nella legge reg. n. 28  del  2005,
stabilendo di fatto distanze minime tra  esercizi  commerciali,  come
rilevato dal ricorrente.  La  citata  disposizione  di  cui  all'art.
19-quinquies e' stata poi modificata dall'art. 6 della legge reg.  n.
13 del 2013, ma la norma impugnata (stabilita al comma 5) e'  rimasta
inalterata, di tal che  anche  in  questo  caso  non  puo'  ritenersi
cessata la materia del contendere, in quanto  la  modifica  non  puo'
ritenersi satisfattiva ne' la disposizione  anteriore  alla  modifica
inapplicata, avendo in realta' mantenuto vigore. 
    6.- Ancora in punto di ammissibilita'  deve  osservarsi  come  il
ricorrente assuma che le disposizioni di cui agli art. 11,  12  e  19
della legge reg. n. 52 del 2012 e all'art. 3 della legge reg.  n.  13
del 2013 - che modificano gli artt. 17, 18 e 19 della legge  reg.  n.
28 del 2005  -  abbiano  determinato  l'ampliamento  delle  attivita'
assoggettate ad autorizzazione anziche' a mera segnalazione di inizio
attivita', senza addurre una motivazione sufficientemente argomentata
e  documentata.  La  genericita'  della  doglianza   e   la   mancata
specificazione delle  singole  disposizioni  legislative  statali  in
materia di urbanistica ed edilizia che si  assumono  illegittimamente
derogate dalla legislazione regionale impediscono a questa  Corte  di
esaminare  nel  merito  gli   addotti   profili   di   illegittimita'
costituzionale delle norme impugnate. 
    Una adeguata e puntuale ricostruzione  del  complessivo  contesto
normativo  statale   sul   quale   le   norme   censurate   avrebbero
illegittimamente inciso sarebbe stata tanto  piu'  necessaria  se  si
considera che le disposizioni in oggetto risultano, invece, limitarsi
a sostituire il SUAP al Comune,  quale  soggetto  destinatario  delle
istanze per l'esercizio di grandi e medie strutture di vendita  e  di
centri commerciali. 
    Pertanto, in considerazione di tale lacuna motivazionale,  devono
dichiararsi inammissibili per insufficiente motivazione e  incompleta
ricostruzione del quadro normativo (ex plurimis, ordinanze n. 114 del
2013 e n. 174 del 2012) le questioni aventi ad oggetto gli artt.  11,
12 e 19 della legge reg. n. 52 del 2012 e l'art. 3 della  legge  reg.
n. 13 del 2013, salvo quanto si dira' in  relazione  a  quella  parte
dell'art. 19 della  legge  reg.  n.  28  del  2005,  come  modificato
dall'impugnato art. 12 della legge reg. n. 52 del 2012, che  richiama
le disposizioni di cui agli artt. da 18-ter a 18 octies, disposizioni
queste ultime oggetto di autonoma e motivata censura. 
    7.-   Nel   merito   le   residue   questioni   di   legittimita'
costituzionale sono fondate. 
    7.1.- Gli artt. 13, 14, 15 e 16 introducono ex novo  nella  legge
reg. n. 28 del 2005, recante il codice del  commercio  della  Regione
Toscana,  le  disposizioni  di  cui  agli  artt.  18-ter,  18-quater,
18-quinquies e 18-sexies,  che  aggravano  gli  oneri  di  produzione
documentale a carico di chi presenti  istanza  al  SUAP  per  aprire,
ampliare o trasferire una grande struttura di vendita,  addossandogli
l'onere  di  effettuare   analisi   dei   flussi   veicolari,   delle
infrastrutture viarie e dei parcheggi, di predisporre un bilancio dei
rifiuti nonche' di allegare  progetti  supplementari  e  di  avanzare
istanze per lo svolgimento di conferenze dei servizi. In tal modo, il
legislatore regionale ha alterato la procedura davanti al SUAP  quale
prevista dal legislatore statale - in particolare dall'art. 38, comma
3, del d.l. n. 112 del 2008 - aumentando le richieste poste a  carico
dei privati e istituendo nuovi passaggi procedimentali.  La  Regione,
con  l'occasione  di  adeguare   la   legislazione   regionale   alla
sopravvenuta normativa  statale  relativa  al  SUAP,  in  realta'  ha
introdotto requisiti ulteriori rispetto  a  quelli  prescritti  dalla
legislazione vigente  in  considerazione  delle  dimensioni  e  della
tipologia  dell'esercizio  commerciale,  oltre  che   del   tipo   di
intervento che l'esercente intende effettuare (apertura, ampliamento,
trasferimento, cambio del settore merceologico, etc.). 
    I  predetti  oneri  documentali  e  le  attivita'   supplementari
richieste, insieme con l'appesantimento della procedura davanti  allo
sportello unico, rappresentano  un  ostacolo  effettivo  alla  libera
concorrenza  nella  Regione  Toscana,  sotto  un   duplice   profilo,
interregionale e  intraregionale.  Da  un  lato,  gli  operatori  che
intendono operare nel territorio della  Regione  Toscana  si  trovano
esposti a maggiori oneri rispetto ai competitori  di  altre  Regioni,
anche limitrofe; dall'altro, all'interno della stessa  Regione,  tali
oneri aggiuntivi rappresentano per i nuovi esercenti  delle  barriere
all'entrata che pongono questi ultimi in una posizione di  svantaggio
rispetto   a   chi   gia'   svolge   un'attivita'   commerciale.   La
discriminazione rilevata e' dunque duplice:  sia  interspaziale,  fra
operatori di Regioni diverse, sia intertemporale, fra operatori  gia'
presenti nel mercato e nuovi. 
    In tal modo  la  legislazione  regionale  impugnata  interferisce
illegittimamente con la competenza esclusiva statale  in  materia  di
tutela della concorrenza,  che  in  riferimento  all'esercizio  delle
attivita' commerciali trova espressione nell'art. 31,  comma  2,  del
d.l. n. 201 del 2011. Con questa disposizione  si  e'  stabilito  che
«costituisce  principio  generale   dell'ordinamento   nazionale   la
liberta' di apertura di nuovi  esercizi  commerciali  sul  territorio
senza contingenti limiti territoriali o altri  vincoli  di  qualsiasi
altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della  salute,  dei
lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso, l'ambiente urbano, e dei beni
culturali». 
    L'eventuale esigenza  di  contemperare  la  liberalizzazione  del
commercio con quelle di una maggiore tutela della salute, del lavoro,
dell'ambiente e dei beni culturali deve essere intesa sempre in senso
sistemico, complessivo e non frazionato (sentenze n. 85 del 2013 e n.
264 del 2012), all'esito di un bilanciamento  che  deve  compiere  il
soggetto competente nelle materie implicate, le  quali  nella  specie
afferiscono ad ambiti di competenza statale,  tenendo  conto  che  la
tutela della concorrenza, attesa la sua  natura  trasversale,  assume
carattere prevalente e funge, quindi, da limite alla  disciplina  che
le Regioni possono dettare in forza della competenza  in  materia  di
commercio (sentenze n. 38 del 2013 e n. 299  del  2012)  o  in  altre
materie. 
    Di   conseguenza   deve   essere   dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 della legge reg. n. 52 del
2012, per violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  in
materia di tutela della concorrenza. 
    7.2.- Per  le  medesime  ragioni  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto l'art. 17 della legge reg. n. 52 del
2012 e l'art. 2 della legge reg. n. 13 del 2013 sono fondate. 
    L'art. 17 ha inserito l'art. 18-septies nel codice del  commercio
della Toscana di cui alla legge reg. n. 28 del 2005, il quale prevede
che le  grandi  strutture  di  vendita  soddisfino  alcuni  requisiti
obbligatori, relativi tra l'altro alle  dotazioni  energetiche,  alla
collaborazione con le  associazioni  di  volontariato  sociale,  alla
produzione, raccolta e gestione dei rifiuti,  alla  realizzazione  di
accordi  sindacali  di  secondo  livello.  La  medesima  disposizione
prevede altresi' che le grandi strutture di vendita,  con  superficie
superiore a quattromila metri quadrati,  siano  dotate  di  ulteriori
elementi, quali strutture per  il  lavaggio  dei  mezzi  commerciali,
fasce verdi  per  la  protezione  dall'inquinamento,  bacini  per  la
raccolta delle acque piovane, parcheggi per le biciclette e  le  auto
elettriche (con i relativi punti di ricarica), servizi  di  trasporto
pubblico e privato,  spazi  per  l'accoglienza  del  cliente  e  aree
dedicate  ai  bambini.  La  disposizione  e'  stata  poi   modificata
dall'art. 2 della legge reg. Toscana n. 13 del 2013  che,  come  gia'
ricordato, da un lato non ha abrogato tutti i  requisiti  obbligatori
stabiliti per le  grandi  strutture  di  vendita  gia'  censurati  in
relazione al testo originario e,  dall'altro,  ne  ha  introdotto  di
nuovi, che sono stati impugnati con il successivo ricorso statale  n.
68 del 2013. 
    Anche in questo  caso,  secondo  quanto  asserito  negli  scritti
difensivi  della  Regione  Toscana,  il  legislatore   regionale   ha
interpretato   le   norme   statali   interposte   in   materia    di
liberalizzazione delle attivita' economiche, e in particolare  l'art.
31, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 e l'art. 1 del d.l.  n.  1  del
2012, come attributive  di  competenze  legislative  a  favore  della
Regione per la salvaguardia di valori quali la tutela  dell'ambiente,
della salute, dei lavoratori e dei consumatori, che invero  rientrano
nelle materie piu' disparate di competenza esclusiva dello Stato.  La
tutela  dei  predetti  valori  e'  effettivamente   considerata   dal
legislatore statale quale  valida  ragione  di  deroga  al  principio
generale  della   liberalizzazione   delle   attivita'   commerciali;
tuttavia,  i  predetti  valori  non  possono  essere   tutelati   dal
legislatore  regionale  attraverso   l'esercizio   della   competenza
residuale  del  commercio,  che  incontra  un  limite  nella   natura
trasversale  e  prevalente  della  tutela   della   concorrenza,   di
competenza  esclusiva  dello  Stato.  L'introduzione   di   ulteriori
requisiti  per  le  grandi  strutture  commerciali   da   parte   del
legislatore regionale,  benche'  ispirata  a  ragioni  di  protezione
dell'ambiente, della salute e di altre esigenze sociali che ai  sensi
della legislazione statale vigente potrebbero giustificare un  limite
alla liberalizzazione, ha, invero, l'effetto diretto di rendere  piu'
onerosa, rispetto agli operatori di altre Regioni  e  agli  operatori
gia' attivi nella stessa Regione Toscana, l'esercizio  dell'attivita'
economica,  con  evidente  disparita'  concorrenziale  e  conseguente
lesione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    7.3.- Da quanto si  e'  appena  rilevato  risulta  che  anche  la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  18  della  legge
reg. n. 52 del 2012 e' fondata. 
    Il citato art. 18,  infatti,  introduce  l'art.  18-octies  della
legge   reg.   n.   28   del   2005,   secondo   cui   il    rilascio
dell'autorizzazione alle grandi strutture di vendita  e'  subordinato
alla conformita' del progetto ai requisiti di cui all'art. 18-septies
della medesima legge reg. n. 28 del  2005  che,  come  appena  visto,
determina una  disparita'  concorrenziale,  con  conseguente  lesione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    7.4.-  La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dei
requisiti previsti dagli articoli da 18-ter a  18-octies,  introdotti
con gli artt. 13, 14, 15, 16, 17 e 18 delle legge n. 52  del  2012  e
modificati con l'art. 2 della legge reg. n. 13 del 2013, comporta che
debba dichiararsi illegittimo anche l'art. 12 della legge reg. n.  52
del 2012 nella parte in cui, modificando l'art. 18,  comma  1,  della
legge reg. n. 28 del 2005, stabilisce che  la  procedura  davanti  al
SUAP si svolga «secondo le condizioni e  le  procedure  di  cui  agli
articoli da 18-ter a 18-octies». 
    7.5.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  20
della legge reg. n. 52 del 2012 - che aggiunge l'art. 19-quinquies al
testo della legge reg. n. 28 del 2005 - e  dell'art.  6  della  legge
reg. n. 13 del 2013 sono fondate. 
    L'art. 20 della legge reg. n. 52 del 2012 introduce, infatti, una
procedura aggravata per i casi  di  strutture  di  vendita  in  forma
aggregata, che la stessa disposizione definisce, come  «strutture  di
vendita adiacenti  tra  loro,  anche  verticalmente,  o  insediate  a
distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari», assumendo pertanto
la distanza minima tra gli esercizi quale  elemento  qualificante  di
tale  tipologia  di  esercizio  commerciale,  il  quale  e'  peraltro
sconosciuto alla normativa  statale.  Una  simile  disposizione  deve
ritenersi in contrasto con l'art. 34, comma 3, del d.l.  n.  201  del
2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011 e con l'art. 1 del  d.l.
n. 1 del 2012, convertito dalla legge n. 27 del  2012  i  quali,  nel
recepire le prescrizioni della  direttiva  2006/123/CE,  abrogano  le
norme che pongono divieti e restrizioni alle attivita' economiche non
adeguati e non proporzionati  alle  finalita'  pubbliche  perseguite,
vietando in particolare l'imposizione di distanze minime tra le  sedi
di esercizio di un'attivita' economica. Del resto, la  stessa  difesa
della Regione ha evidenziato,  quale  ratio  della  norma  regionale,
quella  di  evitare  la  parcellizzazione  dell'offerta  in  esercizi
ravvicinati,  per  contrastare  non  meglio   specificate   finalita'
elusive. Orbene, proprio il condizionamento dell'offerta quantitativa
e' cio' che intendono impedire  le  norme  statali  sopra  ricordate,
emanate,  in  conformita'  all'art.  117,  primo  comma,   Cost.   in
attuazione di obblighi comunitari e in  applicazione  dell'art.  117,
secondo  comma,   lettera   e),   Cost.   Di   qui   l'illegittimita'
costituzionale dell'impugnato art. 20 della  legge  reg.  n.  52  del
2012. 
    L'art. 6 della successiva legge reg. n. 13 del  2013  si  e'  poi
limitato ad aggiungere il comma 6-bis al predetto  art.  19-quinquies
della legge reg. n. 28 del 2005, norma che ha l'effetto di ridurre la
distanza minima, da 120 a 60 metri lineari, nel caso in cui il titolo
edilizio sia stato rilasciato dopo il 21 aprile 2009 e non  oltre  il
20 aprile 2010. In tali limitati casi,  quindi,  viene  semplicemente
stabilita una distanza minima inferiore rispetto a quella  ordinaria,
ma la disposizione costituisce pur sempre una norma che contrasta con
le medesime disposizioni  europee  e  statali  sopra  richiamate,  in
violazione della tutela della concorrenza. 
    Gli impugnati art. 20 della legge reg. n. 52 del 2012  e  art.  6
della legge reg. n. 13 del 2013 vanificano, quindi, le  finalita'  di
massima liberalizzazione delle attivita' economiche perseguite  dalla
direttiva citata  (ex  plurimis,  sentenza  n.  291  del  2012),  con
conseguente illegittima limitazione della liberta' di concorrenza, in
violazione dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  e  invasione  della
relativa competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., esercitata con le ricordate norme statali che tale
direttiva hanno recepito. 
    7.6.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,
comma 2, della legge reg. n. 13 del 2013 e' fondata. 
    La disposizione impugnata,  infatti,  modifica  l'art.  19-quater
della  legge  reg.  n.  28  del  2005,  ed  esige  che  gli  esercizi
commerciali di vendita in "outlet" espongano il solo prezzo finale di
vendita. Una simile imposizione restringe la liberta' imprenditoriale
nella comunicazione dei prezzi  praticati,  cosi'  da  ostacolare  il
libero esercizio  della  concorrenza  in  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. La Regione anche in questo  caso  si
ritiene legittimata a disciplinare  le  regole  sull'esposizione  dei
prezzi di vendita sulla base di un'allegata esigenza  di  tutela  del
consumatore  che,  quand'anche   potesse   ritenersi   effettivamente
sussistere, attiene a materie di  competenza  esclusiva  dello  Stato
(segnatamente alla materia del diritto civile), esponendosi cosi'  ai
rilievi gia' in precedenza sviluppati in ordine al fatto che le norme
statali con finalita' di liberalizzazione non  possono  interpretarsi
come attributive di nuove competenze regionali in  materie  che  loro
non competono in base ai principi costituzionali. 
    7.7.-  Analogamente  e'  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 16 della legge reg.  n.  13  del  2013  che,
sostituendo l'art. 54-bis, comma 1, della legge reg. n. 28 del  2005,
condiziona alla presenza di una adeguata sorveglianza la possibilita'
di installare nuovi impianti di distribuzione del  carburante  dotati
esclusivamente di apparecchiature "self-service" prepagato  senza  la
presenza del gestore. Tale disposizione contrasta con l'obiettivo  di
liberalizzazione contenuto nell'art. 28, comma 7, del d.l. n. 98  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  111  del  2011,
come modificato e integrato dall'art. 18, comma 1, del d.l. n. 1  del
2012, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.  27  del  2012.
Infatti, il maggiore  onere  economico  e  organizzativo  imposto  ai
gestori toscani di impianti di distribuzione dei  carburanti  e,  tra
questi, a quelli che li  intendono  installare  ex  novo  rispetto  a
quelli che li hanno gia' installati, viola il  principio  di  parita'
concorrenziale e conseguentemente l'art. 117, secondo comma,  lettera
e), Cost. Ne'  si  puo'  giustificare  l'intervento  del  legislatore
regionale in base a ragioni di ordine pubblico, trattandosi anche  in
questo caso di esigenze che attengono  ad  un  ambito  di  competenza
statale esclusiva, e che in ogni  caso  richiederebbero  un  medesimo
livello di garanzia negli impianti gia' installati, come nei nuovi. 
    7.8.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  18
della legge reg. n. 13 del 2013 e' fondata. 
    Occorre  anzitutto  osservare  che  tale  disposizione,  relativa
all'orario degli impianti di distribuzione di carburanti, sostituendo
l'art. 84, comma 3, della legge  reg.  n.  28  del  2005,  impone  il
funzionamento contestuale della modalita' "servito" e della modalita'
"self-service"  durante  l'orario  di  apertura   dell'impianto,   in
contrasto con quanto stabilito dall'art. 28, comma 7, del citato d.l.
n. 98 del 2011, espressivo  della  competenza  statale  esclusiva  in
materia di concorrenza ex art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.
L'onere aggiuntivo imposto agli operatori  toscani  origina,  invero,
una alterazione della parita' concorrenziale  in  patente  violazione
del citato art. 28, comma 7, secondo cui «Non  possono  essere  posti
specifici vincoli all'utilizzo di apparecchiature per la modalita' di
rifornimento senza servizio con pagamento anticipato, durante le  ore
in cui e' contestualmente assicurata la possibilita' di  rifornimento
assistito  dal  personale,  a  condizione  che  venga  effettivamente
mantenuta e garantita la  presenza  del  titolare  della  licenza  di
esercizio dell'impianto rilasciata dall'ufficio tecnico di finanza  o
di suoi dipendenti o collaboratori. [...]». 
    8.- Restano assorbiti gli  ulteriori  profili  di  illegittimita'
costituzionale dedotti dal Presidente del Consiglio dei ministri.