ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 9 maggio 2012 (atti Camera, doc. IV-quater, 20), relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Lucio Barani nei confronti del dott. Enrico Rossi, promosso dal Tribunale ordinario di Firenze con ricorso notificato il 10 giugno 2013, depositato in cancelleria il 29 agosto 2013 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2013, fase di merito. Visti l'atto di costituzione della Camera dei deputati e l'atto di intervento di Enrico Rossi; udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro. Ritenuto che il Tribunale ordinario di Firenze, in composizione monocratica, con ordinanza-ricorso del 17 ottobre 2012, depositata il 3 gennaio 2013, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 9 maggio 2012 (atti Camera, doc. IV-quater, 20), con cui la Camera dei deputati ha affermato che le dichiarazioni in relazione alle quali, nel giudizio civile pendente davanti a detto Tribunale, e' stata avanzata domanda risarcitoria da parte di Enrico Rossi nei confronti del deputato Lucio Barani, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, secondo quanto riferito dal medesimo giudice: a) il dottor Rossi ha proposto domanda di risarcimento dei danni derivati dalle affermazioni, lesive della sua immagine e diffamatorie, rilasciate dal convenuto deputato alle emittenti televisive RTV 38, Tele 37, ITA 7, nonche' ai quotidiani Toscana Oggi (del 17 ottobre 2010), Corriere Fiorentino (del 26 ottobre 2010), Il Tirreno (del 12-13 novembre 2010), il Giornale (del 13 novembre 2010), nonche' all'agenzia ANSA (3 marzo 2011) e al periodico Panorama (17 febbraio 2011); b) in particolare, secondo l'attore, l'on. Barani avrebbe accusato il dott. Rossi, all'epoca assessore regionale con delega alla Sanita', di essere stato a conoscenza di un disavanzo di bilancio dell'Azienda USL 1 di Massa e Carrara, ma di averlo dolosamente celato, al fine di poter concorrere alle successive elezioni alla carica di presidente; di essere un mentitore e di aver concorso ai reati di falso in bilancio, falso ideologico e peculato, in seno ad un'associazione a delinquere; di aver proceduto ad un ingente numero di assunzioni ed al rinnovo di migliaia di contratti, secondo logiche clientelari e, divenuto presidente, di aver proceduto al commissariamento della USL come ritorsione contro i dirigenti che si erano opposti a metodi ed interessi mafiosi nella gestione di appalti ed assunzioni; c) l'on. Barani ha negato di aver mai pronunciato frasi a contenuto diffamatorio ed ha ricordato di essere membro della commissione parlamentare di inchiesta sulle causa dei disavanzi sanitari, invocando per cio' l'applicazione dell'art. 68 Cost, trattandosi di opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni; d) a seguito della trasmissione degli atti alla Camera dei deputati, quest'ultima ha comunicato che l'Assemblea, nella seduta del 9 maggio 2012, aveva deliberato che le suddette dichiarazioni costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ed erano, percio', insindacabili, ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, per il giudice a quo, non vi sarebbero, nella specie, i presupposti della prerogativa di insindacabilita' deliberata dalla Camera dei deputati, perche' non risulterebbe alcun atto tipico della funzione parlamentare riferibile al deputato Barani che possa far ritenere sussistere tra tale funzione e le dichiarazioni (rese extra moenia) il "nesso funzionale" richiesto dalla giurisprudenza costituzionale per l'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, infatti, alla luce degli atti indicati dalla Camera, il giudice ricorrente osserva che il parlamentare non solo non avrebbe sollevato dubbi al riguardo dell'attivita' svolta dal dott. Rossi, ma addirittura avrebbe elogiato la relazione da questi resa alla commissione parlamentare di inchiesta; che il ricorrente conclude chiedendo l'annullamento della impugnata delibera di insindacabilita'; che questa Corte, con ordinanza n. 129 del 2013, ha dichiarato, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, rilevando, sotto il profilo del requisito soggettivo, che tale conflitto e' sollevato da un organo giurisdizionale in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell'esercizio delle funzioni attribuitegli, la volonta' del potere cui appartiene e che, parimenti, e' legittimata ad essere parte la Camera dei deputati, nei cui confronti il conflitto medesimo e' stato sollevato, quale organo competente a dichiarare definitivamente la propria volonta' in ordine all'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, quanto al profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita da parte della impugnata deliberazione della Camera dei deputati; che si e' costituita la Camera dei deputati, eccependo l'improcedibilita' del conflitto per mancato rispetto del termine per il deposito degli atti notificati, nonche' l'inammissibilita' per insufficiente esposizione delle ragioni del conflitto e, infine, sostenendo l'infondatezza nel merito; che si e' costituito altresi' il dott. Enrico Rossi, chiedendo, in relazione alla eccepita tardivita' del deposito, che la Corte costituzionale si autorimetta la questione di legittimita' dell'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia sui diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU), ed all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000. Considerato che il Tribunale ordinario di Firenze, in composizione monocratica, con ordinanza-ricorso del 17 ottobre 2012, depositata il 3 gennaio 2013, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 9 maggio 2012 (atti Camera, doc. IV-quater, 20), con cui la Camera dei deputati ha affermato che le dichiarazioni in relazione alle quali, nel giudizio civile pendente davanti a detto Tribunale, e' stata avanzata domanda risarcitoria da parte di Enrico Rossi nei confronti del deputato Lucio Barani, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che questa Corte, con la citata ordinanza n. 129 del 2013, in base all'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ha assegnato al Tribunale ricorrente il termine di sessanta giorni, con decorso dalla comunicazione della stessa, per notificare alla Camera dei deputati il ricorso e l'ordinanza dichiarativa dell'ammissibilita', e il successivo termine di trenta giorni dall'ultima notificazione per il deposito degli stessi atti nella cancelleria della Corte; che il ricorrente, in attuazione della predetta ordinanza, ha provveduto a notificare gli atti suindicati alla Camera dei deputati, in data 24 giugno 2013, in tal modo assicurando il rispetto del primo termine, di sessanta giorni, assegnato da questa Corte; che, successivamente, tuttavia, il Giudice ha spedito a mezzo posta a questa Corte la copia notificata del ricorso e dell'ordinanza di ammissione in data 23 agosto 2013, copia pervenuta il 29 agosto 2013; che, pertanto, il prescritto deposito risulta effettuato oltre il termine di trenta giorni dall'ultima notificazione stabilito dall'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; che, come questa Corte ha gia' avuto modo di osservare (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2005 e n. 172 del 2002 ed ordinanze n. 317 del 2011, n. 41 del 2010, n. 188 del 2009, n. 430 del 2008, n. 253 del 2007 e n. 304 del 2006), il predetto termine - al pari del termine per la notificazione del ricorso e della relativa ordinanza di ammissibilita' - ha carattere perentorio e deve essere osservato a pena di decadenza, perche' da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini stabiliti per la prosecuzione del giudizio, con la fase procedurale destinata a concludersi con la decisione definitiva sul merito; che, dunque, non puo' procedersi allo svolgimento della fase di merito del giudizio sul conflitto di attribuzione, non risultando rispettato il termine perentorio per il deposito degli atti notificati nella cancelleria di questa Corte; che, quanto alla richiesta di autorimessione avanzata dalla parte privata del giudizio a quo, con riferimento alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in riferimento agli artt. 6 e 13 della CEDU ed all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, non puo' che rilevarsene l'inammissibilita', poiche' le «norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale», approvate il 16 marzo 1956, «sono "estranee" al sindacato di legittimita' affidato a questa Corte (ordinanza n. 572 del 1990), qualunque sia la collocazione che ad esse si intenda attribuire nel sistema delle fonti» (ordinanze n. 295 del 2006 e n. 572 del 1990).