ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  49  e
69 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n.  6  (Legge  di
stabilita' regionale per l'esercizio 2015), promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato  il  26-29  giugno
2015, depositato in cancelleria il 2 luglio 2015 ed iscritto al n. 72
del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto, nonche' l'atto
di intervento dell'Historic Wheels Club ed altro, fuori termine; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2016  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Ezio  Zanon  per  la  Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 26  giugno  2015,
ricevuto il successivo 29 giugno e depositato il 2 luglio 2015  (reg.
ric. n. 72 del 2015),  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 49 e
69 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n.  6  (Legge  di
stabilita' regionale per l'esercizio 2015), in riferimento agli artt.
81, terzo comma, 117, primo e secondo comma, lettera e), 119, secondo
comma, e 120, primo comma, della Costituzione. 
    L'art. 2  impugnato  esenta,  a  certe  condizioni,  dalla  tassa
automobilistica «ordinaria» gli autoveicoli e i motoveicoli  di  eta'
compresa  tra   venti   e   trenta   anni,   di   interesse   storico
collezionistico, assoggettandoli,  in  caso  di  utilizzazione  sulla
pubblica strada, ad una «tassa di circolazione forfettaria». 
    Il ricorrente premette che la tassa automobilistica e' un tributo
proprio derivato delle Regioni, che  ne  incamerano  il  gettito,  ma
possono disciplinarlo solo entro i limiti massimi  di  manovrabilita'
previsti dalla legislazione statale, in base all'art. 8, comma 2, del
decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario). 
    Come questa Corte avrebbe riconosciuto con la sentenza n. 288 del
2012, la tassa automobilistica sarebbe percio' un  tributo  erariale,
oggetto della competenza esclusiva statale, attribuita dall'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., e  non  costituirebbe,  invece,  un
tributo proprio della Regione ai sensi dell'art. 119, secondo  comma,
Cost. 
    La  Regione,  in  particolare,  non   potrebbe   modificarne   il
presupposto, ne' introdurre nuove agevolazioni. 
    La disposizione impugnata, per tali ragioni, violerebbe gli artt.
117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost. 
    2.- L'art. 49 impugnato  prevede  che  la  Regione  valorizzi  il
proprio patrimonio produttivo e culturale mediante marchi  collettivi
di qualita' istituiti  ai  sensi  delle  vigenti  leggi  nazionali  e
regionali.  A  tal  fine,   la   Giunta   regionale   provvede   alla
registrazione e  alla  promozione  dei  marchi  di  proprieta'  della
Regione Veneto. 
    Il ricorrente richiama a tale proposito la  giurisprudenza  della
Corte di giustizia dell'Unione europea, e di questa stessa Corte,  in
base alle quali sarebbe precluso ad un'autorita' pubblica nazionale o
regionale istituire o disciplinare «misure di marcatura  di  origine»
perche' avrebbero effetti restrittivi sulla libera circolazione delle
merci nel territorio dell'Unione e sarebbero percio' in contrasto con
gli artt. 34 e 35 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
(TFUE), sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957, in violazione dell'art.
117, primo comma, Cost. 
    Cio' potrebbe infatti «rendere piu' difficile la vendita  in  uno
Stato membro della merce prodotta in un altro Stato membro». 
    Inoltre  tale  effetto,  a   parere   dell'Avvocatura   generale,
incidendo  sulla  libera  circolazione  delle  merci  e  inducendo  i
consumatori a preferire i prodotti veneti,  determinerebbe  anche  un
contrasto con l'art. 120, primo comma, Cost. 
    3.- L'art. 69 impugnato prevede che  le  risorse  destinate  alla
copertura del Fondo anticipazione di liquidita' di cui all'art. 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35  (Disposizioni  urgenti  per  il
pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione,  per  il
riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in  materia
di  versamento  di  tributi  degli  enti  locali),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64, sono comunque garantite anche mediante l'utilizzo  delle  risorse
destinate al finanziamento del Fondo  Sanitario  Regionale,  allocate
quali spesa sanitaria corrente. 
    Il ricorrente osserva  che  la  Regione  ha  avuto  accesso  alle
anticipazioni di liquidita'  assicurate  dallo  Stato  per  pagare  i
debiti pregressi. Cio' e' accaduto in conformita' all'art.  3,  comma
5, del d.l. n. 35 del 2013,  ovvero  individuando  idonee  e  congrue
misure di copertura, soggette al controllo  del  Tavolo  di  verifica
degli adempimenti regionali. 
    La  disposizione   censurata   distrae,   invece,   risorse   dal
finanziamento del servizio sanitario, destinate alla  erogazione  dei
livelli  essenziali  di  assistenza,  «con  cio'  intervenendo  sulle
coperture gia' adottate e  positivamente  verificate  ai  fini  della
sottoscrizione dei contratti di prestito». 
    Verrebbe  cosi'  introdotto  un  onere  a  carico  del   Servizio
sanitario  nazionale   senza   indicazione   della   copertura,   con
conseguente violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    4.- Si e' costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che
il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque non fondato. 
    Quanto all'art. 2, la Regione reputa che le sia precluso derogare
a un'esenzione imposta dalla legge dello  Stato,  ma  non  introdurre
nuovi  esenzioni,  tenuto  conto   che   il   gettito   della   tassa
automobilistica e' destinato al bilancio regionale. 
    Non  sarebbe  pertinente,  in  particolare,   la   giurisprudenza
costituzionale formatasi anteriormente all'art. 8 del  d.lgs.  n.  68
del 2011, che ha trasformato  la  tassa  in  un  particolare  tributo
proprio derivato della Regione, su cui  quest'ultima  dovrebbe  avere
margini di manovra piu' ampi di quelli relativi  a  tutti  gli  altri
tributi di tale natura. 
    Con riferimento all'art. 49, la difesa regionale pone in evidenza
che la disposizione non e' diretta alla istituzione di  nuovi  marchi
ma  alla  sola  copertura  degli  oneri  finanziari  derivanti  dalla
registrazione, presso  l'Ufficio  per  l'armonizzazione  del  mercato
interno,  e  alla  promozione  di  marchi  gia'  disciplinati   dalla
normativa statale e regionale. 
    La  prerogativa  di  istituire  marchi  collettivi  sarebbe   poi
riconosciuta alla Regione dagli artt. 5  e  66  del  Regolamento  del
Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207/2009/CE (Regolamento del Consiglio
sul marchio comunitario - Versione codificata -  Testo  rilevante  ai
fini del SEE), e dall'art. 19, comma 3, del  decreto  legislativo  10
febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprieta'  industriale,  a  norma
dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273). 
    L'attivita' di promozione, in se' non oggetto di censura a parere
della  Regione,  e'  inoltre  valorizzata   dalla   Risoluzione   del
Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 sul marchio regionale. 
    L'erroneo  presupposto  da  cui  parte  il  ricorrente  circa  il
contenuto della disposizione impugnata determinerebbe  l'infondatezza
della  censura,  di  cui  la  Regione  eccepisce  in  via  principale
l'inammissibilita' per difetto di motivazione. 
    5.- Quanto all'art. 69, la Regione Veneto rileva  di  non  essere
soggetta a piano di rientro in materia sanitaria, e di non incontrare
alcun vincolo di destinazione nell'impiego delle  risorse  del  fondo
sanitario. 
    Il vincolo non potrebbe derivare, ne' dall'art. 3 del d.l. n.  35
del 2013, che non esprime normativa interposta ai sensi dell'art.  81
Cost., ne' dall'art. 8, comma 1, del decreto legislativo 18  febbraio
2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a  norma
dell'articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133), oramai superato
dall'art. 83, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2001)». 
    Infine,  sarebbe  proprio  la  dichiarazione  di   illegittimita'
costituzionale della norma impugnata a  determinare  la  mancanza  di
copertura finanziaria. 
    6.- Nelle more del giudizio l'art. 69 impugnato e' stato abrogato
dall'art. 2, comma 1, della legge  della  Regione  Veneto  9  ottobre
2015, n. 17 (Razionalizzazione della spesa regionale). 
    7.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica  la  Regione  Veneto  ha
depositato una memoria. 
    Con  riferimento  all'art.  2  impugnato,  la   ricorrente,   pur
consapevole della sopravvenuta sentenza di questa Corte  n.  199  del
2016, ne sollecita un ripensamento. 
    Con riferimento all'art. 49 impugnato, la Regione  insiste  sulle
conclusioni gia' rassegnate, osservando che  la  Commissione  europea
avrebbe maturato un orientamento favorevole  ai  marchi  di  qualita'
regionali, come si dovrebbe desumere dalla comunicazione  C(2005)3849
def. del 20 ottobre 2005. 
    Con riferimento all'art. 69 impugnato, la Regione  Veneto  rileva
che la  norma,  ormai  abrogata,  non  ha  avuto  applicazione,  come
certificato  da  una  dichiarazione  del  responsabile   dell'Ufficio
bilancio, e chiede pertanto che sia dichiarata  la  cessazione  della
materia del contendere. 
    8.- Anche l'Avvocatura generale dello  Stato  ha  depositato  una
memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso e riproducendo gli
argomenti ivi gia' sviluppati. 
    9.- Da ultimo, e' intervenuta in giudizio l'Associazione Historic
Whells  Club,  chiedendo  il  rigetto  del  ricorso  con  riferimento
all'art. 2 impugnato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 49 e 69 della legge  della
Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge  di  stabilita'  regionale
per l'esercizio 2015), in riferimento agli  artt.  81,  terzo  comma,
117, primo e secondo comma, lettera e), 119, secondo  comma,  e  120,
primo comma, della Costituzione. 
    2.- E' intervenuta in  giudizio  l'Associazione  Historic  Whells
Club, con atto depositato oltre il termine stabilito dagli artt. 4  e
23  delle  norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla   Corte
costituzionale. L'intervento e' inammissibile, sia  perche'  tardivo,
sia perche', per costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n.
63 del 2016, n. 121 del 2010, n. 172 del 1994 e n. 111 del 1975), nei
giudizi di legittimita'  costituzionale  in  via  principale  non  e'
ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e  dal
titolare della  potesta'  legislativa  il  cui  atto  e'  oggetto  di
contestazione. 
    3.- Nelle more del giudizio l'art. 69 della  legge  impugnata  e'
stato abrogato dall'art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto
9 ottobre 2015, n. 17 (Razionalizzazione della spesa regionale). 
    La disposizione censurata destinava gli stanziamenti allocati  in
bilancio,  all'upb  UO248  "Spesa   sanitaria   corrente"   (capitolo
U/102324), alla copertura  del  Fondo  anticipazione  di  liquidita',
privando, secondo il  ricorrente,  la  spesa  sanitaria  corrente  di
idonea copertura, in violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    La Regione ha certificato che nel periodo di vigenza della  norma
impugnata non e' stato adottato alcun titolo  di  spesa  inerente  al
Fondo anticipazione di liquidita', che  abbia  impiegato  le  risorse
stanziate dal capitolo U/102324. 
    Ne consegue la cessazione  della  materia  del  contendere  sulla
questione relativa all'art. 69 impugnato, perche' l'abrogazione della
norma e' pienamente satisfattiva delle ragioni del ricorrente e medio
tempore la stessa non ha avuto applicazione (ex plurimis, sentenza n.
199 del 2016). 
    4.- L'art. 2 della legge regionale  impugnata  dispone,  a  certe
condizioni, l'esenzione dal pagamento della tassa automobilistica dei
veicoli e motoveicoli di interesse storico collezionistico, a partire
dal ventesimo anno dalla loro costruzione. 
    Il ricorrente deduce  la  violazione  degli  artt.  117,  secondo
comma, lettera e), e 119, secondo  comma,  Cost.,  perche'  la  tassa
automobilistica e'  un  tributo  proprio  derivato  delle  Regioni  a
statuto ordinario,  ai  sensi  dell'art.  8,  comma  2,  del  decreto
legislativo  6  maggio  2011,  n.  68  (Disposizioni  in  materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario). 
    La Regione percio' potrebbe  disciplinare  il  tributo  nei  soli
limiti massimi di manovrabilita' previsti dalla legislazione statale,
che non reca piu' alcuna  esenzione  per  i  veicoli  indicati  dalla
disposizione impugnata. 
    5.- La questione e' fondata, come e' stato gia' ritenuto rispetto
ad altra analoga normativa regionale dalla sentenza n. 199 del  2016,
pronunciata dopo la presentazione dell'odierno ricorso. 
    Questa Corte, nel vigore dell'art. 8 del d.lgs. n. 68  del  2011,
ha gia' avuto occasione di affermare che i limiti  di  manovrabilita'
imposti alla legge regionale  concernono  anche  le  esenzioni  dalla
tassa automobilistica, permesse  solo  nei  termini  stabiliti  dalla
legge dello Stato (sentenza n. 288 del 2012),  cosi'  confermando  la
propria giurisprudenza anteriore (sentenze n. 451 del  2007,  n.  455
del 2005 e n. 296 del 2003). 
    Quest'ultima, in  particolare,  non  aveva  ad  oggetto  soltanto
l'eliminazione  con  legge  regionale  di  esenzioni  previste  dalla
legislazione statale, ma anche l'ipotesi  opposta,  che  ricorre  nel
caso di specie, della previsione di un'esenzione di  esclusiva  fonte
regionale (sentenza n. 296 del 2003).  Una  volta  stabilito  che  la
tassa automobilistica continua a non essere un tributo proprio  della
Regione (sentenza n. 288 del 2012), se  ne  devono  trarre,  riguardo
alla potesta' legislativa della Regione, tutte  le  conseguenze  gia'
individuate dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Occorre percio' ribadire che un intervento  sull'esenzione  dalla
tassa dei veicoli di interesse storico e  collezionistico  eccede  la
competenza  regionale  e  incide  «su  un  aspetto  della  disciplina
sostanziale  del  tributo  riservat[o]  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato» (sentenza n.  455  del  2005),  in  violazione
degli artt. 117, secondo comma, lettera e),  e  119,  secondo  comma,
Cost. 
    6.- L'art. 49 della legge impugnata demanda alla Giunta regionale
il  compito  di  registrare  e  promuovere  i  marchi  collettivi  di
qualita', di proprieta'  della  Regione,  istituiti  ai  sensi  delle
vigenti leggi nazionali e regionali, per valorizzare  il  «patrimonio
produttivo e culturale nonche' i prodotti di qualita' del  territorio
veneto», e dispone a tal fine uno stanziamento di fondi. 
    Il ricorrente ritiene lesi gli artt. 117,  primo  comma,  e  120,
primo  comma,  Cost.,  sostenendo  che  l'istituzione  di  marchi  di
qualita' da parte della Regione ostacola la libera circolazione delle
merci sul territorio nazionale  (art.  120,  primo  comma,  Cost.)  e
comporta  una  misura  di  effetto   equivalente   alla   restrizione
all'importazione, vietata dagli  artt.  34  e  35  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), sottoscritto a Roma  il  25
marzo 1957 (art. 117, primo comma, Cost.). 
    7.- La censura e' adeguatamente  argomentata,  e  percio'  supera
l'eccezione di inammissibilita' svolta  sotto  questo  aspetto  dalla
difesa regionale, ma non e' fondata, perche' si basa  su  un  erroneo
presupposto interpretativo. 
    Questa Corte ha ripetutamente  affermato  che  e'  preclusa  alla
legge regionale l'istituzione di marchi che attestano contestualmente
la qualita' e l'origine geografica di prodotti, perche' essi  possono
produrre effetti restrittivi sulla libera  circolazione  delle  merci
(sentenze n. 66 del 2013, n. 191 e n. 86  del  2012,  e  n.  213  del
2006), in contrasto con quanto  ritenuto  dalla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea. 
    Tuttavia, come ha correttamente eccepito la difesa della  Regione
Veneto, la disposizione censurata non ha per oggetto l'istituzione di
tali  marchi.  Essa,  invece,  nel  presupposto  che  dei  marchi  di
qualita',  relativi  al  patrimonio  produttivo  e  culturale   della
Regione, siano gia' stati istituiti «ai  sensi  delle  vigenti  leggi
nazionali e regionali»,  si  limita  ad  attribuire  alla  Giunta  il
compito di curarne la registrazione e la promozione, e a reperire  le
risorse economiche a cio' necessarie. 
    L'eventuale contrasto del marchio con la normativa europea e  gli
eventuali effetti restrittivi sulla libera circolazione delle  merci,
se esistenti, sarebbero percio' da imputare alla  legislazione  sulla
cui base lo stesso e' stato istituito e non alla  norma  oggetto  del
ricorso. 
    Quest'ultima,  inoltre,  cade  su  marchi  di  qualita'  volti  a
valorizzare  il  patrimonio  produttivo  e  culturale   del   Veneto,
indipendentemente dall'esistenza negli stessi  di  un'indicazione  di
provenienza geografica, percio' non c'e' ragione di  ritenere  che  i
marchi ai quali la disposizione impugnata e' destinata ad  applicarsi
siano stati istituiti in  violazione  della  normativa  europea,  pur
dovendosi ribadire che questo profilo riguarda  le  leggi  sulla  cui
base e' avvenuta l'istituzione e non l'art. 49 impugnato.